I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

mercoledì 31 ottobre 2012

Chillerama ( 2011 )

E' l'ultimo giorno d'apertura nell'ultimo drive in aperto negli USA: il proprietario della sala decide di fare una horror night proiettando alcuni film che non sono mai stati mostrati al pubblico.Questi film costituiscono gli episodi di Chillerama , horror a episodi diretto a più mani che recupera massicciamente atmosfere anni '50 infarcendole di ironia di  grana grossa, grossissima. Gli autori più che l'orrore cercano la citazione, la risata e già che ci sono esagerano con la rusticità della realizzazione con trucchi troppo grossolani per non essere realizzati appositamente in modo così pedestre.
L'importante è divertirsi e qui ci si diverte.
1) Wadzilla ( di Adam Rifkin). Uomo che ha problemi di fertilità si sottopone a una cura farmacologica per risolvere il suo problemuccio. Il farmaco somministrato però ha un effetto collaterale curioso: gli fa eiaculare uno spermatozoo per volta che poi più passa il tempo e più si ingrandisce.Diventa così grande da minacciare la città. Tra King Kong e Godzilla e con un accoppiamento interracial con la Statua della Libertà , il corto di Rifkin è una centrata parodia dei monster movies anni '50.Effetti speciali poco speciali ( ma come detto è tutto intenzionale per dargli un'aria trash) e quell'aria retrò che lo riempie di fascino. Di moderno c'è solo un liquido biologico innominabile fino a poco tempo fa, inoltre finisce con un bacio...beh meglio che non lo dico come è e quanto schifo fa.Uno dei migliori del lotto ( voto 7 ).
2) I was a teenage werebear ( di Tim Sullivan) Parodia sgangherata che va dalla commedia adolescenziale al musical stile Grease passando per accenti horror molto molto mitigati. Che differenza c'è tra  un orso mannaro e un lupo mannaro? forse solo la una fame di sesso insaziabile che ha l'orso e anche una certa gaytudine che viene sbandierata ai quattro venti. Curiosi i numeri musicali con canzoncine scritte per l'occasione ma complessivamente è un episodio stupidino, con scarso appeal. Non si ride mai. Al massimo un sorriso fugace ( voto 5 / 10 )
3) The diary of Anne Frankenstein ( di Adam Green). Ecco un'altra punta di diamante del film. Veniamo a sapere che Anna Frank in realtà si chiamava Frankenstein e che il suo diario non è altro che un falso creato ad arte mentre quello vero conteneva le istruzioni per dare vita a una "creatura" assemblata con vari parti anatomiche prelevate da cadaveri diversi.Hitler stesso recupera il diario e mette insieme la creatura che ha un'acconciatura da ebreo ortodosso e una fascia con la svastica al braccio. Parodia che parte dal Frankenstein di Whale, passa per La moglie di Frankenstein e arriva dritto dritto a Frankenstein jr citato sia per lo strano linguaggio parlato da un Fuhrer tutto da ridere sia per lo squillante bianco e nero in cui è girato il corto.Si ride parecchio ( voto 8 )
4) Zom-B-movie ( di Joe Lynch) E' l'episodio cornice ( quello ambientato nel drive in di cui si accennava all'inizio) che trova il suo spazio nella mezz'ora finale del film. Come dice il titolo è un film di zombie che però non sono affamati di carne umana ( o meglio non solo) ma di sesso. Cercano di pasteggiare a carne umana ma soprattutto di accoppiarsi nei modi più strani e originali possibili.E anche il modo di ucciderli è diverso: non un colpo in testa ma un colpo proprio lì ,dove fa più male.
Anche qui un'allegra anarchia visiva che riporta agli anni '50 e non solo per l'ambientazione: questi zombie non fanno paura, fanno solo un po' schifo .( voto 7 )
Durante questo segmento viene proiettato un trailer in cui il protagonista assoluto è lui: il bisogno grosso, marroneo , puzzolente e assassino.
Una specie di inno al corpo sciolto in salsa horror.
Chillerama sostanzialmente è un esperimento collettivo riuscito: dei quattro episodi + il finto trailer ( letteralmente irresisitibile e assolutamente nauseante ) a conti fatti solo uno è al di sotto della sufficienza.
Chillerama sostanzialmente è una parodia horror che recupera atmosfere retrò e che ha il sapore di una vecchia rimpatriata tra amici in vena di fare  cazzate.
Sempre con la telecamera in mano e con tutto il talento che hanno a disposizione.

( VOTO : 7 / 10 )  Chillerama (2011) on IMDb

martedì 30 ottobre 2012

Consigli per gli ascolti ( 2 )

MY DYING BRIDE  "A MAP  OF ALL OUR FAILURES "( Peaceville Records 2012 ) Seguo questo gruppo dai loro primi passi nel music biz e ormai per me sono diventati una sorta di consuetudine. Ogni loro nuovo disco è una rimpatriata con vecchi amici che sono ormai più di 20 anni che si conoscono.A loro va la mia eterna gratitudine per avermi regalato due capolavori assoluti antitetici tra di loro( Turn Loose The Swans e The Angel And The Dark River, probabilmente i due estremi della loro musica tenendo fuori il recente esperimento del doppio/triplo Evinta, qualcosa di alieno alla loro discografia ma comunque di fascino malsano) e un sacco di buoni dischetti. A map of all our failures non contiene moltissime innovazioni, la voce di Aaron è quasi sempre in clean ( ma le rare parti growl lasciano il segno ), i brani sono tutti lenti come tradizione vuole e intrisi di una malinconia che è difficile da mandare via anche dopo aver finito di ascoltare tutto il cd. C'è spazio anche per il violino che disegna melodie semplici ma efficaci sul muro di chitarre. Più di 60 minuti che, nonostante il genere non fruibilissimo non viene mai voglia di skippare. Nota di particolare merito all'opener Kneel Till Doomsday, a The Poorest Waltz ( il singolo) e al brano di chiusura Abandoned as Christ ( VOTO 8+ / 10 ) .
BLUT AUS NORD " 777- SECT(S) ( Debemur Morti 2011 ) Ascoltare i Blut Aus Nord è come salire su uno Shuttle e farsi un giro nello spazio , magari anche allontanandosi dalla Terra madre. Ancora una volta c'è del marcio in Francia soprattutto in ambito black metal, una visione assolutamente personale del genere che non trova riscontri altrove.777- Sect(s) è il primo atto di una trilogia (già data alle stampe) in cui tutti i brani hanno praticamente lo stesso titolo ( Epitome, si distinguono solo per i numeri romani progressivi ). Il loro astral black metal da un lato è figlio di un industrial apocalittico, dall'altro il  black verbo viene destrutturato e ricomposto a piacimento con sintetizzatori, batterie elettroniche che scandiscono ritmiche disumane e uno screaming ultrafiltrato che a fatica si fa strada in mezzo a tutto il bailamme.
Ascoltare i Blut Aus Nord è esperienza diversa, sfiancante per chi non è abituato, di grande appagamento per chi si lascerà trasportare.Sconsigliato ai deboli di orecchie e a chi cerca semplicemente un dischetto da ascoltare senza troppi pensieri. Per apprezzare bisogna ascoltare con estrema attenzione.( VOTO 8 / 10 ) .
THERION " LE FLEURS DU MAL " ( End of the Light , 2012 ) Io a Christopher Johnsson, mastermind dei Therion, gli farei una statua equestre nel mio giardino e ogni mattina mi prostrerei davanti a lui . Nonostante ormai viva con le alucce ai piedi riuscendo a parlare solo di mitologia sumera e demoni assirobabilonesi gli offirirei il caffè ogni mattina solo per starlo a sentire magari senza capire una beneamata mazza di quello che sta dicendo. Dopo il comunque valido Sitra Ahra del 2010, c'era aria di licenziamento di massa in casa Therion ( il sesto o settimo, ci sono più ex Therion in Scandinavia che abitanti,del resto se a Chris je piace così...) e così è stato. La leggenda narra che il nostro eroe sia stato assalito dalla fregola di fare un musical  recuperando la vecchia canzone francese e che abbia bussato a quattrini alla Nuclear Blast per proporre il progetto. La casa discografica teutonica gli ha risposto "nein! a noi sembra una cazzaten fare un disken di cover di vecchien canzonen franzosen" e lui non contento ha tirato fuori di tasca sua i 75 mila euri necessari alla realizzazione di questo disco. Leggendo in giro in molti hanno apprezzato: tutti quanti a scappellarsi e a dire "ma bravò Johnsson, ma bravì Therion che avete fatto tutte queste belle rivisitazioni". Anche il sito metallaro più intransigente è diventato esperto delle canzoni di Gainsbourg, della Sylvie Vartan e di Betty Mars.
Christopher posso dirti una cosa?
Ma vaffanculo! se volevo ascoltare canzoni francesi non compravo un disco dei Therion, no? Torna a fare la musica che sai fare è inutile girare versioni gothic sinfoniche di canzoni da musical...Soldi rimpianti non per come è fatto il disco( sempre suonato e prodotto alla grande) ma per quello che propone. ( VOTO : 4 / 10 )
DELAIN " WE ARE THE OTHERS " ( Roadrunner Records 2012 ) Terzo album per gli olandesi Delain capitanati dal tastierista ex Within Temptation Martijn Westerholt e dalla bravissima cantante Charlotte Wessels. Questo disco era pronto dal 2010 ma varie traversie di casa discografica ne hanno bloccato l'uscita fino al giugno di quest'anno. E' il terzo disco dei Delain che finalmente riescono a scrollarsi di dosso l'etichetta ( maligna ) di cloni dei Within Temptation. In realtà i loro primi due dischi Lucidity ed April Rain pur debitori di ispirazione nei confronti del gruppo succitato contenevano pezzi veramente belli.Con We are the others i Delain mettono la freccia e sorpassano i conterranei con un disco fresco, frizzante , easy listening , con pezzi piuttosto brevi e melodie che si memorizzano subito. Pochi arrangiamenti sinfonici ma molte tastiere e con la chitarra che comunque fa sentire il suo peso con dei riffs che a volte pesano come macigni.Mi dispiace un po' l'abbandono totale o quasi della voce maschile. Mi hanno ricordato in alcuni frangenti gli Stream of passion della bella e brava Marcela Bovio. Charlotte Wessels è di una bravura disumana: ben lontana dai toni lirici di una Simone Simons( Epica)  o di una Sharon den Adel ( Within Temptation) esibisce una voce dal timbro suadente capace di prendere qualsiasi nota.Nella special edtion ci sono anche alcuni pezzi dal vivo. Non precisamente la mia cup of tea ma degnissimo di un ascolto.(VOTO 7,5 / 10 )

One day ( 2011 )

E' il 15 luglio del 1988: Emma e Daxter si sono conosciuti tramite amici di amici e più per combinazione che per altro passano una notte assieme. La prima intenzione era quella di divertirsi un po' facendo sesso ma poi per una cosa o per l'altra non se ne fa nulla.Si salutano ma il loro non è un addio: decidono che si rivedranno ogni 15 luglio per gli anni a venire scoprendo mano mano che l'amore percorre sempre le vie più tortuose per arrivare fino alla meta. E quando ci arriva....la legge di Murphy colpisce inesorabile!
Sono abbastanza allergico ai polpettoni sentimentali ma questo film aveva due ottime frecce al suo arco per quanto mi riguarda: la regia di Lone Scherfig autrice di uno dei miei piccoli cult personali , cioè Italiano per principianti ( stavate pensando tutti a An education? e invece no!) e Anne Hathaway che per molti non sarà un granchè come attrice ma a me piace anche perchè mi attizza parecchio come donna  soprattutto quando cerca di fare tutto il possibile per nascondere tutto il suo sex appeal.
One day è la storia di un giorno all'anno nelle vite di Emma e Daxter mentre sugli altri 364 c'è il silenzio totale. Però ogni 15 luglio si vede che mentre lei sta avendo successo nella vita facendo qualcosa che realmente le piace, a lui sembra cadere tutto addosso, da un matrimonio a una figlia e a una professione che per lui non rappresenta certo la massima aspirazione.
Soprattutto si nota subito che , come succede ad ogni livello della scala zoologica , è sempre la donna ad avere l'ultima parola su tutto. Anche su una relazione sentimentale.
Lui è innamorato di Emma, se ne accorge molto prima di lei o forse è il primo che lo confessa apertamente prima a se stesso e poi alla diretta interessata.Lei invece fa la preziosa forse per restituirgli pan per focaccia, visto il loro primo incontro.
La struttura del film è simile a quella delle strips di un fumetto a puntate: rapsodico con un sottilissimo fil rouge che lega i vari episodi che si succedono meccanicamente gli uni agli altri.
Ecco se la Scherfig si riconferma dopo An education come valente illustratrice e come ottima direttrice di attori, la cosa che manca al film è proprio quella forza centripeta che permette ai film sentimentali fatti come il dio del genere comanda di strapparti a morsi il cuore dal petto.
Gli anni passano un po' tutti uguali chi più chi meno e l'emozione latita. O meglio non è ben distribuita lungo tutto il film . Ed è per questo che una pellicola come questa ti fa restare come un ebete perchè a tratti si è catapultati dentro il film da questo amore ventennale che quasi ti appassiona in altri frangenti sembra di assistere alla solita minchiatina sentimentale con poche lodi e qualche infamia.
Bravi i due protagonisti: Sturgess convince ed è bravissimo quando si tratta di incarnare la parte sgualcita di chi è stato  masticato e risputato dai casi della vita, la Hathaway è meno erotica del solito ( ma c'è una scena su una sedia...) e con quegli occhiali che sfoggia a inizio film sembra la sorella maggiore di Harry Potter.
C'è una scena che mi ha fatto pensare a quanto uno deve edulcorare le sceneggiature: Emma e Daxter stanno andando a casa di lui ( perchè vuota) per consumare il loro primo incontro sessuale e proprio sulla porta incontrano i genitori di lui.
E Daxter mentre riprende col lazo tutti i suoi ormoni che stavano galoppando all'impazzata riesce a biascicare solo un " Mamma...papà...siete già qui?" neanche un "mortacci vostri che caz..state facendo qui? Vedete di evaporare"che sarebbe stata una reazione molto più realistica.
One day è visione coniugale perfetta, a mio parere molto più adatto alle femminucce che ai maschietti.
Tempo sprecato amabilmente.

(VOTO : 6 / 10 ) 


One Day (2011) on IMDb

lunedì 29 ottobre 2012

Source Code ( 2011 )

Un serafico Jake Gyllenhaal chiede alla sua partner Michelle Monaghan che cosa farebbe se sapesse che le resta meno di un minuto da vivere. E'questa la domanda che mi rimbomba nella testa alla fine dell'opera seconda di Duncan "non chiamatemi più figlio di David Bowie" Jones.
Un film che sicuramente gli appartiene di meno rispetto a Moon perchè l'ha già trovato scritto e preparato però dal canto suo ci ha messo il suo talento visivo per renderlo più accattivante.
Dicevamo della domanda del povero Jake: credo che passeremmo buona parte di quel minuto a imprecare contro la mala sorte più che a pensare a qualcosa di costruttivo.
Un minuto, sessanta miseri secondi.
Se per Nicolas Cage bastavano per rubare una fuoriserie qui non basterebbero neanche per cercare di scendere da un treno.
E invece bastano per diverse cose e si sa che una telefonata allunga la vita.
I cari vecchi,gloriosi paradossi temporali. In più ci mettiamo anche delle belle porte girevoli che non guastano quando si parla di destino.
Source Code è un film sempre in equilibrio sul filo del paradosso temporale di cui sopra, miracoloso per tre quarti (perchè nonostante rivediamo in continuazione i soliti 8 minuti la tensione viene mantenuta alta) ma poi si accartoccia proprio sul più bello.
Perchè spiegare tutto ma proprio tutto e regalare una salvezza inopinata che non fa altro che aggrovigliare inutilmente quanto visto prima?
Credo che sia lo scotto da pagare a Hollywood (la regola non scritta che il successo al box office passa necessariamente per il lieto fine) a cui il talentuoso Duncan non si è potuto sottrarre.
Il protagonista vive gli 8 minuti più sfiancanti della sua vita, gli 8 minuti della marmotta con bomba da disinnescare per salvare quelle poche centinaia di persone e impedire una catastrofe nucleare.
E questi 8 minuti della marmotta si susseguono senza requie nel film ma almeno Jones è molto attento a cambiare le prospettive e ad aggiungere nuovi piccoli particolari ad ogni giro.
Quindi la visione risulta sempre stimolante e ciò permette al film di elevarsi dallo status di giocattolone tecnologico meccanico e ripetitivo a fantascienza perlomeno ombrata del grigio delle cellule nervose.
Ma il regista si ferma un pò a mezza strada laddove Nolan ha rischiato il tutto per tutto.
Source Code rispetto agli scritti di Dick e a meccanismi perfetti come Inception fa la figura del figlio di un dio minore . Ma è un bel figliolo, visivamente sempre all'altezza nonostante sia girato in pochissime ambientazioni (e perlopiù in interni accentuando la sensazione di claustrofobia già presente nel film precedente).
Come in A serious man dei Coen è citato il paradosso del gatto di Schroedinger ma se nel film dei Coen il gatto non si sapeva se fosse vivo morto o X, qui il protagonista addirittura manda una mail a una presumibile dimensione parallela e si specchia in una scultura stile Arnaldo Pomodoro.
Una sfera metallica lucida che lascia presagire chissà quali scenari futuri per due che teoricamente dovevano essere già morti.
O forse è solo un'altra delle dimensioni parallele che compongono l'universo.
Source Code è un film dal budget ristretto ma che vince la battaglia contro la fantascienza tutta effetti speciali e niente cervello che viene dal cinema americano.Un action thriller che gioca di sponda con la fantascienza nutrendosi delle sue stesse suggestioni.Inoltre un protagonista perplesso come quello che ha e che non è malato di rambismo lo rende ancora più simpatico.
Il nuovo film di Duncan Jones è forse un passo indietro rispetto a un esordio fulminante come era Moon ma non la debacle che di solito si prospetta per i giovani autori reduci da un'opera prima di successo.
E'comunque un film che incuriosisce e tiene incollati alla poltrona. Anche se poi il retrogusto è amarognolo perchè ha il sapore di un'occasione mancata.

(VOTO : 7 / 10 ) 

Source Code (2011) on IMDb

domenica 28 ottobre 2012

La pelle che abito ( 2011 )

Noi NON siamo la pelle che indossiamo.Noi NON siamo la pelle che abitiamo.
Credo che sia questo il messaggio dell'ultimo film di Almodòvar che, abbandonati ormai del tutto gli eccessi giovanili( o meglio ricondotti in forme meno indigeste alla massa) , si dedica alla citazione del cinema altrui ma soprattutto del proprio.
Lo status dell'autore è raggiunto, ora è concesso guardarsi alle spalle e rileggere il proprio passato.
Pedro è ormai un giocoliere della scrittura e della telecamera, i suoi film hanno una cifra stilistica personale anche quando sono sfrontatamente transgenere come questo che è allo stesso tempo thriller, straziante melò, horror e dramma esistenziale.
Eppure continua a trattare il suo cinema come un puzzle da scomporre e ricomporre a piacimento, il suo cinema è un mosaico dalle tessere impazzite.
La pelle che abito non è il miglior film del regista spagnolo ma pur nella sua apparente diversità dal resto della sua produzione è assolutamente coerente col suo percorso registico fatto di ricerca di nuovi stimoli e di nuovi generi da plasmare mediante la propria vena kitsch tendenzialmente anarcoide.
Almodòvar si guarda allo specchio e prende nota delle sue ossessioni, i flashback si incastrano gli uni con gli altri flettendo a proprio piacimento l'unità temporale e moltiplicando i piani narrativi (come succedeva ne Gli abbracci spezzati), appare una sorta di uomo tigre sessodipendente che non può far altro che ricordare Lègami, c'è la solita sequela di relazioni proibite, figli non voluti e fratelli non consapevoli di esserlo classica del suo cinema ad alto tasso di trasgressione.
E poi ci sono gli Occhi senza volto di Franju, ci sono le cuciture a scomparsa di un Frankenstein postmoderno e c'è anche il Rock Hudson che ha incredibilmente cambiato faccia nel cinema di Sirk.
Iperboli che sarebbero troppo acrobatiche per qualsiasi autore e che invece non meravigliano affatto quando le troviamo nel cinema del regista iberico.
Il quale dal canto suo forse ha trovato un'altra musa: Elena Anaya riesce a far dimenticare Penelope Cruz e nello stesso tempo ricorda l'Irene Jacob musa kieslowskiana incisa a fuoco nella memoria di molti cinefili.
La sua pelle mostrata molto generosamente , il suo corpo trattenuto e accarezzato da un body  prima color carne e poi color nero sono l'immagine forte del film.
Assieme alla sequenza in cui Banderas di spalle vede il volto di lei ingigantito dallo schermo che ha davanti.
Noi NON siamo la pelle che indossiamo o la faccia che abbiamo.
Noi siamo quello che abbiamo dentro.


( VOTO 7,5 / 10 ) 

The Skin I Live In (2011) on IMDb

sabato 27 ottobre 2012

Nel bel mezzo di un gelido inverno ( 1995 )

Ebbi la fortuna di vedere questo piccolo gioiello al cinema (ancora non si ragionava con la logica del multiplex e si riuscivano ancora a vedere piccole produzioni che se ne infischiavano allegramente di essere commerciali) e me ne innamorai subito.
Branagh regala al suo pubblico l'ennesimo atto d'amore per il teatro ma stavolta la confezione è un pò diversa dal solito.Non una rilettura, seppur modernista come spesso ci ha abituato l'attore/regista/sceneggiatore britannico.
Addirittura si usa un contrastato bianco e nero che dà al tutto quasi un aspetto antico,elitario(nonchè elegante) e che testimonia la scelta di andare controcorrente.
Come del resto è piuttosto "originale" la scelta di scegliere una delle tregedie più rappresentate sui palcoscenici di tutto il mondo, l'Amleto per farla rappresentare con esiti comici da una compagnia scalcinata formata da attori disoccupati e che hanno tutti più o meno i propri bravi scheletri  sotto chiave nei rispettivi armadi.
Accanto a una lettura "soft" in cui si rimane estasiati dal clima che si respira durante le prove funestate da ogni tipo di problema (ma finisce sempre tutto bene) e si ride degli effetti comici della rappresentazione (un Amleto con colpi di mitra, rese dei conti personali in scena a suon di schiaffoni e di calci nelle palle poco scenici ma molto reali e di grande presa sul pubblico), è però necessario un livello di analisi più profondo.
Branagh (che non recita ma mette in scena praticamente un suo alter ego, attore depresso e disoccupato innamorato del teatro ma lacerato dal dubbio di abbandonare tutto per migrare a Hollywood con un contratto milionario per una saga di fantascienza) riflette sulla modernità del testo shakespeariano e del teatro in genere e sull'importanza di mettere sempre qualcosa di proprio in una rappresentazione il cui testo è conosciuto oramai anche dalle pietre.
Il testo è immortale, la sua rappresentazione no, dipende sempre dalla capacità di chi si cimenta in essa. E poi quel tormentone, la canzoncina con il ritornello che recita "Why must the show go on?" quasi un appello a non far morire il teatro schiacciato come è oggi da altre arti visive e di intrattenimento che coinvolgono molto più pubblico.
Il pubblico è fondamentale e non a caso funge da "scenografia" di questo Amleto dei poveri, Fadge, prevedendo il vuoto in platea si occupa solo di costruire sagome di cartone da porre sui posti vuoti in modo da creare l'effetto "sold out".
Il pubblico conta molitissimo ma anche il lavoro dell'attore teatrale che pur di recitare in teatro si getta in un impressionante tour de force e anche male remunerato.
Credo che questo film di Branagh sia il suo più sentito e commovente omaggio al teatro che è capace di emozionare anche senza nessun artificio, senza nessuna scenografia(a parte il pubblico di cartone è tutto lasciato come era prima nella chiesa sconsacrata "sfondo" di questa rappresentazione).
Non è un caso che ogni attore di questa scalcinata produzione teatrale porta in scena tutti i suoi problemi, quasi un tentativo della loro condivisione con la platea.
In fondo recitare a teatro è rappresentare se stessi nudi e crudi camminando su assi scricchiolanti e dentro a costumi di scena che  nella maggior parte dei casi assomigliano a  un resort di lusso per tarme sedentarie.
Una nota sul cast di esclusiva estrazione teatrale: banditi gli egoismi, spesso le scene sono corali in campo lungo (come corale è la commedia in cui tutti più o meno sono protagonisti alla stessa maniera), ogni attore svolge un lavoro egregio recitando la parte di attori che tanto bravi non sono.
Nel bel mezzo di un  gelido inverno nonostante il suo aspetto tipicamente british è sfacciatamente alleniano all'inizio ma poi gradualmente sposta il suo asse verso la parodia alla Mel Brooks.
L'uso del bianco e nero e la rappresentazione finale dell'Amleto (numeri comici di alta scuola con annesso finale a sorrisi e lucciconi sulle guance) mi hanno fatto pensare più di una volta all'immortale Frankenstein jr.
Qui è come se avessimo un Amleto jr...
( VOTO 8,5 / 10 ) 

venerdì 26 ottobre 2012

Antibodies ( 2005 )

Antibodies ( Antikorper)  è il film che ha fatto notare il talentuoso Alvart in quel di Hollywood da cui fu poi cooptato per  dare prove alterne di sè.
Questa sua opera seconda che sbrigativamente può essere considerata come la risposta europea a Il silenzio degli innocenti di Demme in realtà mostra qualcosa d'altro che non appartiene al film americano (il quale tra le altre cose viene anche citato in uno dei primi dialoghi tra il poliziotto e il serial killer).
In Antibodies il colpevole viene arrestato subito quindi non c'è la tensione di trovare l'assassino responsabile  di omicidi insoluti. In realtà di omicidio apparentemente insoluto ce n'è uno solo ed è quella di una dodicenne che abitava in un paese di campagna.E l'unico poliziotto di questo paese chiede di colloquiare con il maniaco proprio per scoprire se è responsabile anche di quel crimine.
Il confronto con il killer(carismatico pur se su una sedia a rotelle a differenza  del poliziotto improntato alla medietà se non mediocrità) è durissimo,una lotta serrata tra gatto e topo in cui a volte non è facile capire fino in fondo il gioco di ognuno. 
Il poliziotto esce profondamente turbato da questi colloqui e noi condividiamo con lui il suo smarrimento. 
Alvart riesce a garantire un certo equilibrio tra la spettacolarità e l'introspezione.
Il cardine del film non è il killer come nel film di Demme ma stavolta è il poliziotto che è oltremodo scosso da una torbida situazione familiare (moglie che sembra più sua madre, suocero che lo tratta più o meno come uno zerbino, figli che non lo calcolano neanche) e da una marea di dubbi che lo attanaglia.
C'è tensione in questa pellicola, c'è un discorso affatto banale sulla religione e sulla religiosità di ognuno, un continuo parallelismo tra Sacre Scritture e azioni mediate dalla formazione religiosa, c'è il senso della comunità chiusa sia mentalmente che concretamente a qualsiasi cosa sia esterna ad essa come una specie di retaggio medievale.
Una tensione etico/religiosa che non traspare invece dal film di Demme. Il poliziotto è portato abilmente dal killer a trarre conclusioni inaspettate e forse dalle conseguenze inimmaginabili.
Ma per vedere se sono vere o meno bisogna vedere il film fino all'ultima scena.
L'opera seconda di Alvart pur convincente dal punto di vista visivo non appare esente da debolezze: alcune sottotrame vengono abbandonate senza spiegazione (tipo l'incontro con la commessa del negozio di abbigliamento o l'evoluzione del rapporto tra il poliziotto e la moglie, intriso di una bestialità aliena al loro legame , soprattutto dopo gli incontri col serial killer), appare troppo sveglio il poliziotto di campagna rispetto ai suoi pompatissimi colleghi di città , così come non appaiono sufficientemente approfonditi alcuni personaggi secondari.
Però i protagonisti sono tratteggiati con cura estrema, la tensione viene assicurata praticamente fino all'ultima scena e anche la chiusura appare convincente (cosa che non è affatto scontata in film di questo genere).
Il poliziotto col passare dei minuti sembra sprofondare nel baratro dei suoi dubbi che coinvolgono se stesso i suoi familiari ma Alvart è bravo a coprire la soluzione praticamente fino alla fine garantendo al film un crescendo di tensione che è veramente accattivante.
Antibodies è un thriller tedesco che non sfigura affatto nei confronti del modello americano.

( VOTO : 7 / 10 ) 

Antibodies (2005) on IMDb

giovedì 25 ottobre 2012

Revanche ( 2008 )

Alex  ex galeotto innamorato di Irina,una prostituta ucraina  non sopporta più di vedere la donna umiliata dal pappone del bordello in cui lavora. Decidono  di fuggire insieme dopo avere rapinato una banca con una pistola scarica. Un poliziotto che si trovava nei pressi durante la rapina spara e uccide accidentalmente la donna. Distrutto dal dolore, Alex trova riparo presso la casa in campagna del padre, spacca legna fino a che il desiderio di vendetta esplode quando il caso lo mette davanti alla moglie del poliziotto .
Un flusso geometrico di immagini a tessere i fili di un anima alla spasmodica ricerca di vendetta.
E'questo Revanche,un noir esistenziale che si trasforma in un reiterato gioco di specchi (dal confronto tra Alex e il poliziotto alla fotografia di Irina) , un sinuoso percorso obbligato tra azione e (forse) reazione che non trova la sua completezza. Tutti i personaggi di questo film hanno comunque qualcosa da nascondere, veramente poco agevole distinguere tra giusto e sbagliato. Qui sopravvive chi sbaglia di meno e comunque l'incertezza aleggia sovrana.
Dalla periferia equivoca di Vienna, dentro e fuori di un bordello, facendo gimkane tra proposte più che indecenti, Alex ed Irina fuggono per cercare di dare corpo ai loro sogni.
Il mezzo è una rapina ma tutto va per il verso sbagliato. Alex si ritrova solo e se ne va in campagna dal padre.Qui prende forma il suo desiderio di vendetta soprattutto perchè la ragnatela del destino gli permette di essere molto vicino all'oggetto di quella che può essere la sua rivalsa.
E da qui Spielmann continua a lavorare di cesello su suggestioni, desideri e aspirazioni del pugno di personaggi al centro del film.
Lasciando tutto in sospeso.
Dalla periferia disumanizzata della grande città all'atmosfera paesana bucolica che si respira attraverso la natura nella casa del padre di Alex il passaggio sembra breve. In realtà sembrano due universi troppo distanti per far parte dello stesso pianeta. La routine quotidiana di Alex che nel bordello quasi lo soffocava qua diventa occasione per pensare, per cercare di elaborare il suo lutto, per far ardere ancora di più il suo desiderio di rivalsa. 
E di occasioni ne ha....ma il destino sa essere bizzarro...e non dico altro.
Il rigore della messa in scena è assoluto, i movimenti della macchina da presa sono minimi, tesi a conservare la geometria dell'inquadratura. Un rigore stilistico così assoluto che per certi versi fa correre la memoria a Dreyer (sperando di non bestemmiare), caratterizzato da un uso continuo del piano sequenza lasciando all'immaginazione alcuni avvenimenti con la macchina fissa a inquadrare altro (la sequenza ripetuta per due volte della macchina da presa che prosegue nel suo andamento in avanti nonostante l'azione si sposti fuori campo).
Altri rimandi più immediati sono Haneke o anche il noir europeo, francese in particolar modo. 
Il gelo all'interno dei personaggi diventa paradigma della cristallizzazione della messa in scena raggelata e raggelante in un continuo susseguirsi di increspature d'animo. Revanche fa domande ma non dà risposte,è un film in cui certi gesti perdono del tutto il loro significato, se si cerca la vendetta solo per aspirare alla catarsi, beh allora è tutto sbagliato perchè da un simile gesto non potrà mai venire una sorta di soddisfazione.
Revanche è film da vedere e poi da rielaborare con calma, bisogna lasciarlo sedimentare per cercare di cogliere tutto quello che ci propone.
E non è sicuramente poco.

( VOTO : 7,5 / 10 )  Revanche (2008) on IMDb

mercoledì 24 ottobre 2012

V/H/S ( 2012 )

Quando sento il nome di Ti West mi viene un certo languorino di spaventi: anche quando si nasconde come meglio non si potrebbe in un collettivo di registi per firmare un film come questo che rispolvera la vecchia, gloriosa tradizione dell'horror  a episodi.
La cosa che colpisce è che nonostante in mezzo a tutti questi registi, Ti sia quello nettamente più noto non sembra affatto che sia stato colpito da smanie di protagonismo e come gli altri si mette al servizio del film.
Altra particolarità è che V/H/S credo che sia il primo horror a episodi girato con la formula apparentemente  trita e ritrita del mockumentary/ found footage . Dico apparentemente perchè qui siamo a livelli altissimi di tensione e di spaventi regalati a piene mani e quindi non c'è tempo di annoiarsi. Inoltre c'è un episodio che è girato usando come strumento di visione il computer in modalità Skype e anche questo credo che sia una novità assoluta.
1) Tape 56 ( Adam Wingard). E' l'episodio che collega gli altri. Un gruppo di giovinastri di notte va in giro a commettere atti vandalici  finchè si imbatte in una casa con una persona morta su una poltrona e davanti a lui un gruppo di televisori, videoregistratori e tante videocassette che saranno da loro ( e da noi) visionate. Non particolarmente originale ma con uno sviluppo finale che regala la sua dose di spavento. Senza infamia e senza lode ( voto 6 ).
2) Amateur Night ( David Bruckner) Il mezzo di ripresa è la telecamera nascosta negli occhiali di uno dei tre personaggi principali che a una festa rimediano un paio di ragazze. Una delle due però non è quella che sembra e la loro non sarà solo una notte di sesso. Tra il mito della donna vampiro e Jenifer di Argento nella prima serie di  Masters of horror, Amateur Night ha un crescendo di suspense letteralmente inarrestabile. Sesso e morte , anche nella stessa inquadratura e senza troppe inibizioni. Uno dei migliori del lotto . ( voto 7+ ).
3) Second Honeymoon ( Ti West) L'episodio che attendevo di più. Coppia di sposini fa un secondo viaggio di nozze sulla mitica Route 66. La loro telecamera filma tutto ma ci sono riprese anche dalla telecamera di una misteriosa presenza che fa visita loro tutte le notti nei vari alberghi in cui soggiornano.E il  visitatore non si limita solo a riprenderli. Finale a sorpresa.
Con la stessa tecnica di The Innkeepers Ti West costruisce la tensione mattone per mattone fino ad arrivare al twist finale che lascerà veramente di stucco. Anche questo è uno dei segmenti migliori ( voto 7,5).
4) Tuesday the 17th ( Glenn McQuaid) Due ragazzi e due ragazze armati di telecamera vanno in gita in un bosco vicino a un lago. Indovinate come va a finire? Non brutto ma poco originale questo slasher girato in soggettiva che nasconde l'assassino dietro inopinati trucchi di ripresa.L'unica cosa che lo accomuna agli altri episodi è proprio la tecnica di ripresa, una sorta di Venerdi 13 girato come se fosse The Blair witch project. La dose di sangue e frattaglie è però nettamente superiore alla media degli altri episodi ( voto 5)
5) The Sick Thing that Happened to Emily when She was Young ( Joe Swanberg ) Perdonami Ti, ma questo è decisamente l'episodio migliore.Emily e il suo ragazzo si sentono continuamente via Skype. Nella casa di Emily ci sono però delle presenze misteriose. Una storia che partendo dal canovaccio consunto della ghost story riesce a terrorizzare come poche.Le presenze si fanno sempre più minacciose e anche l'Emily del titolo sembra avere qualcosa che non va ( parla di lieve schizofrenia e disturbo bipolare). A parte la modalità originale di ripresa e una storia che comunque rimane avvolta nel mistero, questo episodio rimane impresso proprio perchè gli spaventi arrivano quando meno te li aspetti.E questi sono fantasmi che mettono decisamente paura ( voto 8 ).
6) 10/31/98 ( Radio Silence ovvero Matt Bettinelli-Olpin,Tyler Gillett, Justin Martinez,Chad Villella...un collettivo dentro un collettivo...) Quattro ragazzi stanno cercando il loro party di Halloween. Capitano in una casa dove apparentemente stanno seviziando e torturando una ragazza. La portano via ma naturalmente non sanno che cosa hanno fatto. Qui siamo dalle parti di una canonica casa infestata con trovate già viste in altri film ( tipo le braccia che escono dai muri).La tecnica di ripresa in finto stile amatoriale aggiunge concitazione a un episodio che non sarà il massimo dell'originalità ma raggiunge perfettamente il suo scopo di mettere paura rivisitando un mito tipicamente statunitense come quello della notte di Halloween , la notte delle streghe.( voto 7 ).
Di solito i film a episodi girati a più mani si distinguono per sbalzi qualitativi da un segmento all'altro e dopo un po' vengono a noia. Qui c'è anche l'aggravante della tecnica di ripresa che rende la visione ancora più faticosa ma per fortuna  di noia, nonostante si arrivi quasi alle due ore di durata totale, non ce n'è proprio.
Questo accade perchè il minutaggio ridotto di ogni episodio non permette di perdersi troppo in chiacchiere inutili che spesso costellano le introduzioni di molti film horror.
V/H/S è un esperimento decisamente riuscito, un Masters of mockumentary in scala ridotta che assolve perfettamente al suo compito.
Di intrattenere e spaventare.

( VOTO 7 / 10 )  V/H/S (2012) on IMDb

martedì 23 ottobre 2012

The five-year engagement ( 2012 )

San Francisco: Tom (Jason Segel), aspirante chef di successo, e Violet ( Emily Blunt) , ricercatrice universitaria in cerca di lavoro, si conoscono a una festa di Capodanno e nel giro di pochi mesi decidono che è giunto il momento di fare il gran passo del matrimonio. Ma non è così semplice: tutta una serie di imprevisti si abbatte sui loro programmi, compreso anche un inopinato trasferimento di Violet in Michigan( che sembra al centro di una glaciazione ) per un incarico in una piccola università.Tom la segue ridimensionando di parecchio le sue ambizioni professionali ma quanto resisterà?
E quanto sarà messo a dura prova il loro amore da tutto quello che accade e dal tempo che passa?
Un periodo di separazione e nuove storie faranno loro capire che cosa realmente vogliono.
Per come è strutturato il film più che The five-year engagement ( trad. Il fidanzamento di cinque anni ) sarebbe stato meglio intitolarlo Quattro funerali e due matrimoni, perchè fondamentalmente gli imprevisti che condizionano la coppia sono di questi due tipi: il matrimonio della sorella di lei per anticipato arrivo della cicogna e la strage di nonni e nonne , per raggiunti limiti di età, che si abbatte sui loro programmi facendo rimandare a data da destinarsi l'evento che più vogliono.
Amore o carriera?
E' questo il dilemma a cui si cerca di dare una risposta in questo film.E la soluzione è abbastanza salomonica: l'amore va bene ma la carriera deve andare benissimo perchè tanto l'amore abbatte tutti gli ostacoli.
Insomma il solito Amor vincit omnia di cui sono lastricate  tutte le vie che portano alla commedia sentimentale.
Stavolta Nicolas Stoller e Jason Segel ( regista e co-sceneggiatore) dopo l'allegra anarchia amorosa di Forgetting Sarah Marshall ( titolo idiota italiota Non mi scaricare) si mettono alla prova con un canovaccio da commedia sentimentale più standardizzato.
Alla volgarità viene messa la sordina, così come alla proverbiale esuberanza nature di Segel ( che tuttavia ci regala sempre un paio di full frontal delle sue chiappe ) e per essere un film realizzato dal clan Apatow si ride di meno del solito. Anche se ci sono alcune gags che fanno letteralmente sganasciare.
La commedia sentimentale è un genere in cui si sa benissimo quale sia il finale e il bello sta proprio nel colorare il percorso il meglio possibile.
E qui la missione è sostanzialmente riuscita anche grazie a un Rhys Ifans in grande forma e a uno stuolo di caratteristi che fornisce una cornice efficace alle disavventure di Tom e Violet.
The five-year engagement è un film figlio del nostro tempo, è ben lungi dall'essere rivoluzionario o di rottura ( sia concettuale che stilistica) e in questo forse si distanzia abbastanza nettamente dagli standard della commedia codificati da Apatow e dal suo clan.
Però è un film che diverte, si sorride alle disavventure di questa coppia che è a un passo dal successo professionale e a un millimetro dal matrimonio tanto agognato, eppure sembra intrappolata in un gigantesco gioco dell'oca in cui spesso si ritorna al punto di partenza o forse anche più indietro.
Forse un po' troppo lunga ( siamo quasi sulle due ore) e con il finale che ti aspetti sin dal primo minuto di proiezione ma per una visione relaxata ci sta alla grande.

( VOTO : 6,5 / 10 )  The Five-Year Engagement (2012) on IMDb

lunedì 22 ottobre 2012

ParaNorman ( 2012 )

Norman è un ragazzino solitario, amante dei film dell'orrore, emarginato in famiglia e considerato nerd da tutti i suoi compagni di scuola . Anzi  freak come si premurano di scrivergli sull'armadietto.E questo perchè?
Norman ha una particolare facoltà: vede la gente morta e ci parla anche. Non è un caso che l'unica con cui si confida è la nonna, color verde fosforescente, testimonianza del suo trapasso avvenuto.
Eppure lei è sempre lì, piazzata sul divano.
Unico altro suo amico è il corpulento Neil, forse perchè nerd ed emarginato ( perchè grasso ) come lui.
A Norman proprio per questa sua capacità sarà affidata una missione di estrema importanza: dovrà ricacciare da dove sono venuti alcuni zombies capricciosi , ritornati a causa di una maledizione secolare ad opera di una strega.
Ma non è proprio come sembra.
Mi piace parecchio l'animazione in stop motion che ho riscoperto di recente col franchise Wallace e Gromit e adoro la plastilina perchè mi riporta parecchio indietro negli anni .
ParaNorman è proprio così: sa di buono, come quelle cose che si facevano una volta.
E' una intelligente parabola sulla solitudine e sulla diversità, su quanto possa essere intrigante essere diversi ( magari non da soli!) che sceglie un registro ironico/ cadaverico da sala mortuaria per raccontare una storia ad alto potenziale horror ma che di orrore e paura non sa che farsene perchè è fatto tutto di plastilina . E la plastilina è fatta per giocare non per provare terrore.
E c'è anche un felice ribaltamento di ruoli: sono gli umani a far paura , non gli zombies.
ParaNorman è un film per grandi e piccini: finemente citazionista per i grandi, divertente per la sua istroneria buffonesca per i più piccoli ( non troppo però..).
Se il bambino che vede gente morta richiama senza dubbio alla memoria il piccolo Osment de Il sesto senso di Shyamalan poi si susseguono citazioni una dopo l'altra di Halloween  , Venerdì 13, Frankenstein ( ma quello di Whale), molto horror anni '50 per poi arrivare al bellissimo Coraline e la porta magica a cui è accomunato dalla stessa tecnica di realizzazione e dalla stessa atmosfera piuttosto weird sospesa tra magia e orrore.
E che dire della colonna sonora che sembra un Carpenter a 24 carati?
A differenza di altri film d'animazione in cui il citazionismo costituisce lo scheletro portante della narrazione, qui siamo a un livello di finezza maggiore. Le citazioni servono per decorare la storia, non per sostenerla, spesso sono flash durante il film che è impossibile non notare ma servono solo per piazzare la battuta al momento giusto.
ParaNorman è più di un'alternativa all'animazione Pixar e Disney: è qualcosa di nettamente differente dal punto di vista estetico a testimonianza che a volte il ritorno al passato si può trasformare anche in un qualcosa proiettato verso il futuro.
Mi preme sottolineare una sequenza tra le tante da ricordare: quella in cui Norman va a scuola.
La strada vuota e solitaria si trasforma in un'affollatissima via grazie ai fantasmi a cui lui rispettosamente porge il suo saluto.
Ottima visione familiare a patto che i bimbi non siano troppo piccoli.
Giusto per non farli impaurire alla vista dei pupazzetti morti.

( VOTO : 7 + / 10 )  ParaNorman (2012) on IMDb

domenica 21 ottobre 2012

Killer Joe ( 2012 )

Chris , oppresso dai debiti con i suoi fornitori di droga convince il padre  e la sorella Dottie a noleggiare un sicario per uccidere l'odiosa madre, responsabile tra l'altro della sparizione di una partita di cocaina, per intascare così il premio dell'assicurazione. Il problema è che il killer Joe Cooper, psicopatico detective della polizia di Dallas che arrotonda lo stipendio uccidendo a pagamento, vuole i soldi  in anticipo e loro non hanno il becco di un dollaro. Lui accetta così una caparra in natura: la giovane Dottie.
Friedkin con questo film dimostra che i vecchi maestri hanno ancora molto da insegnare ai giovani cineasti. Forte di una carriera fantastica e dello status di chi non ha più nulla da dimostrare, il grande William, 76 anni e non sentirli, si rimette ancora una volta in gioco dirigendo un noir laido e disperato ambientato nel buco del culo del Texas, posto al di fuori della grazia di Dio e dimenticato dagli uomini.
Questo mondo è popolato da furfanti e mezze tacche, da ladri di polli e alcolisti impenitenti,l'immoralità regna sovrana e condiziona le azioni di tutti i personaggi in scena.
Su tutti emerge la figura del Killer Joe del titolo, un McConaughey che disegna un personaggio memorabile, da noir futurista, un poliziotto assolutamente al di sotto di ogni sospetto e di ogni deontologia professionale.
E poi è un maniaco, uno psicopatico con una lunga scia di morte alle spalle.
Si veste come un pistolero e incute terrore trovando fertile substrato nella famiglia disastrata che fa da cornice alla vita di Chris.
Tutti i personaggi di questo film hanno una connotazione negativa, tutti pronti a fregare il prossimo pur di salvarsi, anche se si tratta di giocare con la vita e la morte di una madre o di una figlia.
Dopo il soffocante ma bellissimo horror da camera Bug,, Friedkin dimostra ancora una volta di prediligere gli ambienti angusti affondati nello squallore , orchestrando un balletto di follia e di morte che termina nella maniera più beffarda possibile.
E non lesina scene memorabili soprattutto perchè non addomesticate dal dilagante buonismo hollywoodiano.
Il vecchio Will se ne frega dei divieti.
Esibisce la violenza in modo terribilmente esplicito sia fisica che psicologica: quasi insostenibile il pestaggio di Chris ad opera di due energumeni, così come sono memorabili la fellatio di Gina Gershon su una coscia di pollo dopo essere stata pestata da Joe, o lo spogliarello stereofonico di Dottie e di Joe al loro primo incontro che cita piuttosto espressamente la Lolita di Kubrick.
Il cast offre una prova straordinaria: oltre al già citato McCoanaughey che ultimamente sembra aver ritrovato lo smalto perduto da tempo e un Emile Hirsch più che convincente una menzione particolare va  ai personaggi femminili:da ricordare la performance della lolitesca Juno Temple,ingenua eppure provocante nella parte di Dottie e quella di Gina Gershon in un personaggio oltre i limiti della sgradevolezza. Un po' come tutti gli altri in scena.
Ecco se una cosa devo imputare a Killer Joe è l'avermi fatto dimenticare in un solo istante tutto il sex appeal della Gershon che aveva un posto privilegiato nella mia memoria " cinefila".
Friedkin non si accontenta di dirigere un noir: ne destruttura le fondamenta riscrivendone le regole.
E il ruggito del vecchio leone è più forte che mai.

( VOTO : 8 + / 10 ) 

Killer Joe (2011) on IMDb

sabato 20 ottobre 2012

To Rome with love ( 2012 )

Giovane americano a Roma riesce a innamorarsi in tempo record della migliore amica della sua ragazza, ex regista di opera scopre un inaspettato talento canoro nel consuocero italiano, di professione impresario di pompe funebri, giovane nevrotico appena sposato deve conoscere i danarosi parenti della moglie ma per una serie di equivoci si presenta all'appuntamento con una escort di lusso, Leopoldo, uomo meno che mediocre un giorno diventa famosissimo per motivi misteriosi e soffre molto della sua nuova condizione di celebrità. Ma il risveglio sarà ancora più amaro.
Sembra la trama del nuovo film dei Vanzina e invece è l'ultimo di Woody Allen.
La speranza è che con questo film sia finito il suo tour europeo sponsorizato dalle Pro Loco del posto: la Spagna , la Parigi odierna e del passato e infine la Città Eterna usati come mesti sfondi alle solite chiacchiere in libertà che nell'ultima parte della carriera del cineasta newyorkese hanno ormai perso la brillantezza del suo cinema che fu.
Il solito collage di storie malamente incastrate a simulare l'effetto soap accompagna una sfilata funerea di divi e divetti italici, stars in rampa di lancio o guitti che da tempo hanno imboccato il viale del tramonto.
A differenza di Midnight in Paris e Vicky, Cristina , Barcellona infatti questo è un film affollatissimo dalla prima all'ultima scena, ad ogni angolo scopri imbucati di ogni sorta, gente che ai nipotini potrà raccontare che ha recitato in un film di Woody Allen. Anche se non è vero, basta la presenza.
L'Italia vista dal piccolo ebreo newyorkese è il regno del clichet: cantanti , puttanieri impenitenti, fedifraghi senza un briciolo di vergogna, gente affamata di apparizioni televisive ( addirittura il Tg 3...che cosa si fa per soldi, vero?).
Ci mancava solo la pasta e la pizza con la pummarola in coppa
In tutto questo bailamme se si può salvare qualcosa si può parlare dell'episodio con Benigni: si vede che il comico toscano è ingabbiato da un altro regista e la sua verve non viene mai fuori( non che sia sempre un male) , la sua storia ha quel fondo di surreale che sarebbe piaciuto a Fellini forse, ma alla fine si rivela inconcludente, si sgonfia come un soufflè tirato fuori dal forno troppo presto.
Ridicolo Albanese come seduttore stracciamutande che poi rivela la propria natura misera, imbarazzante il cameo di Scamarcio come ladro specializzato in alberghi.
Gli americani forse se la cavano meglio in un film irrimediabilmente appiattito linguisticamente dal doppiaggio.
Parlano tutti la stessa lingua.
Vogliamo poi parlare di Alessandro Tiberi ( il giovane nevrotico) che è un surrogato del giovane Allen in cui il regista proietta tutto se stesso? Qualcosa di veramente insostenibile.
La verità è che di idee nuove nell'Allen del nuovo millennio non ce ne sono: Woody si limita a tirar fuori dal cassetto sceneggiature di fine anni '70 ( Basta che funzioni , che a questo punto occorre rivalutare ) oppure riciclare idee viste , riviste e straviste in tanti altri suoi film .
La speranza è che invece di fare un film all'anno, ne faccia un po' meno ma con idee finalmente nuove.
Per ritrovare il Woody Allen che amo.

( VOTO : 4,5 / 10 ) 

To Rome with Love (2012) on IMDb

venerdì 19 ottobre 2012

Lovely Molly ( 2011 )

Molly, addetta a un grande magazzino, assieme al marito Tim , camionista, è tornata ad abitare nella casa della sua infanzia, visto che i genitori sono defunti. Ma le cose non sembrano andare nel verso giusto. Quando il marito è via per lavoro, lei avverte misteriose presenze nella casa. Cerca di ripristinare il suo equilibrio mentale con marijuana e droghe ma la situazione precipita in un abisso di paura e di ricordi. Tutto questo servirà a scoperchiare il vaso di Pandora in cui è racchiuso un passato difficile da raccontare.
Che Dio protegga la blogosfera perchè senza la recensione scritta da  Angelo di Ulteriorità Precedente ( che trovate qui) non avrei mai scoperto questo film che si è rivelato una sorpresa abbastanza piacevole.
Lovely Molly è il ritorno alla regia di Eduardo Sanchez, uno dei creatori del caso cinematografico The Blair Witch project( 1999 ), che volenti o nolenti ha creato un nuovo modo per fare horror che ancora oggi è decisamente in voga, quello con la tecnica del mockumentary o anche del found footage.
Dal punto di vista tecnico il cordone ombelicale col passato non sembra reciso del tutto in quanto anche in questa sua ultima produzione ( scritta come sempre dallo stesso regista col fido Jamie Nash) ci sono generose sezioni girate con una telecamera azionata dalla stessa protagonista che vengono sapientemente alternate a ben più consistenti parti girate in maniera più "tradizionale".
Il crescendo di paura, violenza e mistero in Lovely Molly è gestito in maniera oculata da Sanchez che su quella che sembra una normalissima storia di case infestate  inserisce tutta una serie di digressioni che contribuiscono a tenere altissima la suspense.
In realtà fino all'ultimo lo spettatore non sa se c'è uno spirito nella casa, se Molly è traumatizzata da un pregresso familiare che sta riaffiorando una volta rientrati nella casa oppure che sia semplicemente tutto frutto del suo alterato equilibrio mentale.
Una delle ultime sequenze in questo senso è piuttosto esplicativa, forse troppo, perchè in questi casi a volte è meglio rimanere col dubbio e non spiegare troppe cose.
Lovely Molly è una visione abbastanza piacevole, non sconvolgente dal punto di vista dell'originalità e con qualche snodo narrativo condotto in maniera piuttosto meccanica ( soprattutto nell'ultima parte) ma assolve perfettamente al suo compito di intrattenimento non troppo becero.
Sanchez è bravo a creare un'atmosfera malsana che si respira nelle mura di una casa che ad ogni sequenza si rivela più soffocante per chi la abita.
La piacevolezza della visione di questo film non può prescindere dalla bravura della protagonista, Gretchen Lodge, una semiesordiente che si immola anima e corpo a dare vita a un personaggio difficile perchè col passare dei minuti oltre che mentalmente sembra deteriorarsi anche fisicamente , un po' come il piatto di carne nel polanskiano Repulsion.
Ancora una volta l'orrore nasce nella profonda provincia americana, ancora una volta in una classe sociale costretta a lottare ogni giorno per guadagnare la pagnotta, ancora una volta l'orrore nasce all'interno del contesto familiare. Sia presente che passato.
Il filo conduttore è tenuto costantemente in bilico tra la vita presente con l'anodino Tim, avara di particolari soddisfazioni e la narrazione di un passato familiare impossibile da raccontare che viene fatta attraverso i dialoghi tra le due sorelle.
Pur in assenza di spiegoni trituranti, il  finale è comunque tenuto aperto nel solco dei legami familiari.

( VOTO : 6,5 / 10 )

Lovely Molly (2011) on IMDb