Ebbene si, chi segue questo blog sa che il cuoricino al rallentatore di questo bradipo batte per horror e affini sin dalla più tenera età.
E la mia età era veramente tenera quando impiegavo parte delle mie notti d'estate in visioni de paura a costo di sembrare antisociale....ma all'inizio non avevo neanche il videoregistratore.
Quando finalmente ebbi a disposizione l'attrezzatura idonea la mia socializzazione migliorò ma le mie ore notturne diventarono sempre più piccole.
Tutto questo per dire che il solito manipolo di blogger eroici ha ideato un modo per far rivivere, nella blogosfera, quella magia che contraddistingueva quella Notte Horror che riempiva i palinsesti televisivi estivi..
L'idea è quella di pubblicare alle 21 e alle 23 tutti i martedì da qui a settembre, due recensioni di film passati in quel mitico programma.
La lista è stuzzicante e la lista dei bloggers che partecipano è assolutamente di primissima qualità, nonostante la presenza del sottoscritto che abbassa la media in modo clamoroso ( io ci sarò il 5 agosto alle 23 con La metà oscura).
Si comincia domani con la nostra signora dell'horror Lucia de Il giorno degli zombi ( alle 21 con Dovevi essere morta) e con Non c'è paragone ( alle 23 con Mimic).
NON POTETE MANCARE!!!
I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.
lunedì 30 giugno 2014
Il segnato ( 2014 )
Jesse, chicano della California , si è appena diplomato alla high school. Dà il via ai festeggiamenti ma nel caseggiato dove abita cominciano a succedere strane cose. Lui e il suo amico Hector la prendono con Anna, donna misteriosa e riservata che tutti credono una strega ( la chiamano "bruja") e così una notte si introducono in casa sua e la spiano mentre disegna simboli a loro sconosciuti sul corpo nudo di una giovane donna. Scappano ma Anna viene ritrovato morta e il sospettato è un altro loro amico , Oscar.
E' una storia di stregoneria e possessioni e sembra che Jesse, dotato ora di forza sovrumana, vi sia invischiato fino al collo....
Piccola premessa: quei furbacchioni dei distributori italiani hanno cercato di nascondere sotto mentite spoglie l'ennesimo parto della mente paracula di Oren Peli eliminando qualsiasi riferimento alla sag(r)a delle Paranormal Activities.
Infatti mentre il titolo italiano è Il segnato quello originale Paranormal Activity : The marked ones non nasconde il cordone ombelicale a cui è legato.
E si va pure al risparmio,sarà la crisi, visto che "i segnati " del titolo originale diventano uno solo ( con il buon senso che va a farsi benedire, visto che non è solo Jesse l'invasato ma come minimo nel conto bisogna mettere anche Oscar).
Indovinate di che genere è questo film?
E indovinate con che tecnica è girato?
Troppo facile?
Esatto è tutto girato con la tecnica del mockumentary / found footage ( mai come in questo caso la distinzione tra i due sottogeneri si avvicina alla disquisizione sul sesso degli angeli ) ed è un horror.
Ed è anche un film di merda non so come altro definirlo.
Christopher Landon, sceneggiatore dei capitoli 2 , 3 e 4 della serie Paranormal Activity viene promosso regista sul campo e si inventa un punto di partenza potenzialmente interessante.
Un'incursione nella comunità latino americana di una città californiana con tutti gli annessi e connessi legati alla grande religiosità dei chicanos, cattolici ultraferventi, e anche alla loro credulità che si instaura in un contesto socioculturale che non ha nulla a che fare con quello del cristiano standard a stelle e strisce.
Quindi fanatismo, stregoneria, credulità, riti ancestrali , insomma un substrato da cui si potrebbe creare qualcosa di buono a livello orrorifico.
E invece viene tutto buttato in vacca con una prima parte in cui non succede letteralmente nulla e il povero spettatore si fa due palle così a vedere un manipolo di decerebrati che fa sembrare la squadra di idioti matricolati che compone Jackass, un gruppo di fini dicitori e menti superiori.
Il problema è che vedere quelli di Jackass fa ridere, vedere Jesse and company fa aumentare l'edema testicolare.
Poi c'è una parte in cui sembra che Oren Peli si voglia convertire all'idea cardine di Chronicle ( l'unico film di supereroi girato in stile mockumentary) mostrando fugacemente i superpoteri di Jesse ma poi si ricorda che è il regista e creatore di Paranormal Activity e ritorna presto nell'alveo tracciato dagli altri film con un'apparizione a sorpresa ( anzi due ) proprio nel finale che, diciamolo, è di un ridicolo che anche la metà bastava....
Tra prequel e spin off Il segnato spara tutte le sue cartucce ( a salve) in una seconda parte che cerca di recuperare il terreno perduto nella prima , ma fallisce miseramente.
Spaventi preconfezionati, la plausibilità della tecnica del mockumentary che viene abiurata più volte per dare un tocco più rifinito al tutto ma rimane la sensazione di grossa improvvisazione a causa di attori non propriamente di prima qualità e di uno script che procede faticosamente cercando di raccordare tra di loro le scene che dovrebbero provocare paura.
Insomma fino a quando dovremo sorbirci tali brutture?
La risposta è semplice: fino a che si riveleranno operazioni redditizie al box office.
E anche questa, pur incassando poco rispetto agli altri film della serie, si è dimostrata un buon guadagno ( oltre 32 milioni di incasso al box office americano a fronte di un budget di 5 milioni).
E a vedere il finale non finisce mica qui....
Vade retro Oren Peli!!!
( VOTO : 3 / 10 )
E' una storia di stregoneria e possessioni e sembra che Jesse, dotato ora di forza sovrumana, vi sia invischiato fino al collo....
Piccola premessa: quei furbacchioni dei distributori italiani hanno cercato di nascondere sotto mentite spoglie l'ennesimo parto della mente paracula di Oren Peli eliminando qualsiasi riferimento alla sag(r)a delle Paranormal Activities.
Infatti mentre il titolo italiano è Il segnato quello originale Paranormal Activity : The marked ones non nasconde il cordone ombelicale a cui è legato.
E si va pure al risparmio,sarà la crisi, visto che "i segnati " del titolo originale diventano uno solo ( con il buon senso che va a farsi benedire, visto che non è solo Jesse l'invasato ma come minimo nel conto bisogna mettere anche Oscar).
Indovinate di che genere è questo film?
E indovinate con che tecnica è girato?
Troppo facile?
Esatto è tutto girato con la tecnica del mockumentary / found footage ( mai come in questo caso la distinzione tra i due sottogeneri si avvicina alla disquisizione sul sesso degli angeli ) ed è un horror.
Ed è anche un film di merda non so come altro definirlo.
Christopher Landon, sceneggiatore dei capitoli 2 , 3 e 4 della serie Paranormal Activity viene promosso regista sul campo e si inventa un punto di partenza potenzialmente interessante.
Un'incursione nella comunità latino americana di una città californiana con tutti gli annessi e connessi legati alla grande religiosità dei chicanos, cattolici ultraferventi, e anche alla loro credulità che si instaura in un contesto socioculturale che non ha nulla a che fare con quello del cristiano standard a stelle e strisce.
Quindi fanatismo, stregoneria, credulità, riti ancestrali , insomma un substrato da cui si potrebbe creare qualcosa di buono a livello orrorifico.
E invece viene tutto buttato in vacca con una prima parte in cui non succede letteralmente nulla e il povero spettatore si fa due palle così a vedere un manipolo di decerebrati che fa sembrare la squadra di idioti matricolati che compone Jackass, un gruppo di fini dicitori e menti superiori.
Il problema è che vedere quelli di Jackass fa ridere, vedere Jesse and company fa aumentare l'edema testicolare.
Poi c'è una parte in cui sembra che Oren Peli si voglia convertire all'idea cardine di Chronicle ( l'unico film di supereroi girato in stile mockumentary) mostrando fugacemente i superpoteri di Jesse ma poi si ricorda che è il regista e creatore di Paranormal Activity e ritorna presto nell'alveo tracciato dagli altri film con un'apparizione a sorpresa ( anzi due ) proprio nel finale che, diciamolo, è di un ridicolo che anche la metà bastava....
Tra prequel e spin off Il segnato spara tutte le sue cartucce ( a salve) in una seconda parte che cerca di recuperare il terreno perduto nella prima , ma fallisce miseramente.
Spaventi preconfezionati, la plausibilità della tecnica del mockumentary che viene abiurata più volte per dare un tocco più rifinito al tutto ma rimane la sensazione di grossa improvvisazione a causa di attori non propriamente di prima qualità e di uno script che procede faticosamente cercando di raccordare tra di loro le scene che dovrebbero provocare paura.
Insomma fino a quando dovremo sorbirci tali brutture?
La risposta è semplice: fino a che si riveleranno operazioni redditizie al box office.
E anche questa, pur incassando poco rispetto agli altri film della serie, si è dimostrata un buon guadagno ( oltre 32 milioni di incasso al box office americano a fronte di un budget di 5 milioni).
E a vedere il finale non finisce mica qui....
Vade retro Oren Peli!!!
( VOTO : 3 / 10 )
domenica 29 giugno 2014
X Men - L'inizio ( 2011 )
Anche Magneto e il Professor X sono stati giovani.
Le gesta di un giovane ma già scalmanato Erik, animato da un curioso razzismo di reazione alla razza umana che lo ha ghettizzato( ma ha le sue buone ragioni), e di quello che sarà il suo antagonista, Xavier, illuminato già in giovane età da ideali di comunione e fratellanza con gli umani.
I due assieme a Raven e ad altri mutanti si mettono alla caccia di Shaw, l'assassino della madre di Erik, proprio davanti ai suoi occhi, che lavora perchè il Cremlino piazzi bombe a Cuba per scatenare una terza guerra mondiale.
Ma non sarà propriamente così.
E alla fine, reboot fu.
Dopo essere entrati in un vicolo cieco con un terzo film della serie che aveva deluso tutti e dopo aver perso per strada qualche pezzo impegnato in spin off ( ogni riferimento a Wolverine è puramente voluto) finalmente si torna indietro allo spirito iniziale della saga.
E questa idea del reboot , mascherato da prequel, non è altro che un ripartire da zero o quasi per disegnare nuove avventure del gruppo di mutanti più famosi dell'universo, Marvel e non.
Altra cosa positiva è assumere interpreti carismatici come Fassbender o perfettamente in parte come McAvoy( che non ha propriamente un fisico da corazziere) per non far rimpiangere i due grandi vecchi della saga, Stewart e McKellen che volenti o nolenti hanno messo il loro timbro su tutta la saga, essendone personaggi fondamentali.
Ricordo ancora quando vidi il primo X Men al cinema : forse non era un grandissimo film ma intratteneva a dovere e la mia curiosità principale era scoprire le abilità nascoste di tutti i mutanti della scuola.
La stessa cosa l'ho riprovata con X Men - L'inizio: introducendo personaggi nuovi la sensazione principale durante la visione era quella di uno strano deja vu non tanto per quello che si vedeva sullo schermo ma quanto per il mio modo di approcciarmi alla visione.
Lo ammetto: curiosità, il vedere quali e quanti poteri avessero questi mutanti è stato il piacere principale della visione nonostante una vicenda appassionante quanto basta e un dispiego di effetti speciali notevole.
Si va bene, il cattivo fornito da un ottimo Kevin Bacon, si va bene, il dilemma di Erik che non sa se diventare subito un emblema di malvagità oppure rimanere allineato e coperto nel gruppo di mutanti animato da una sorta di speranza nell'intergrazione di mutanti e umani, si va bene anche il personaggio di Xavier, un comandante ante litteram, democratico ma deciso.
Tutte cose buone e belle: ma io mi sono intrippato soprattutto nel vedere i poteri dei vari mutanti.
Ed è stato questo il principale deja vu che ho avuto durante la visione.
Una volta tanto un deja vu che non pregiudica il piacere di vedersi un film comunque confezionato come solo i blockbuster hollywoodiani sanno esserlo e con interpreti talmente cool che da soli assicurano l'incasso ( ah dimenticavo, c'è anche Jennifer Lawrence e una gnocchissima January Jones, roba da notti insonni).
L'idea principale del film è che anche i mutanti sono stati bambini e allora scostiamo questo velo dalla loro infanzia e mostriamo il loro lato più intimo a mai mostrato davanti alla telecamera.
E quel mettersi a giocare coi propri super poteri in quella specie di bunker non è altro che una riproposizione dell'atmosfera rilassata che si respirava nell'accademia di mutanti che già era al centro del primo film.
Mettiamoci poi anche un'ambientazione anni '60 di gran classe che da sola basta e avanza per ottenere la benevolenza dello spettatore.
X Men- L'inizio come dice il titolo è un nuovo punto di partenza che cerca di recuperare lo spirito di una saga che aveva clamorosamente deviato dopo due capitoli comunque all'altezza ( nelle mie preferenze più il secondo che il primo).
E da questo punto di vista è veramente un qualcosa di solido, magari senza punte di genio, ma una base forte e sicura da cui partire e volare in alto, più in alto possibile.
Anche più di su di quanto abbia mai fatto la saga degli X Men....
( VOTO : 7 / 10 )
Le gesta di un giovane ma già scalmanato Erik, animato da un curioso razzismo di reazione alla razza umana che lo ha ghettizzato( ma ha le sue buone ragioni), e di quello che sarà il suo antagonista, Xavier, illuminato già in giovane età da ideali di comunione e fratellanza con gli umani.
I due assieme a Raven e ad altri mutanti si mettono alla caccia di Shaw, l'assassino della madre di Erik, proprio davanti ai suoi occhi, che lavora perchè il Cremlino piazzi bombe a Cuba per scatenare una terza guerra mondiale.
Ma non sarà propriamente così.
E alla fine, reboot fu.
Dopo essere entrati in un vicolo cieco con un terzo film della serie che aveva deluso tutti e dopo aver perso per strada qualche pezzo impegnato in spin off ( ogni riferimento a Wolverine è puramente voluto) finalmente si torna indietro allo spirito iniziale della saga.
E questa idea del reboot , mascherato da prequel, non è altro che un ripartire da zero o quasi per disegnare nuove avventure del gruppo di mutanti più famosi dell'universo, Marvel e non.
Altra cosa positiva è assumere interpreti carismatici come Fassbender o perfettamente in parte come McAvoy( che non ha propriamente un fisico da corazziere) per non far rimpiangere i due grandi vecchi della saga, Stewart e McKellen che volenti o nolenti hanno messo il loro timbro su tutta la saga, essendone personaggi fondamentali.
Ricordo ancora quando vidi il primo X Men al cinema : forse non era un grandissimo film ma intratteneva a dovere e la mia curiosità principale era scoprire le abilità nascoste di tutti i mutanti della scuola.
La stessa cosa l'ho riprovata con X Men - L'inizio: introducendo personaggi nuovi la sensazione principale durante la visione era quella di uno strano deja vu non tanto per quello che si vedeva sullo schermo ma quanto per il mio modo di approcciarmi alla visione.
Lo ammetto: curiosità, il vedere quali e quanti poteri avessero questi mutanti è stato il piacere principale della visione nonostante una vicenda appassionante quanto basta e un dispiego di effetti speciali notevole.
Si va bene, il cattivo fornito da un ottimo Kevin Bacon, si va bene, il dilemma di Erik che non sa se diventare subito un emblema di malvagità oppure rimanere allineato e coperto nel gruppo di mutanti animato da una sorta di speranza nell'intergrazione di mutanti e umani, si va bene anche il personaggio di Xavier, un comandante ante litteram, democratico ma deciso.
Tutte cose buone e belle: ma io mi sono intrippato soprattutto nel vedere i poteri dei vari mutanti.
Ed è stato questo il principale deja vu che ho avuto durante la visione.
Una volta tanto un deja vu che non pregiudica il piacere di vedersi un film comunque confezionato come solo i blockbuster hollywoodiani sanno esserlo e con interpreti talmente cool che da soli assicurano l'incasso ( ah dimenticavo, c'è anche Jennifer Lawrence e una gnocchissima January Jones, roba da notti insonni).
L'idea principale del film è che anche i mutanti sono stati bambini e allora scostiamo questo velo dalla loro infanzia e mostriamo il loro lato più intimo a mai mostrato davanti alla telecamera.
E quel mettersi a giocare coi propri super poteri in quella specie di bunker non è altro che una riproposizione dell'atmosfera rilassata che si respirava nell'accademia di mutanti che già era al centro del primo film.
Mettiamoci poi anche un'ambientazione anni '60 di gran classe che da sola basta e avanza per ottenere la benevolenza dello spettatore.
X Men- L'inizio come dice il titolo è un nuovo punto di partenza che cerca di recuperare lo spirito di una saga che aveva clamorosamente deviato dopo due capitoli comunque all'altezza ( nelle mie preferenze più il secondo che il primo).
E da questo punto di vista è veramente un qualcosa di solido, magari senza punte di genio, ma una base forte e sicura da cui partire e volare in alto, più in alto possibile.
Anche più di su di quanto abbia mai fatto la saga degli X Men....
( VOTO : 7 / 10 )
Etichette:
action,
avventura,
Cinema americano,
Cinema inglese,
sci-fi
sabato 28 giugno 2014
La mossa del pinguino ( 2013 )
Bruno vende la grattachecche nell'estate romana ed è marito amoroso e padre affettuoso ma ha dalla sua una capacità di sognare fuori del comune e questi suoi sogni sono sempre irrealizzabili.
A un suo amico racconta di come nel 2006 alle Olimpiadi Invernali di Torino riuscirono a organizzare una squadra di curling dopo aver letto un articolo riguardante questo curioso sport, tanto che ci vuole, lui che spazza i pavimenti del museo nel turno di notte assieme all'amico Salvatore, sodale di sempre, è già esperto. Ma per fare una squadra di curling ci vogliono quattro elementi e allora ingaggia l'ex vigile Ottavio , claudicante abilissimo giocatore di bocce e Neno, mago del biliardo con qualche problemuccio con la giustizia.
Nonostante le difficoltà,soprattutto di Bruno che mette a dura prova il rapporto con la moglie Eva, decisamente più pragmatica di lui e col figlio Yuri, sua fonte di ispirazione, la squadra più raccogliticcia della storia del curling parte per Torino....
La mossa del pinguino è l'esordio alla regia di Claudio Amendola sulla base di una sceneggiatura a più mani scritta e rimaneggiata da lui e da Edoardo Leo, che recita nella parte di Bruno.
Una storia piccola piccola ma che non nasconde la sua ambizione di entrare con garbo e qualità nel cinema di genere, in quella commedia all'italiana che ha segnato una stagione molto felice del nostro
cinema.
Il film di Amendola probabilmente non ha sufficienti ali per volare in quel glorioso genere ma si dimostra da subito un paio di spanne al di sopra rispetto al livello sconfortante del cinema comico italiota di questi ultimi tempi.
A dir la verità Amendola rischia poco: si circonda di Roma e di romanità, quindi ambienti che conosce bene di cui utilizza anche gli scorci meno noti alle frequentazioni turistiche, si avvale di un gruppo collaudato di attori/ amici e anche dal punto di vista registico non va molto oltre un'estetica paratelevisiva però di qualità discreta, non una cosa raffazzonata male e in fretta.
La mossa del pinguino poi si inserisce in punta di piedi con un'umiltà rara da trovare nella scena cinematografica presente nel filone del cinema della crisi e del riscatto da questa un po' come era Full Monty, oppure è da vedere anche in quel genere tipicamente americano come il cinema sportivo capace di raccontare storie di sport e di riscatto con quella retorica che permette loro di entrare nel mito, almeno per gli spettatori a stelle e strisce.
Ma il film a cui sembra più richiamarsi, seppur in scala ridotta, è Machan, la storia vera di una falsa squadra, come recita il sottotitolo italiano, che narra la vicenda di una squadra nazionale di pallamano organizzata da un gruppo di sbandati nello Sri Lanka, ansiosi solo di ottenere un permesso di soggiorno nella vecchia Europa.
La mossa del pinguino assomiglia un po' proprio a Claudio Amendola, una spruzzata di Cesaronismo qua e là, ma nel complesso è rassicurante, umile, cordiale come un vecchio amico, simpatico, ti fa sorridere e anche ridere.
Ha quell'aria che hanno le cose fatte in casa, genuine ma anche ingenue, molto ingenue e questo si nota nell'affannarsi che hanno Amendola e Leo a far rincorrere tra loro tutte le sottotrame che percorrono trasversalmente il film come per dargli quello spessore che latita o nella divisione degli spazi tra i vari personaggi, tutti con il loro minutaggio più adeguato , come a non voler scontentare nessuno.
A suo modo una sorpresa: uno si aspetta lo sfacelo totale e invece si trova di fronte a un 'operina affabulatoria e simpatica, un po' tagliata con l'accetta qua e là ma che si vede tutta di un fiato dall'inizio alla fine.
E per essere una commedia italiana di queste ultime stagioni non è un risultato malvagio.
In fondo nella vita non si vince sempre. Si può anche perdere.
Basta non rimanere a zero.
La mossa del pinguino è la storia di quattro perdenti la cui vittoria più grande è segnare almeno un punto nella partita più importante della loro vita, giusto per darsi un ulteriore slancio.
( VOTO : 6 + / 10 )
A un suo amico racconta di come nel 2006 alle Olimpiadi Invernali di Torino riuscirono a organizzare una squadra di curling dopo aver letto un articolo riguardante questo curioso sport, tanto che ci vuole, lui che spazza i pavimenti del museo nel turno di notte assieme all'amico Salvatore, sodale di sempre, è già esperto. Ma per fare una squadra di curling ci vogliono quattro elementi e allora ingaggia l'ex vigile Ottavio , claudicante abilissimo giocatore di bocce e Neno, mago del biliardo con qualche problemuccio con la giustizia.
Nonostante le difficoltà,soprattutto di Bruno che mette a dura prova il rapporto con la moglie Eva, decisamente più pragmatica di lui e col figlio Yuri, sua fonte di ispirazione, la squadra più raccogliticcia della storia del curling parte per Torino....
La mossa del pinguino è l'esordio alla regia di Claudio Amendola sulla base di una sceneggiatura a più mani scritta e rimaneggiata da lui e da Edoardo Leo, che recita nella parte di Bruno.
Una storia piccola piccola ma che non nasconde la sua ambizione di entrare con garbo e qualità nel cinema di genere, in quella commedia all'italiana che ha segnato una stagione molto felice del nostro
Il film di Amendola probabilmente non ha sufficienti ali per volare in quel glorioso genere ma si dimostra da subito un paio di spanne al di sopra rispetto al livello sconfortante del cinema comico italiota di questi ultimi tempi.
Ma il film a cui sembra più richiamarsi, seppur in scala ridotta, è Machan, la storia vera di una falsa squadra, come recita il sottotitolo italiano, che narra la vicenda di una squadra nazionale di pallamano organizzata da un gruppo di sbandati nello Sri Lanka, ansiosi solo di ottenere un permesso di soggiorno nella vecchia Europa.
La mossa del pinguino assomiglia un po' proprio a Claudio Amendola, una spruzzata di Cesaronismo qua e là, ma nel complesso è rassicurante, umile, cordiale come un vecchio amico, simpatico, ti fa sorridere e anche ridere.
Ha quell'aria che hanno le cose fatte in casa, genuine ma anche ingenue, molto ingenue e questo si nota nell'affannarsi che hanno Amendola e Leo a far rincorrere tra loro tutte le sottotrame che percorrono trasversalmente il film come per dargli quello spessore che latita o nella divisione degli spazi tra i vari personaggi, tutti con il loro minutaggio più adeguato , come a non voler scontentare nessuno.
A suo modo una sorpresa: uno si aspetta lo sfacelo totale e invece si trova di fronte a un 'operina affabulatoria e simpatica, un po' tagliata con l'accetta qua e là ma che si vede tutta di un fiato dall'inizio alla fine.
E per essere una commedia italiana di queste ultime stagioni non è un risultato malvagio.
In fondo nella vita non si vince sempre. Si può anche perdere.
Basta non rimanere a zero.
La mossa del pinguino è la storia di quattro perdenti la cui vittoria più grande è segnare almeno un punto nella partita più importante della loro vita, giusto per darsi un ulteriore slancio.
( VOTO : 6 + / 10 )
venerdì 27 giugno 2014
Seria(l)mente : Life on Mars UK ( Stagione 1 , 2006 )
Paese d'origine : UK
Episodi : 8 da 60 minuti cadauno
Produzione: Kudos Film and Televisions, BBC
Durante un inseguimento l'ispettore capo della polizia di Manchester, Sam Tyler viene investito e ferito gravemente. Si ritrova non si sa come nel 1973 dove è sempre poliziotto ed è agli ordini del rude ispettore Gene Hunt. Sam ha difficoltà a integrarsi nella squadra ed emergono grandissime differenze nella metodologia di indagine.
Ma Tyler è veramente in coma o è solo impazzito e crede di trovarsi in un'altra epoca ?
La soluzione, forse , all'ultima puntata.
Intitolata così perché il protagonista quando si sveglia nel 1973 sta ascoltando proprio l'omonimo brano di David Bowie, Life on Mars è il frutto della penna di alcune delle menti migliori della tv inglese quali Matthew Graham, Tony Jordan e Ashley Pharoah( il maggior responsabile), un vero e proprio team che ha creato molti dei migliori prodotti della televisione inglese degli ultimi anni, tra cui una serie, Ashes to Ashes che è da considerare uno spin off di questo telefilm.
L'idea geniale che è alla base di Life on Mars è quella di mescolare la tematica dei paradossi temporali e del viaggio nel tempo alle dinamiche del polziesco più duro e crudo.
Da una parte c'è Sam, uomo del nuovo millennio, che si trova come un pesce fuor d'acqua, nel 1973, passa molto del suo tempo a cercare di dimostrare che non è un pazzo furioso e il resto lo trascorre cercando di farsi accettare dalla squadra di poliziotti in cui è stato inserito.
Dall'altra ci sono le periferie inglesi anni '70, brutte , sporche e cattive, battute da galoppini di ogni specie, un vero e proprio ricettacolo di infrazioni alla legge e manovalanza criminale di ogni risma.
E la squadra in cui è Sam, talvolta viene a patti con questo sottobosco di illegalità diffusa che viene visto quasi come un corollario necessario per il mantenimento dell'ordine e della giustizia.
Insomma Life on Mars è un'istantanea su un universo multistrato fatto di mondi e dimensioni parallele in cui Sam è imprigionato in un suo limbo personale che lo costringe a combattere contro i suoi fantasmi.
E' la carta vincente della serie , si rimane nel dubbio, nell'indeterminatezza con divagazioni e notazioni a margine degne di un Dottor Who pragmatico e c'è quel tocco dark che si rende evidente quando Sam si trova da solo a combattere coi fantasmi che lo perseguitano.
La confezione è inappuntabile, come di prassi nelle produzioni BBC, il cast è eccellente e l'ambientazione anni '70 ha un fascino incredibile, così come la colonna sonora che non si limita ruffianamente a snocciolare i brani famosi di quegli anni ( tipo un Live and Let die di McCartney che fa una porchissima figura).
Ottima anche la caratterizzazione dei personaggi: da una parte c'è un Sam Tyler catapultato in un mondo non suo dall'altra c'è il rude ispettore Hunt ( magnificamente interpretato da Philip Glenister, uno dei volti più noti della televisione inglese), personaggio riuscitissimo, che è un contrappunto perfetto.
Quanto è preciso e scientifico Tyler, quanto è arruffone Hunt, uno che subordina anche il rispetto della legge alla risoluzione dei vari casi, uno che non disdegna neanche la mazzetta , pur di stare tranquillo.
Chiusa improvvisamente dopo solo due stagioni e 16 episodi ( per l'abbandono di John Simm, partito per altri lidi, alias altre serie televisive, partenza poi rimpianta in interviste recenti) ha quel senso di incompiutezza che la rende un oggetto misterioso e affascinante allo stesso tempo.
Serial che nonostante abbia qualche anno non è invecchiato nemmeno di un attimo.
Come non è invecchiata di nemmeno un minuto la Manchester del '73 che è la protagonista indiscussa di gran parte delle puntate.
C'è anche un remake americano.
( VOTO : 8 / 10 )
Episodi : 8 da 60 minuti cadauno
Produzione: Kudos Film and Televisions, BBC
Durante un inseguimento l'ispettore capo della polizia di Manchester, Sam Tyler viene investito e ferito gravemente. Si ritrova non si sa come nel 1973 dove è sempre poliziotto ed è agli ordini del rude ispettore Gene Hunt. Sam ha difficoltà a integrarsi nella squadra ed emergono grandissime differenze nella metodologia di indagine.
Ma Tyler è veramente in coma o è solo impazzito e crede di trovarsi in un'altra epoca ?
La soluzione, forse , all'ultima puntata.
Intitolata così perché il protagonista quando si sveglia nel 1973 sta ascoltando proprio l'omonimo brano di David Bowie, Life on Mars è il frutto della penna di alcune delle menti migliori della tv inglese quali Matthew Graham, Tony Jordan e Ashley Pharoah( il maggior responsabile), un vero e proprio team che ha creato molti dei migliori prodotti della televisione inglese degli ultimi anni, tra cui una serie, Ashes to Ashes che è da considerare uno spin off di questo telefilm.
L'idea geniale che è alla base di Life on Mars è quella di mescolare la tematica dei paradossi temporali e del viaggio nel tempo alle dinamiche del polziesco più duro e crudo.
Da una parte c'è Sam, uomo del nuovo millennio, che si trova come un pesce fuor d'acqua, nel 1973, passa molto del suo tempo a cercare di dimostrare che non è un pazzo furioso e il resto lo trascorre cercando di farsi accettare dalla squadra di poliziotti in cui è stato inserito.
Dall'altra ci sono le periferie inglesi anni '70, brutte , sporche e cattive, battute da galoppini di ogni specie, un vero e proprio ricettacolo di infrazioni alla legge e manovalanza criminale di ogni risma.
E la squadra in cui è Sam, talvolta viene a patti con questo sottobosco di illegalità diffusa che viene visto quasi come un corollario necessario per il mantenimento dell'ordine e della giustizia.
Insomma Life on Mars è un'istantanea su un universo multistrato fatto di mondi e dimensioni parallele in cui Sam è imprigionato in un suo limbo personale che lo costringe a combattere contro i suoi fantasmi.
E' la carta vincente della serie , si rimane nel dubbio, nell'indeterminatezza con divagazioni e notazioni a margine degne di un Dottor Who pragmatico e c'è quel tocco dark che si rende evidente quando Sam si trova da solo a combattere coi fantasmi che lo perseguitano.
La confezione è inappuntabile, come di prassi nelle produzioni BBC, il cast è eccellente e l'ambientazione anni '70 ha un fascino incredibile, così come la colonna sonora che non si limita ruffianamente a snocciolare i brani famosi di quegli anni ( tipo un Live and Let die di McCartney che fa una porchissima figura).
Ottima anche la caratterizzazione dei personaggi: da una parte c'è un Sam Tyler catapultato in un mondo non suo dall'altra c'è il rude ispettore Hunt ( magnificamente interpretato da Philip Glenister, uno dei volti più noti della televisione inglese), personaggio riuscitissimo, che è un contrappunto perfetto.
Quanto è preciso e scientifico Tyler, quanto è arruffone Hunt, uno che subordina anche il rispetto della legge alla risoluzione dei vari casi, uno che non disdegna neanche la mazzetta , pur di stare tranquillo.
Chiusa improvvisamente dopo solo due stagioni e 16 episodi ( per l'abbandono di John Simm, partito per altri lidi, alias altre serie televisive, partenza poi rimpianta in interviste recenti) ha quel senso di incompiutezza che la rende un oggetto misterioso e affascinante allo stesso tempo.
Serial che nonostante abbia qualche anno non è invecchiato nemmeno di un attimo.
Come non è invecchiata di nemmeno un minuto la Manchester del '73 che è la protagonista indiscussa di gran parte delle puntate.
C'è anche un remake americano.
( VOTO : 8 / 10 )
giovedì 26 giugno 2014
Lo sconosciuto del lago ( 2013 )
La sponda di un lago francese è un ritrovo per soli uomini e il boschetto che fa da cornice allo specchio d'acqua è deputato agli incontri sessuali tra coloro che frequentano la spiaggia. Qui c'è Henri, fisico curvilineo che ha visto giorni migliori e che è stato appena lasciato dalla moglie, forse neanche omosessuale ma che preferisce incontrare meno persone possibile e quello che diventa una sorta di suo confidente , Franck, alla ricerca dell'uomo dei suoi sogni.
Lo trova in Michel , fisico scolpito , eccellente nuotatore anche se lui si dimostra subito molto pericoloso.
E'annegato un uomo in quel lago. E c'è un sospetto.
Henri sa chi è ma all'amore non si comanda....
Presentato nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes del 2013 , dove il regista e sceneggiatore Alain Guiraudie ha vinto il premio per la miglior regia, Lo sconosciuto del lago è un film che può evocare qualsiasi reazione ma che ha il pregio di non lasciare indifferenti.
E questo lo si deve alla capacità che il pubblico dimostrerà di avere nel metabolizzare tutte le scene di sesso esplicito tra uomini di cui il film è costellato, sequenze che sono costate molte polemiche e svariati divieti rendendo la distribuzione molto difficoltosa.
Sicuramente il pubblico bigotto e benpensante sarà scosso da tutta queste esibizione di nudi frontali e membri maschili ma sarebbe ingiusto ritenere un film come questo semplicemente un film porno per soli uomini.
C'è dell'altro , molto altro se si va oltre al copertina.
Lo sconosciuto del lago ha un andamento pressoché circolare visto che segue pedissequamente lo scorrere dei giorni in un'estate afosa in riva al lago.
Una routine quasi angosciosa.
C'è il parcheggio a poca distanza dall'acqua che progressivamente si riempie di macchine, c'è il bagnasciuga in cui si prende il sole in costume adamitico ( è una spiaggia per naturisti, ma solo uomini però), c'è il lago in cui immergersi per fare una nuotata rinfrescante e già che uno c'è si controlla il movimento che c'è in spiaggia, c'è il boschetto, che assomiglia a un girone dell'inferno dantesco in cui si affollano coloro che si stanno dedicando ad incontri sessuali che si svolgono non proprio al riparo da occhi indiscreti.
Non è un ritratto rassicurante o accomodante quello che Alain Guiraudie offre al pubblico riguardo le dinamiche esistenti tra i vari soggetti della comunità gay che frequenta le sponde del lago.
Uomini dediti a incontri occasionali, in cui prima si fa sesso e poi si fa conoscenza chiedendo il nome del partner, una ricerca continua della soddisfazione sessuale a costo di sfociare nella lussuria vera e propria, un certo esibizionismo di fondo che permette loro di andare comunque fino in fondo pur non essendo al riparo da vogliosi occhi indiscreti ( la figura del guardone che ricorre nel film), un continuo pellegrinare per il boschetto alla ricerca della novità in maniera quasi compulsiva.
Non so quanto possa essere realistico un ritratto come questo, personalmente mi interessa anche poco, ma coloro che sono vittime di pregiudizi contro gli omosessuali sicuramente troveranno fiato per soffiare nelle loro trombe del moralismo più bieco e bigotto al solo approcciarsi alla messa in scena molto esplicita .
Questo se ci si ferma alla superficie: se si ha la volontà di vedere qualcosa più in profondità , allora si può anche notare che questa frenesia sessuale è legata a filo doppio con la paura della solitudine, perchè per uno come Franck, stare con uno sconosciuto a fare cose è sempre meglio che stare da solo a guardare gli altri che nuotano e quando non è possibile avere incontri fugaci nella boscaglia, anche chiacchierare con Henri, in riva al lago, uno che cerca un po' di privacy ma anche un po' di condivisione della sua solitudine legata alla sua crisi familiare, va benissimo per creare una sorta di amicizia platonica, una gemma rara in un posto come questo.
Poi entra in campo l'amore: non si sa se semplice attrazione fisica o qualcosa d'altro ma Franck è attratto in modo magnetico da Michel anche se ha visto quello che ha fatto, anche se è un tipo pericoloso.
Coraggio o incoscienza, semplice lussuria o una paura fottuta di rimanere da solo, Franck si assume il rischio di una relazione sempre più stretta.
Fino a quando?
Lo sconosciuto del lago è un film dove la pulsione sessuale è riportata allo stato istintivo, una necessità quasi dolorosa con una sofferenza intensa che tracima dallo schermo.
Un vivere la sessualità che ha quasi dell'infantile , proprio perchè non mediato da codici comportamentali e da inibizioni portate dalle convenzioni della vita sociale.
Non un porno, ma un film d'amore e di disperazione, non un giallo perchè la soluzione è sbattuta lì in faccia allo spettatore ma un sofisticato thriller in cui sentimenti e pulsioni sono utlizzati come corpi contundenti.
Un bel film d'autore che si fa beffe delle logiche commerciali e anche di quel sotterraneo sentimento omofobo che striscia nelle pieghe del comune sentire.
Anche fosse solo per questo, è da vedere.
( VOTO : 8 / 10 )
Lo trova in Michel , fisico scolpito , eccellente nuotatore anche se lui si dimostra subito molto pericoloso.
E'annegato un uomo in quel lago. E c'è un sospetto.
Henri sa chi è ma all'amore non si comanda....
Presentato nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes del 2013 , dove il regista e sceneggiatore Alain Guiraudie ha vinto il premio per la miglior regia, Lo sconosciuto del lago è un film che può evocare qualsiasi reazione ma che ha il pregio di non lasciare indifferenti.
E questo lo si deve alla capacità che il pubblico dimostrerà di avere nel metabolizzare tutte le scene di sesso esplicito tra uomini di cui il film è costellato, sequenze che sono costate molte polemiche e svariati divieti rendendo la distribuzione molto difficoltosa.
Sicuramente il pubblico bigotto e benpensante sarà scosso da tutta queste esibizione di nudi frontali e membri maschili ma sarebbe ingiusto ritenere un film come questo semplicemente un film porno per soli uomini.
C'è dell'altro , molto altro se si va oltre al copertina.
Lo sconosciuto del lago ha un andamento pressoché circolare visto che segue pedissequamente lo scorrere dei giorni in un'estate afosa in riva al lago.
Una routine quasi angosciosa.
C'è il parcheggio a poca distanza dall'acqua che progressivamente si riempie di macchine, c'è il bagnasciuga in cui si prende il sole in costume adamitico ( è una spiaggia per naturisti, ma solo uomini però), c'è il lago in cui immergersi per fare una nuotata rinfrescante e già che uno c'è si controlla il movimento che c'è in spiaggia, c'è il boschetto, che assomiglia a un girone dell'inferno dantesco in cui si affollano coloro che si stanno dedicando ad incontri sessuali che si svolgono non proprio al riparo da occhi indiscreti.
Non è un ritratto rassicurante o accomodante quello che Alain Guiraudie offre al pubblico riguardo le dinamiche esistenti tra i vari soggetti della comunità gay che frequenta le sponde del lago.
Uomini dediti a incontri occasionali, in cui prima si fa sesso e poi si fa conoscenza chiedendo il nome del partner, una ricerca continua della soddisfazione sessuale a costo di sfociare nella lussuria vera e propria, un certo esibizionismo di fondo che permette loro di andare comunque fino in fondo pur non essendo al riparo da vogliosi occhi indiscreti ( la figura del guardone che ricorre nel film), un continuo pellegrinare per il boschetto alla ricerca della novità in maniera quasi compulsiva.
Non so quanto possa essere realistico un ritratto come questo, personalmente mi interessa anche poco, ma coloro che sono vittime di pregiudizi contro gli omosessuali sicuramente troveranno fiato per soffiare nelle loro trombe del moralismo più bieco e bigotto al solo approcciarsi alla messa in scena molto esplicita .
Questo se ci si ferma alla superficie: se si ha la volontà di vedere qualcosa più in profondità , allora si può anche notare che questa frenesia sessuale è legata a filo doppio con la paura della solitudine, perchè per uno come Franck, stare con uno sconosciuto a fare cose è sempre meglio che stare da solo a guardare gli altri che nuotano e quando non è possibile avere incontri fugaci nella boscaglia, anche chiacchierare con Henri, in riva al lago, uno che cerca un po' di privacy ma anche un po' di condivisione della sua solitudine legata alla sua crisi familiare, va benissimo per creare una sorta di amicizia platonica, una gemma rara in un posto come questo.
Poi entra in campo l'amore: non si sa se semplice attrazione fisica o qualcosa d'altro ma Franck è attratto in modo magnetico da Michel anche se ha visto quello che ha fatto, anche se è un tipo pericoloso.
Coraggio o incoscienza, semplice lussuria o una paura fottuta di rimanere da solo, Franck si assume il rischio di una relazione sempre più stretta.
Fino a quando?
Lo sconosciuto del lago è un film dove la pulsione sessuale è riportata allo stato istintivo, una necessità quasi dolorosa con una sofferenza intensa che tracima dallo schermo.
Un vivere la sessualità che ha quasi dell'infantile , proprio perchè non mediato da codici comportamentali e da inibizioni portate dalle convenzioni della vita sociale.
Non un porno, ma un film d'amore e di disperazione, non un giallo perchè la soluzione è sbattuta lì in faccia allo spettatore ma un sofisticato thriller in cui sentimenti e pulsioni sono utlizzati come corpi contundenti.
Un bel film d'autore che si fa beffe delle logiche commerciali e anche di quel sotterraneo sentimento omofobo che striscia nelle pieghe del comune sentire.
Anche fosse solo per questo, è da vedere.
( VOTO : 8 / 10 )
mercoledì 25 giugno 2014
Il mio quattrozampe e io : Nice
Oggi puntata molto più travagliata del solito.
Con la mia lentezza bradipa e il mio essere sempre sul pezzo nel momento sbagliato ho contattato Obsidian Mirror, il successivo della lista, proprio il giorno dopo che era partito per le sue tanto agognate e meritate ferie e quindi la puntata rischiava di saltare.
Devo ringraziare sentitamente Marzia alias Il cinefilante ( che ve lo dico affà? blog da visitare di corsa e se siete di Roma e dintorni ci troverete tante chicche per intenditori) che nonostante lo scarisissimo preavviso ha accolto di buon grado il mio invito e risposto alle mie domande parlandoci della sua Nice.
Ma cominciamo subito.
1) Presentati e presenta il tuo amico a quattrozampe
Eccomi, Marzia/Cinefilante che vi presenta la sua Nice, presa in un canile 12 anni fa. Da allora allieta le nostre vite movimentandole non poco!
Credo che la vita con un cane sia molto più bella e che una casa non sia tale se non c'è un simpatico animaletto peloso.
Per parlare di Nice devo parlare di Asha, una lupetta meticcia che mio fratello trovò in una vacanza in Puglia. Se la riportò in treno che aveva non più di due mesi. Illuminò la nostra casa e furono quattro anni di coccole e dolcezza poi una sera purtroppo si sguinzagliò e fini sotto una macchina lasciandoci con un dolore feroce. Arrivò Natale e decisi di trovare un'altra cagnolina che ci allietasse l'esistenza.
Un canile cedeva cuccioli, "c'è una pastorina bionda" e appena sentii questa descrizione il cuore mi si riempì di gioia perché sapevo che era lei.Odia i bambini, non ha istinto materno. Ama le mele appena colte, le more di gelso, le susine e quando era piccola rubava i pomodori in frutteria. Adora l'acqua, farsi la doccia sotto la fontanella quando fa caldo, tuffarsi nei laghetti e zampettare nelle pozzanghere.
2) Mi pare di capire che Asha in qualche modo ha aperto il vostro cuore al futuro arrivo di Nice: riesci a fare un confronto tra queste due cagnette?
Asha è stata la nostra seconda cagnetta, il primo fu Igor, un bestione di 50 chili che a distanza di 30 anni tutti ancora ricordano. Nice è caratterialmente un mix, è una perfetta Igorasha. Del primo ha l'indipendenza, lo spirito cacciatore e anche una certa sguaiatezza, della seconda ha l'affetto morboso, la petulanza e la dolcezza.
3) Molti non prendono con loro animali perché li vedono come un ostacolo : Nice ti ha mai ostacolato in qualcosa?
Per fortuna Nice ha la fortuna di avere anche altri membri della famiglia che si occupano di lei e quindi non ci ha mai particolarmente ostacolato ma gli anni passano e lei diventa sempre più attaccata quindi ogni volta che mia madre (che è anche "sua" madre) parte son dolori per il suo stato emotivo, praticamente vive in finestra aspettando il ritorno.
4) E' vero che non le fai mai assaggiare le specialità da gourmet che cucini?
Questo è un tasto dolente, sebbene non le facciamo assaggiare nulla di cucinato è impensabile di non darle un pezzetto di biscotto o qualche pezzetto di pane rigorosamente tostato. Nice ama le cose croccanti! Sbava per i dolci e la verdura condita del resto qui siamo vegetariani e lei si è adattata. La sua pappa è a base di carne, riso e verdura ma preferirebbe l'alimentazione umana.
5) Tu vivi a Roma: in che cosa potrebbe migliorare la tua città per renderla più a misura di quattrozampe?
Decisamente più spazi riservati. Ho un grande parco vicino casa ma lo spazio destinato ai cani è veramente troppo piccolo per tutti i cani della zona che sono veramente tantissimi. Poi francamente trovo eccessivo che in molti luoghi non si possa entrare con il cane a capisco che probabilmente a livello commerciale siano obbligati a fare di tutta l'erba un fascio a causa dell'ineducazione di molti padroni.
6) Hai mai pensato di lasciare Roma e magari vivere in campagna per dare più spazio a Nice?
In relatà per parecchi mesi l'anno Nice si trasferisce in Abruzzo in montagna con mia madre, in questo modo non deve subire il caldo romano che da un po' di anni è veramente eccessivo. Lì abbiamo un giardino e lei fa il bello e il cattivo tempo. La porta di casa è sempre aperta e Nice va e viene mille volte al giorno.
7) Ami i gatti?
Gatti? What's gatti? :-) No, direi proprio di no tra me e i gatti c'è proprio un'idiosincrasia.
8) Come è il tuo veterinario, Nice se ne è mai un mangiato un pezzetto?
Il mio veterinario è molto tranquillo è pacioso ma soprattutto è bravo. Quello che mi piace di più è che quando la portiamo (e lei trema come una foglia) lui le fa delle grandi carezze e le dice "Quanto sei morbida... Non ho mai sentito un cane così morbido...".
9) Hai mai pensato di trovare una compagnia a Nice?
In passato io l'avrei voluto ma è apparso ogni giorno più evidente che se avessimo preso questa decisione ne avremmo trovato i brandelli la prima volta che li avremmo lasciati da soli a casa. Nice è gelosissima, sopporta poco anche che ci si occupi delle piante sul balcone perché lo considera tempo rubato a lei.
10) Solita coppia di domande marzulliane. se Nice fosse un film, una canzone o un libro?
Nice è una piccola Indiana Jones, dove c'è un tunnel, un anfratto lei ci si getta a capofitto ma ogni tanto scherzando io le dico che è una principessa aliena della razza dei canidi quindi forse più una situazione alla Men in Black?
Musicalmente sono perfetti i Beatles, scanzonati ma di sostanza, con un'evoluzione interessantissima e un più di un pizzico di psichedelia.
Un libro/Nice non so se sia stato scritto ma è u libro di amore assoluto e incondizionato e di dolcezza
11) E se fosse un personaggio televisivo, cinematografico o letterario?
Sul personaggio televisivo non ti so rispondere visto che non guardo la televisione da una decina d'anni a questa parte. Come libro, sebbene ne abbia un ricordo sbiadito dal tempo, potrebbere essere Le grand Maulnes, protagonista dell'omonimo classico della letteratura francese per ragazzi, avventura e amicizia.
Una canzone... sebbene Freddie Mercury abbia dedicato Deliah al suo gatto preferito, potrebbe andare benissimo per Nice e per quanto la adoro!
12) Tempo di vacanze: dove vorresti andare quest'anno e ...ti porti dietro Nice?
Come ti dicevo Nice passa le sue "ferie" in montagna. Ogni tanto la portiamo al mare per un giorno ma fuori stagione.
13) Titoli di coda, varie ed eventuali
A proposito di mare... una volta io e mio fratello ci siamo fatti il bagno mentre lei era sulla spiaggia con nostra madre. Non ha esitato a gettarsi in acqua per raggiungerci. Eravamo quasi al largo e lei arrivo stremata da noi, era la prima volta che nuotava in vita sua. io la afferrai, lei si abbandonò completamente a quell'abbraccio e la riportai a riva. Quanto amore in quel gesto.
Ringrazio ancora di cuore Marzia che ha permesso la regolare pubblicazione di questa intervista.
Se volete , le iscrizioni sono sempre aperte. Basta lasciare un commento qui
La prossima settimana è il turno della mitica Erica Bolla del Bollalmanacco di Cinema.
Sarà sicuramente una puntata scoppiettante.
Non mancate assolutamente!!!!
Ringrazio ancora di cuore Marzia che ha permesso la regolare pubblicazione di questa intervista.
Se volete , le iscrizioni sono sempre aperte. Basta lasciare un commento qui
La prossima settimana è il turno della mitica Erica Bolla del Bollalmanacco di Cinema.
Sarà sicuramente una puntata scoppiettante.
Non mancate assolutamente!!!!
martedì 24 giugno 2014
The dark side of the sun ( 2011 )
Lo Xeroderma pigmentosum è una malattia che non permette l'esposizone alla luce solare di chi ne è affetto perchè provoca ustioni gravissime, invecchiamento precoce e tumori della pelle. E dà un'aspettativa di vita molto bassa perché accanto a questa impossibilità di esporsi alla luce solare ci sono molte altri problemi clinici che vengono fuori.
Questa è la storia di Dan e Karen e della loro figlia Katie, loro secondogenita , che ha appena finito il liceo nonostante l'importante deficit di vista e del 90 % dell'udito, e di come quando loro figlia era piccola riuscirono a tirare su dal nulla Camp Sundown, un luogo di aggregazione dei malati di xeroderma pigmentosum e dei loro familiari, un luogo in cui vivere la notte e cavalcarla fino in fondo per dimenticare , almeno per un breve periodo, l'isolamento a cui sono costretti per la maggior parte dell'anno.
E l'isolamento uccide ancora prima della malattia.
Da genitore mi si stringe il cuore quando vedo al cinema trattare storie di bambini che devono combattere contro malattie infide, invalidanti e mortali come lo xeroderma pigmentosum.
E so anche che cosa vuol dire l'isolamento forzato per un bambino che di giorno, nel pieno della canicola estiva deve andare in giro coperto dalla cima dei capelli alla punta dei piedi e ciò non è neanche sufficiente per evitare i rischi di ustioni.
Ecco perché i bambini , i soggetti affetti da questa malattia, sono costretti a vivere di notte,
Nel mio piccolo sto capendo anche io la bruttezza della sensazione dell'isolamento che possono provare questi bambini, perché anche mia figlia la sta provando, non per una malattia del genere,
fortunamente,ma ci hanno consigliato caldamente di non esporla al caldo e al sole per i recenti problemi che ha avuto.
fortunamente,ma ci hanno consigliato caldamente di non esporla al caldo e al sole per i recenti problemi che ha avuto.
E lei non l'ha presa benissimo, dato che vede i suoi amici andare al mare a ridere e scherzare e lei deve attenersi a uno stile di vita molto più ritirato.
Ecco perché ho compreso benissimo il peso di quel macigno che gli affetti da questa malattia si portano dietro.
Un carico gravoso che solo nel periodo in cui sono al Camp Sundown finalmente viene alleggerito e tutto questo perché ci si trova assieme a tanti altri ragazzi che vivono la stessa invalidante condizione patologica e , venendo meno l'isolamento che ottunde stati d'animo e coscienze, si riesce a vivere compiutamente una notte che normalmente è gravida di paure , ottenendo come per miracolo la forza per affrontare il giorno.
The dark side of the sun è corredato inoltre di molte sezioni realizzate con tecniche di animazione ( molto giapponesi come stile ) per sottolineare il travaglio interiore dei piccoli protagonisti e di chi sta loro accanto.
Il documentario di Carlo Hintermann e Lorenzo Ceccotti è una coproduzione internazionale in cui è molto importante l'apporto italiano.
Realizzato tre anni fa , finalmente vede la luce nelle nostre sale pur con una distribuzione assai deficitaria, ma purtroppo non è una novità.
E' uno di quei film che dovrebbe essere proiettato nelle scuole per mostrare che cosa può provocare l'isolamento e soprattutto che non bisogna avere paura della diversità e della malattia, bisogna combattere per vincere e se non è possibile, allora conviverci nel modo più indolore possibile.
E' uno di quei film che dovrebbe essere proiettato nelle scuole per mostrare che cosa può provocare l'isolamento e soprattutto che non bisogna avere paura della diversità e della malattia, bisogna combattere per vincere e se non è possibile, allora conviverci nel modo più indolore possibile.
Forse la sottolineatura con le immagini animate a volte è un po' troppo evidente , sfociando nella retorica ma è difetto piccolo in rapporto alla funzione sociale che può avere questa interessante opera che è un po' film, un po' cartone animato e un po' documentario....
lunedì 23 giugno 2014
Smetto quando voglio ( 2014 )
Pietro è un ricercatore in attesa di riconferma e intanto vive male il suo precariato facendo ripetizioni ( non pagate) e giustificandosi in continuazione nei confronti della fidanzata, anche lei costretta a una vita piuttosto grama.
Quando per i tagli all'Università e per le solite camurrie viene addirittura licenziato , Pietro decide che non può più starci. Con l'aiuto di un chimico suo amico finito a fare il lavapiatti in un ristorante cinese, di un matematico finito a fare piccoli imbrogli contando le carte del poker, di un antropologo aspirante sfasciacarrozze e di altre menti superiori dell'Università italiana finite a fare lavori umilianti la loro qualifica, comincia a produrre una molecola psicotropa ai limiti della legalità e organizzandosi per benino la vende in festini e discoteche facendo un sacco di soldi.
Ma cominciano i guai: in famiglia , con la polizia perché la "banda dei ricercatori" non sta conducendo uno stile di vita abbastanza morigerato e col temibile Murena, spacciatore di pasticche che ha visto contrarsi la sua fetta di mercato....
Se il cinema ha dimostrato in passato di essere lo specchio fedele della società contemporanea, Smetto quando voglio ne è il perfetto esempio.
Cinema della crisi e sulla crisi, sguardo divertito ma allo stesso tempo sbigottito sulle dinamiche che muovono la ricerca universitaria in Italia ( le solite raccomandazioni, i soliti mammasantissima politici a cui votarsi sperando di scegliere quello dalla parte giusta), la constatazione che seguendo le regole non si riusciranno mai a fare soldi.
Bisogna mettersi un'idea meravigliosa in testa e muoversi tra le pieghe della legge.
Sydney Sibilia, giovane regista salernitano qui al suo esordio nel lungometraggio, cavalca con talento questo comune sentire e non dimentica la lezione del classico heist movie all'americana, confezionando un film trascinante e molto ben congegnato, credibile, capace di raccontare realisticamente una favola immorale dei nostri tempi.
Smetto quando voglio diventa subito una specie di Breaking Bad all'amatriciana ,ma non nel senso deteriore del termine, diciamo un qualcosa fortemente ancorato alla realtà romana ma che riesce anche a travalicarne i confini, naturalmente facendo tutte le distinzioni del caso, descrivendo senza tanti eufemismi una situazione al collasso perché quando la cultura e la meritocrazia diventano degli handicap e non dei punti di forza nei curricula di chi cerca lavoro, beh, allora si è arrivati al punto di non ritorno.
Non so se sia " il film più divertente dell'anno" come c'è scritto sulla locandina, ma sicuramente si ride e anche parecchio mentre lo vedi.
Appena finiti i titoli di coda , però , si apre lo spazio alla riflessione e ti accorgi di aver appena visto un'istantanea impietosa scattata sul tuo Paese e sulla realtà che ti circonda.
E , immediatamente, ti assale la sensazione , un po' spiacevole, che c'è ben poco da ridere perché le situazioni confezionate così elegantemente sono già accadute e accadranno tantissime altre volte, magari coinvolgendoti in prima persona.
La risata si trasforma in un ghigno sardonico a denti strettissimi e quel finale lieto , ma solo a prima vista, non fa altro che accentuare il male alle mandibole
Smetto quando voglio è un film che funziona a meraviglia , con un ritmo infallibile e un gruppo di attori affiatato che fa a gara per rubarsi la scena.
Un plauso anche all'accuratezza della confezione, cosa non precisamente frequente nella commedia italiana recente, con una fotografia ricca di tonalità sature che conferisce al film un cromatismo particolare.
Da vedere.
( VOTO . 7,5 / 10 )
Quando per i tagli all'Università e per le solite camurrie viene addirittura licenziato , Pietro decide che non può più starci. Con l'aiuto di un chimico suo amico finito a fare il lavapiatti in un ristorante cinese, di un matematico finito a fare piccoli imbrogli contando le carte del poker, di un antropologo aspirante sfasciacarrozze e di altre menti superiori dell'Università italiana finite a fare lavori umilianti la loro qualifica, comincia a produrre una molecola psicotropa ai limiti della legalità e organizzandosi per benino la vende in festini e discoteche facendo un sacco di soldi.
Ma cominciano i guai: in famiglia , con la polizia perché la "banda dei ricercatori" non sta conducendo uno stile di vita abbastanza morigerato e col temibile Murena, spacciatore di pasticche che ha visto contrarsi la sua fetta di mercato....
Se il cinema ha dimostrato in passato di essere lo specchio fedele della società contemporanea, Smetto quando voglio ne è il perfetto esempio.
Cinema della crisi e sulla crisi, sguardo divertito ma allo stesso tempo sbigottito sulle dinamiche che muovono la ricerca universitaria in Italia ( le solite raccomandazioni, i soliti mammasantissima politici a cui votarsi sperando di scegliere quello dalla parte giusta), la constatazione che seguendo le regole non si riusciranno mai a fare soldi.
Bisogna mettersi un'idea meravigliosa in testa e muoversi tra le pieghe della legge.
Sydney Sibilia, giovane regista salernitano qui al suo esordio nel lungometraggio, cavalca con talento questo comune sentire e non dimentica la lezione del classico heist movie all'americana, confezionando un film trascinante e molto ben congegnato, credibile, capace di raccontare realisticamente una favola immorale dei nostri tempi.
Smetto quando voglio diventa subito una specie di Breaking Bad all'amatriciana ,ma non nel senso deteriore del termine, diciamo un qualcosa fortemente ancorato alla realtà romana ma che riesce anche a travalicarne i confini, naturalmente facendo tutte le distinzioni del caso, descrivendo senza tanti eufemismi una situazione al collasso perché quando la cultura e la meritocrazia diventano degli handicap e non dei punti di forza nei curricula di chi cerca lavoro, beh, allora si è arrivati al punto di non ritorno.
Non so se sia " il film più divertente dell'anno" come c'è scritto sulla locandina, ma sicuramente si ride e anche parecchio mentre lo vedi.
Appena finiti i titoli di coda , però , si apre lo spazio alla riflessione e ti accorgi di aver appena visto un'istantanea impietosa scattata sul tuo Paese e sulla realtà che ti circonda.
E , immediatamente, ti assale la sensazione , un po' spiacevole, che c'è ben poco da ridere perché le situazioni confezionate così elegantemente sono già accadute e accadranno tantissime altre volte, magari coinvolgendoti in prima persona.
La risata si trasforma in un ghigno sardonico a denti strettissimi e quel finale lieto , ma solo a prima vista, non fa altro che accentuare il male alle mandibole
Smetto quando voglio è un film che funziona a meraviglia , con un ritmo infallibile e un gruppo di attori affiatato che fa a gara per rubarsi la scena.
Un plauso anche all'accuratezza della confezione, cosa non precisamente frequente nella commedia italiana recente, con una fotografia ricca di tonalità sature che conferisce al film un cromatismo particolare.
Da vedere.
( VOTO . 7,5 / 10 )
domenica 22 giugno 2014
Supercondriaco ( 2014 )
Romain ha quasi 40 anni e gli sembra di essere affetto da tutte le malattie di questo mondo. L'unico amico che gli è rimasto è il suo medico Dimitri che 18 anni prima ha avuto la sventura di incrociarlo sulla propria strada. Romain ha la fobia di tutti i contatti fisici e quando un suo collega, fotografo come lui per un dizionario medico on line, muore, la situazione precipita.
Dimitri , anche lui oltre il limite di sopportazione cerca di trovargli una partner: prima on line e i tentativi falliscono miseramente, poi si fa aiutare in un centro accoglienza profughi in cui dalla sorella di Dimitri viene scambiato per un rivoluzionario di un immaginario stato dell'est europeo.
E lui sta la gioco perchè la sorella di Dimitri è piacente e il gradimento pare ricambiato.
Ma la loro storia dovrà passare attraverso tutta una serie di complicazioni prima di imboccare la dirittura d'arrivo.
Ma si può guarire dall'ipocondria?
Dany Boon è considerato quasi il re Mida della commedia francese per i superincassi di Giù al Nord e di Niente da dichiarare.
Per invertire il trend al ribasso dell'incasso al botteghino tenta di mettere pesantemente in gioco anche un budget milionario ( 20 milioni di euro, uno sproposito per una produzione europea) e si presenta con questo Supercondriaco in cui il nostro eroe, si fa per dire, cerca di rilanciare sia come attore che come regista.
Ma , anche se per me è dura ammetterlo per quanto riguarda il cinema francese, non tutte le ciambelle riescono col buco.
Dany Boon sa di essere bravo e cerca di dare sfoggio a tutta la sua capacità mimica nella parte di un ipocondriaco patologico, una parte che starebbe a pennello a Carlo Verdone che lo è veramente, ma il gioco è bello quando dura poco e qui ci si stanca subito di un personaggio refrattario a tutti i contatti fisici e umani.
La commedia gira a vuoto nonostante la presenza di sodali affidabili come Kad Merad , compagno di successi in Giù al Nord e numerose apparizioni ( come quella di Valerie Bonneton, con cui Boon ha recitato in Tutta colpa del vulcano) che cercano di risollevare il livello comico del film incancrenendosi però in una struttura episodica che ricorda parecchio da vicino le strips del fumetto.
Nella seconda parte Supercondriaco cerca di darsi un tono, Dany Boon lascia per un attimo da parte l'espediente comico dell'ipocondria per raccontare una storia e rispolvera il suo cavallo di battaglia, il fil rouge dei suoi film da regista: la differenza linguistica, la diversità, la difficoltà a comunicare.
E non si accorge che questa seconda parte è praticamente una riproposizione della seconda parte di Niente da dichiarare, in cui ugualmente si innamorava della sorella del coprotagonista.
Boon è bravo come attore e anche come regista non commette sfaceli, confeziona decentemente un film che ha il budget del kolossal europeo senza averne la minima apparenza, si circonda di un cast funzionale e affidabile , ma il tutto non caglia e la commedia gira a vuoto in parecchi passaggi.
E poi, detto tra noi, a me l'ipocondria come espediente comico fa ridere poco, pochissimo, anzi per niente.
Eppure pur non essendo particolarmente impressionato da una prima parte incentrata sulla descrizone particolareggiata della patologia del protagonista ( e il Dany Boon regista lascia veramente il Dany Boon attore a briglia sciolta facendolo scatenare ) mi tocca quasi rivalutarla rispetto a una seconda parte che si insabbia in meccanismi comico sentimentali obsoleti ( lo scambio di persona, l'amore contrastato) e che non fanno giustizia all'intelligenza del regista sceneggiatore, nè a quella dello spettatore.
In Francia è stato comunque un successo al botteghino anche se l'emorragia di spettatori continua ( ha incassato quasi 35 milioni di euro, non male ma pochi rispetto ai 56 circa di Niente da dichiarare e ai 140 abbondanti di Giù al Nord).
Bocciato, ma a uno come Dany Boon si dà sempre un'altra possibilità.
( VOTO : 4 / 10 )
Dimitri , anche lui oltre il limite di sopportazione cerca di trovargli una partner: prima on line e i tentativi falliscono miseramente, poi si fa aiutare in un centro accoglienza profughi in cui dalla sorella di Dimitri viene scambiato per un rivoluzionario di un immaginario stato dell'est europeo.
E lui sta la gioco perchè la sorella di Dimitri è piacente e il gradimento pare ricambiato.
Ma la loro storia dovrà passare attraverso tutta una serie di complicazioni prima di imboccare la dirittura d'arrivo.
Ma si può guarire dall'ipocondria?
Dany Boon è considerato quasi il re Mida della commedia francese per i superincassi di Giù al Nord e di Niente da dichiarare.
Per invertire il trend al ribasso dell'incasso al botteghino tenta di mettere pesantemente in gioco anche un budget milionario ( 20 milioni di euro, uno sproposito per una produzione europea) e si presenta con questo Supercondriaco in cui il nostro eroe, si fa per dire, cerca di rilanciare sia come attore che come regista.
Ma , anche se per me è dura ammetterlo per quanto riguarda il cinema francese, non tutte le ciambelle riescono col buco.
Dany Boon sa di essere bravo e cerca di dare sfoggio a tutta la sua capacità mimica nella parte di un ipocondriaco patologico, una parte che starebbe a pennello a Carlo Verdone che lo è veramente, ma il gioco è bello quando dura poco e qui ci si stanca subito di un personaggio refrattario a tutti i contatti fisici e umani.
La commedia gira a vuoto nonostante la presenza di sodali affidabili come Kad Merad , compagno di successi in Giù al Nord e numerose apparizioni ( come quella di Valerie Bonneton, con cui Boon ha recitato in Tutta colpa del vulcano) che cercano di risollevare il livello comico del film incancrenendosi però in una struttura episodica che ricorda parecchio da vicino le strips del fumetto.
Nella seconda parte Supercondriaco cerca di darsi un tono, Dany Boon lascia per un attimo da parte l'espediente comico dell'ipocondria per raccontare una storia e rispolvera il suo cavallo di battaglia, il fil rouge dei suoi film da regista: la differenza linguistica, la diversità, la difficoltà a comunicare.
E non si accorge che questa seconda parte è praticamente una riproposizione della seconda parte di Niente da dichiarare, in cui ugualmente si innamorava della sorella del coprotagonista.
Boon è bravo come attore e anche come regista non commette sfaceli, confeziona decentemente un film che ha il budget del kolossal europeo senza averne la minima apparenza, si circonda di un cast funzionale e affidabile , ma il tutto non caglia e la commedia gira a vuoto in parecchi passaggi.
E poi, detto tra noi, a me l'ipocondria come espediente comico fa ridere poco, pochissimo, anzi per niente.
Eppure pur non essendo particolarmente impressionato da una prima parte incentrata sulla descrizone particolareggiata della patologia del protagonista ( e il Dany Boon regista lascia veramente il Dany Boon attore a briglia sciolta facendolo scatenare ) mi tocca quasi rivalutarla rispetto a una seconda parte che si insabbia in meccanismi comico sentimentali obsoleti ( lo scambio di persona, l'amore contrastato) e che non fanno giustizia all'intelligenza del regista sceneggiatore, nè a quella dello spettatore.
In Francia è stato comunque un successo al botteghino anche se l'emorragia di spettatori continua ( ha incassato quasi 35 milioni di euro, non male ma pochi rispetto ai 56 circa di Niente da dichiarare e ai 140 abbondanti di Giù al Nord).
Bocciato, ma a uno come Dany Boon si dà sempre un'altra possibilità.
( VOTO : 4 / 10 )
sabato 21 giugno 2014
Song ' e Napule ( 2013 )
Paco Stillo, disoccupato ma diplomato in pianoforte al Conservatorio, riesce a entrare in Polizia suo malgrado solo grazie a una raccomandazione. Viene messo a lavorare al deposito giudiziario ma quando il commissario Cammarota,che sta cercando da anni e anni un pericoloso boss, Ciro Serracane, si accorge del suo talento pianistico lo infiltra nella band di un cantante neomelodico napoletano , Lollo Love, che canterà a un matrimonio dove ci sarà anche il pericoloso ricercato. Ma nessuno sa che faccia abbia.
Paco, che ha assunto il nome d'arte di Pino Dynamite , costretto a suonare una musica che detesta e a esercitare una professione per la quale non è tagliato, cercherà di disimpegnarsi al meglio.
Non c'entrerà nulla ma mentre vedevo questa ultima opera dei Manetti bros ( che più vado avanti e più ci voglio bene) mi veniva in mente Ninotchka, un grande film di Ernst Lubitsch con Greta Garbo, che continuo a ripetere per non essere accusato di essere blasfemo non c'entra nulla, ma soprattutto mi veniva in mente la sua locandina in cui campeggiava vicino al titolo un ben evidente " la Garbo ride!"
Ecco io ho visto Song ' e Napule proprio mentre sto affrontando la visione della serie televisiva Gomorra e la cosa che mi veniva in mente, anche stupidamente, anzi soprattutto stupidamente, è "Gomorra ride!"
E questo perchè il mondo descritto da Saviano nel suo romanzo , nel film e nella bellissima serie televisiva a prima vista è lo stesso tratteggiato nell'ultimo film dei Manetti ma in realtà è come se fosse stato rivoltato come un calzino.
Nella Napoli dei Manetti si ride dei boss che hanno figlie un po' chiatte e che amano cantanti
neomelodici che oltre la tangenziale di Napoli e l'uscita autostradale di Caianiello già non conosce più nessuno, si ride della loro brutalità che passa sempre in secondo piano quando si tratta di rispettare la tradizione ( rischiando anche di farsi catturare a un matrimonio di un amico), si sta con dei poliziotti tutti di un pezzo che sembrano quasi dei Superman sotto mentite spoglie, si sorride di altri che poliziotti non vorrebbero essere tali ma sono costretti loro malgrado a vestire la divisa di tutori della legge, si guarda con un moto di disapprovazione l'ipocrisia che si nasconde nelle alte sfere e nei miseri , viscidi, burocrati del piffero, sepolti negli uffici a dispensare favori e raccomandazioni a destra e manca seguendo le istruzioni del politico o del potente di turno.
Ma soprattutto ci si sganascia a vedere la caratterizzazione di un cantante neomelodico napoletano, creatura quasi mitologica sotto il Vesuvio e proprio per questo mai sbeffeggiata a dovere.
Il personaggio di Lollo Love a cui dà volto e voce ( anche nelle canzoni) un bravissimo Giampaolo Morelli, amico di lunga data dei Manetti e autore anche del soggetto, da solo vale il prezzo del biglietto.
In lui ci sono tutte le contraddizioni di una città come Napoli, colorata , pittoresca ma con un rapporto irrisolto con la raccolta differenziata dei rifiuti e con un sottobosco in cui emergono delle star come Lollo, che sogna di fare il grande salto e avere successo anche al di là dei confini comunali ma si trova impegnato a matrimoni, cresime e comunioni solo perché taglieggiato da un manager delinquente.
E si trova a essere quasi un consulente delle pene d'amore delle sue fans a cui risponde al telefonino che suona in continuazione.
I Manetti bros, da buoni borgatari romani, catturano tutta l'ironia e la buffoneria che si nasconde tra le pieghe della napoletanità e sono aiutati da una sceneggiatura di precisione oserei dire svizzera e da un gruppo di attori che si presta egregiamente allo scopo.
Come al solito giocano con i generi perché francamente Song ' e Napule sembra quasi un poliziottesco del nuovo millennio contaminato con influenze disparate che vanno dalla commedia di colore al melodramma partenopeo, quello in cui Mario Merola e Nino D'Angelo erano reucci incontrastati.
Tutto però riletto dalle lente grottesca e dissacrante dei fratelloni romani che riportano tutto al loro concetto di cinema trasversale e transgenere.
Song ' e Napule è una bella commedia italiana e all'italiana ma che non ha bisogno di eccessive dosi di volgarità per lasciare il segno.
E quella canzone sui titoli di coda non ti abbandona tanto facilmente, ti frulla per la testa per giorni e giorni....
( VOTO : 7,5 / 10 )
Paco, che ha assunto il nome d'arte di Pino Dynamite , costretto a suonare una musica che detesta e a esercitare una professione per la quale non è tagliato, cercherà di disimpegnarsi al meglio.
Non c'entrerà nulla ma mentre vedevo questa ultima opera dei Manetti bros ( che più vado avanti e più ci voglio bene) mi veniva in mente Ninotchka, un grande film di Ernst Lubitsch con Greta Garbo, che continuo a ripetere per non essere accusato di essere blasfemo non c'entra nulla, ma soprattutto mi veniva in mente la sua locandina in cui campeggiava vicino al titolo un ben evidente " la Garbo ride!"
Ecco io ho visto Song ' e Napule proprio mentre sto affrontando la visione della serie televisiva Gomorra e la cosa che mi veniva in mente, anche stupidamente, anzi soprattutto stupidamente, è "Gomorra ride!"
E questo perchè il mondo descritto da Saviano nel suo romanzo , nel film e nella bellissima serie televisiva a prima vista è lo stesso tratteggiato nell'ultimo film dei Manetti ma in realtà è come se fosse stato rivoltato come un calzino.
Nella Napoli dei Manetti si ride dei boss che hanno figlie un po' chiatte e che amano cantanti
neomelodici che oltre la tangenziale di Napoli e l'uscita autostradale di Caianiello già non conosce più nessuno, si ride della loro brutalità che passa sempre in secondo piano quando si tratta di rispettare la tradizione ( rischiando anche di farsi catturare a un matrimonio di un amico), si sta con dei poliziotti tutti di un pezzo che sembrano quasi dei Superman sotto mentite spoglie, si sorride di altri che poliziotti non vorrebbero essere tali ma sono costretti loro malgrado a vestire la divisa di tutori della legge, si guarda con un moto di disapprovazione l'ipocrisia che si nasconde nelle alte sfere e nei miseri , viscidi, burocrati del piffero, sepolti negli uffici a dispensare favori e raccomandazioni a destra e manca seguendo le istruzioni del politico o del potente di turno.
Ma soprattutto ci si sganascia a vedere la caratterizzazione di un cantante neomelodico napoletano, creatura quasi mitologica sotto il Vesuvio e proprio per questo mai sbeffeggiata a dovere.
Il personaggio di Lollo Love a cui dà volto e voce ( anche nelle canzoni) un bravissimo Giampaolo Morelli, amico di lunga data dei Manetti e autore anche del soggetto, da solo vale il prezzo del biglietto.
In lui ci sono tutte le contraddizioni di una città come Napoli, colorata , pittoresca ma con un rapporto irrisolto con la raccolta differenziata dei rifiuti e con un sottobosco in cui emergono delle star come Lollo, che sogna di fare il grande salto e avere successo anche al di là dei confini comunali ma si trova impegnato a matrimoni, cresime e comunioni solo perché taglieggiato da un manager delinquente.
E si trova a essere quasi un consulente delle pene d'amore delle sue fans a cui risponde al telefonino che suona in continuazione.
I Manetti bros, da buoni borgatari romani, catturano tutta l'ironia e la buffoneria che si nasconde tra le pieghe della napoletanità e sono aiutati da una sceneggiatura di precisione oserei dire svizzera e da un gruppo di attori che si presta egregiamente allo scopo.
Come al solito giocano con i generi perché francamente Song ' e Napule sembra quasi un poliziottesco del nuovo millennio contaminato con influenze disparate che vanno dalla commedia di colore al melodramma partenopeo, quello in cui Mario Merola e Nino D'Angelo erano reucci incontrastati.
Tutto però riletto dalle lente grottesca e dissacrante dei fratelloni romani che riportano tutto al loro concetto di cinema trasversale e transgenere.
Song ' e Napule è una bella commedia italiana e all'italiana ma che non ha bisogno di eccessive dosi di volgarità per lasciare il segno.
E quella canzone sui titoli di coda non ti abbandona tanto facilmente, ti frulla per la testa per giorni e giorni....
( VOTO : 7,5 / 10 )
venerdì 20 giugno 2014
The Objective ( 2008 )
E' passato qualche anno dall'attentato alle Torri Gemelle quando un agente della CIA viene inviato in Afganistan per portare a termine una misteriosa missione in cui viene affiancato da una squadra superaddestrata della Delta Force che tuttavia è ignara del lavoro che andrà ad affrontare.
Nominalmente devono prendere contatto con una specie di santone religioso nascosto tra le montagne.
In realtà si ritrovano dispersi in mezzo al nulla montagnoso e roccioso e sono attorniati da misteriose presenze intangibili che sono ben più pericolose dei talebani che incontrano nel loro pellegrinare in mezzo a una landa sconosciuta totalmente tagliati fuori da ogni contatto con la base militare....
Myrick fu il regista , assieme a Eduardo Sanchez di un film che , forse del tutto inconsapevolmente , cambiò la storia dell'horror recente. Parliamo del caso cinematografico del 1999 , The Blair Witch Project.
I due poi hanno diviso le loro strade , prima cercando di sfruttare la gallina dalle uova d'oro che avevano creato e poi continuando separatamente le rispettive carriere .
Nulla di memorabile in realtà e tra i due Myrick sembra essere stato quello un pochino più sfortunato perché mentre Sanchez continua a baracamenarsi tra alti e bassi e comunque a lavorare a nuovi progetti anche in questi ultimi tempi, per il suo sodale del tempo la carriera sembra essersi fermata qui, con questo The Objective, film affatto disprezzabile.
Tentando la fusione tra genere bellico e sci fi con impennate horror, Myrick crea un clima di angoscia e di tensione che cresce ad ogni minuto che passa.
Il merito sta probabilmente in una sceneggiatura che invece di dare risposte a tutto quello che si vede , fornisce solo ipotesi e spunti per cercare di capire.
L'agente della CIA che viene inviato per studiare gli strani fenomeni radioattivi di quella regione particolarmente impervia è accompagnato da una squadra di militari superaddestrati che in realtà sono stati trattati, senza che loro lo sappiano, da vera e propria carne da macello.
Sono pedine sacrificabili all'altare della scienza.
Il problema è che anche l'agente della CIA è un uomo da sacrificare per alimentare il fuoco della conoscenza ma almeno lui lo sa.
La parte centrale del film è esemplare nella costruzione del thrilling e nella gestione degli avvenimenti che sconvolgoo le dinamiche del gruppo di militari, le presenze che sono attorno a loro sono tangibili, sotto forma di talebani armati fino ai denti che gli tendono imboscate ad ogni occasione, ma soprattutto sono intangibili e sono queste che mettono veramente paura.
Che cosa sono?
Strascichi lasciati dai sovietici che avevano trovato qualcosa di talmente pericoloso da cercare di nasconderlo?
UFO?
Presenze aliene che se ne infischiano del concetto di fratellanza e di buona ospitalità da parte degli umani?
Risposte certe non ce ne sono, solo suggerimenti e forse questa è la cosa migliore di un film che non ti spiattella orrore e violenza in faccia accumulandoli in serie , ma cresce minuto dopo minuto per arrivare a un finale , in cui si sceglie di percorrere una strada senza avere il coraggio di lasciare totalmente irrisolto il mistero e si adombra un sospetto in quell'ultima fugace sequenza in cui lo spettatore sembra essere informato che in realtà l'opinione pubblica viene a conoscenza solo di quello che vogliono far sapere dall'alto.
Le montagne marocchine sono un'ottima controfigura dei desolati panorami montuosi afghani per un film che comunque raggiunge il suo scopo di intrattenere e regalare qualche spavento di buona fattura, pur senza eccellere.
Una piccola curiosità; imdb.com scrive che a fronte di un budget di 4 milioni di dollari , il film uscito al cinema negli USA nel febbraio del 2009, ha ottenuto un incasso di ben 95 dollari ( e non è un refuso).
( VOTO : 6,5 / 10 )
Nominalmente devono prendere contatto con una specie di santone religioso nascosto tra le montagne.
In realtà si ritrovano dispersi in mezzo al nulla montagnoso e roccioso e sono attorniati da misteriose presenze intangibili che sono ben più pericolose dei talebani che incontrano nel loro pellegrinare in mezzo a una landa sconosciuta totalmente tagliati fuori da ogni contatto con la base militare....
Myrick fu il regista , assieme a Eduardo Sanchez di un film che , forse del tutto inconsapevolmente , cambiò la storia dell'horror recente. Parliamo del caso cinematografico del 1999 , The Blair Witch Project.
I due poi hanno diviso le loro strade , prima cercando di sfruttare la gallina dalle uova d'oro che avevano creato e poi continuando separatamente le rispettive carriere .
Nulla di memorabile in realtà e tra i due Myrick sembra essere stato quello un pochino più sfortunato perché mentre Sanchez continua a baracamenarsi tra alti e bassi e comunque a lavorare a nuovi progetti anche in questi ultimi tempi, per il suo sodale del tempo la carriera sembra essersi fermata qui, con questo The Objective, film affatto disprezzabile.
Tentando la fusione tra genere bellico e sci fi con impennate horror, Myrick crea un clima di angoscia e di tensione che cresce ad ogni minuto che passa.
Il merito sta probabilmente in una sceneggiatura che invece di dare risposte a tutto quello che si vede , fornisce solo ipotesi e spunti per cercare di capire.
L'agente della CIA che viene inviato per studiare gli strani fenomeni radioattivi di quella regione particolarmente impervia è accompagnato da una squadra di militari superaddestrati che in realtà sono stati trattati, senza che loro lo sappiano, da vera e propria carne da macello.
Sono pedine sacrificabili all'altare della scienza.
Il problema è che anche l'agente della CIA è un uomo da sacrificare per alimentare il fuoco della conoscenza ma almeno lui lo sa.
La parte centrale del film è esemplare nella costruzione del thrilling e nella gestione degli avvenimenti che sconvolgoo le dinamiche del gruppo di militari, le presenze che sono attorno a loro sono tangibili, sotto forma di talebani armati fino ai denti che gli tendono imboscate ad ogni occasione, ma soprattutto sono intangibili e sono queste che mettono veramente paura.
Che cosa sono?
Strascichi lasciati dai sovietici che avevano trovato qualcosa di talmente pericoloso da cercare di nasconderlo?
UFO?
Presenze aliene che se ne infischiano del concetto di fratellanza e di buona ospitalità da parte degli umani?
Risposte certe non ce ne sono, solo suggerimenti e forse questa è la cosa migliore di un film che non ti spiattella orrore e violenza in faccia accumulandoli in serie , ma cresce minuto dopo minuto per arrivare a un finale , in cui si sceglie di percorrere una strada senza avere il coraggio di lasciare totalmente irrisolto il mistero e si adombra un sospetto in quell'ultima fugace sequenza in cui lo spettatore sembra essere informato che in realtà l'opinione pubblica viene a conoscenza solo di quello che vogliono far sapere dall'alto.
Le montagne marocchine sono un'ottima controfigura dei desolati panorami montuosi afghani per un film che comunque raggiunge il suo scopo di intrattenere e regalare qualche spavento di buona fattura, pur senza eccellere.
Una piccola curiosità; imdb.com scrive che a fronte di un budget di 4 milioni di dollari , il film uscito al cinema negli USA nel febbraio del 2009, ha ottenuto un incasso di ben 95 dollari ( e non è un refuso).
( VOTO : 6,5 / 10 )
Etichette:
Cinema americano,
Cinema marocchino,
guerra,
horror,
sci-fi
giovedì 19 giugno 2014
1303 - La paura ha inizio ( 2012 )
Janet e Lara sono due sorelle twentysomething cresciute con la madre Maddie, un tempo cantante di successo e ora alcolizzata all'ultimo stadio.
Maddie cerca di ritrovare il successo, intanto per i suoi accessi di violenza perde Janet che se ne va a vivere nel suo nuovo appartamento.
Bene, ma non benissimo: occasione fantastica ma casa in cui pare che la precedente affittuaria sia morta volata giù dal balcone come si premura a dire la piccola Emily, la nuova vicina di casa, a una spaurita Janet.
E la prima notte nella nuova casa è un calvario tra rumori, ombre , apparizioni fantasmatiche, lividi per tutto il corpo e chi più ne ha, più ne metta.
Janet chiede aiuto al suo ragazzo che trascorre la notte con lei ma appena dopo che lui se ne va, neanche il tempo di allontanarsi dal palazzo, lei vola giù dal balcone.
Lara decide allora di indagare assieme al ragazzo della sorella e si stabilisce nell'appartamento.
E' solo l'inizio di un incubo.
Trasferire logiche e dinamiche del più classico J-horror non è sempre garanzia di qualità: per un The Ring all'altezza dell'originale giapponese ( probabilmente proprio perché riusciva a fondere a meraviglia le suggestioni occidentali con quelle orientali), per un Dark Water che si avvicina almeno alle atmosfere inquietanti del prototipo, ci sono decine di The Grudge che non riescono a catturare neanche un minimo dello stile degli alfieri dell'horror provenienti dal Sol Levante.
1303: La paura ha inizio fa parte di tutti quei film che si ispirano a modelli dagli occhi a mandorla ( qui ci si ispira, anzi si fa il remake di Apartment 1303 di Ataru Oikawa) ma che buttano in vacca quel poco di buono che poteva esserci nell'originale.
Che già di suo era tutto fuorché memorabile.
Già a leggere di questo film c'era da sospettare : esce nelle sale italiane ben due anni dopo la sua realizzazione e questo già lo fa puzzare della muffa del fondo di magazzino ed esce nel periodo dei mondiali che sembra essere il refugium peccatorum di tutti i fondi di magazzino o di tutti quei film che non si ha il coraggio di far uscire negli altri periodi dell'anno.
Senza tanto ciurlare nel manico : 1303 : La paura ha inzio ( complimenti per il titolo nonsense!) è brutto, ma brutto per davvero.
Una cosa così la rifiutano anche per il palinsesto estivo di terza serata di Italia Uno.
Personaggi privi di spessore, una progressione orrorifica nulla perché gli spaventi vengono snocciolati in serie come se stessimo svuotando sul tavolo della cucina le buste della spesa, recitazione abbastanza approssimativa, alcune sequenze WTF ( What The Fuck! per quelli meno avvezzi alla mia terminologia) che sfociano direttamente nello scult, un finale che più ridicolo non si può.
La cosa che colpisce in negativo è che , pur essendo una coproduzione tra Canada e USA con un budget basso ma non bassissimo ( 5 milioni di dollari) , il film di tale Michael Taverna è confezionato male, tirato via di fretta, recitato anche male nonostante la presenza di Micha Barton e Rebecca De Mornay che qualcosa nella loro carriera lo hanno fatto.
Insomma Michael Taverna riesce nell'arduo compito di far sembrare Neri Parenti un fine dicitore di cinema.
Assolutamente pessima la recitazione di Julianne Michelle nella parte di Janet, siamo addirittura al viso bagnato tra una sequenza e l'altra per simulare le lacrime.
Pessimo, sicuramente la cosa più brutta vista quest'anno.
Almeno fino a questo momento.
( VOTO : 2 / 10 )
Maddie cerca di ritrovare il successo, intanto per i suoi accessi di violenza perde Janet che se ne va a vivere nel suo nuovo appartamento.
Bene, ma non benissimo: occasione fantastica ma casa in cui pare che la precedente affittuaria sia morta volata giù dal balcone come si premura a dire la piccola Emily, la nuova vicina di casa, a una spaurita Janet.
E la prima notte nella nuova casa è un calvario tra rumori, ombre , apparizioni fantasmatiche, lividi per tutto il corpo e chi più ne ha, più ne metta.
Janet chiede aiuto al suo ragazzo che trascorre la notte con lei ma appena dopo che lui se ne va, neanche il tempo di allontanarsi dal palazzo, lei vola giù dal balcone.
Lara decide allora di indagare assieme al ragazzo della sorella e si stabilisce nell'appartamento.
E' solo l'inizio di un incubo.
Trasferire logiche e dinamiche del più classico J-horror non è sempre garanzia di qualità: per un The Ring all'altezza dell'originale giapponese ( probabilmente proprio perché riusciva a fondere a meraviglia le suggestioni occidentali con quelle orientali), per un Dark Water che si avvicina almeno alle atmosfere inquietanti del prototipo, ci sono decine di The Grudge che non riescono a catturare neanche un minimo dello stile degli alfieri dell'horror provenienti dal Sol Levante.
1303: La paura ha inizio fa parte di tutti quei film che si ispirano a modelli dagli occhi a mandorla ( qui ci si ispira, anzi si fa il remake di Apartment 1303 di Ataru Oikawa) ma che buttano in vacca quel poco di buono che poteva esserci nell'originale.
Che già di suo era tutto fuorché memorabile.
Già a leggere di questo film c'era da sospettare : esce nelle sale italiane ben due anni dopo la sua realizzazione e questo già lo fa puzzare della muffa del fondo di magazzino ed esce nel periodo dei mondiali che sembra essere il refugium peccatorum di tutti i fondi di magazzino o di tutti quei film che non si ha il coraggio di far uscire negli altri periodi dell'anno.
Senza tanto ciurlare nel manico : 1303 : La paura ha inzio ( complimenti per il titolo nonsense!) è brutto, ma brutto per davvero.
Una cosa così la rifiutano anche per il palinsesto estivo di terza serata di Italia Uno.
Personaggi privi di spessore, una progressione orrorifica nulla perché gli spaventi vengono snocciolati in serie come se stessimo svuotando sul tavolo della cucina le buste della spesa, recitazione abbastanza approssimativa, alcune sequenze WTF ( What The Fuck! per quelli meno avvezzi alla mia terminologia) che sfociano direttamente nello scult, un finale che più ridicolo non si può.
La cosa che colpisce in negativo è che , pur essendo una coproduzione tra Canada e USA con un budget basso ma non bassissimo ( 5 milioni di dollari) , il film di tale Michael Taverna è confezionato male, tirato via di fretta, recitato anche male nonostante la presenza di Micha Barton e Rebecca De Mornay che qualcosa nella loro carriera lo hanno fatto.
Insomma Michael Taverna riesce nell'arduo compito di far sembrare Neri Parenti un fine dicitore di cinema.
Assolutamente pessima la recitazione di Julianne Michelle nella parte di Janet, siamo addirittura al viso bagnato tra una sequenza e l'altra per simulare le lacrime.
Pessimo, sicuramente la cosa più brutta vista quest'anno.
Almeno fino a questo momento.
( VOTO : 2 / 10 )
mercoledì 18 giugno 2014
Il mio quattrozampe e io : Trixie
Perché come disse quel saggio dietro un grande quattrozampe si nasconde sempre un grande due zampe.
Oggi è la volta di Nick Parisi, mastermind del blog Nocturnia, un blog che crea dipendenza.
Cominciamo subito con le domande:
1) Presentati e presenta la tua amica a quattrozampe
La mia triste storia comincia un mattino d'estate del 2004, quando giovane ed ingenuo delle asperità della vita feci il più grave errore della mia vita: risposi al citofono.
Dall'altro capo c'era una signora che mi chiedeva se nel palazzo abitava una famiglia che possedeva un gatto.
A quanto pare la rompicoglioni gentile signora aveva affidato un gatto e regalandone in giro tanti (frutto delle cucciolate delle gatte sue e delle sue vicine ) non ricordava esattamente dove era l'indirizzo preciso di una delle gattine che aveva sistemato.
A quel punto io feci il secondo tragico errore, un errore gravido di tremebonde conseguenze.
Chiesi alla signora, così tanto per chiedere-senza impegno perché ci dovevo pensare- se tra i gattini a sua disposizione ce n'era qualcuno col pelo nero.
Perché lo feci? Perché dannai la mia anima e la mia vita in questa maniera?
Facciamo un passo indietro.
Mi chiamo Nicola Parisi, sono nato a Napoli 45 anni fa in una famiglia numerosa. Famiglia che ha sempre amato gli animali peraltro.
Parte di questo amore mi ha contagiato: in vita mia ho avuto cani, porcellini d'india, gatti, sono stato iscritto nella LAV e nella LIPU, ho lavorato come volontario nel recupero di uccelli rapaci, ancora adesso mia moglie Venusia (santa donna) oltre a condividere il mio amore per gli animali mi coadiuva quando riporto a casa qualche animale ferito (tartarughe palustri o gallinelle d'acqua che siano), però i gatti sono stati un amore tardivo.
Un gatto è un animale magico, con una sua dignità, con lui ho si ha un rapporto paritario o niente, anzi non credete mai a coloro che vi raccontano che vanno a "scegliere" un animale. No, di solito è l'animale che sceglie te. Insomma per farvela breve avevo già avuto due gatti neri in passato, due maschi, chiamati rispettivamente "Micio" e "Bicio" e ne sentivo la mancanza.
Però ci avrei dovuto pensare ancora, quindi dissi alla signora di lasciar perdere.
Avere un animale in casa significa prendersi un impegno, significa avere-come dico sempre-un bambino che non crescerà mai ed io non sapevo se ero in grado di ricominciare.
Torniamo alla mia triste storia.
Bene, immaginate la mia sorpresa quando alcuni giorni dopo, tornando a casa mi ritrovai davanti la scassambrella simpatica volontaria con un sorriso ebete stampato sulla fronte"Le ho portato il gattino che mi aveva chiesto"
Insomma ero fottuto: davanti a me c'era un batuffolino nero che miagolava e mi si strusciava addosso. Senza accorgermene ero già conquistato. Trixie era entrata nella mia vita.
Avrei imparato ben presto a mie spese che da quel momento in poi la mia vita sarebbe cambiata in funzione di quel gattino.
E che la cosa mi sarebbe anche piaciuta.
Certo, tra le mie passioni ce ne sono altre: amo l'horror, la fantascienza in tutte e loro forme: film, telefilm, libri, fumetti. Dal 2011 ho anche aperto Nocturnia (http://wwwwelcometonocturnia.blogspot.it/ ) il piccolo blog dedicato a queste mie passioni, però toglietemi la compagnia di un animale e mi ammazzereste, dal momento che non riuscirei a concepire la mia vita senza la vicinanza di un "familiare non umano.
Oggi Trixie ha dieci anni. Dieci anni della mia vita trascorsi con la versione felina del Dottor Jekyll & Mr Hyde, anzi...Miss Trixie. Un gatto coccolone e giocherellone con me quanto inavvicinabile per gli estranei. Perfino quando nel 2007 mi sono sposato Trixie ha faticato ad accettare Venusia. Per fortuna mia moglie è perfino più animalista di me:la coccola, la visita, gli compra le scatolette giuste, le due giocano assieme. Insomma che dire? Avevo preso un piccolo tenero batuffoletto ed oggi mi ritrovo una pantera in miniatura che mi sveglia alle 06.00 di mattina perché a fame, che piange se non mi vede nella stessa stanza dove sta lei, che è golosa di cozze e che senza la quale non riuscirei a vivere però maledetta sempre quella signora che mi citofonò ormai dieci anni fa. LOL
3) Sei nato a Napoli: quando hai visto che era tutta nera hai fatto subito una preghiera a San Gennaro oppure non sei superstizioso ( io per esempio adoro i gatti neri, hanno un'eleganza che altri non hanno)?
R: Ah ah ah! Mi dispiace deluderti, ma almeno su questi particolari non sono per niente superstizioso, anzi quando vedo un gatto nero in strada mi viene da accarezzarlo. Nella mia tarda scoperta dei felini, avvenuta quando avevo già diciotto anni (dopo una vita passata come proprietario di cani ) ritengo che abbiano una magnificenza, una maestosità che è innata. Sui gatti neri in particolare, la penso come te, sono animali bellissimi, delle vere e proprie pantere in miniatura.
3) Come sarebbe la tua vita senza animali?
R. Personalmente non riuscirei nemmeno a concepire la mia vita senza animali, penso che sarebbe totalmente vuota, senza senso. Come ho detto Trixie ad esempio è con me da almeno dieci anni, dipendesse da me e mia moglie la metteremmo sullo Stato di Famiglia, credimi non voglio nemmeno pensare al giorno che non ci sarà più.....
Mi dispiace anche vivere in un miniappartamento, la nostra intenzione sarebbe poter comprare una casa con un po di giardino per poter realizzare un vecchio sogno: andare in canile e prendere un cane, magari il più brutto, il più vecchio, uno di quelli che nessuno vuole per fargli vivere qualche anno con l'amore di una famiglia. Lo so che è un sogno stupido però ci terremmo a realizzarlo ma finché vivremo nell'appartamentino non c'è niente da fare; Trixie ha un caratteraccio e non sopporta altri animali. Già quando arriva qualche essere umano si dimostra sprucida (specialmente con donne e bambini, chi lo sa il perché? Mentre con gli uomini fa tanto la ruffiana), figuriamoci con un suo simile.
4) E'davvero l'uomo il peggiore degli animali?
R: Non c'è alcun dubbio, l'uomo è la vera bestia del creato. Un animale, anche un predatore segue solo la sua natura: se caccia è solo perché ha fame. Ma l'uomo è l'unica creatura capace di compiere crudeltà per mero piacere. Io almeno la penso così. Guardate negli occhi il vostro cane\ gatto\criceto \ furetto invece e troverete solo una gran dolcezza nel loro sguardo.
5) Ho letto, anzi ho divorato quanto hai scritto sul macellaio di Cleveland, hai uno stile appassionato che cattura veramente, la mia non è piaggeria.Quanto sei affascinato dal lato oscuro dell'uomo?
R: Per cominciare ti ringrazio per i complimenti, perché fino all'ultimo momento sono stato in dubbio se scrivere o meno di quella vicenda, sicuramente la più cruda che abbia narrato, il mio come sai è un blog che affronta temi di horror e fantascienza principalmente dal punto di vista narrativo e cinematografico, più raramente affronto temi di folklore regionale italiano o di grandi misteri o crimini, ma quando lo faccio cerco sempre di farlo come se narrassi un racconto, non sempre ci riesco ma cerco sempre di raccontare le cose dal punto di vista delle vittime, dei perdenti. Suppongo che scrivo le vicende in questo modo per poter mantenere io il giusto distacco, in realtà è l'unico modo in cui sono capace di scrivere Mi sono imbattuto molti mesi fa nelle vicende del Macellaio di Cleveland mentre cercavo informazioni su un altro crimine irrisolto, quello della Black Dahlia per cui fu accusato anche il Macellaio (i post per chi fosse interessato sono questi : http://wwwwelcometonocturnia.blogspot.it/2013/10/nero-e-il-colore-delle-dalie-lo-strano.html http://wwwwelcometonocturnia.blogspot.it/2013/11/nero-e-il-colore-delle-dalie-lo-strano.html http://wwwwelcometonocturnia.blogspot.it/2013/11/nero-e-il-colore-delle-dalie-conclusione.html)
E devo dire che in questa vicenda c'era di tutto: un assassino misterioso, vittime scelte talmente tra gli strati più bassi della popolazione che perfino loro sono rimasti senza nome ( e questo credimi è stato il dato che mi ha sconvolto di più: prima erano uomini e donne con sogni, desideri, sentimenti, magari anche con delle persone a cui volevano bene e poi dopo la morte, non hanno potuto avere nemmeno la dignità di un nome). E poi c'era Elliot Ness! Come diavolo fa uno come Elliot Ness che in passato aveva sconfitto la Mafia ed Al Capone finire sconfitto ed irriso da un "semplice Serial Killer"?
Ecco, io amo la Storia, è un altra delle mie passioni ma quello che m'interessa nella Storia è l'elemento "Umano" della medesima. Io sono affascinato dalla natura umana in sè stessa; noi esseri umani siamo capaci sia delle peggiori efferatezze sia dei più grandi atti d'eroismo e generosità. Quindi quando m'imbatto in storie che contengono tutti questi elementi cerco di riportarli nel mio piccolo angolino.
6) Secondo te quale è stato il peggior serial killer della storia dell'uomo e quale quello che ti ha affascinato di più?
R: La risposta sarebbe drammaticamente facile: il peggior serial killer della storia è l'essere umano quando cancella o rinnega il suo passato oppure quando per colpa delle sue azioni estingue intere razze animali: Proprio ieri leggevo del Tilacino australiano, un animale bellissimo però (forse) estinto dall'uomo già nel 1936.
Finita la fase della filosofia spicciola (LOL) direi che proprio il Macellaio di Cleveland sia stato quello che mi ha spaventato di più. Assieme al cosiddetto Killer del rossetto, di cui forse un giorno parlerò, però -ripeto - non voglio trasformare il mio blog di recensioni ed interviste in un blog che si occupi solo di crimini.
R: Beh è forse l'unico gatto che si comporta da cane. Non solo fa la guardia ma da cucciola ha imparato a fare un giochino tipico dei cani: io lancio un rametto, un gioco, una pallina e lei me lo riporta indietro. Potrebbe andare avanti per ore.
8)Ci credi alle porte girevoli del destino? e se tu quella mattina non avessi risposto al citofono come sarebbe cambiata la tua vita?
R: Indubbiamente senza la mia "bambina" La mia vita sarebbe stata molto più triste e vuota e non lo dico tanto per dire. Io penso che la vita sia una combiazione di casualità e di nostre scelte conseguenziali alle casualità che ci capitano. Ebbene quel giorno sono stato contento di rispondere al citofono.
9) Aria di mondiali, una domanda non poteva mancare: sei il classico tifoso fantozziano con familiare di Peroni gelata e frittatona di cipolle oppure vivi questa atmosfera in modo più distaccato?
R: Adesso sono in dieta, quindi non posso concedermi stravizi, ma io mi definirei un gourmet metodico nella mia caoticità. Gioca la Francia? Eccomi con una bella bottiglia di vino francese ed un piatto pieno di formaggi francesi, gioca l'Inghilterra? Eccomi cona bella birra inglese (magari una bella birra scura) accompagnata da Cheddar e Stilton. Gioca l'Italia? Parma e S. Daniele a Go-Gò.
Lo stesso avviene quando vedo qualche film o qualche telefilm.
Ecco, da questo mio commento avrai già capito il perché io sia stato costretto a mettermi a dieta. LOL
10) Hai mai pensato di dare compagnia a Trixie visto che è così timida?
R: Mi piacerebbe moltissimo, ma Trixie non accetta altre presenze, lei non è timida è psicopatica. Non sempre lo è, intendiamoci, lo diventa quando vede altri animali mentre con le persone (come ti ho detto solo con uomini adulti ) diventa il gatto più coccolone del mondo.
11) Perché secondo te i gatti sono protagonisti di molti film horror ?
R: Perché l'uomo non solo non accetta ma ha paura di ciò che non può dominare ed il gatto è un animale troppo indipendente che non si lascia conquistare ma con cui semmai si può avere un rapporto paritario. Questa è la risposta che mi sono dato io, ci sarebbero però motivi storici per cui il gatto è stato erroneamente associato al male. Motivi lunghi e contraddittori, però il gatto è stato abbastanza perseguitato nella Storia.
12) Il classico epilogo marzulliano: se il tuo gatto fosse un film, un libro o una canzone?
R: Facilissimo: hai presente gli sceriffi dei film Western? Ecco Trixie è una sorta di "Sceriffa", nel senso che si appoggia sul balcone di casa e osserva giù vero la strada incuriosita dal movimento delle persone e delle macchine, se poi scorge passare un cane o un altro gatto allora si dimostra ancora più interessata ed incuriosita.
13 ) E se fosse un personaggio letterario , televisivo o cinematografico?
R: Anche Questa è facile: secondo mia moglie Trixie può essere associata ad Oliver Twist o ai vari Orfanelli di Charles Dickens per le movenze che assume e per i versi che fa quando vuole mangiare. Magari Trixie ha finito di mangiare cinque minuti prima e sta ancora digerendo, però -niente da fare- ti fa la faccetta deperita e ti chiede immancabilmente altro cibo. La mia "chiattona" ha sempre fame.
14) Ultima domanda, per davvero: ma secondo te chi era il macellaio di Cleveland?...no scherzo, anche se la risposta mi interessa...Aggiungi quello che vuoi...
R: Bella domanda! Per scrivere i tre post sul Macellaio di Cleveland ho letto diverse cose sull'argomento e sono ormai convinto che l'assassino fosse davvero il dottor Francis E. Sweeney. Ci sono fin troppi indizi contro di lui, il fatto che se la sia cavata grazie anche alle sue protezioni politiche è un ben triste epilogo per una vicenda che è già crudele di suo.
Bene, bradipo è tutto! Ringrazio te per questa occasione e spero che le mie risposte non sembrino troppo pesanti nè a te e nemmeno ai tuoi lettori, Nel frattempo, chi avesse voglia è il benvenuto su Nocturnia.
E con questo abbiamo chiuso la bellissima chiacchierata con Nick, una fonte continua di sorprese. Mi raccomando visitate il suo blog, ne vale veramente la pena.
Se volete potete sempre mettervi in lista per le interviste sui vostri quattrozampe .
Basta lasciare semplicemente un commento qui.
La prossima settimana è il turno del misterioso The Obsidian Mirror : essendo soggiogato letteralmente dal suo bellissimo blog anche io non vedo l'ora di conoscerlo un po' meglio.
That's all folks!!!!
Iscriviti a:
Post (Atom)