I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

sabato 27 ottobre 2012

Nel bel mezzo di un gelido inverno ( 1995 )

Ebbi la fortuna di vedere questo piccolo gioiello al cinema (ancora non si ragionava con la logica del multiplex e si riuscivano ancora a vedere piccole produzioni che se ne infischiavano allegramente di essere commerciali) e me ne innamorai subito.
Branagh regala al suo pubblico l'ennesimo atto d'amore per il teatro ma stavolta la confezione è un pò diversa dal solito.Non una rilettura, seppur modernista come spesso ci ha abituato l'attore/regista/sceneggiatore britannico.
Addirittura si usa un contrastato bianco e nero che dà al tutto quasi un aspetto antico,elitario(nonchè elegante) e che testimonia la scelta di andare controcorrente.
Come del resto è piuttosto "originale" la scelta di scegliere una delle tregedie più rappresentate sui palcoscenici di tutto il mondo, l'Amleto per farla rappresentare con esiti comici da una compagnia scalcinata formata da attori disoccupati e che hanno tutti più o meno i propri bravi scheletri  sotto chiave nei rispettivi armadi.
Accanto a una lettura "soft" in cui si rimane estasiati dal clima che si respira durante le prove funestate da ogni tipo di problema (ma finisce sempre tutto bene) e si ride degli effetti comici della rappresentazione (un Amleto con colpi di mitra, rese dei conti personali in scena a suon di schiaffoni e di calci nelle palle poco scenici ma molto reali e di grande presa sul pubblico), è però necessario un livello di analisi più profondo.
Branagh (che non recita ma mette in scena praticamente un suo alter ego, attore depresso e disoccupato innamorato del teatro ma lacerato dal dubbio di abbandonare tutto per migrare a Hollywood con un contratto milionario per una saga di fantascienza) riflette sulla modernità del testo shakespeariano e del teatro in genere e sull'importanza di mettere sempre qualcosa di proprio in una rappresentazione il cui testo è conosciuto oramai anche dalle pietre.
Il testo è immortale, la sua rappresentazione no, dipende sempre dalla capacità di chi si cimenta in essa. E poi quel tormentone, la canzoncina con il ritornello che recita "Why must the show go on?" quasi un appello a non far morire il teatro schiacciato come è oggi da altre arti visive e di intrattenimento che coinvolgono molto più pubblico.
Il pubblico è fondamentale e non a caso funge da "scenografia" di questo Amleto dei poveri, Fadge, prevedendo il vuoto in platea si occupa solo di costruire sagome di cartone da porre sui posti vuoti in modo da creare l'effetto "sold out".
Il pubblico conta molitissimo ma anche il lavoro dell'attore teatrale che pur di recitare in teatro si getta in un impressionante tour de force e anche male remunerato.
Credo che questo film di Branagh sia il suo più sentito e commovente omaggio al teatro che è capace di emozionare anche senza nessun artificio, senza nessuna scenografia(a parte il pubblico di cartone è tutto lasciato come era prima nella chiesa sconsacrata "sfondo" di questa rappresentazione).
Non è un caso che ogni attore di questa scalcinata produzione teatrale porta in scena tutti i suoi problemi, quasi un tentativo della loro condivisione con la platea.
In fondo recitare a teatro è rappresentare se stessi nudi e crudi camminando su assi scricchiolanti e dentro a costumi di scena che  nella maggior parte dei casi assomigliano a  un resort di lusso per tarme sedentarie.
Una nota sul cast di esclusiva estrazione teatrale: banditi gli egoismi, spesso le scene sono corali in campo lungo (come corale è la commedia in cui tutti più o meno sono protagonisti alla stessa maniera), ogni attore svolge un lavoro egregio recitando la parte di attori che tanto bravi non sono.
Nel bel mezzo di un  gelido inverno nonostante il suo aspetto tipicamente british è sfacciatamente alleniano all'inizio ma poi gradualmente sposta il suo asse verso la parodia alla Mel Brooks.
L'uso del bianco e nero e la rappresentazione finale dell'Amleto (numeri comici di alta scuola con annesso finale a sorrisi e lucciconi sulle guance) mi hanno fatto pensare più di una volta all'immortale Frankenstein jr.
Qui è come se avessimo un Amleto jr...
( VOTO 8,5 / 10 ) 

4 commenti:

  1. ne ho un vaghissimo ricordo, decisamente da riprendere.

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  2. prima di rivederlo anche io ne avevo un ricordo vago ma decisamente bello. E gli anni non hanno scalfito per nulla la sua bellezza!

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  3. anch'io l'ho visto allora e lo ricordo come qualcosa di bello, e adesso me l'hai fatto ricordare:)

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  4. e allora per rinfrescare il ricordo lo devi rivedere...ne vale davvero la pena...

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