Ancora isole come in Respiro, ancora migranti come in Once we were strangers e in Nuovomondo, Linosa e Lampedusa diventano la Staten Island che accoglie, infastidita quasi, schiere di migranti che sperano di aver raggiunto la terra(ferma) promessa.
L'isola è così piccola che Trapani rappresenta l'Eldorado a cui aspirare, la vita scorre sempre uguale a se stessa senza prospettive, Giulietta, la madre, si duole che Filippo, il figlio, non sappia parlare nemmeno l'italiano, il nonno patriarca Ernesto, un padron 'Ntoni neanche troppo moderno che ha perso il figlio in mare conosce solo il lavoro e non riconosce altra legge che non sia quella del mare.
Ci sono le orde di turisti che invadono per due mesi l'anno l'isola, prede da spolpare per avere due miseri euro in più, che costringono a vivere a tempo determinato in un garage per affittare casa.
E poi ci sono anche i migranti, indesiderati figli di un dio minore che dovrebbero essere lasciati annegare per non incorrere in guai con la giustizia.
Ma quale giustizia non ti permette di salvare dei tuoi simili che stanno morendo di sete e di stenti?
Favoreggiamento all'immigrazione clandestina, è questo il reato gravissimo che porterebbe direttamente alla rovina.
Gli immigrati sono solo un fastidio, quasi un dettaglio da dimenticare come fa Nino, lo zio di Filippo, figlio della civiltà telecratica, gioie e divertimenti, capace di fornire sempre quello che richiedi nel rispetto della legge.
Ma i mostri sono gli immigrati oppure gli occupanti della barca danzereccia di Nino , intenti ad ancheggiare sulle note di Maracaibo?
E' facile rispondere.
Contiene molte pagine suggestive la nuova pellicola di Crialese, il suo film sembra prendere ossigeno dai fondali marini e dalla natura incontaminata mentre si rivela più asfittico quando fa parlare gli uomini, soprattutto quelli che non sono dell'isola.
La scelta del dialetto per i dialoghi degli isolani riporta alla mente Visconti e la sua scelta linguistica estrema de La terra trema (anche se il dialetto siculo dei personaggi di Crialese è perfettamente comprensibile), mentre tra i non isolani prevale la cispadanità dell'accento quasi a voler sottolineare ulteriormente la distanza tra l'isola e la terraferma,tra gli isolani e gli abitanti del continente, ma l'impressione è che sotto ci sia la volontà di sottolineare ulteriormente la matrice di questa legge.
Crialese si conferma grande esteta delle immagini ma bisogna anche riconoscere che a livello di narrazione non tutto fila per il verso giusto.
C'è quasi la volontà di distaccarsi da una materia che ribolle di problematiche, i personaggi di Terraferma appaiono tutti pieni delle loro certezze, mai un dubbio, un travaglio. E alcune sottolineature appaiono perlomeno forzate.
Perchè far parlare il romanissimo Santamaria con un accento dell'Oltrepò? E a che scopo introdurre i personaggi dei tre ragazzi che affittano la casa di Giulietta e Filippo con le loro pretese di vista mare, aria condizionata e magari anche servizio in camera se poi nell'economia del racconto incide solo la ragazza?
La volgarissima legge sull'immigrazione clandestina non sembra fatta per gli uomini dell'isola ma non sembra fatta nemmeno per il cinema di Crialese che mostra di aspirare sempre ad altro.
E' forse questa lo spazio che lo separa dalla storia che sta raccontando, la stessa distanza che corre tra sogno e realtà.
Il sogno è quello di accogliere e soccorrere tutti uniti quegli esserei umani mezzi morti che riescono ad arrivare sulla spiaggia (e qui Crialese si dimostra anche più enfatico del dovuto, con una patinatura eccessiva delle immagini e una sovrabondanza di retorica nell'uso del rallenty), la realtà è che accogliere questi migranti, nasconderne una in casa dopo che è stata aiutata a mettere al mondo una nuova vita, è solo cagione di rovina e di guai.
Meglio allora partire con la Santuzza in un ultimo viaggio, accendendo ( non solo metaforicamente) quella luce fioca di speranza.
Terraferma è una boccata d'ossigeno nel panorama cinematografico italiano infestato da commediacce fatte con i piedi,quindi è film assolutamente da difendere.
Allo stesso tempo ha il sapore acre dell'occasione sprecata, non suscita le emozioni che rendevano vibrante la visione di film come Welcome ( il Lindon del film è, al contrario dei personaggi del film di Crialese, un personaggio corroso dal tarlo del dubbio in ogni sua azione) o 14 kilometros (struggente descrizione da dentro del dramma della migrazione).
Al di là di questo è comunque film da vedere....
( VOTO : 6 / 10 )
( VOTO : 6 / 10 )
Sì, però Crialese fa sempre lo stesso film...
RispondiEliminaeh eh effettivamente il suo è sempre cinema di migranti...
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