Abbiamo letto tutti i messaggi che ci sono arrivati e cercheremo di rispondere appena possibile, uno a uno.
Per il momento non possiamo far altro che ringraziare, ci siamo sentiti molto confortati dalla vicinanza di voi tutti, per noi è stato veramente importante, non sapete quanto è stato importante.
La situazione ? bisogna aspettare.
Ci siamo sentiti ripetere questa frase decine di volte da decine di medici diversi.
Lucrezia dopo il primo intervento di sabato sera ne ha subito un altro ieri per svuotare quelle maledette sacche di pus.
Cinque ore in tutto di sala operatoria: un calvario.
Noi due fuori di quella porticina della rianimazione ad aspettare, stringendoci anche un po' per sentirci ancora più vicini.
Il telefono a squillare in continuazione , ogni squillo è un incitamento ad essere forti, a convogliare tutte le energie positive sulla nostra piccola.
Quella parete ormai la conosciamo millimetro per millimetro, abbiamo imparato anche tutte le divise degli infermieri dei vari reparti che vengono a suonare al campanello di quella specie di porto di mare, gli infermieri del reparto rianimazione con le loro giacchine blu e la scritta con caratteri vagamente spaziali, sembrano un po' come i corpi speciali di un esercito, un esercito di angeli pronto a vegliare sul nostro, di angelo.
Non invidio il loro lavoro, respirano il male e la sofferenza altrui a tutte le ore e non è facile non portarsi il lavoro a casa in un contesto come questo.
Lucrezia è con noi, in coma farmacologico o sedata che dir si voglia, ma sente la nostra presenza, ci fa capire che in qualche modo ci percepisce. Stringe la manina sulla nostra.
Ci dicono che è molto reattiva che ha cercato anche di alzarsi e andarsene: la nostra piccola.
Sembra ancora più alta in quel letto d'ospedale, quasi non le basta più in lunghezza, i capelli lunghi le ricadono sulle spalle a malapena nascoste da una specie di lenzuolino termico.
E 'con noi e deve ritornare da noi senza quei tubi attaccati addosso e senza quei cerotti che ha ovunque.
Nei prossimi giorni probabilmente dovrà subire un altro intervento, stavolta meno invasivo per svuotare i suoi seni frontali e mascellari pieni di un pus bastardo che sta lì fermo, senza andare avanti né indietro.
Uno scherzo rispetto a quello che ha fatto, anzi sopportato fino ad ora.
Ma è sempre troppo per una bambina che non ha mai fatto del male a nessuno, talmente buona da arrivare quasi all'ingenuità.
Rivogliamo indietro il suo sguardo, il suo sorriso, non ce li possono strappare via così brutalmente, in questo modo infido e traditore.
Noi ormai abbiamo terminato le lacrime: vogliamo solo sorrisi e non vogliamo sentire più parlare di fili sottili a cui sono appese vite di bambini.
Vi ringraziamo ancora tutti quanti: quando la situazione si sarà un attimo stabilizzata, quando un raggio di sole entrerà nelle nostre giornate ,ci premureremo di rispondere a uno a uno ai vostri messaggi.
Leggerli ci ha toccato veramente nel profondo.
E per questo non troveremo mai le parole per ringraziarvi.
A presto!
I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.
mercoledì 30 aprile 2014
domenica 27 aprile 2014
.....
Ci sono degli avvenimenti nella vita talmente repentini e improvvisi che ti mettono alla prova, una prova durissima che non sai neanche tu come fare a superare.
A me è successo: mia figlia sta lottando contro un batterio superbastardo che ha infettato il suo cervello e le sue meningi.
E quando ti toccano un affetto familiare così intenso e profondo il mondo attorno a te perde da subito qualsiasi significato.
Due giorni di febbre alta, sarà un'influenza forse, trattiamola con la tachipirina, poi la febbre scende eppure lei è letargica, non reagisce, ha mal di testa, mal di collo, le fa male veramente tutto.
E' sicuramente una forma influenzale, deve fare il suo corso....
E invece no, lei muove con estrema difficoltà la parte sinistra del corpo, lamenta dolore, vuole solo dormire, non vuole sentire rumori perché ha un mal di testa feroce.
Vedere quel braccio piegato così in maniera innaturale...no, non va bene cazzo, non è un influenza.
La sera corri al Pronto Soccorso e loro la fanno entrare subito, cominciano a fare esami su esami: "forse è un infezione, ha i globuli bianchi alti le facciamo la TAC, sicuramente non troviamo nulla, ma la facciamo perchè quei sintomi non riusciamo a spiegarli".
Cominciano le docce fredde, una dietro l'altra mi sento, ci sentiamo, presi a secchiate di acqua gelida, ognuno più freddo di quello che lo precede.
La TAC non è negativa: ci sono delle raccolte di sangue, un paio forse ma non sono sicuri: la parte destra del cervello è edematosa ( gonfia ) e forse questo determina la sua sintomatologia.
Chiedono una consulenza al reparto di neurochirurgia di un ospedale vicino: ma come cazzo è possibile che un ospedale universitario non abbia un reparto di neurochirurgia?
Devono far vedere al neurochirurgo le immagini della TAC: le scannerizzeranno, penso, e gliele mandano così posso stare assieme a mia figlia che si lamenta e mi cerca in continuazione.
Invece no, prendo la macchina e alle 3 di notte porto io le immagini al medico per fargliele valutare.
" Non si vede bene, ci sarebbe bisogno di una Risonanza Magnetica con mezzo di contrasto! comunque al momento non vedo nulla di urgente da trattare neurochirurgicamente.."
Torno da mia figlia un po' rinfrancato e anche le parole del medico che la sta seguendo mi consolano: la bimba, anche se ha quasi dodici anni è sempre una bambina, reagisce, ha fatto antibiotici in varie combinazioni, antinfiammatori,sta andando tutto bene.
Sto con lei, dò il cambio a mia moglie, vedo la mia bambina: lei sorride, ha un padre un po' scemo a cui piace fare il clown.
Mi guarda con uno sguardo un po' spento e sorride, tenta di farlo.
Ma ha sonno, è stanca , si assopisce e quel braccio sinistro non ne vuol sapere di muoversi.
Parlo coi medici, comincia a circolare la parola meningite e l'allarme comincia a salire.
Altra doccia fredda: alla risonanza magnetica si vedono non due ma ben quattro raccolte di liquido, pus sicuramente e ce n'è una che comprime la parte destra del cervello.
Deve essere trasferita d'urgenza perché deve essere operata al cervello, bisogna togliere quella massa di pus bastardo che comprime il suo cervello.
Ci crolla tutto il mondo addosso, ti fanno firmare consensi informati, carte su carte, parli con decine di medici che ti fanno sempre le stesse domande, non ti danno sicurezze, è tutto un mettere le mani avanti perchè la situazione è grave, gravissima, critica.
L'intervento è necessario, è l'unica soluzione.
Lei è su quel lettino , sonnecchia e piange, dice che ha paura, continuano a sforacchiarla per fare prelievi, le sue vene non si vedono, lei strilla , non vuole essere toccata.
E noi piangiamo , con un senso di impotenza difficile da descrivere: sono grande grosso e vaccinato, ho sempre detto che avrei distrutto chiunque avesse osato toccare mia figlia, e lo avrei fatto sicuramente , anche a mani nude, ma mi sento impotente, è talmente piccolo questo bastardo, non si vede neanche però può uccidere.
E piango, piangiamo , di rabbia e di impotenza, cercando di non rassegnarci.
La portano via in sala operatoria, lei ha paura e noi siamo là a cercare di tranquillizzarla, nascondendo le lacrime che scendono copiose sulle nostra guance.
Non ho mai pensato come in quel momento che due ore e mezza fossero così lunghe: il neurochirurgo ci viene a parlare.
L'intervento è riuscito, c'era una enorme massa di pus che è stata asportata: è un uomo sui cinquanta anni che quindi in vita sua di casi come questo ne ha visti a centinaia. Eppure traspare la meraviglia dalle sue parole, raramente aveva visto una cosa del genere.
Hanno fatto anche le fotografie, ce le fanno vedere.
Impressionanti , un flash che rimarrà a vita lì, davanti ai nostri occhi,
La bambina è in rianimazione, aspettano almeno un giorno prima di risvegliarla, ci dicono che i parametri sono buoni e ce la fanno anche vedere un attimo: dorme, è intubata, tutta una serie di tubi, tubicini, cavi, elettrodi che sono collegati al suo corpo.
Non è cosciente ma è viva.
Per adesso ci basta questo, dopo aver versato litri e litri di lacrime, per adesso ci basta questo.
Ora aspettiamo.
Da oggi il blog è in pausa, non ho lo spirito per mettermi davanti a uno schermo e vedere un film , oppure parlarne.
Non ho voglia di prendere recensioni vecchie che ancora non ho postato qui sul blog e metterle qui, mi sembrerebbe una pietosa bugia per dire a me stesso che sta andando tutto bene.
Non ce la farei.
Non ce la faccio.
Finché mia figlia è in un letto d'ospedale a lottare tra la vita e la morte devo convogliare tutte le mie forze , e stanno diventando sempre di meno, su di lei e sulla sua guarigione.
La rivoglio qui con me , con i suoi occhi bellissimi e il suo sorriso radioso.
E' una bambina bravissima, buona e non lo dico solo perchè sono il padre.
Non è giusto che debba soffrire così.
Non ci resta altro da fare se non attendere.
Con la speranza a illuminare il nostro cammino.
Scusate le sfogo.
Speriamo di sentirci presto.
A me è successo: mia figlia sta lottando contro un batterio superbastardo che ha infettato il suo cervello e le sue meningi.
E quando ti toccano un affetto familiare così intenso e profondo il mondo attorno a te perde da subito qualsiasi significato.
Due giorni di febbre alta, sarà un'influenza forse, trattiamola con la tachipirina, poi la febbre scende eppure lei è letargica, non reagisce, ha mal di testa, mal di collo, le fa male veramente tutto.
E' sicuramente una forma influenzale, deve fare il suo corso....
E invece no, lei muove con estrema difficoltà la parte sinistra del corpo, lamenta dolore, vuole solo dormire, non vuole sentire rumori perché ha un mal di testa feroce.
Vedere quel braccio piegato così in maniera innaturale...no, non va bene cazzo, non è un influenza.
La sera corri al Pronto Soccorso e loro la fanno entrare subito, cominciano a fare esami su esami: "forse è un infezione, ha i globuli bianchi alti le facciamo la TAC, sicuramente non troviamo nulla, ma la facciamo perchè quei sintomi non riusciamo a spiegarli".
Cominciano le docce fredde, una dietro l'altra mi sento, ci sentiamo, presi a secchiate di acqua gelida, ognuno più freddo di quello che lo precede.
La TAC non è negativa: ci sono delle raccolte di sangue, un paio forse ma non sono sicuri: la parte destra del cervello è edematosa ( gonfia ) e forse questo determina la sua sintomatologia.
Chiedono una consulenza al reparto di neurochirurgia di un ospedale vicino: ma come cazzo è possibile che un ospedale universitario non abbia un reparto di neurochirurgia?
Devono far vedere al neurochirurgo le immagini della TAC: le scannerizzeranno, penso, e gliele mandano così posso stare assieme a mia figlia che si lamenta e mi cerca in continuazione.
Invece no, prendo la macchina e alle 3 di notte porto io le immagini al medico per fargliele valutare.
" Non si vede bene, ci sarebbe bisogno di una Risonanza Magnetica con mezzo di contrasto! comunque al momento non vedo nulla di urgente da trattare neurochirurgicamente.."
Torno da mia figlia un po' rinfrancato e anche le parole del medico che la sta seguendo mi consolano: la bimba, anche se ha quasi dodici anni è sempre una bambina, reagisce, ha fatto antibiotici in varie combinazioni, antinfiammatori,sta andando tutto bene.
Sto con lei, dò il cambio a mia moglie, vedo la mia bambina: lei sorride, ha un padre un po' scemo a cui piace fare il clown.
Mi guarda con uno sguardo un po' spento e sorride, tenta di farlo.
Ma ha sonno, è stanca , si assopisce e quel braccio sinistro non ne vuol sapere di muoversi.
Parlo coi medici, comincia a circolare la parola meningite e l'allarme comincia a salire.
Altra doccia fredda: alla risonanza magnetica si vedono non due ma ben quattro raccolte di liquido, pus sicuramente e ce n'è una che comprime la parte destra del cervello.
Deve essere trasferita d'urgenza perché deve essere operata al cervello, bisogna togliere quella massa di pus bastardo che comprime il suo cervello.
Ci crolla tutto il mondo addosso, ti fanno firmare consensi informati, carte su carte, parli con decine di medici che ti fanno sempre le stesse domande, non ti danno sicurezze, è tutto un mettere le mani avanti perchè la situazione è grave, gravissima, critica.
L'intervento è necessario, è l'unica soluzione.
Lei è su quel lettino , sonnecchia e piange, dice che ha paura, continuano a sforacchiarla per fare prelievi, le sue vene non si vedono, lei strilla , non vuole essere toccata.
E noi piangiamo , con un senso di impotenza difficile da descrivere: sono grande grosso e vaccinato, ho sempre detto che avrei distrutto chiunque avesse osato toccare mia figlia, e lo avrei fatto sicuramente , anche a mani nude, ma mi sento impotente, è talmente piccolo questo bastardo, non si vede neanche però può uccidere.
E piango, piangiamo , di rabbia e di impotenza, cercando di non rassegnarci.
La portano via in sala operatoria, lei ha paura e noi siamo là a cercare di tranquillizzarla, nascondendo le lacrime che scendono copiose sulle nostra guance.
Non ho mai pensato come in quel momento che due ore e mezza fossero così lunghe: il neurochirurgo ci viene a parlare.
L'intervento è riuscito, c'era una enorme massa di pus che è stata asportata: è un uomo sui cinquanta anni che quindi in vita sua di casi come questo ne ha visti a centinaia. Eppure traspare la meraviglia dalle sue parole, raramente aveva visto una cosa del genere.
Hanno fatto anche le fotografie, ce le fanno vedere.
Impressionanti , un flash che rimarrà a vita lì, davanti ai nostri occhi,
La bambina è in rianimazione, aspettano almeno un giorno prima di risvegliarla, ci dicono che i parametri sono buoni e ce la fanno anche vedere un attimo: dorme, è intubata, tutta una serie di tubi, tubicini, cavi, elettrodi che sono collegati al suo corpo.
Non è cosciente ma è viva.
Per adesso ci basta questo, dopo aver versato litri e litri di lacrime, per adesso ci basta questo.
Ora aspettiamo.
Da oggi il blog è in pausa, non ho lo spirito per mettermi davanti a uno schermo e vedere un film , oppure parlarne.
Non ho voglia di prendere recensioni vecchie che ancora non ho postato qui sul blog e metterle qui, mi sembrerebbe una pietosa bugia per dire a me stesso che sta andando tutto bene.
Non ce la farei.
Non ce la faccio.
Finché mia figlia è in un letto d'ospedale a lottare tra la vita e la morte devo convogliare tutte le mie forze , e stanno diventando sempre di meno, su di lei e sulla sua guarigione.
La rivoglio qui con me , con i suoi occhi bellissimi e il suo sorriso radioso.
E' una bambina bravissima, buona e non lo dico solo perchè sono il padre.
Non è giusto che debba soffrire così.
Non ci resta altro da fare se non attendere.
Con la speranza a illuminare il nostro cammino.
Scusate le sfogo.
Speriamo di sentirci presto.
sabato 26 aprile 2014
The Thieves
Popie e la sua variegata banda di ladri e acrobati coreani si unisce alla gang dell'ambiguo Macao Park, hongkonghese per rubare un preziosissimo diamante appartenente a un esponente molto in vista della mafia cinese. Il gioiello è in un albergo/casinò a cinque stelle. O almeno così sembra perchè una volta riusciti a scassinare la cassaforte in cui avrebbe dovuto esserci il prezioso in realtà non si trova proprio nulla.
O forse il furto è stato commesso da un altro criminale, che lavora in solitaria...
E comunque mai fidarsi fino in fondo dei compagni di rapina, la sorpresa è sempre in agguato...
Chi segue questo blog sa come il sottoscritto sia appassionato da tempi non sospetti di cinema sudcoreano, ho sempre affermato che ormai i migliori thriller sulla faccia della terra si girano a Seul e dintorni e che l'industria cinematografica di quel Paese non abbia più nulla da invidiare a quella hollywoodiana sotto il profilo tecnico...
Tutto giusto, tutto confermato e poi ti arriva questo The Thieves, campione di incassi al box office coreano del 2012 con oltre 80 milioni di dollari incassati lasciandosi dietro e anche di parecchio un fenomeno mondiale come The Avengers.
Perchè dico questo?
Perché The Thieves è una perfetta simulazione di cinema hollywoodiano fatta con gli occhi a mandorla.
Gli scenari extralusso, la banda talmente variegata da dare l'impressione di essere un po' raccogliticcia, il piano supercomplicato e con molti criminali in gioco, il meccanismo in cui uno si frega con l'altro in massima sportività dal primo all'ultimo minuto del film , richiamano in modo piuttosto palese la saga di Ocean e del suo commando, vale a dire i vari Ocean's Eleven e relativi seguiti .
Però ci sono i divi del cinema orientale e non quelli hollywoodiani.
Tutto bene? Beh , per lo spettatore medio magari non ci sono problemi visto che si trova di fronte a un film che pur avendo un minutaggio complessivo piuttosto alto ( si superano abbondantemente le due ore, come da costume coreano) ha un ritmo veramente alacre ed è colmissimo di avvenimenti, pure troppo.
La sorpresa, la stangata è dietro ogni angolo e quindi da questo punto di vista non ci si annoia visti gli innmerevoli colpi di scena.
Da amante appassionato di cinema coreano invece mi viene da storcere un po' il naso perché qui di quel cinema che ho imparato ad amare c'è poco o nulla.
C'è la Hollywood dei tempi d'oro citata a piene mani e trasportata come in un incantesimo sulle rive dell'Oceano Pacifico dall'altra parte del globo terracqueo.
C'è un continuo strizzare d'occhio allo spettatore, ironia come se piovesse anche nel risvolto più improbabile di sceneggiatura. c'è un gruppo di stars che accettano di non rubarsi la scena le une con le altre perché tanto sono sicure che il loro momento nel film verrà, un po' come succedeva veramente nelle varie incarnazioni della saga di Ocean'e Eleven.
Nascosti, molto nascosti i pochi elementi che rispettano la filosofia coreana di fare film di un certo tipo: un certo lirismo nella violenza e una volontà di rendere amarognolo il più lieto dei finali.
C'è questo e ci sono anche un pugno di coreografie che a Hollywood si sognano : chi vedrà il lungo combattimento a colpi di mitra e di arti marziali sulla parete di un palazzo in cui i protagonisti sono bloccati, si fa per dire, da dei cavi di sicurezza, avrà di che lustrarsi gli occhi.
E poi se si vogliono veramente lustrare gli occhi c'è nel cast la bellissima Gianna Jun, femori da fenicottero rosa che sono armi letali e un campionario di faccette che ricordano l'adorabile personaggio che recitava in My Sassy Girl , per me e non solo per me, una delle migliori commedie sentimentali made in Korea.
The Thieves è una parata di stelle che ammicca palesemente al pubblico e che dimostra l'impressionante autoconsapevolezza a cui è giunta ormai l' industria cinematografica coreana che si mette a rincorrere Hollywood sul suo stesso terreno non sfigurando affatto dal punto di vista coreografico e spettacolare.
E il pubblico ha risposto allegramente in massa facendolo diventare il secondo incasso cinematografico coreano di sempre dopo l'inarrivabile The Host del grandissimo Bong Joon Ho....
( VOTO : 6 / 10 )
O forse il furto è stato commesso da un altro criminale, che lavora in solitaria...
E comunque mai fidarsi fino in fondo dei compagni di rapina, la sorpresa è sempre in agguato...
Chi segue questo blog sa come il sottoscritto sia appassionato da tempi non sospetti di cinema sudcoreano, ho sempre affermato che ormai i migliori thriller sulla faccia della terra si girano a Seul e dintorni e che l'industria cinematografica di quel Paese non abbia più nulla da invidiare a quella hollywoodiana sotto il profilo tecnico...
Tutto giusto, tutto confermato e poi ti arriva questo The Thieves, campione di incassi al box office coreano del 2012 con oltre 80 milioni di dollari incassati lasciandosi dietro e anche di parecchio un fenomeno mondiale come The Avengers.
Perchè dico questo?
Perché The Thieves è una perfetta simulazione di cinema hollywoodiano fatta con gli occhi a mandorla.
Gli scenari extralusso, la banda talmente variegata da dare l'impressione di essere un po' raccogliticcia, il piano supercomplicato e con molti criminali in gioco, il meccanismo in cui uno si frega con l'altro in massima sportività dal primo all'ultimo minuto del film , richiamano in modo piuttosto palese la saga di Ocean e del suo commando, vale a dire i vari Ocean's Eleven e relativi seguiti .
Però ci sono i divi del cinema orientale e non quelli hollywoodiani.
Tutto bene? Beh , per lo spettatore medio magari non ci sono problemi visto che si trova di fronte a un film che pur avendo un minutaggio complessivo piuttosto alto ( si superano abbondantemente le due ore, come da costume coreano) ha un ritmo veramente alacre ed è colmissimo di avvenimenti, pure troppo.
La sorpresa, la stangata è dietro ogni angolo e quindi da questo punto di vista non ci si annoia visti gli innmerevoli colpi di scena.
Da amante appassionato di cinema coreano invece mi viene da storcere un po' il naso perché qui di quel cinema che ho imparato ad amare c'è poco o nulla.
C'è la Hollywood dei tempi d'oro citata a piene mani e trasportata come in un incantesimo sulle rive dell'Oceano Pacifico dall'altra parte del globo terracqueo.
C'è un continuo strizzare d'occhio allo spettatore, ironia come se piovesse anche nel risvolto più improbabile di sceneggiatura. c'è un gruppo di stars che accettano di non rubarsi la scena le une con le altre perché tanto sono sicure che il loro momento nel film verrà, un po' come succedeva veramente nelle varie incarnazioni della saga di Ocean'e Eleven.
Nascosti, molto nascosti i pochi elementi che rispettano la filosofia coreana di fare film di un certo tipo: un certo lirismo nella violenza e una volontà di rendere amarognolo il più lieto dei finali.
C'è questo e ci sono anche un pugno di coreografie che a Hollywood si sognano : chi vedrà il lungo combattimento a colpi di mitra e di arti marziali sulla parete di un palazzo in cui i protagonisti sono bloccati, si fa per dire, da dei cavi di sicurezza, avrà di che lustrarsi gli occhi.
E poi se si vogliono veramente lustrare gli occhi c'è nel cast la bellissima Gianna Jun, femori da fenicottero rosa che sono armi letali e un campionario di faccette che ricordano l'adorabile personaggio che recitava in My Sassy Girl , per me e non solo per me, una delle migliori commedie sentimentali made in Korea.
The Thieves è una parata di stelle che ammicca palesemente al pubblico e che dimostra l'impressionante autoconsapevolezza a cui è giunta ormai l' industria cinematografica coreana che si mette a rincorrere Hollywood sul suo stesso terreno non sfigurando affatto dal punto di vista coreografico e spettacolare.
E il pubblico ha risposto allegramente in massa facendolo diventare il secondo incasso cinematografico coreano di sempre dopo l'inarrivabile The Host del grandissimo Bong Joon Ho....
( VOTO : 6 / 10 )
venerdì 25 aprile 2014
Holy Ghost People ( 2013)
Charlotte è alla ricerca della sorella Liz, tossicodipendente, sparita da molto tempo senza lasciare traccia se non quella di una specie di setta, la Chiesa del Comune Accordo , presso cui chiedere informazioni.
Si fa aiutare da Wayne, ex marine, disadattato e alcolizzato che per un pugno di dollari accetta di accompagnarla. Trovata la Chiesa del Comune Accordo scoprono che Liz è stata lì e che il capo di tutto, fratello Billy, che ha creato una sorta di culto ai limiti del paganesimo maneggiando serpenti a sonagli, sa molte più cose di quelle che dice.
I due, fingendosi padre e figlia , si fermano e le loro certezze , personali e religiose, saranno messe a dura prova.....
Allora , facciamo un po' il punto della situazione: Holy Ghost People è l'ultimo film di Mitchell Altieri, uno che assieme al suo sodale Phil Flores ( che qui è uno degli sceneggiatori assieme a Mitchell , all'esordiente Kevin Artigue e a Joe Egender che nel film recita nella parte di fratello Billy) si facevano chiamare The Butcher Brothers e che si erano segnalati per un pugnetto di film horror piuttosto sanguinolenti di cui il più riuscito e personale era intitolato The Hamiltons.
Nel trattare la storia che viene narrata in questo suo ultimo film quindi non è che ci si potessero aspettare tante finezze di sceneggiatura e di regia, parliamo di un regista che ha da sempre sguazzato nell'horror, nel sangue e nelle frattaglie e che ha deciso un bel giorno di cambiare genere....
E tanto è stato.
Holy Ghost People tocca un nervo scoperto e dolente tipicamente americano, quello delle varie sette e dei vari predicatori televisivi e non che girano in lungo e in largo per la profonda provincia yankee alla ricerca di nuovi adepti.
Un po' lo stesso scenario descritto nelle prime puntate di True Detective o in altro cinema di genere come ad esempio il Red State di Kevin Smith che tante critiche attirò su di sé , forse proprio per la sua visione molto laica, quasi terragna oserei dire, di queste congregazioni religiose che dietro l'egida di Dio ne stravolgono il messaggio di pace e di fratellanza per fini assolutamente non legati ad alcun aspetto spirituale.
Probabilmente se al timone di Holy Ghost People avessimo avuto un regista più capace a cogliere certe sfumature ora staremmo a parlare di un qualcosa di veramente riuscito: la storia di Charlotte e della ricerca di Liz si trasforma ben presto in un viaggio alla ricerca di se stessi perché se è vero che Liz era tossicodipendente e aveva i suoi problemi, i segni sui polsi di Charlotte testimoniano che non se la passa tanto meglio e sono sicuramente frutto di una disagio psicoemotivo che vive sulla sua pelle.
Anche Wayne , l'ex marine non sta vivendo il periodo migliore della sua vita, visto che lo conosciamo ubriaco e vittima di un pestaggio.
Altieri invece si concentra su fratello Billy , sul suo modo di manipolare fedi e coscienze e si lascia attirare più dal lato coreografico della storia che sta narrando che non da quello sostanziale: le sedute di gruppo con i serpenti maneggiati abilmente tanto da far pensare a una sorta di sabba demoniaco, l'atto di contrizione pubblico ad opera del braccio destro di fratello Billy che si lascia frustare a sangue perché ha osato pensare ad altre donne che non erano la moglie e tante altre scenette ad uso e consumo dello spettatore che vuole emozioni di un certo tipo.
Insomma il quadro idilliaco di una sorta di congregazione religiosa che nasconde misteri inenarrabili.
In questo Holy Ghost People banalizza alquanto la materia narrativa.
Ed è un vero peccato perché le potenzialità della storia c'erano.
Non ci troviamo di fronte a spazzatura immonda perché sarebbe ingiusto catalogarlo in modo tanto superficiale e brutale, la confezione è apprezzabile e anche il livello di recitazione è molto buono se rapportato ad altre produzioni dello stesso genere e a basso budget come questa, ma ci troviamo di fronte a un film che aveva i requisiti per possedere tutto un altro spessore e che invece si impantana nella palude dei soliti thrillerucci sudaticci e sudisti con un finale affannato ed affannoso in cui è evidente che le idee sono poche ma in compenso ben confuse.
Peccato.
( VOTO : 5 / 10 )
Si fa aiutare da Wayne, ex marine, disadattato e alcolizzato che per un pugno di dollari accetta di accompagnarla. Trovata la Chiesa del Comune Accordo scoprono che Liz è stata lì e che il capo di tutto, fratello Billy, che ha creato una sorta di culto ai limiti del paganesimo maneggiando serpenti a sonagli, sa molte più cose di quelle che dice.
I due, fingendosi padre e figlia , si fermano e le loro certezze , personali e religiose, saranno messe a dura prova.....
Allora , facciamo un po' il punto della situazione: Holy Ghost People è l'ultimo film di Mitchell Altieri, uno che assieme al suo sodale Phil Flores ( che qui è uno degli sceneggiatori assieme a Mitchell , all'esordiente Kevin Artigue e a Joe Egender che nel film recita nella parte di fratello Billy) si facevano chiamare The Butcher Brothers e che si erano segnalati per un pugnetto di film horror piuttosto sanguinolenti di cui il più riuscito e personale era intitolato The Hamiltons.
Nel trattare la storia che viene narrata in questo suo ultimo film quindi non è che ci si potessero aspettare tante finezze di sceneggiatura e di regia, parliamo di un regista che ha da sempre sguazzato nell'horror, nel sangue e nelle frattaglie e che ha deciso un bel giorno di cambiare genere....
E tanto è stato.
Holy Ghost People tocca un nervo scoperto e dolente tipicamente americano, quello delle varie sette e dei vari predicatori televisivi e non che girano in lungo e in largo per la profonda provincia yankee alla ricerca di nuovi adepti.
Un po' lo stesso scenario descritto nelle prime puntate di True Detective o in altro cinema di genere come ad esempio il Red State di Kevin Smith che tante critiche attirò su di sé , forse proprio per la sua visione molto laica, quasi terragna oserei dire, di queste congregazioni religiose che dietro l'egida di Dio ne stravolgono il messaggio di pace e di fratellanza per fini assolutamente non legati ad alcun aspetto spirituale.
Probabilmente se al timone di Holy Ghost People avessimo avuto un regista più capace a cogliere certe sfumature ora staremmo a parlare di un qualcosa di veramente riuscito: la storia di Charlotte e della ricerca di Liz si trasforma ben presto in un viaggio alla ricerca di se stessi perché se è vero che Liz era tossicodipendente e aveva i suoi problemi, i segni sui polsi di Charlotte testimoniano che non se la passa tanto meglio e sono sicuramente frutto di una disagio psicoemotivo che vive sulla sua pelle.
Anche Wayne , l'ex marine non sta vivendo il periodo migliore della sua vita, visto che lo conosciamo ubriaco e vittima di un pestaggio.
Altieri invece si concentra su fratello Billy , sul suo modo di manipolare fedi e coscienze e si lascia attirare più dal lato coreografico della storia che sta narrando che non da quello sostanziale: le sedute di gruppo con i serpenti maneggiati abilmente tanto da far pensare a una sorta di sabba demoniaco, l'atto di contrizione pubblico ad opera del braccio destro di fratello Billy che si lascia frustare a sangue perché ha osato pensare ad altre donne che non erano la moglie e tante altre scenette ad uso e consumo dello spettatore che vuole emozioni di un certo tipo.
Insomma il quadro idilliaco di una sorta di congregazione religiosa che nasconde misteri inenarrabili.
In questo Holy Ghost People banalizza alquanto la materia narrativa.
Ed è un vero peccato perché le potenzialità della storia c'erano.
Non ci troviamo di fronte a spazzatura immonda perché sarebbe ingiusto catalogarlo in modo tanto superficiale e brutale, la confezione è apprezzabile e anche il livello di recitazione è molto buono se rapportato ad altre produzioni dello stesso genere e a basso budget come questa, ma ci troviamo di fronte a un film che aveva i requisiti per possedere tutto un altro spessore e che invece si impantana nella palude dei soliti thrillerucci sudaticci e sudisti con un finale affannato ed affannoso in cui è evidente che le idee sono poche ma in compenso ben confuse.
Peccato.
( VOTO : 5 / 10 )
giovedì 24 aprile 2014
The Den ( 2013 )
Elizabeth, una giovane laureanda che sta facendo una tesi sugli usi e i costumi di coloro che abitualmente si servono di webcam ottiene dei finanziamenti per proseguire il suo studio. Lei usa abitualmente una chat, chiamata The Den, in cui trova varia umanità male assortita. Un contatto che sembra provenire dal Messico le fa vedere attraverso il suo schermo un brutale omicidio perpetrato ai danni di una giovane ragazza. Denuncia il fatto alla polizia ma non ottiene nulla. Anzi quello che ottiene è che i suoi amici diventano il bersaglio delle violenze e delle sevizie.
Lei non può fare nulla: la sua vita scivola in un incubo senza via di uscita perchè la prossima destinata a subire le violenze sembra che sia proprio lei....
Come al solito il sottoscritto pur dicendo peste e corna di tutti ( o quasi ) i mockumentaries o su quei film girati con la tecnica del found footage appena ne esce uno nuovo si fionda a vederlo in un misto di curiosità e masochismo. Forse.
Direi però che è la spasmodica ricerca di qualcosa che impressioni veramente e che non sia la solita fuffa catodica o cinematografica adatta solo a ragazzini brufolosi di entrambi i sessi in cerca di emozioni forti.
Ecco con The Den direi che ci siamo proprio.
Non è la solita tempesta che si scatena in un bicchiere.
Anzi, diremo di più.
Speriamo che i produttori dei prossimi film girati con la tecnica del found footage o del mockumetary diano un'occhiata, anzi si studino proprio questo film dell'esordiente Zachary Donohue che il film lo ha diretto e lo ha anche cosceneggiato assieme a Lauren Thompson anche lei all'esordio assoluto.
The Den è girato praticamente tutto usando come fonte di visione la webcam e ponendo la maggior parte del tempo i protagonisti a interagire con lo schermo del computer.
Cosa non del tutto inedita perché già vista in un corto appartenente all'antologia V/H/S ( di cui abbiamo parlato più diffusamente qui) che si intitolava The Sick Thing that Happened to Emily when She was Young ed era diretto da Joe Swanberg che però era una ghost story abbastanza classica che riusciva a destreggiarsi magnificamente tra Skype e punte di tensione altissime.
Esattamente come in The Den: la tensione monta lentamente ma costantemente , il film ha dalla sua un ritmo sostenuto che accoppiato a una durata piuttosto breve ( siamo a poco più di 75 minuti titoli di testa e di coda compresi) crea i presupposti per non annoiare mai.
The Den mette in guardia dai pericoli della civiltà internautica in cui oggi viviamo ma non lo fa gratuitamente come succedeva nel pessimo Smiley che si risolveva in una bimbominkiata fatta da giovanotti annoiati .
La protagonista , Melanie Papalia, ironia della sorte presente anche nell'appena succitato Smiley, ha dalla sua quello sguardo tra il miope e il curioso ( lenti a contatto?) che la rende molto sexy e allo stesso tempo indifesa in un mondo interamente filtrato attraverso il computer e la webcam.
Nella chat che lei studia trova ogni sorta di stranezze, da maniaci sessuali a gente che fa scherzi idioti, la cosa che però non va nella sua vita è che anche coloro che le sono vicini , le sue amicizie , il suo fidanzato e i suoi affetti in genere comunicano con lei più attraverso il virtuale che non direttamente.
Sarà lo stress della vita moderna che ti obbliga a un certo grado di solitudine....
Il suo mondo è ingabbiato da internet, il suo occhio guarda nell'abisso che si nasconde in questo universo virtuale creato dall'uomo ma inevitabilmente l'abisso guarda dentro di lei, si impadronisce di lei.
Ed è questo l'aspetto più inquietante di tutto il film: fino a quale limite si può spingere il virtuale nella nostra vita reale?
Domanda che nel film ha una risposta che naturalmente non svelo per non spoilerare selvaggiamente.
Elizabeth si ritrova a essere una rotella di un ingranaggio molto più grande di lei.
Andando a sottilizzare l'ultima parte del film esce un po' dalle logiche del found footage e del mockumentary trasformandosi in qualcosa di girato in maniera più "tradizionale" ma non ci si fa caso più di tanto perché si è trasportati dal flusso degli avvenimenti che esiteranno in un gran finale in cui sarà svelata tutta la sua perfidia che si nasconde nella disavventura di Elizabeth.
The Den è assolutamente consigliato agli appassionati e credo che sarebbe meglio anche tenere d'occhio Zachary Donohue.
Il ragazzo sembra avere stoffa....
( VOTO : 7 + / 10 )
Lei non può fare nulla: la sua vita scivola in un incubo senza via di uscita perchè la prossima destinata a subire le violenze sembra che sia proprio lei....
Come al solito il sottoscritto pur dicendo peste e corna di tutti ( o quasi ) i mockumentaries o su quei film girati con la tecnica del found footage appena ne esce uno nuovo si fionda a vederlo in un misto di curiosità e masochismo. Forse.
Direi però che è la spasmodica ricerca di qualcosa che impressioni veramente e che non sia la solita fuffa catodica o cinematografica adatta solo a ragazzini brufolosi di entrambi i sessi in cerca di emozioni forti.
Ecco con The Den direi che ci siamo proprio.
Non è la solita tempesta che si scatena in un bicchiere.
Anzi, diremo di più.
Speriamo che i produttori dei prossimi film girati con la tecnica del found footage o del mockumetary diano un'occhiata, anzi si studino proprio questo film dell'esordiente Zachary Donohue che il film lo ha diretto e lo ha anche cosceneggiato assieme a Lauren Thompson anche lei all'esordio assoluto.
The Den è girato praticamente tutto usando come fonte di visione la webcam e ponendo la maggior parte del tempo i protagonisti a interagire con lo schermo del computer.
Cosa non del tutto inedita perché già vista in un corto appartenente all'antologia V/H/S ( di cui abbiamo parlato più diffusamente qui) che si intitolava The Sick Thing that Happened to Emily when She was Young ed era diretto da Joe Swanberg che però era una ghost story abbastanza classica che riusciva a destreggiarsi magnificamente tra Skype e punte di tensione altissime.
Esattamente come in The Den: la tensione monta lentamente ma costantemente , il film ha dalla sua un ritmo sostenuto che accoppiato a una durata piuttosto breve ( siamo a poco più di 75 minuti titoli di testa e di coda compresi) crea i presupposti per non annoiare mai.
The Den mette in guardia dai pericoli della civiltà internautica in cui oggi viviamo ma non lo fa gratuitamente come succedeva nel pessimo Smiley che si risolveva in una bimbominkiata fatta da giovanotti annoiati .
La protagonista , Melanie Papalia, ironia della sorte presente anche nell'appena succitato Smiley, ha dalla sua quello sguardo tra il miope e il curioso ( lenti a contatto?) che la rende molto sexy e allo stesso tempo indifesa in un mondo interamente filtrato attraverso il computer e la webcam.
Nella chat che lei studia trova ogni sorta di stranezze, da maniaci sessuali a gente che fa scherzi idioti, la cosa che però non va nella sua vita è che anche coloro che le sono vicini , le sue amicizie , il suo fidanzato e i suoi affetti in genere comunicano con lei più attraverso il virtuale che non direttamente.
Sarà lo stress della vita moderna che ti obbliga a un certo grado di solitudine....
Il suo mondo è ingabbiato da internet, il suo occhio guarda nell'abisso che si nasconde in questo universo virtuale creato dall'uomo ma inevitabilmente l'abisso guarda dentro di lei, si impadronisce di lei.
Ed è questo l'aspetto più inquietante di tutto il film: fino a quale limite si può spingere il virtuale nella nostra vita reale?
Domanda che nel film ha una risposta che naturalmente non svelo per non spoilerare selvaggiamente.
Elizabeth si ritrova a essere una rotella di un ingranaggio molto più grande di lei.
Andando a sottilizzare l'ultima parte del film esce un po' dalle logiche del found footage e del mockumentary trasformandosi in qualcosa di girato in maniera più "tradizionale" ma non ci si fa caso più di tanto perché si è trasportati dal flusso degli avvenimenti che esiteranno in un gran finale in cui sarà svelata tutta la sua perfidia che si nasconde nella disavventura di Elizabeth.
The Den è assolutamente consigliato agli appassionati e credo che sarebbe meglio anche tenere d'occhio Zachary Donohue.
Il ragazzo sembra avere stoffa....
( VOTO : 7 + / 10 )
mercoledì 23 aprile 2014
Il mio quattrozampe e io - Fiocco di Neve Capuano
Ecco a voi l'eterno dodicenne Miki Moz di Moz O' Clock che ci parlerà di lui stesso e del suo amico di una vita Fiocco, un bel gattone pelosone pelosone che gli fa compagnia da ormai 15 anni.
SPAPARANZATO |
E allora avanti con il fuoco di fila di domande a cui si è sottoposto di buon grado il Moz.
1) Benvenuto Moz , come al solito partiamo con la domanda standard: presentati ma soprattutto presenta il tuo amico quattrozampe.
Io sono Miki , principe della blogosfera, il difensore dei segreti del Moz o' Clock e questo è Fiocco il mio eroico amico. Scopriì di avere certi favolosi poteri segreti il giorno in cui sollevai la mia penna magica e dissi " per la forza del Moz o' Clock! La grande forza è con me!"
Fiocco diventò il terribile Fiocco di Neve ed io diventai Moz , il blogger pià forte e potente dell'intero universo. Soltanto in 4 sono a parte del mio segreto: le nostre amiche Muse, Sandrino il Grafico e lo Scoiattolo.
SELFIE |
A parte gli scherzi....
Nella mia vita ho vissuto con un solo animale , escluse le bestie dei miei famigliari.
Ora la convivenza con lui è a intermittenza, perché il mio gattone ( dico "mio" ma non è una proprietà , sia chiaro: non siamo i suoi padroni come fosse un cane) vive coi miei in Puglia e io in Puglia ci scendo pochissimo.
Però ...a volte sale anche in Abruzzo e quindi viene a stare da me per periodi di media lunghezza.
Beh , lo presento: si chiama Fiocco di Neve Capuano , è peloso, ciccione ( anche se ora è stato messo a dieta), grosso , bianco e ha gli occhi di colore diverso.
Ma non è che vede un po' giallo e un po' celeste, non lo so almeno penso io ( non ti preoccupare Moz , vede benissimo, gli occhi di colore diverso sono un reperto non comunissimo ma che si riscontra con una certa frequenza nei micioni).
E' nato nel 1999, in Abruzzo. Ed è residente in Puglia. Come me.
Lo ha voluto mia sorella , e mio padre che era sempre stato un po' restìo a prendere un animale in casa ( viviamo in appartamento) l'ha accontentata. Si sa che le figlie femmine ottengono tutto dai padri, fa parte del pacchetto " Complesso di Elettra" , probabilmente ( mmmm.....spero che mia figlia non legga).
FEROCE |
Come carattere è schivo , non rompe le scatole e ora che è più anziano si è calmato molto, altrimenti vai di giochi e di salti.
O di uccelli catturati sul balcone.
Ha i suoi spazi e vuole che siano rispettati, perchè lui non è il nostro animale domestico. è un membro della famiglia a tutti gli effetti ed ha anche potere decisionale.
Ad esempio sulle vacanze o sui viaggi: dipende sempre da lui, se lo si può portare , se lo di deve lasciare ecc ecc...
Insomma sia tutti sullo stesso piano: altro che San Francesco e il lupo: levati!!!
2) Bene , mi fa molto piacere sentire il modo in cui parli di Fiocco di Neve Capuano: Vorrei che
IL SAPIENTE |
Un rapporto alla pari. Certo, a volte, per due minuti diventa il mio peluche, esattamente come io divento il suo rinnovaunghie!
Ha cambiato la mia vita perché ha aggiunto la tacca " convivere-a tratti - con un non umanoide".
3) Una curiosità: ma perché volevi intitolare questa piccola intervista " Quatrozampe in padella "?
Perché non sono vegetariano. E perché prima o poi finirò per farmi al forno le cosce e la coda del mio gatto *___ *
4) Oltre a fare il blogger ( perchè è la tua prima attività questa , vero? ti si vede dappertutto) che altro combini?
Ovvio, cazzeggio! :) E , allo stato attuale delle cose , e purtroppo non per sempre, mi pagano anche per farlo!
IL RE |
5) Insomma sei un ragazzo fortunato. Ricapitoliamo: sei pugliese di nascita ma abruzzese di adozione, se ho capito bene. Che cosa apprezzi di più e di meno di queste due regioni?
E invece no ( e te pareva !) : sono nato in Abruzzo , ho la mamma teramana e il papà foggiano, Quindi sono perfettamente metà e metà, ho una vita a metà .
Anche Fiocco è nato in Abruzzo e vive in Puglia , per inciso.
6) Dando un'occhiata al tuo blog ( e andateci c'è veramente tanta roba ) , ho visto che pullula letteralmente di cibo per panze forti, ,ma come diavolo fai a essere così magro?
Magro? Ho la pancetta. Pancetta....yuum!. Non vedo l'ora di far grandi arrostite di carne. Arrosticini in primis ( eh eh quest'anno abbiamo dato anche noi in arrosticini....)-
Comunque cerco di muovermi un po' e l'attività masturbatoria aiuta a bruciare calorie....
7) Ahhhh pperòòò!!! Al tuo gattone fai mai assaggiare quello che prepari?
BITCH, PLEASE!!! |
Una volta lo Scoiattolo gli ha dato lo speck che c'era in una delle mie piadine.
Altre volte gli dò il prosciutto cotto delle mie ricette, ma in genere lui snobba i cibi umani.
8) Bene, molto bene. E' vero che stai rispondendo a queste domande un po' stupidine tra un arrosticino e l'altro brandendoli come fossero spade laser?
Eh eh ancora no. Se ti stessi rispondendo a pasquetta sicuramente si. Ma oggi è sabato e domani non si va a scuola. Ma ti sto rispondendo dopo le pennette col sugo:).
9) Altro classico delle mie intervistine: la domanda marzullesca : fatti una domanda e datti una risposta. No, scherzo, non questa domanda marzullesca ma l'altra. Se il tuo gattone fosse un film? E se fosse una canzone?
Se fosse un film sarebbe gli Aristogatti, se fosse una canzone sarebbe In My Next Life di Tom Scott & The L.A. Express dalla colonna sonora di " Le nove vite di Fritz il Gatto"
10) Anche nel tuo blog hai l'angolo delle interviste: come ci si sente a essere dall'altra parte del microfono( virtuale)?
ALTEZZOSO |
11) Ma lo sai che abitiamo vicinissimi e che ogni giorno vedo al mio fianco il Corno Grande sotto cui abiti?
Questa è una figata. passami a trovare , che qui le zone sono belle! E ti faccio conoscere anche un tuo omonimo!
12) Già ci sono stato l'anno scorso a Ferragosto, credo e devo dire che le tue zone sono veramente belle. Quest'anno va a finire che si ripete...ti vengo a trovare!!!
L'intervista è ormai giunta al capolinea: un saluto alle migliaia e migliaia ( cala, cala) che la leggeranno?
Grazie a tutti per aver letto le mie farneticazioni( a cominciare dal remake della sigla di He-Man) e grazie al Bradipuccio che gentilmente ha ospitato me e Fiocco qui da lui!
Ci si becca nella Grande Rete , gentaglia! :)
Wow!!! Moz è veramente un uragano! Spero che vi sia piaciuta.
Ricordo sempre che potete iscrivervi alle interviste di questa rubrichetta commentando su questo post o sugli altri della serie di cui qui sotto vi riporto i link.
Per ora è tutto: la prossima settimana è il turno di Lisa di In Central Perk.
Preparati Lisa, sarai contattata nei prossimi giorni per approntare la nostra chiaccherata!
That's all folks!!!!
Aria di novità per il blog...
Il mio quattrozampe e io - Bianca
Il mio quattrozampe e io - Persia, Milo e Nina
Il mio quattrozampe e io - Settechilidigatto
martedì 22 aprile 2014
Seria(l)mente : True Detective ( Stagione 1 )
Paese d'origine : USA
Distribuzione : HBO
Episodi: 8 da 60 minuti cadauno
Le vite dei detective Rust Cohle e Marty Hart nella zona delle paludi della Louisiana si intrecciano dal 1995 al 2012 per la caccia a un sadico serial killer rituale che non erano riusciti a catturare nel periodo in cui avevano lavorato assieme. Poi i casi della vita si erano frapposti, scelte sbagliate, Rust che si dimette dalla polizia e Marty che l'abbandona anni dopo per fare l'investigatore privato.Nel 2012 i due si ritrovano per dare la caccia all'assassino: Rust ha continuato a raccogliere indizi in preda a una sorta di ansia compulsiva, Marty li deve rielaborare e riordinare.
Il cerchio attorno al serial killer si stringe....
Poche chiacchiere: True Detective è l'evento televisivo di questo inizio 2014.
Personalmente non amo molto le serie statunitensi, il loro modo di essere fabbricate in serie con tutte le furbizie del caso, la loro volontà di essere comunque rassicuranti nonostante tutto.
E non ho una particolare passione nemmeno per le serie targate HBO, forse l'unico tra i network americani che se ne frega ( relativamente ) del grosso pubblico in favore di un seguito più di nicchia, preferendo gli aficionados stile setta carbonara al volgo, alla plebe fruitrice della normale serie televisiva.
Non le amo particolarmente perché pur essendo e di molto superiori alla media americana , hanno sempre quell'aria da fighette, da prime della classe, sembra che a ogni episodio ti ripetano:" Ehi! Noi siamo una serie HBO, mica la spazzatura che ti fornisce la normale tv americana via cavo!!!".
Ecco perchè nel campo televisivo preferisco rifugiarmi nella vecchia Europa.
Con True Detective però è diverso: pur essendo una serie americana fino al midollo che gioca apertamente con gli stereotipi della cultura americana sudista ( i bifolchi redneck di cui pullula letteralmente la narrazione, le paludi vere della Louisiana e metaforiche in cui si trovano i protagonisti, i grandi spazi che comunque hanno una capacità quasi unica di opprimere con il loro incombere costantemente, la tradizione del buddy movie però declinata in modo alquanto personale) è un qualcosa che ha un aspetto quasi europeo perché ha un'identità stilistica ben precisa, un look costante per tutte le 8 puntate che compongono la prima stagione.
E questo perché il team è unico, cosa rara da reperire al di là dell'Oceano in cui tutto è talmente
industrializzato che sembra uscire tutto da un'impersonale catena di montaggio: parliamo di un unico regista per tutti gli episodi (Cary Joji Fukunaga, talento preso in prestito dal cinema), di un unico sceneggiatore ( Nic Pizzolatto che ha creato la serie), di due protagonisti che si mettono in gioco anche economicamente come produttori esecutivi assieme al regista e al creatore della serie.
True Detective è un unicum, un'entità indivisibile che se ne frega delle tecniche classiche dei serial per catturare più spettatori possibili: spesso e anche a sproposito si parla di prodotti televisivi dalla qualità cinematografica. Ecco , questa serie lo è.
Sembra un film che dura quasi 8 ore.
E questo è dovuto anche alla scelta di non infarcire la sceneggiatura di sottotrame accessorie, di personaggi usa e getta o di un numero esorbitate di avvenimenti.
In True Detective succede ben poca roba ma quello che succede lascia fottutamente il segno, lo incide quasi a sangue nel cuore e negli occhi dello spettatore.
Mentre divoravo gli episodi, perché non li ho visti , me ne sono nutrito avidamente, ho pensato più volte a quale fosse la carta vincente di questa serie, perché mi aveva così avvinghiato senza possibilità di fuga per vedere una puntata dietro l'altra.
Una spiegazione razionale non sono riuscita a darmela ma forse qualche input riesco a fornirlo.
Per prima cosa l'alchimia che si sviluppa tra i due protagonisti Rust e Marty: non amici, al massimo colleghi, anche nemici, le due facce putride di una stessa medaglia.
Il primo ( McConaughey) è un disadattato che vive in una casa senza mobili, con un matrimonio alle spalle e un grave lutto non ancora superato, ha fatto quattro anni alla narcotici sotto copertura ed è pure un mezzo tossico , bisognoso di terapie molto particolari che gli donano quello "shining" che gli permette di vedere oltre le cose, di essere uno dei detective più bravi in circolazione e di essere quello decisamente migliore nel far confessare crimini agli indiziati con la sua capacità di identificazione totale in loro.
Il secondo ( Harrelson) è il classico poliziottucolo di provincia, una specie di agnostico santommaso che le cose non le vede fino a quando non ci sbatte il naso. Ha una bella casa, una bella moglie, due bellissime bambine, ha tutto insomma ma per lui l'erba del vicino è sempre più verde, quindi tradisce la moglie continuamente accorgendosi di quanto lei sia importante per lui , solo quando lo lascia da solo a rimuginare sulle sue malefatte.
Due poliziotti così male assortiti è difficile trovarli, eppure tra di loro c'è quell'alchimia che li rende una coppia vincente sullo schermo: non tanto per le indagini perchè ci mettono 17 anni a risolvere un caso, ma , come si suol dire, meglio tardi che mai, no?
Altro fattore che contribuisce a renderla un qualcosa di unico è l'ambientazione in una provincia umidiccia e fatiscente sottolineata da una fotografia che privilegia i colori spenti, metallici quasi, insomma qualcosa che sembra che sia lontano anni luce dal concetto di vita e di colore.
Da sottolineare anche il livello recitativo di tutti gli attori , dai principali, ma non avevamo dubbi, all'ultimo dei comprimari , tutti con le facce giuste nel posto giusto e al momento giusto.
E anche la bellissima colonna sonora fa la sua porca figura.
Eppure anche dicendo tutto questo , ancora non basta, non riesco a spiegare perché True Detective è assolutamente da vedere.
Allora vi posso convincere dicendo che questa serie ha il passo lungo della vita reale, tutto accade quasi in slow motion, dando il tempo allo spettatore di viverlo sulla propria pelle ed elaborarlo.
Vi posso dire anche che non usa i vari trucchi che usano tutte le consorelle televisive, cioè cercare di tenere in sospeso il colpo di scena tra un episodio e l'altro.
No, le 8 puntate sono le tessere che vanno a ricomporre un mosaico , momenti diversi nel corso degli anni che si vanno a incastrare tra di loro.
E poi c'è il dolore : si lascia ogni speranza appena si entra in questa Louisiana che sembra un incubo alla mescalina.
Si beve, cazzo quanto si beve in queste otto puntate, ci si ubriaca e ci droga pure e si fa tutto per dimenticare quel dolore sottile e lancinante che accompagna Rust e Marty.
Dolore di origine diversa ma qualcosa che fa sempre male.
Molto più dei cazzotti presi, delle coltellate o delle accettate.
Forse la luce si comincerà a vedere, forse vincerà.
O forse quella luce è un riflesso fasullo che giace sul fondo dell'ennesimo bicchiere di pessimo bourbon mandato giù, nella gola riarsa.
( VOTO : 9 / 10 )
Distribuzione : HBO
Episodi: 8 da 60 minuti cadauno
Le vite dei detective Rust Cohle e Marty Hart nella zona delle paludi della Louisiana si intrecciano dal 1995 al 2012 per la caccia a un sadico serial killer rituale che non erano riusciti a catturare nel periodo in cui avevano lavorato assieme. Poi i casi della vita si erano frapposti, scelte sbagliate, Rust che si dimette dalla polizia e Marty che l'abbandona anni dopo per fare l'investigatore privato.Nel 2012 i due si ritrovano per dare la caccia all'assassino: Rust ha continuato a raccogliere indizi in preda a una sorta di ansia compulsiva, Marty li deve rielaborare e riordinare.
Il cerchio attorno al serial killer si stringe....
Poche chiacchiere: True Detective è l'evento televisivo di questo inizio 2014.
Personalmente non amo molto le serie statunitensi, il loro modo di essere fabbricate in serie con tutte le furbizie del caso, la loro volontà di essere comunque rassicuranti nonostante tutto.
E non ho una particolare passione nemmeno per le serie targate HBO, forse l'unico tra i network americani che se ne frega ( relativamente ) del grosso pubblico in favore di un seguito più di nicchia, preferendo gli aficionados stile setta carbonara al volgo, alla plebe fruitrice della normale serie televisiva.
Non le amo particolarmente perché pur essendo e di molto superiori alla media americana , hanno sempre quell'aria da fighette, da prime della classe, sembra che a ogni episodio ti ripetano:" Ehi! Noi siamo una serie HBO, mica la spazzatura che ti fornisce la normale tv americana via cavo!!!".
Ecco perchè nel campo televisivo preferisco rifugiarmi nella vecchia Europa.
Con True Detective però è diverso: pur essendo una serie americana fino al midollo che gioca apertamente con gli stereotipi della cultura americana sudista ( i bifolchi redneck di cui pullula letteralmente la narrazione, le paludi vere della Louisiana e metaforiche in cui si trovano i protagonisti, i grandi spazi che comunque hanno una capacità quasi unica di opprimere con il loro incombere costantemente, la tradizione del buddy movie però declinata in modo alquanto personale) è un qualcosa che ha un aspetto quasi europeo perché ha un'identità stilistica ben precisa, un look costante per tutte le 8 puntate che compongono la prima stagione.
E questo perché il team è unico, cosa rara da reperire al di là dell'Oceano in cui tutto è talmente
industrializzato che sembra uscire tutto da un'impersonale catena di montaggio: parliamo di un unico regista per tutti gli episodi (Cary Joji Fukunaga, talento preso in prestito dal cinema), di un unico sceneggiatore ( Nic Pizzolatto che ha creato la serie), di due protagonisti che si mettono in gioco anche economicamente come produttori esecutivi assieme al regista e al creatore della serie.
True Detective è un unicum, un'entità indivisibile che se ne frega delle tecniche classiche dei serial per catturare più spettatori possibili: spesso e anche a sproposito si parla di prodotti televisivi dalla qualità cinematografica. Ecco , questa serie lo è.
Sembra un film che dura quasi 8 ore.
E questo è dovuto anche alla scelta di non infarcire la sceneggiatura di sottotrame accessorie, di personaggi usa e getta o di un numero esorbitate di avvenimenti.
In True Detective succede ben poca roba ma quello che succede lascia fottutamente il segno, lo incide quasi a sangue nel cuore e negli occhi dello spettatore.
Mentre divoravo gli episodi, perché non li ho visti , me ne sono nutrito avidamente, ho pensato più volte a quale fosse la carta vincente di questa serie, perché mi aveva così avvinghiato senza possibilità di fuga per vedere una puntata dietro l'altra.
Una spiegazione razionale non sono riuscita a darmela ma forse qualche input riesco a fornirlo.
Per prima cosa l'alchimia che si sviluppa tra i due protagonisti Rust e Marty: non amici, al massimo colleghi, anche nemici, le due facce putride di una stessa medaglia.
Il primo ( McConaughey) è un disadattato che vive in una casa senza mobili, con un matrimonio alle spalle e un grave lutto non ancora superato, ha fatto quattro anni alla narcotici sotto copertura ed è pure un mezzo tossico , bisognoso di terapie molto particolari che gli donano quello "shining" che gli permette di vedere oltre le cose, di essere uno dei detective più bravi in circolazione e di essere quello decisamente migliore nel far confessare crimini agli indiziati con la sua capacità di identificazione totale in loro.
Il secondo ( Harrelson) è il classico poliziottucolo di provincia, una specie di agnostico santommaso che le cose non le vede fino a quando non ci sbatte il naso. Ha una bella casa, una bella moglie, due bellissime bambine, ha tutto insomma ma per lui l'erba del vicino è sempre più verde, quindi tradisce la moglie continuamente accorgendosi di quanto lei sia importante per lui , solo quando lo lascia da solo a rimuginare sulle sue malefatte.
Due poliziotti così male assortiti è difficile trovarli, eppure tra di loro c'è quell'alchimia che li rende una coppia vincente sullo schermo: non tanto per le indagini perchè ci mettono 17 anni a risolvere un caso, ma , come si suol dire, meglio tardi che mai, no?
Altro fattore che contribuisce a renderla un qualcosa di unico è l'ambientazione in una provincia umidiccia e fatiscente sottolineata da una fotografia che privilegia i colori spenti, metallici quasi, insomma qualcosa che sembra che sia lontano anni luce dal concetto di vita e di colore.
Da sottolineare anche il livello recitativo di tutti gli attori , dai principali, ma non avevamo dubbi, all'ultimo dei comprimari , tutti con le facce giuste nel posto giusto e al momento giusto.
E anche la bellissima colonna sonora fa la sua porca figura.
Eppure anche dicendo tutto questo , ancora non basta, non riesco a spiegare perché True Detective è assolutamente da vedere.
Allora vi posso convincere dicendo che questa serie ha il passo lungo della vita reale, tutto accade quasi in slow motion, dando il tempo allo spettatore di viverlo sulla propria pelle ed elaborarlo.
Vi posso dire anche che non usa i vari trucchi che usano tutte le consorelle televisive, cioè cercare di tenere in sospeso il colpo di scena tra un episodio e l'altro.
No, le 8 puntate sono le tessere che vanno a ricomporre un mosaico , momenti diversi nel corso degli anni che si vanno a incastrare tra di loro.
E poi c'è il dolore : si lascia ogni speranza appena si entra in questa Louisiana che sembra un incubo alla mescalina.
Si beve, cazzo quanto si beve in queste otto puntate, ci si ubriaca e ci droga pure e si fa tutto per dimenticare quel dolore sottile e lancinante che accompagna Rust e Marty.
Dolore di origine diversa ma qualcosa che fa sempre male.
Molto più dei cazzotti presi, delle coltellate o delle accettate.
Forse la luce si comincerà a vedere, forse vincerà.
O forse quella luce è un riflesso fasullo che giace sul fondo dell'ennesimo bicchiere di pessimo bourbon mandato giù, nella gola riarsa.
( VOTO : 9 / 10 )
lunedì 21 aprile 2014
Vintage horror - Two Thousand Maniacs! ( 1964 )
Sei turisti provenienti dal Nord, quindi tankee a tutti gli effetti, sono catturati , tramite un piccolo stratagemma con falsi cartelli di deviazioni stradali, dagli abitanti di Pleasant Valley che stanno organizzando una festa in memoria dell'anniversario in cui cento anni prima truppe unioniste vennero decimate proprio in questa ridente cittadina dalle truppe nordiste. Tutto il paese è in festa e gli invitati speciali sono proprio i turisti yankee.
Ancora non sanno che saranno loro i "protagonisti" dei festeggiamenti.
Due di loro però sospettano che ci sia qualcosa che non vada in questa festosa cittadina....
Herschell Gordon Lewis è oggi un arzillo 85enne ritirato a vita privata che agli inizi degli anni '60 ebbe un ruolo fondamentale nello sdoganamento , anche culturale , del cinema di serie Z.
Una specie di Ed Wood dotato di un po' di talento in più, qualche film da Russ Mayer in fieri poi la svolta horror: l'invenzione del gore e dello splatter che tradizionalmente va fatta risalire al suo Blood Feast , di un anno precedente a questo film, ma all'epoca ne realizzava diversi l'anno, in cui per la prima volta si vedeva sangue a secchiate e frattaglie di ogni genere inserite in una trama che era poco più di un pretesto, con una sceneggiatura con dialoghi inascoltabili e un'aria raffazzonatissima di tutto quello che era portato su schermo.
Ma di sangue se ne vedeva tanto, un sangue piuttosto irreale a dire il vero che somigliava molto più a pomodoro che non a qualcosa di assimilabile al vero, ma ne erano buttate secchiate in faccia all'ascoltatore, arti mozzati, schizzi per ogni dove, insomma Herschell Gordon Lewis aveva trovato il modo di shockare il pubblico andando decisamente oltre.
Blood Feast più che per il suo valore cinematografico intrinseco è importante soprattutto dal punto di vista storico in quanto introduce nel genere horror la componente splatter e gore.
Two Thousand Maniacs! riprende tutti i tratti distintivi di Blood Feast solo che al banchetto di sangue sono invitate tre coppie di turisti che sono letteralmente imprigionate loro malgrado e anche inconsapevolmente in un'aria di festa paesana che invece è gravida di mostruosità e crudeltà assortite.
I vari giochi che vedono protagonisti i giovani malcapitati sono destinati a finire col loro massacro in varie maniere ( un barile pieno di chiodi all'interno fatto rotolare per una collina o un macigno fatto cadere su una malcapitata , solo per citarne un paio), l'importante è che gli yankee spruzzino sangue da tutte le parti e soffrano parecchio.
La cosa che colpisce è che questa cattiveria da parte degli abitanti di Pleasanta Valley sia allargata a tutta la popolazione, partecipano anche bambini e che nonostante tutto quello che succede , non viene mai meno quell'aria da festa paesana.
Solo che in questa commemorazione si muore.
E nei modi più atroci possibili.
Costato appena 65 mila dollari grazie all'uso cospicuo di comparse reclutate sul posto nel pittoresco borgo di St Cloud, Florida, dove il film è stato in gran parte girato, Two Thousand Maniacs! soffre di tutti i difetti endemici del cinema di serie Z targato Gordon Herschell Lewis: recitazione approssimativa, sceneggiatura povera con dialoghi meno che ascoltabili, montaggio piuttosto artigianale così come sono parecchio rustici gli effetti gore, ma rispetto a Blood Feast c'è un cospicuo passo in avanti, una maggiore consapevolezza nell'utilizzo del mezzo espressivo: perlomeno tutto ha una ragione e un filo conduttore e non è campato in aria come succedeva nell'altro film.
E poi il torture tour tra le varie sevizie a cui sono sottoposti quei poveri turisti ha un certo impatto visivo ancora oggi a 50 anni di distanza.
Insomma Two Thousand Maniacs! è diverse spanne sopra Blood Feast, anche se forse si vede meno sangue, ma incassò molto meno e nelle parole del suo autore gli insegnò parecchio: non serviva fare un bel film per guadagnare un sacco di soldi, servivano le idee nuove.
Ispirato a Brigadoon di Vincent Minnelli, un musical, ne parodizza l'impronta musicale grazie a numerosi stacchetti country durante la narrazione che rendono vagamente grottesco il tutto.
Two Thousand Maniacs! è comunque un documento d'epoca che ha ancora un certo valore.
Mai doppiato in italiano e l'idioma che parlano i sudisti locali è oltre i limiti della comprensibilità....
( VOTO : 6,5 / 10 )
Ancora non sanno che saranno loro i "protagonisti" dei festeggiamenti.
Due di loro però sospettano che ci sia qualcosa che non vada in questa festosa cittadina....
Herschell Gordon Lewis è oggi un arzillo 85enne ritirato a vita privata che agli inizi degli anni '60 ebbe un ruolo fondamentale nello sdoganamento , anche culturale , del cinema di serie Z.
Una specie di Ed Wood dotato di un po' di talento in più, qualche film da Russ Mayer in fieri poi la svolta horror: l'invenzione del gore e dello splatter che tradizionalmente va fatta risalire al suo Blood Feast , di un anno precedente a questo film, ma all'epoca ne realizzava diversi l'anno, in cui per la prima volta si vedeva sangue a secchiate e frattaglie di ogni genere inserite in una trama che era poco più di un pretesto, con una sceneggiatura con dialoghi inascoltabili e un'aria raffazzonatissima di tutto quello che era portato su schermo.
Ma di sangue se ne vedeva tanto, un sangue piuttosto irreale a dire il vero che somigliava molto più a pomodoro che non a qualcosa di assimilabile al vero, ma ne erano buttate secchiate in faccia all'ascoltatore, arti mozzati, schizzi per ogni dove, insomma Herschell Gordon Lewis aveva trovato il modo di shockare il pubblico andando decisamente oltre.
Blood Feast più che per il suo valore cinematografico intrinseco è importante soprattutto dal punto di vista storico in quanto introduce nel genere horror la componente splatter e gore.
Two Thousand Maniacs! riprende tutti i tratti distintivi di Blood Feast solo che al banchetto di sangue sono invitate tre coppie di turisti che sono letteralmente imprigionate loro malgrado e anche inconsapevolmente in un'aria di festa paesana che invece è gravida di mostruosità e crudeltà assortite.
I vari giochi che vedono protagonisti i giovani malcapitati sono destinati a finire col loro massacro in varie maniere ( un barile pieno di chiodi all'interno fatto rotolare per una collina o un macigno fatto cadere su una malcapitata , solo per citarne un paio), l'importante è che gli yankee spruzzino sangue da tutte le parti e soffrano parecchio.
La cosa che colpisce è che questa cattiveria da parte degli abitanti di Pleasanta Valley sia allargata a tutta la popolazione, partecipano anche bambini e che nonostante tutto quello che succede , non viene mai meno quell'aria da festa paesana.
Solo che in questa commemorazione si muore.
E nei modi più atroci possibili.
Costato appena 65 mila dollari grazie all'uso cospicuo di comparse reclutate sul posto nel pittoresco borgo di St Cloud, Florida, dove il film è stato in gran parte girato, Two Thousand Maniacs! soffre di tutti i difetti endemici del cinema di serie Z targato Gordon Herschell Lewis: recitazione approssimativa, sceneggiatura povera con dialoghi meno che ascoltabili, montaggio piuttosto artigianale così come sono parecchio rustici gli effetti gore, ma rispetto a Blood Feast c'è un cospicuo passo in avanti, una maggiore consapevolezza nell'utilizzo del mezzo espressivo: perlomeno tutto ha una ragione e un filo conduttore e non è campato in aria come succedeva nell'altro film.
E poi il torture tour tra le varie sevizie a cui sono sottoposti quei poveri turisti ha un certo impatto visivo ancora oggi a 50 anni di distanza.
Insomma Two Thousand Maniacs! è diverse spanne sopra Blood Feast, anche se forse si vede meno sangue, ma incassò molto meno e nelle parole del suo autore gli insegnò parecchio: non serviva fare un bel film per guadagnare un sacco di soldi, servivano le idee nuove.
Ispirato a Brigadoon di Vincent Minnelli, un musical, ne parodizza l'impronta musicale grazie a numerosi stacchetti country durante la narrazione che rendono vagamente grottesco il tutto.
Two Thousand Maniacs! è comunque un documento d'epoca che ha ancora un certo valore.
Mai doppiato in italiano e l'idioma che parlano i sudisti locali è oltre i limiti della comprensibilità....
( VOTO : 6,5 / 10 )
domenica 20 aprile 2014
LE LETTURE CON CUI SONO CRESCIUTO
Ed eccoci arrivati a una nuova puntata di uno degli infiniti o quasi format creati dal Cannibale alias Marco Goi. Diamo a Cesare quello che è di Marco, per piacere. Come, dite che nun se fà?
Se fa se fa....
Questo format mi interessava parecchio perché fin da piccolo sono stato un lettore compulsivo . Ho imparato a leggere e scrivere da quando avevo quattro anni e da allora non ho più smesso...ehe he he
Oggi però le mie letture sono convogliate per altri lidi, leggo pochissimi libri di narrativa, quasi nessuno, in favore di saggi di vario genere ( ma fondamentalmente di cinema e di veterinaria, quindi inerenti alla mia professione) e molto del mio tempo è carpito anche da altre letture di vario genere, sempre più o meno inerenti l'attualità o l'aggiornamento professionale.
Può darsi che sia una sorta di compensazione con tutti i libri che ho letteralmente divorato fin da quando ero piccolo, instradato da un padre che è stato anche lui lettore compulsivo.
Allora cominciamo coi ricordi, perché tanto con la scusa di partecipare anche io ai vari format creati da Marco, vado a rivangare ricordi ormai sepolti da tempo.
In questa tornata metterò solo libri nella prossima tornata, se deciderò di farla ,metterò tutto il resto tra riviste e fumetti .
1) 20 mila leghe sotto i mari
Più che un libro una leggenda per me che avevo 6-7 anni quando lo lessi per la prima volta. La prima di una lunga serie. C'era un tempo in cui la maestra a scuola dava dei premi agli alunni particolarmente volenterosi e si faceva " sponsorizzare" dalla tabaccaia del piccolo paese in cui andavo a scuola. Oltre a essere tabaccheria era anche naturalmente cartolibreria. L'unica del paese. Si faceva delle piccole gare o dei quiz e i premi erano gentilmente forniti dalla signora Aminta ( il suo nome di battesimo) che era felicissima di consegnarli ai vincitori.
Ma c'era un piccolo problemino: essendo sempre stato uno schifoso secchione a scuola anche senza volerlo la maggior parte dei premi la vincevo io e dopo un po' ( vari libri penne e giocattoli istruttivi dopo) la maestra decise che non era più il caso.
Uno dei libri che presi fu un'edizione illustrata di 20 mila leghe sotto i mari, un libro bellissimo che ho ancora con me e che ho fatto leggere anche ai miei figli in una sorta di passaggio generazionale.Devo dire che loro si appassionano con altro al momento.
Quel libro lo divorai in un pomeriggio e in una mattina e poi lo rilessi anche altre volte.
Quanto mi piaceva! e quanto mi piaceva Jules Verne, ho letto molti suoi libri....
2) Il giallo dei ragazzi : gli Hardy Boys e Nancy Drew
Beh qui siamo prima della fine delle elementari: c'era una piccola biblioteca scolastica che straboccava di questa serie di gialli per ragazzi e io ne ero consumatore abituale, erano come una droga per me.
Erano brevi , massimo 150 pagine, formato piccolo, adattissimi ai ragazzini della mia età perchè la violenza era praticamente assente ed era tutta questione di cervello e un po' di azione, senza spargimenti di sangue.
A me piacevano soprattutto gli Hardy boys, forse perchè un po' mi identificavo in loro, ma anche Nancy Drew non mi dispiaceva. Non gradivo molto quelli della serie I tre investigatori, Rossana o anche i libri dei Pimlico boys.
Per me il giallo dei ragazzi erano gli Hardy boys....chissà perchè non ne hanno mai fatto alcuna riduzione cinematografica, invece di Nancy Drew mi pare che l'abbiano fatta.
3 ) L'opera omnia di Arthur Conan Doyle
Non solo Sherlock Holmes ma soprattutto Sherlock Holmes: ho letto tutti i romanzi e i racconti in cui è protagonista Sherlock Holmes ma anche gli altri romanzi di Conan Doyle.
Sherlock era il mio mito, il suo cervello analitico, il suo savoir faire, la sua classe, da piccolo avrei voluto essere come lui. Non mi sono mai piaciuti i film con Basil Rathbone e ritengo un po' troppo apocrife le ultime versioni in cui c'è Robert Downey a interpretare Mister Settepercento. Adoro il film La vita privata di Sherlock Holmes e anche la serie televisiva Le avventure di Sherlock Holmes realizzata tra il 1984 e il 1994.
Ancora non ho visto lo Sherlock di Benedict Cumberbatch per cui non lo posso giudicare.
Ho ancora i libri di Conan Doyle, chissà un giorno potrei anche riprenderli...
4) L'opera omnia di Agatha Christie
Ecco un'altra lettura che mi ha accompagnato per lungo tempo. Non credo di averli letti proprio tutti ma mi avvicino parecchio, Credo di aver letto tutti quelli di Hercule Poirot che per me era ed è tuttora un mito. E sarà che ho ammirato molto anche la versione che ne ha dato fino a pochissimo tempo fa il bravissimo David Suchet. Credo che sia una visualizzazione perfetta dell'investigatore belga e anche quel modo di camminare, lievemente caricaturale, rende benissimo l'idea di come era descritto nei libri della Christie.
I gialli della Christie erano una lettura rilassante e stimolante alla stessa maniera anche se raramente sono riuscito ad indovinare l'assassino di primo acchitto.
5) Il fantasma di Canterville
Terza media forse, tra di noi è scoppiata la mania di Dorian Gray, lo abbiamo letto tutti in classe e ne parliamo, perlomeno quelli interessati. Nell'edizione che ho io però c'è anche questo racconto di Oscar Wilde, peraltro famosissimo come ho scoperto anni e anni dopo, di cui mi sono letteralmente innamorato: Storia di fantasmi umoristica con parecchie notazioni acide sugli americani ma anche sui milord inglesi. Oscar Wilde ne aveva per tutti.
Me ne innamorai talmente che dopo averlo letto in italiano lo lessi anche in inglese e in lingua originale se possibile guadagna ancora di più. Anche di questo ricordo , nella nebbia di memorie lontanissime, una bella trasposizione televisiva
6) L'esorcista
E qui parliamo di letture proibite
Oddio a dir la verità la prima lettura proibita che affrontai fu Porci con le ali di Rocco a Antonia ma non mi piaceva e lo abbandonai dopo poche pagine. Invece questo libro di WIlliam Peter Blatty lo rubavo quando mio padre non c'era e lo leggevo e poi lo prendevo anche di notte per leggerlo.
E non era un'idea così splendida leggerlo prima di addormentarmi, perché poi il sonno non arrivava più.
Non mi vergogno a dirlo: questo libro faceva venire una strizza che non ho mai più provato. E' vero, ero piccolo avrò avuto 13-14 anni e probabilmente non era una lettura adatta alle mie giovani pupille ma credo che mi ha regalato più notti insonni di qualsiasi altra cosa nella mia vita...
7) La cruna dell'ago
Ken Follett piaceva da morire a mio padre e mi consigliava di leggerlo, forse era il suo autore preferito assieme a Wilbur Smith ( che avevo l'orgoglio di avergli fatto conoscere io, gli regalai Il destino del leone e poi quasi mi fece commuovere quando in libreria cercò gli altri romanzi di Smith) e ad Harold Robbins, passione che non ho mai condiviso, non sono mai riuscito a finire un suo libro.
Quasi mi vergogno ad ammetterlo ma la pagina che ho letto un casino di volte di quel libro è quella in cui Faber , la spia nazista, seduce la moglie del soldato inglese.
Non contava praticamente nulla ai fini del racconto ma aveva il potere di smuovere i miei ormoni ballerini da quatordicenne molto pià della foto di una donna nuda....ahhh il potere evocativo della pagina scritta....
8) Il padrino
Altra lettura partita come qualcosa di ormonale perché nelle prime pagine è descritto un furioso amplesso di Sonny Corleone durante il suo matrimonio e la fortunata non è certo la neo- moglie. Poi ho proseguito nella lettura e il libro mi ha letteralmente catturato pagina dopo pagina. Un libro bellissimo che ha avuto una trasposizione cinematografica all'altezza, se non superiore, uno dei pochissimi casi in cui il cinema non fa rimpiangere la pagina scritta.
Ho provato con altri libri di Mario Puzo ma la magia non è più ritornata....
9) Avere o essere ?
Siamo già ai tempi del liceo e questo libro ci è stato assegnato come lettura obbligatoria. E non ricordo nella
mia vita di aver letto un libro che mi abbia frantumato le palle più di questo. Mi ha ridotto a portatore sano di nocciolato testicolare. Non ce la facevo a leggerlo, Fromm mi annoiava a morte eppure lo dovevo leggere per motivi scolastici. E allora ho cominciato a trattarlo non come un libro di narrativa, che fino a prova contraria doveva essere un piacere leggere, ma come una vera e propria materia di studio. Programmavo ciò che dovevo studiare e in mezzo ci mettevo un'oretta di Avere o essere? , lì seduto sulla mia sediolina marrone e bianca davanti al mio scrittoio.
Passerò per ignorante senza possibilità di redenzione ma a me son piaciuti anche Il fu Mattia Pascal e La coscienza di Zeno....il libro di Fromm non l'ho mai digerito invece.....
10) It
E qui siamo già ai primi anni dell'Università. In realtà dovrei mettere un po' tutte le prime opere di Stephen King, fin da quando si firmava con lo pseudonimo di Richard Bachman. It per me è il suo capolavoro, anche se sono vari anni che ho abbandonato King e non so a che livello sia arrivato ultimamente.
Oltre 1000 pagine che divorai in un paio di settimane, sacrificando anche le ore di studio che dovevo dedicare alle materie universitarie. All'epoca invece della pennichella postprandiale leggevo, leggevo e leggevo.
E It era una compagnia micidiale, una storia di amicizia e di memorie che mi ha affascinato sin da subito , fin dalla prima apparizione di Pennywise....
E con questo credo di aver terminato anche con la lista di oggi.
Spero che vi sia piaciuta, cimentatevi anche voi nel fare queste liste, sono terapeutiche e fanno sentire meglio. E poi fanno sentire meglio Marco che le ha inventate.....
sabato 19 aprile 2014
Merantau
Yuda, un ragazzo esperto in una particolare arte marziale,il Silat, dalla campagna , arriva nella grande città di Jakarta per espletare il suo Merantau, un rito secolare di passaggio dall'adolescenza all'età adulta in cui i giovani si devono fare un nome nella grande metropoli dopo aver abbandonato la tranquilla vita del villaggio.
Sulla sua strada incontra la ballerina/ prostituta Astri assieme al fratellino e cerca di difenderla dalle angherie del piccolo boss della mala Ratger e del suo braccio destro Lars. Yuda cercherà di salvare i due giovani anche a prezzo della propria vita....
Merantau è il secondo film firmato da Gareth Evans, giovanottone gallese trapiantato in Indonesia che ha scosso le anime cinefile con The Raid : Redemption di un paio di anni fa , a cui pare sta dando un paio di seguiti, di cui uno schedulato per quest'anno e uno annunciato per l'anno prossimo.
Intanto per tenersi in attività il nostro ha firmato anche un segmento ( il più bello) dell'horror a episodi V/H/S 2, giusto per far venire l'acquolina in bocca ai suoi fans e a tutti quelli, come il sottoscritto, che stanno aspettando a braccia aperte un degno seguito a The Raid : Redemption.
Merantau è una sorta di introduzione in sedicesimo della struttura quasi a simulare i quadri di un videogame che aveva fatto la fortuna dell'altro.
E se l'altro era stato da me definito l'accademia della mazzata, qui è come se fossimo alla scuola media perché rispetto all'altro è tutto più ovattato, sembra che si rischi di meno, quasi fosse fatto con la sordina per non esagerare.
Visto in versione italiana la cosa che disturba maggiormente è il doppiaggio pedestre assieme a qualche particolare che fa venire fuori una certa inesperienza (il finale in questo senso fa quasi sorridere per la sua ingenuità).
In fondo è un film abbastanza povero , sia perchè girato in totale economia , sia perché ha una sceneggiatura decisamente spartana, un mero accompagnamento al clou del film che sono i duelli fisici a cui si sottopone il protagonista che è la carta vincente di questa pellicola.
Infatti attira quella sorta di corto circuito tra l'aspetto di Iko Uwais, un campione vero di Silat, arte marziale indonesiana scoperto da Gareth Evans allorchè girò un documentario nella sua scuola, che ha una faccia da bravo ragazzo, con due orecchie a sventola che lo fanno assomigliare a una taxi con gli sportelli aperti eppure mena come un ossesso in sequenze ad alto tasso acrobatico in cui sembra avere più braccia della dea Kalì.
Certo in The Raid : Redemption è tutto più amplificato ,più selvaggio, meglio realizzato,anche meglio coreografato però Merantau pur con tutte le sue debolezze è onesto e volano mazzate cecate per metà film che quasi ti azzerano la salivazione, cioè ti dà esattamente ciò che vuoi.
Quindi un certo numero di orgasmi è assicurato a tutti quelli che quando vedono volare mazzate hanno un certo movimento nei quartieri bassi....
Ancora devo capire che cosa ci fa un ragazzone gallese in Indonesia ma se fa film come questi....
( VOTO : 6,5 / 10 )
Sulla sua strada incontra la ballerina/ prostituta Astri assieme al fratellino e cerca di difenderla dalle angherie del piccolo boss della mala Ratger e del suo braccio destro Lars. Yuda cercherà di salvare i due giovani anche a prezzo della propria vita....
Merantau è il secondo film firmato da Gareth Evans, giovanottone gallese trapiantato in Indonesia che ha scosso le anime cinefile con The Raid : Redemption di un paio di anni fa , a cui pare sta dando un paio di seguiti, di cui uno schedulato per quest'anno e uno annunciato per l'anno prossimo.
Intanto per tenersi in attività il nostro ha firmato anche un segmento ( il più bello) dell'horror a episodi V/H/S 2, giusto per far venire l'acquolina in bocca ai suoi fans e a tutti quelli, come il sottoscritto, che stanno aspettando a braccia aperte un degno seguito a The Raid : Redemption.
Merantau è una sorta di introduzione in sedicesimo della struttura quasi a simulare i quadri di un videogame che aveva fatto la fortuna dell'altro.
E se l'altro era stato da me definito l'accademia della mazzata, qui è come se fossimo alla scuola media perché rispetto all'altro è tutto più ovattato, sembra che si rischi di meno, quasi fosse fatto con la sordina per non esagerare.
Visto in versione italiana la cosa che disturba maggiormente è il doppiaggio pedestre assieme a qualche particolare che fa venire fuori una certa inesperienza (il finale in questo senso fa quasi sorridere per la sua ingenuità).
In fondo è un film abbastanza povero , sia perchè girato in totale economia , sia perché ha una sceneggiatura decisamente spartana, un mero accompagnamento al clou del film che sono i duelli fisici a cui si sottopone il protagonista che è la carta vincente di questa pellicola.
Infatti attira quella sorta di corto circuito tra l'aspetto di Iko Uwais, un campione vero di Silat, arte marziale indonesiana scoperto da Gareth Evans allorchè girò un documentario nella sua scuola, che ha una faccia da bravo ragazzo, con due orecchie a sventola che lo fanno assomigliare a una taxi con gli sportelli aperti eppure mena come un ossesso in sequenze ad alto tasso acrobatico in cui sembra avere più braccia della dea Kalì.
Certo in The Raid : Redemption è tutto più amplificato ,più selvaggio, meglio realizzato,anche meglio coreografato però Merantau pur con tutte le sue debolezze è onesto e volano mazzate cecate per metà film che quasi ti azzerano la salivazione, cioè ti dà esattamente ciò che vuoi.
Quindi un certo numero di orgasmi è assicurato a tutti quelli che quando vedono volare mazzate hanno un certo movimento nei quartieri bassi....
Ancora devo capire che cosa ci fa un ragazzone gallese in Indonesia ma se fa film come questi....
( VOTO : 6,5 / 10 )
venerdì 18 aprile 2014
The Machine ( 2013 )
In un futuro molto vicino nel bel mezzo di una guerra fredda tra la Cine e l'Occidente, il Ministro della Difesa britannico segue da vicino le ricerche per approntare una serie di robot che abbiano caratteristiche il più umane possibili. Si parte da militari che hanno riportato gravi lesioni al cervello e si ricostruisce la parte mancante fabbricandola in laboratorio.Il problema è che queste ricostruzioni in laboratorio dopo qualche tempo perdono l'uso della parola. Il tutto viene controllato dal massimo esperto nel campo , Vincent Mc Carthy che in realtà distrae fondi dalla ricerca militare per riuscire a studiare nuove cure per sua figlia che ha una malattia generica incurabile. Si fa aiutare da Ava che però rimane accidentalmente ferita a causa di un bug in un militare ricostruito che fa una strage nel laboratorio . Viene ricostruita parzialmente e le vengono testate le sue caratteristiche da umana ma Vincent non sa che il Ministro della Difesa in realtà ha approntato una specie di Corpo Speciale formato da cyborgs per vincere un'ipotetica guerra se mai dovesse scoppiare.
Ma le macchine si ribellano...forse tutto il lavoro di Vincent è servito a qualcosa....
L'incipit di The Machine è parecchio intrigante, promette parecchio anche visivamente pur non essendo una produzione milionaria.
E intriga parecchio anche come tematiche: a parte il clima di guerra fredda che viene ricostruito tra Occidente e Cina in modo piuttosto sommario, suscita l'interesse la tematica sempre affascinante dell'Intelligenza Artificiale e di quando ( o anche quanto) da un organismo ricreato in laboratorio si riesca a ottenere caratteristiche umane dal punto di vista intellettivo e non solo fisico.
Anche perchè questi cyborgs, chiamiamoli col loro nome, sono in tutto e per tutto simili agli umani.
Il tema della ricreazione perfetta dell'uomo ha affascinato gli scienziati e anche il cinema praticamente dagli albori: parliamo di film come Il Golem, Metropolis ,Frankenstein e scivolando sempre più nel presente direi Il mondo dei robot ma soprattutto Blade Runner ( credo il testo filmico di riferimento in materia )fino ad arrivare al recentissimo Her in cui addirittura viene sorpassato il concetto fisico di robot in favore di un'intelligenza artificiale che è fatto solo di voce e fantasia.
The Machine è forte di queste suggestioni e ha una prima parte che le puntella per benino con un uso giudizioso degli effetti speciali ( anche perché il budget, diciamolo, è quello che è ) che però riescono perlomeno a dare un'impronta visiva personale al film.
Poi Caradog W. James, regista a me francamente sconosciuto, qui al suo secondo film dopo qualche cortometraggio, la butta in vacca con una seconda parte action in cui il cyborg creato da Ava organizza una ribellione di "macchine" e quindi si va con sparatorie interminabili e duelli a mani nude in cui il nostro robottone , pur se di fattezze femminili, ha una forza nella braccia come quella di un Bravo Simac e stende tutti.
Ora anche se all'inizio sembrava l'ennesima riedizione del mito di Frankenstein ma tutto sommato il film funzionava perché la relazione tra il Creatore e la Macchina era tenuta abbastanza sottotraccia, nella seconda parte esce tutto allo scoperto ( e anche il finale che mi guardo bene dal rivelare è molto esplicativo in questo senso) e viene data una svolta facile , anche banale a una storia che prometteva molto meglio.
Quello che resta è un film che ha dalla sua un look piuttosto accattivante e personale nonostante non sia stato realizzato con un budget da megaproduzione milionaria hollywoodiana , un pugnetto di riflessioni sul ruolo della tecnologia e dove possa portare il suo progresso, sulle aberrazioni insite in essa e sull'uso buono o cattivo che se ne possa fare.
Se infatti McCarthy la usa per fini " buoni" , c'è la sua nemesi, il Ministro della Difesa che se ne frega dell'uso civile perché vuole solo delle armi letali per vincere un'eventuale guerra contro la Cina.
Peccato che la seconda parte non sia all'altezza della prima e che banalizzi, forse anche per scopi commerciali quanto introdotto brillantemente nella prima metà del film....
( VOTO : 5,5 / 10 )
Ma le macchine si ribellano...forse tutto il lavoro di Vincent è servito a qualcosa....
L'incipit di The Machine è parecchio intrigante, promette parecchio anche visivamente pur non essendo una produzione milionaria.
E intriga parecchio anche come tematiche: a parte il clima di guerra fredda che viene ricostruito tra Occidente e Cina in modo piuttosto sommario, suscita l'interesse la tematica sempre affascinante dell'Intelligenza Artificiale e di quando ( o anche quanto) da un organismo ricreato in laboratorio si riesca a ottenere caratteristiche umane dal punto di vista intellettivo e non solo fisico.
Anche perchè questi cyborgs, chiamiamoli col loro nome, sono in tutto e per tutto simili agli umani.
Il tema della ricreazione perfetta dell'uomo ha affascinato gli scienziati e anche il cinema praticamente dagli albori: parliamo di film come Il Golem, Metropolis ,Frankenstein e scivolando sempre più nel presente direi Il mondo dei robot ma soprattutto Blade Runner ( credo il testo filmico di riferimento in materia )fino ad arrivare al recentissimo Her in cui addirittura viene sorpassato il concetto fisico di robot in favore di un'intelligenza artificiale che è fatto solo di voce e fantasia.
The Machine è forte di queste suggestioni e ha una prima parte che le puntella per benino con un uso giudizioso degli effetti speciali ( anche perché il budget, diciamolo, è quello che è ) che però riescono perlomeno a dare un'impronta visiva personale al film.
Poi Caradog W. James, regista a me francamente sconosciuto, qui al suo secondo film dopo qualche cortometraggio, la butta in vacca con una seconda parte action in cui il cyborg creato da Ava organizza una ribellione di "macchine" e quindi si va con sparatorie interminabili e duelli a mani nude in cui il nostro robottone , pur se di fattezze femminili, ha una forza nella braccia come quella di un Bravo Simac e stende tutti.
Ora anche se all'inizio sembrava l'ennesima riedizione del mito di Frankenstein ma tutto sommato il film funzionava perché la relazione tra il Creatore e la Macchina era tenuta abbastanza sottotraccia, nella seconda parte esce tutto allo scoperto ( e anche il finale che mi guardo bene dal rivelare è molto esplicativo in questo senso) e viene data una svolta facile , anche banale a una storia che prometteva molto meglio.
Quello che resta è un film che ha dalla sua un look piuttosto accattivante e personale nonostante non sia stato realizzato con un budget da megaproduzione milionaria hollywoodiana , un pugnetto di riflessioni sul ruolo della tecnologia e dove possa portare il suo progresso, sulle aberrazioni insite in essa e sull'uso buono o cattivo che se ne possa fare.
Se infatti McCarthy la usa per fini " buoni" , c'è la sua nemesi, il Ministro della Difesa che se ne frega dell'uso civile perché vuole solo delle armi letali per vincere un'eventuale guerra contro la Cina.
Peccato che la seconda parte non sia all'altezza della prima e che banalizzi, forse anche per scopi commerciali quanto introdotto brillantemente nella prima metà del film....
( VOTO : 5,5 / 10 )
giovedì 17 aprile 2014
Yves Saint Laurent ( 2014 )
La carriera lavorativa ma soprattutto la vita di Yves Saint Laurent, francese nato in Algeria, che diciassettenne si trova già a lavorare per la maison di Christian Dior e a poco più di venti anni si trova a capo della struttura creativa del defunto maestro. L'incontro con Pierre Bergè gli cambia la vita: sarà suo compagno fino alla sua morte, una relazione con alti e bassi, luci e ombre, vedi il rapporto ambiguo con la modella Victoire che metterà a dura prova la loro storia, dando un senso pratico all'enorme talento di Yves che pagherà a duro prezzo la sua smania creativa: la sua vita sarà costellata di droghe , crisi esistenziali e depressive.
Ma il suo talento di innovatore nella moda risplenderà e risplende ancora oggi....
Il biopic non è mai un genere facile da affrontare perchè letteralmente stracolmo di trappole: difficile trovare un equilibrio per non realizzare una semplice agiografia, oppure fare il contrario, distruggere la figura che si vuole narrare , raccontandone soprattutto gli aspetti più nascosti e scivolando irrimediabilmente nel puro e semplice gossip da quattro soldi.
Yves Saint Laurent di Jalil Lespert, giovane attore che ha già una sostanziosa carriera alle spalle mentre da regista è al terzo lungometraggio, cerca quasi ossessivamente questo equilibrio tra pubblico e privato in un continuo gioco di contrappesi.
Anzi in questo biopic pur non tralasciando le principali tappe della carriera dello stilista, si guarda con attenzione soprattutto a quello che si nasconde dietro l'artista ma sempre mantenendosi a debita distanza, senza giudicare o mettere in campo moralismi di sorta.
E Yves Saint Laurent in questo senso è una specie di pozzo di San Patrizio: talento incommensurabile ma anche una pericolosa tendenza alla depressione e alla crisi esistenziale come detto prima, il suo successo è direttamente proporzionale alle ombre che si addensano nel suo animo sensibile profondamente turbato da tutto quello che gli succede attorno.
Il merito di Lespert è quello di non nascondere gli aspetti più nascosti della vita di Yves Saint Laurent, le lunghe pause ristoratrici, il suo essere vittima di droghe in un certo periodo della sua vita, la sua fragilità quasi imbarazzante e proprio per questo da tenere nascosta al pubblico.
E qui sta il ruolo del compagno della sua vita, Pierre Bergè che ha saputo sempre proteggere il suo Yves da tutti gli attacchi esterni , consapevole di avere a che fare con uno Swaroski che poteva spezzarsi definitivamente anche con un solo alito di vento in un'epoca in cui non era nemmeno facile ammettere di essere omosessuali.
Se Yves Saint Laurent ha creato per tutta la sua vita, se ha lasciato una traccia indelebile nel mondo della moda con il suo talento e il suo estro, probabilmente lo dobbiamo a lui perché da solo lo stilista si sarebbe ben presto perduto dietro ai suoi fantasmi.
Il film di Lespert non ha il lume della genialità ma è una trasposizione solida , ben ambientata e confezionata e soprattutto ben recitata da un gruppo di attori che riescono a donare le giuste sfumature ai loro personaggi.
Nel caso del protagonista Pierre Niney c'è anche una somiglianza fisica impressionante che aiuta parecchio.
Yves Saint Laurent è l'ennesima conferma che dietro a un grande uomo c'è sempre qualcosa: in genere si dice che ci sia una donna.
Nel caso dello stilista francese c'è un altro grande uomo.
( VOTO : 6,5 / 10 )
Ma il suo talento di innovatore nella moda risplenderà e risplende ancora oggi....
Il biopic non è mai un genere facile da affrontare perchè letteralmente stracolmo di trappole: difficile trovare un equilibrio per non realizzare una semplice agiografia, oppure fare il contrario, distruggere la figura che si vuole narrare , raccontandone soprattutto gli aspetti più nascosti e scivolando irrimediabilmente nel puro e semplice gossip da quattro soldi.
Yves Saint Laurent di Jalil Lespert, giovane attore che ha già una sostanziosa carriera alle spalle mentre da regista è al terzo lungometraggio, cerca quasi ossessivamente questo equilibrio tra pubblico e privato in un continuo gioco di contrappesi.
Anzi in questo biopic pur non tralasciando le principali tappe della carriera dello stilista, si guarda con attenzione soprattutto a quello che si nasconde dietro l'artista ma sempre mantenendosi a debita distanza, senza giudicare o mettere in campo moralismi di sorta.
E Yves Saint Laurent in questo senso è una specie di pozzo di San Patrizio: talento incommensurabile ma anche una pericolosa tendenza alla depressione e alla crisi esistenziale come detto prima, il suo successo è direttamente proporzionale alle ombre che si addensano nel suo animo sensibile profondamente turbato da tutto quello che gli succede attorno.
Il merito di Lespert è quello di non nascondere gli aspetti più nascosti della vita di Yves Saint Laurent, le lunghe pause ristoratrici, il suo essere vittima di droghe in un certo periodo della sua vita, la sua fragilità quasi imbarazzante e proprio per questo da tenere nascosta al pubblico.
E qui sta il ruolo del compagno della sua vita, Pierre Bergè che ha saputo sempre proteggere il suo Yves da tutti gli attacchi esterni , consapevole di avere a che fare con uno Swaroski che poteva spezzarsi definitivamente anche con un solo alito di vento in un'epoca in cui non era nemmeno facile ammettere di essere omosessuali.
Se Yves Saint Laurent ha creato per tutta la sua vita, se ha lasciato una traccia indelebile nel mondo della moda con il suo talento e il suo estro, probabilmente lo dobbiamo a lui perché da solo lo stilista si sarebbe ben presto perduto dietro ai suoi fantasmi.
Il film di Lespert non ha il lume della genialità ma è una trasposizione solida , ben ambientata e confezionata e soprattutto ben recitata da un gruppo di attori che riescono a donare le giuste sfumature ai loro personaggi.
Nel caso del protagonista Pierre Niney c'è anche una somiglianza fisica impressionante che aiuta parecchio.
Yves Saint Laurent è l'ennesima conferma che dietro a un grande uomo c'è sempre qualcosa: in genere si dice che ci sia una donna.
Nel caso dello stilista francese c'è un altro grande uomo.
( VOTO : 6,5 / 10 )
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