Terry ha dato una festa nel suo appartamento e il risveglio non è dei migliori per i partecipanti, soprattutto per il suo amico Jarrod e per la sua fidanzata Elaine,per giunta anche incinta e per gli altri amici che hanno dormito nell'appartamento di Terry. Al mattino seguente il gruppetto è svegliato da accecanti raggi di luce blu che fendono l'aria. E oltre a fendere l'aria sembra anche che si portino via persone smaterializzandole all'istante. Sono invasori alieni e il gruppo di amici non può far altro che tentare di fuggire per avere salva la vita....
Se anche i produttori non credono in questi maghi degli effetti speciali che hanno diretto questa schifezza affidando loro la bazzecola di 10 milioncini di dollari,cioè una cifra veramente ridicola per gli standard americani ,evidentemente avevano visto gli Strause bros all'opera con la cinepresa.
E parliamo di un paio di loschi figuri che hanno curato gli effetti di molti dei blockbusters degli ultimi anni, mica carneadi qualsiasi...
L'incipit quasi da sci fi anni 50 solletica la curiosità: luci azzurre fosforescenti che illuminano a giorno e subito ti viene spiattellato uno dei pochi effetti speciali del film che è quello della comparsa di una sorta di marchio su chi viene a contatto per poco tempo con la luce.
E già da qui dopo un paio di minuti di film cominciano gli scricchiolii.
Un salto a qualche ora prima ed entriamo in una sorta di telefilm in cui i soliti fancazzisti danarosi simpatici come agenti di Equitalia hanno i loro problemi insormontabili tipo un ritardo che potrebbe presupporre una gravidanza oppure la mancanza dell'ombrellino da mettere nel bicchiere del cocktail.
Gente che proveresti un certo piacere a vedere polverizzata seduta stante.
Vogliamo poi parlare dell'amministratore di condominio che ha studiato da terminator formato famiglia?
Jarrod,il vitellone ingallatore dice di non essere pronto ( e c'hai pure una certa età, ciccio!) a Elaine, l'ingallata, le parte l'embolo e quindi pensa di farlo fuori nella maniera più dolorosa possibile , e proprio mentre sta studiando il come eliminarlo perchè sta perdendo il lume della ragione per questa cosa, quindi appena prima che lei dia di matTOH! ECCO GLI ALIENI!
Vermoni metallici che abbiamo visto decine di volte con quei tentacoli noiosissimiche va a finire siano pure materiale di risulta avanzato da altri film.
H R Giger ? Teomondo Scrofalo? il design di questi alieni è fumettoso ( forse più fumoso che fumettoso perchè sembra che gli si stia facendo un complimento) quanto basta e poi sono inkazzatissimi.
Ecco bravi...ma perchè? Ma che vi abbiamo fatto poveri noi che ci volete vedere morti per poi prenderci il nostro organo meno sviluppato,il cervello?
Cioè avete visto come si comportano i militari o i semplici superstiti del palazzo? Vi pare gente con del cervello? Mi pare evidente che tale prezioso organo bisogna andarlo a cercare dall'altra parte, i protagonisti del film non ne sono dotati. Non ce l'hanno disponibile manco tra gli optionals a pagamento..
L'unico pregio di questo film è la brevità ,almeno non concede il tempo di indignarsi a sufficienza per lo sfacelo che vediamo.
A livello visivo si può riconoscere qualcosa ai due maghi degli effetti speciali ma credo che per loro la cosa migliore sia stare lontani dalla cinepresa. La sceneggiatura e i dialoghi sono quanto di più banale si è sentito ultimamente.
Dialoghi da telenovela messicana sono messi in bocca a guitti da avanspettacolo. Il risultato è misero, 90 minuti scarsi in cui è meglio lasciarsi trascinare solo dai colori elettrici del blu alieno che ti porta via , un po' come l'Extraterrestre di Finardi.
Il finale cerca di dare un senso al tutto con lotta tra alieno ex umano con le lucine arancioni e alieno normale a lucine blu. E quello ex umano guarda la donna che ha con sè nella stiva dell'astronave e la strizza pure le lucine al led che formano i suoi occhi....
E'troppo, decisamente troppo per un film solo.
Ma fatemi il piacere!
( VOTO : 3 / 10 )
I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.
giovedì 31 ottobre 2013
mercoledì 30 ottobre 2013
Dark Skies - Oscure presenze ( 2013 )
La famiglia Barrett non sta passando un bel momento dal punto di vista economico : Daniel ha perso il lavoro e i colloqui che sta sostenendo per ottenerne un altro stanno andando male, Keri , la moglie, cerca con scarso successo di portare a casa qualche soldino facendo l'agente immobiliare ma forse è troppo onesta per la professione. In casa poi stanno succedendo cose strane: misteriose e inspiegabili incursioni notturne e cominciano i problemi anche con i due figli. Prima i genitori pensano che sia solo frutto della fervida immaginazione poi interpellano un esperto di questo tipo di fenomenologia e arrivano alla conclusione che gli alieni stanno cercando di portare via loro figlio piccolo.
E i fenomeni inspiegabili aumentano mano mano di intensità...
Non avrei scommesso un centesimo bucato su questo Dark Skies - Oscure presenze visto che il regista Scott Stewart veniva da due bruttezze consecutive come Legion e Priest. E come al solito sbagliavo esagerando in pregiudizi.
Pur non aggiungendo nulla di nuovo ai generi di riferimento , l'horror e la sci fi , Dark Skies - Oscure presenze funziona decentemente svolgendo il suo onesto lavoro intrattenimento foriero di ansie e fobie.
La trovata che sta alla base di questa pellicola è di girare un film fondamentalmente di sci fi come se fosse un horror, usando tutti gli espedienti classici per spaventare.
Se all'inizio c'è l'effetto puntatona X files poi il film gradualmente si affranca da questa influenza che aleggia prepotente per percorrere sentieri più appartenenti all'horror, filone case infestate.
Pur agendo sul substrato ipertipico della classica famiglia WASP americana ( in crisi economica, ormai una costante di molte storie narrate ultimamente al cinema, la realtà sociale che si infiltra nell'immaginazione degli sceneggiatori) il film di Stewart si insinua lentamente ma efficacemente con il suo crescendo di segni inquietanti fino all'apoteosi finale con annessa sorpresina.
Dark Skies - Oscure presenze traccia un'ideale fil rouge che unisce film come Incontri ravvicinati del terzo tipo, il contatto con gli alieni e la loro visualizzazione nei disegni del bambino piccolo, a cose come Poltergeist - Demoniache presenze o The conjuring,è una casa che sembra avere vita propria quella dei Barrett, fino ad arrivare al classico filone Paranormal Activity con le immancabili telecamere puntate sull'intimità familiare per scoprire se c'è qualcosa che non va.
E non è un caso che il produttore sia proprio quel Jason Blum responsabile di roba come Insidious, Sinister o anche del succitato Paranormal Activity, uno che ha ormai standardizzato un certo modo di fare cinema bazzicando sempre nell'horror low cost o affini e sconfinando in questo caso nella sci fi pura.
Un mix al grado zero di complicazione con un andamento meccanico nel suo incedere piuttosto prevedibile ma che rivela anche inaspettati momenti suggestivi che rendono la visione a tratti molto piacevole.
SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER---- Altra cosa che mi ha stupito in senso positivo è anche la concezione antispielberghiana dell'alieno: disegnato in tratti infantili è invece qualcosa di temibile e l'"incontro ravvicinato" non è così piacevole e trascendente come nel film di Spielberg----FINE DELLO SPOILER FINE DELLO SPOILER
Fa piacere rivedere Keri Russell ( la mamma) su cui si stanno depositando i segni seducenti degli anni e fa piacere che non abbia ceduto al chirurgo plastico di turno per migliorare il suo decolletè .La parte migliore del film è la prima, quella introduttiva, in cui vengono riprese scene di quotidianità appartenenti a una Wisteria Lane qualsiasi, con tanto di casalinghe disperate, piscine affollate di bambini e villette con il giardino ordinato che ha il profumo dell'erba tagliata di fresco ...
In definitiva Dark Skies - Oscure presenze è ottimo per una serata halloweenesca ad alto tasso di patatine e sangria, giusto per spegnere i neuroni per un'oretta e mezza...
( VOTO : 6,5 / 10 )
E i fenomeni inspiegabili aumentano mano mano di intensità...
Non avrei scommesso un centesimo bucato su questo Dark Skies - Oscure presenze visto che il regista Scott Stewart veniva da due bruttezze consecutive come Legion e Priest. E come al solito sbagliavo esagerando in pregiudizi.
Pur non aggiungendo nulla di nuovo ai generi di riferimento , l'horror e la sci fi , Dark Skies - Oscure presenze funziona decentemente svolgendo il suo onesto lavoro intrattenimento foriero di ansie e fobie.
La trovata che sta alla base di questa pellicola è di girare un film fondamentalmente di sci fi come se fosse un horror, usando tutti gli espedienti classici per spaventare.
Se all'inizio c'è l'effetto puntatona X files poi il film gradualmente si affranca da questa influenza che aleggia prepotente per percorrere sentieri più appartenenti all'horror, filone case infestate.
Pur agendo sul substrato ipertipico della classica famiglia WASP americana ( in crisi economica, ormai una costante di molte storie narrate ultimamente al cinema, la realtà sociale che si infiltra nell'immaginazione degli sceneggiatori) il film di Stewart si insinua lentamente ma efficacemente con il suo crescendo di segni inquietanti fino all'apoteosi finale con annessa sorpresina.
Dark Skies - Oscure presenze traccia un'ideale fil rouge che unisce film come Incontri ravvicinati del terzo tipo, il contatto con gli alieni e la loro visualizzazione nei disegni del bambino piccolo, a cose come Poltergeist - Demoniache presenze o The conjuring,è una casa che sembra avere vita propria quella dei Barrett, fino ad arrivare al classico filone Paranormal Activity con le immancabili telecamere puntate sull'intimità familiare per scoprire se c'è qualcosa che non va.
E non è un caso che il produttore sia proprio quel Jason Blum responsabile di roba come Insidious, Sinister o anche del succitato Paranormal Activity, uno che ha ormai standardizzato un certo modo di fare cinema bazzicando sempre nell'horror low cost o affini e sconfinando in questo caso nella sci fi pura.
Un mix al grado zero di complicazione con un andamento meccanico nel suo incedere piuttosto prevedibile ma che rivela anche inaspettati momenti suggestivi che rendono la visione a tratti molto piacevole.
SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER---- Altra cosa che mi ha stupito in senso positivo è anche la concezione antispielberghiana dell'alieno: disegnato in tratti infantili è invece qualcosa di temibile e l'"incontro ravvicinato" non è così piacevole e trascendente come nel film di Spielberg----FINE DELLO SPOILER FINE DELLO SPOILER
Fa piacere rivedere Keri Russell ( la mamma) su cui si stanno depositando i segni seducenti degli anni e fa piacere che non abbia ceduto al chirurgo plastico di turno per migliorare il suo decolletè .La parte migliore del film è la prima, quella introduttiva, in cui vengono riprese scene di quotidianità appartenenti a una Wisteria Lane qualsiasi, con tanto di casalinghe disperate, piscine affollate di bambini e villette con il giardino ordinato che ha il profumo dell'erba tagliata di fresco ...
In definitiva Dark Skies - Oscure presenze è ottimo per una serata halloweenesca ad alto tasso di patatine e sangria, giusto per spegnere i neuroni per un'oretta e mezza...
( VOTO : 6,5 / 10 )
martedì 29 ottobre 2013
Cani sciolti ( 2013 )
L'agente della DEA Bobby Trench e il sottufficiale dell'intelligence della Marina statunitense Marcus Stigman sono due infiltrati che trattano con un potente narcotrafficante messicano a cui forniscono passaporti falsi in cambio di droga. Il bello è che lavorano uno all'insaputa dell'altro. Quando organizzano assieme una rapina per far scoprire il boss del narcotraffico in realtà si accorgono presto di essere stati incastrati da qualcuno più grande e si ritrovano inseguiti da delinquenti, Marina, DEA , FBI e CIA. E le loro strade, dopo un momento nel quale si erano divise , ritornano unite per aver salva la pelle e smascherare chi c'è dietro tutti i guai che gli stanno capitando.
La resa dei conti sarà sanguinosa e definitiva.
Cani sciolti è tratto dall'omonima graphic novel di Steven Grant ,è scritto da Blake Masters ( al suo esordio al cinema dopo gavetta televisiva di qualità) ed è il secondo passo nel processo di mimetizzazione americana del regista islandese Baltasar Kormakur dopo l'incerto Contraband.
Perchè è chiaro che questo regista proveniente dalla terra del ghiaccio e del fuoco conosce a menadito i classici americani ( sia quelli più storici che i più "moderni" ) e si diverte a farli propri , citandoli a piene mani nelle sue pellicole, un po' come era successo in Contraband, non rinunciando alla sua matrice europea.
In Cani sciolti si passa dalla citazione di Peckinpah ( la testa dell'informatore nel borsone da portare a spasso come un feticcio), alla riconiugazione del verbo di Tarantino ( i discorsi nella tavola calda antecedenti la rapina) all'aromatizzazione fornita da un Lynch d'annata ( quello di Cuore Selvaggio, il modo in cui è girata la rapina).
Wahlberg e Washington sguazzano letteralmente nei loro personaggi, più il secondo che il primo che oramai si sta dimostrando uno specialista eccellente nei ruoli di spalla ( che non sono così facili).
Risplende nel film la prova di Denzelo, personaggio da film anni '70 con andatura molleggiata , denti d'oro e pizzetto da capra che sembra una crasi tra il poliziotto di Training Day e il boss di American Gangster.
E funziona egregiamente anche il supercattivo gentilmente fornito da Bill Paxton, uno che fa veramente paura soprattutto quando si mette in testa di giocare alla roulette russa con chi gli capita a tiro ( vedere per credere la sequenza in cui si fa una "partitina" con ginocchia e pudenda di Washington).
Cani sciolti rispetta tutte le regole non scritte dell'action buddy movie americano con pallottole ,scazzottate, esplosioni e risate mescolate nelle proporzioni giuste per garantire un intrattenimento di buona qualità.
Sarà anche prevedibile nei suoi continui colpi di scena che sottendono doppi e tripli giochi canonici del genere ma fila via che è un piacere con la sua aria vintage e il suo non prendersi troppo sul serio.
E poi piace anche quella sana ventata di sana scorrettezza politica in cui in un finale dall'acre sapore western in cui tutti sono contro tutti vincono i più furbi che non stanno necessariamente dalla parte della legge.
Anche perchè quelli che stavano dalla parte della legge erano più cattivi dei narcotrafficanti.
Inatteso successo al box office americano, talmente inatteso che ha fatto slittare di un paio di mesi l'uscita europea in modo da raggranellare più battage pubblicitario e più pubblico.
E sembra che qui da noi ci siano riusciti abbastanza ...
( VOTO : 7 / 10 )
La resa dei conti sarà sanguinosa e definitiva.
Cani sciolti è tratto dall'omonima graphic novel di Steven Grant ,è scritto da Blake Masters ( al suo esordio al cinema dopo gavetta televisiva di qualità) ed è il secondo passo nel processo di mimetizzazione americana del regista islandese Baltasar Kormakur dopo l'incerto Contraband.
Perchè è chiaro che questo regista proveniente dalla terra del ghiaccio e del fuoco conosce a menadito i classici americani ( sia quelli più storici che i più "moderni" ) e si diverte a farli propri , citandoli a piene mani nelle sue pellicole, un po' come era successo in Contraband, non rinunciando alla sua matrice europea.
In Cani sciolti si passa dalla citazione di Peckinpah ( la testa dell'informatore nel borsone da portare a spasso come un feticcio), alla riconiugazione del verbo di Tarantino ( i discorsi nella tavola calda antecedenti la rapina) all'aromatizzazione fornita da un Lynch d'annata ( quello di Cuore Selvaggio, il modo in cui è girata la rapina).
Wahlberg e Washington sguazzano letteralmente nei loro personaggi, più il secondo che il primo che oramai si sta dimostrando uno specialista eccellente nei ruoli di spalla ( che non sono così facili).
Risplende nel film la prova di Denzelo, personaggio da film anni '70 con andatura molleggiata , denti d'oro e pizzetto da capra che sembra una crasi tra il poliziotto di Training Day e il boss di American Gangster.
E funziona egregiamente anche il supercattivo gentilmente fornito da Bill Paxton, uno che fa veramente paura soprattutto quando si mette in testa di giocare alla roulette russa con chi gli capita a tiro ( vedere per credere la sequenza in cui si fa una "partitina" con ginocchia e pudenda di Washington).
Cani sciolti rispetta tutte le regole non scritte dell'action buddy movie americano con pallottole ,scazzottate, esplosioni e risate mescolate nelle proporzioni giuste per garantire un intrattenimento di buona qualità.
Sarà anche prevedibile nei suoi continui colpi di scena che sottendono doppi e tripli giochi canonici del genere ma fila via che è un piacere con la sua aria vintage e il suo non prendersi troppo sul serio.
E poi piace anche quella sana ventata di sana scorrettezza politica in cui in un finale dall'acre sapore western in cui tutti sono contro tutti vincono i più furbi che non stanno necessariamente dalla parte della legge.
Anche perchè quelli che stavano dalla parte della legge erano più cattivi dei narcotrafficanti.
Inatteso successo al box office americano, talmente inatteso che ha fatto slittare di un paio di mesi l'uscita europea in modo da raggranellare più battage pubblicitario e più pubblico.
E sembra che qui da noi ci siano riusciti abbastanza ...
( VOTO : 7 / 10 )
lunedì 28 ottobre 2013
The Cloth ( 2013 )
Jason, un giovane non esattamente religioso, anzi che non crede a nulla, viene reclutato da padre Diekmen per far parte di un'organizzazione clericale segreta che si occupa del numero sempre crescente di casi di possessione demoniaca. Belzebù in persona è arrivato in Terra e mette in pericolo l'esistenza stessa dell'umanità. Toccherà a Jason e agli appartenenti all'organizzazione del titolo ( The Cloth = Il clero ) il gravoso compito di fermarlo.
Questo film l'ho recuperato un po' di tempo fa e non mi ricordo perchè l'ho fatto visto che è in possesso di una valutazione su imdb.com che ha dello scoraggiante ( 2,8).
Forse l'ho recuperato perchè come un allocco ho visto il nome di Danny Trejo sparato a caratteri cubitali sulla locandina e sono stato preso in giro. Vorrei aprire una parentesi su quest'uomo, uno che ha ottenuto il successo tardi e che pare non se lo voglia far sfuggire monetizzando al massimo la sua attività che risulta copiosa oltre l'inverosimile. Questo The Cloth è uscito nel 2013 e il buon Danny oramai prossimo al traguardo delle settanta primavere è schedulato in circa 40 titoli posteriori a questo tra film che sta girando, che ha terminato, che sono in fase di post produzione e un paio di titoli in cui è annunciata la sua presenza.Avrà tempo per espletare le sue necessità fisioloogiche?
E veniamo alla sua partecipazione in questo film: praticamente un paio di pose in tutto, cinque minuti scarsi di pellicola su 90 , il suo è il nome più noto assieme a quello di Eric Roberts, anche lui in scena per non più di cinque minuti.
Danny Trejo recita, si fa per dire, nella parte di padre Connelly che vediamo all'inizio del film impegnato in un esorcismo: ora con tutto il bene che ci voglio a Danny Trejo, la sua non è una faccia da prete, nè mai potrà esserlo. Quel viso butterato, quel codino lungo , quel fisico massiccio non possono appartenere a un prete di nessun credo religioso.
Così come non è da prete il fisico di uno dei due protagonisti del film, tale Lassiter Holmes, un armadio semovente di quasi due metri, una carriera da giocatore di football e da avvocato , poi riposte nel cassetto per fare l'attore, con risultati che definire pessimi è un eufemismo.E' una specie di Stephen Seagal dei poveri, senza codino e senza conoscenze di arti marziali.
Anzi in confronto a lui Seagal sembra un attorone degno di correre per gli Oscar.
L'altro protagonista è tale Kyle Willett che sembra un clone mal riuscito dell'Alex Pettyfer di Sono il numero quattro ( quindi non un modello inarrivabile) anche lui ridicolo nella sua inspiegabile mise da cavaliere templaro con tanto di enorme croce sul petto.
Per accorgersi del livello del film basta guardare la prima sequenza, quella dell'esorcismo: sembra fatto tutto a norma, anche se tutto appare tristemente derivativo, i due preti ripetono le loro formule tra inglese e latino e poi quando vedono che la posseduta sembra avere la meglio su di loro lo Stephen Seagal dei poveri tira fuori una specie di pistolone laser, qualcosa avanzato sul set di un film di fantascienza di serie B, e polverizza seduta stante la signorina indemoniata.
Insomma gli è piaciuto vincere facile.
Ora io guardo anche con comprensione questi film spazzatura , trovo sempre il modo di divertirmi ma questa pellicola fa parte di quel trash involontario che non fa nemmeno ridere, mette solo tristezza.
Un'agonia fatta di trovate estemporanee, effetti speciali molto rustici, recitazione da oratorio e snodi narrativi altamente improbabili ( ma sarebbe meglio chiamarli col loro nome e cognome: buchi di sceneggiatura che col passare dei minuti diventano voragini) che rendono The Cloth un blob indigeribile anche per i palati meno esigenti.
E pare che sia costato ben 4 milioni di dollari.
Una delle visioni peggiori dell'anno. Fino ad ora la peggiore.
( VOTO : 2 / 10 )
Questo film l'ho recuperato un po' di tempo fa e non mi ricordo perchè l'ho fatto visto che è in possesso di una valutazione su imdb.com che ha dello scoraggiante ( 2,8).
Forse l'ho recuperato perchè come un allocco ho visto il nome di Danny Trejo sparato a caratteri cubitali sulla locandina e sono stato preso in giro. Vorrei aprire una parentesi su quest'uomo, uno che ha ottenuto il successo tardi e che pare non se lo voglia far sfuggire monetizzando al massimo la sua attività che risulta copiosa oltre l'inverosimile. Questo The Cloth è uscito nel 2013 e il buon Danny oramai prossimo al traguardo delle settanta primavere è schedulato in circa 40 titoli posteriori a questo tra film che sta girando, che ha terminato, che sono in fase di post produzione e un paio di titoli in cui è annunciata la sua presenza.Avrà tempo per espletare le sue necessità fisioloogiche?
E veniamo alla sua partecipazione in questo film: praticamente un paio di pose in tutto, cinque minuti scarsi di pellicola su 90 , il suo è il nome più noto assieme a quello di Eric Roberts, anche lui in scena per non più di cinque minuti.
Danny Trejo recita, si fa per dire, nella parte di padre Connelly che vediamo all'inizio del film impegnato in un esorcismo: ora con tutto il bene che ci voglio a Danny Trejo, la sua non è una faccia da prete, nè mai potrà esserlo. Quel viso butterato, quel codino lungo , quel fisico massiccio non possono appartenere a un prete di nessun credo religioso.
Così come non è da prete il fisico di uno dei due protagonisti del film, tale Lassiter Holmes, un armadio semovente di quasi due metri, una carriera da giocatore di football e da avvocato , poi riposte nel cassetto per fare l'attore, con risultati che definire pessimi è un eufemismo.E' una specie di Stephen Seagal dei poveri, senza codino e senza conoscenze di arti marziali.
Anzi in confronto a lui Seagal sembra un attorone degno di correre per gli Oscar.
L'altro protagonista è tale Kyle Willett che sembra un clone mal riuscito dell'Alex Pettyfer di Sono il numero quattro ( quindi non un modello inarrivabile) anche lui ridicolo nella sua inspiegabile mise da cavaliere templaro con tanto di enorme croce sul petto.
Per accorgersi del livello del film basta guardare la prima sequenza, quella dell'esorcismo: sembra fatto tutto a norma, anche se tutto appare tristemente derivativo, i due preti ripetono le loro formule tra inglese e latino e poi quando vedono che la posseduta sembra avere la meglio su di loro lo Stephen Seagal dei poveri tira fuori una specie di pistolone laser, qualcosa avanzato sul set di un film di fantascienza di serie B, e polverizza seduta stante la signorina indemoniata.
Insomma gli è piaciuto vincere facile.
Ora io guardo anche con comprensione questi film spazzatura , trovo sempre il modo di divertirmi ma questa pellicola fa parte di quel trash involontario che non fa nemmeno ridere, mette solo tristezza.
Un'agonia fatta di trovate estemporanee, effetti speciali molto rustici, recitazione da oratorio e snodi narrativi altamente improbabili ( ma sarebbe meglio chiamarli col loro nome e cognome: buchi di sceneggiatura che col passare dei minuti diventano voragini) che rendono The Cloth un blob indigeribile anche per i palati meno esigenti.
E pare che sia costato ben 4 milioni di dollari.
Una delle visioni peggiori dell'anno. Fino ad ora la peggiore.
( VOTO : 2 / 10 )
sabato 26 ottobre 2013
Morgana ( 2002- 2013 )
Oggi se ne è andata Morgana, in punta di piedi , così come ha sempre vissuto.
Forse molti penseranno che è stupido abbattersi così per la morte di un cane ma solo chi non ha mai vissuto con un animale non sa quanto ci si possa affezionare a un esserino così tenero e affettuoso.
E non sa quanto fa male perderlo.
Bando ai patetismi , la voglio ricordare felice e zampettante, la voglio ricordare sempre pronta a giocare, un'amica fedele , mai invadente che se ne è andata con la dignità che l'ha sempre contraddistinta.
Oggi ho capito che cosa vuol dire la locuzione
destino cinico e baro.
Anzi dirò di più : oggi il destino è stato veramente stronzo con me.
Ho ricevuto la notizia proprio mentre stavo addormentando una cagnolina vecchissima ,paralizzata che mi guardava con occhioni che non si possono dimenticare.
E poco prima avevo dovuto fare la stessa cosa con un altro cagnolone sofferente che appena mi ha visto mi ha teso la zampa come per salutarmi.
E mi ha affondato.
Lo so, dovrei essere più distaccato nella mia professione, un veterinario dovrebbe essere più distante dagli animali che visita e che magari accompagna fino all'estremo saluto, ma come cazzo si fa?
Quando più di quindici anni fa mi stavo affacciando alla professione e stavo facendo praticantato post laurea, la collega molto più esperta di me che mi vedeva particolarmente scosso quando c'era qualche paziente che non ce la faceva o che per atto d'amore bisognava addormentare, mi ripeteva come un mantra che mi sarei abituato velocemente all'idea della morte nella professione.
Perchè la morte è insita nella vita.
E invece non mi sono mai abituato: solo l'idea della morte di qualche animale mi abbatte terribilmente.
Cazzo , non riesco neanche a guardarmi i documentari riguardanti animali.
Mi fanno male.
Oggi è stata l'apoteosi della stronzaggine del destino che si è veramente accanito contro di me: già i miei canali lacrimali erano stati messi a dura prova da quel cagnolone appena nominato e mi capita subito un altro di quei casi pietosi con cui non vorrei mai avere a che fare.
E poi arriva , telefonicamente , la mazzata finale.
Una sala d'attesa piena di gente e io, solo col mio dolore, neanche libero di versare liberamente qualche lacrima o di tornare subito a casa come avrei voluto fare.
Da oggi la casa sarà un po' più vuota.
Ma sarai sempre con noi.
Forse molti penseranno che è stupido abbattersi così per la morte di un cane ma solo chi non ha mai vissuto con un animale non sa quanto ci si possa affezionare a un esserino così tenero e affettuoso.
E non sa quanto fa male perderlo.
Bando ai patetismi , la voglio ricordare felice e zampettante, la voglio ricordare sempre pronta a giocare, un'amica fedele , mai invadente che se ne è andata con la dignità che l'ha sempre contraddistinta.
Oggi ho capito che cosa vuol dire la locuzione
destino cinico e baro.
Anzi dirò di più : oggi il destino è stato veramente stronzo con me.
Ho ricevuto la notizia proprio mentre stavo addormentando una cagnolina vecchissima ,paralizzata che mi guardava con occhioni che non si possono dimenticare.
E poco prima avevo dovuto fare la stessa cosa con un altro cagnolone sofferente che appena mi ha visto mi ha teso la zampa come per salutarmi.
E mi ha affondato.
Lo so, dovrei essere più distaccato nella mia professione, un veterinario dovrebbe essere più distante dagli animali che visita e che magari accompagna fino all'estremo saluto, ma come cazzo si fa?
Quando più di quindici anni fa mi stavo affacciando alla professione e stavo facendo praticantato post laurea, la collega molto più esperta di me che mi vedeva particolarmente scosso quando c'era qualche paziente che non ce la faceva o che per atto d'amore bisognava addormentare, mi ripeteva come un mantra che mi sarei abituato velocemente all'idea della morte nella professione.
Perchè la morte è insita nella vita.
E invece non mi sono mai abituato: solo l'idea della morte di qualche animale mi abbatte terribilmente.
Cazzo , non riesco neanche a guardarmi i documentari riguardanti animali.
Mi fanno male.
Oggi è stata l'apoteosi della stronzaggine del destino che si è veramente accanito contro di me: già i miei canali lacrimali erano stati messi a dura prova da quel cagnolone appena nominato e mi capita subito un altro di quei casi pietosi con cui non vorrei mai avere a che fare.
E poi arriva , telefonicamente , la mazzata finale.
Una sala d'attesa piena di gente e io, solo col mio dolore, neanche libero di versare liberamente qualche lacrima o di tornare subito a casa come avrei voluto fare.
Da oggi la casa sarà un po' più vuota.
Ma sarai sempre con noi.
Unit 7 ( aka Grupo 7 , 2012 )
Siviglia 1989: l'expo è alle porte, si terrà nel 1992, e rappresenterà una finestra aperta sulla città spagnola. Viene creata l'Unita 7 col compito di ripulire le strade da delinquenti ma soprattutto da spacciatori di droga. I due ufficiali dell'Unità sono il giovane Angel che aspira a diventare detective e il meno giovane Rafael, efficiente e violento quando serve. Pian piano il modus operandi dell'Unità 7 scivola sempre più ai margini della legge attirando le attenzioni della stampa per i metodi brutali e anche dei colleghi degli Affari interni che indagano su di loro nonostante siano difesi a spada tratta dal loro dirigente, colui che la squadra l'ha creata. Anche i rapporti interni al gruppo cominciano a cambiare e a deteriorarsi: Angel vittima forse di eccessive ambizioni diventa sempre più violento mentre inaspettatamente Rafael comincia a essere più dubbioso sui metodi coercitivi usati dalla squadra.
Siamo arrivati intanto al 1992 e i lavori per l'expo volgono oramai al termine, così come la vita dell'Unità 7....
La cinematografia spagnola con gli anni si sta costruendo una credibilità sempre più solida anche al di fuori dell'horror, suo vero cavallo di battaglia di questo periodo più recente.
E noi italiani faremmo bene a non guardare più i prodotti spagnoli con l'arroganza di chi ,una volta, aveva la miglior cinematografia del mondo, e ora non ce l'ha più.
Ci ha pensato un film ultrapremiato in patria come Non habra paz para los malvados ( di cui abbiamo parlato qualche mese fa qui) che è stato capace di bacchettare alla grandissima La pelle che abito di Almodovar, icona del cinema iberico da esportazione, portandosi a casa tutti i Goya più importanti ( gli equivalenti spagnoli dei nostrani David di Donatello) a sdoganare il cinema poliziesco spagnolo e a dargli una possibilità di essere visto anche all'estero.
Ora è la volta di questo Unit 7 ( titolo originale Grupo 7 ) che attinge meticolosamente al cinema americano immergendolo in una realtà che più europea non si può.
Accade così che una delle città più belle di Spagna, Siviglia, si esponga alla lente della cinepresa col suo lato peggiore, ben lontano dagli stereotipi cartolineschi che le sarebbero propri. un po' come succedeva alla Madrid di No habra paz para los malvados, che diventava una metropoli uggiosa e tetra davanti agli occhi del protagonista.
E allo stesso modo abbiamo poliziotti che se ne infischiano della legge, utilizzano metodiche coercitive degne del peggiore dei paesi incivili fregandosene altamente di diritti umani e non disdegnano di arrotondare il magro stipendio trattenendo per sè un po' della droga che sequestrano.
E ne sequestrano veramente tanta, 100 volte più degli altri poliziotti antidroga.
Accanto all'azione in Unit 7 c'è anche lo spazio per delineare personaggi credibili ben lontani dallo stereotipo americano che impera nel genere: niente supereroi, ma solo uomini con le loro forze e le loro debolezze, fallaci e condizionabili dalla vita privata che spesso si frappone tra loro e il lavoro.
Senza dimenticare che la deontologia non è il loro forte.
Interessante l'evoluzione in senso opposto dei personaggi di Angel e Rafael così come è interessante anche la volontà di dare al tutto un aspetto il più realistico possibile ambientando la maggior parte del film nei vicoli più brutti e malfamati di una città per altro bellissima come Siviglia.
Grosso successo di critica in Spagna dove ha vinto numerosi premi, e la critica lì non è mai tenera con i prodotti autoctoni, ma il pubblico è accorso in sala in numero inferiore alle aspettative.
E questo probabilmente ha tagliato le gambe alla futura distribuzione internazionale di un film che avrebbe tutte le carte in regola per essere apprezzato al di fuori dei patrii confini.
Naturalmente anche qui in Italia nessuno si è accorto di questa interessante pellicola...
( VOTO : 7 / 10 )
Siamo arrivati intanto al 1992 e i lavori per l'expo volgono oramai al termine, così come la vita dell'Unità 7....
La cinematografia spagnola con gli anni si sta costruendo una credibilità sempre più solida anche al di fuori dell'horror, suo vero cavallo di battaglia di questo periodo più recente.
E noi italiani faremmo bene a non guardare più i prodotti spagnoli con l'arroganza di chi ,una volta, aveva la miglior cinematografia del mondo, e ora non ce l'ha più.
Ci ha pensato un film ultrapremiato in patria come Non habra paz para los malvados ( di cui abbiamo parlato qualche mese fa qui) che è stato capace di bacchettare alla grandissima La pelle che abito di Almodovar, icona del cinema iberico da esportazione, portandosi a casa tutti i Goya più importanti ( gli equivalenti spagnoli dei nostrani David di Donatello) a sdoganare il cinema poliziesco spagnolo e a dargli una possibilità di essere visto anche all'estero.
Ora è la volta di questo Unit 7 ( titolo originale Grupo 7 ) che attinge meticolosamente al cinema americano immergendolo in una realtà che più europea non si può.
Accade così che una delle città più belle di Spagna, Siviglia, si esponga alla lente della cinepresa col suo lato peggiore, ben lontano dagli stereotipi cartolineschi che le sarebbero propri. un po' come succedeva alla Madrid di No habra paz para los malvados, che diventava una metropoli uggiosa e tetra davanti agli occhi del protagonista.
E allo stesso modo abbiamo poliziotti che se ne infischiano della legge, utilizzano metodiche coercitive degne del peggiore dei paesi incivili fregandosene altamente di diritti umani e non disdegnano di arrotondare il magro stipendio trattenendo per sè un po' della droga che sequestrano.
E ne sequestrano veramente tanta, 100 volte più degli altri poliziotti antidroga.
Accanto all'azione in Unit 7 c'è anche lo spazio per delineare personaggi credibili ben lontani dallo stereotipo americano che impera nel genere: niente supereroi, ma solo uomini con le loro forze e le loro debolezze, fallaci e condizionabili dalla vita privata che spesso si frappone tra loro e il lavoro.
Senza dimenticare che la deontologia non è il loro forte.
Interessante l'evoluzione in senso opposto dei personaggi di Angel e Rafael così come è interessante anche la volontà di dare al tutto un aspetto il più realistico possibile ambientando la maggior parte del film nei vicoli più brutti e malfamati di una città per altro bellissima come Siviglia.
Grosso successo di critica in Spagna dove ha vinto numerosi premi, e la critica lì non è mai tenera con i prodotti autoctoni, ma il pubblico è accorso in sala in numero inferiore alle aspettative.
E questo probabilmente ha tagliato le gambe alla futura distribuzione internazionale di un film che avrebbe tutte le carte in regola per essere apprezzato al di fuori dei patrii confini.
Naturalmente anche qui in Italia nessuno si è accorto di questa interessante pellicola...
( VOTO : 7 / 10 )
venerdì 25 ottobre 2013
Miele ( 2013 )
Irene, nome in codice Miele, è una ragazza che , coadiuvata da un medico che le passa i pazienti, si è trovata una strana professione: assiste i malati terminali che vogliono farla finita procurando loro un barbiturico ( veterinario, comprato in Messico dove si reca frequentemente proprio per questo scopo) che porti a termine il loro volere.
Il problema insorge quando il medico le fornisce il nominativo di un paziente che vuole farla finita nonostante abbia una salute di ferro: cominciano i dubbi etici in Miele che saranno sempre più grandi approfondendo la conoscenza con l'uomo, un ingegnere che vorrebbe farla finita solo per solitudine.
Miele è l'esordio alla regia di Valeria Golino e parla di una argomento tabù in Italia: l'eutanasia.
In una nazione in cui non c'è spazio neanche per avere una legislazione sul testamento biologico parlare di eutanasia , di suicidi assistiti , di dolce morte senza troppe implicazioni religiose è un rischio alto.
E la Golino si è dimostrata capace di assumerselo in un film che almeno ha il pregio di far riflettere su una tematica tanto personale e scottante.
Tematica che io per esempio, data la professione che faccio, mi sono trovato ad affrontare parecchie volte mentre presto cure ai miei animaletti adorati. E il mio principio laico è quello della dignità: proseguire fino a che le condizioni di vita del paziente siano dignitose e degne di essere chiamate vita.
Ho rifiutato tante volte di far l'eutanasia a un cane o a un gatto perchè non lo ritenevo giusto, perchè non vedevo le condizioni per operare in questo senso e poi è un qualcosa che mi fa stare male, non mi interessa guadagnare quei soldi. Però ci sono certi casi in cui l'eutanasia diventa quasi un atto d'amore verso un essere vivente che soffre, soffre realmente e allora perchè non procedere?
Perchè questo discorso non viene affrontato in medicina umana quando neanche gli oppiacei o altri farmaci anti dolore riescano a garantire l'assenza di sofferenza? E perchè non rispettare le volontà di una persona che nel pieno delle proprie facoltà mentali ha deciso che non vuol più andare avanti in quella maniera che ha poco di dignitoso?
Ecco, sto divagando ma Miele col suo stile silenzioso e rarefatto si è prestato molto bene a questo flusso di coscienza su un argomento così ostico, che ognuno tratta in base alla propria sensibilità.
La Golino si tiene ben lontana da menate religiose, la sua è una visione molto laica , così come è un coacervo di dubbi il personaggio di Irene / Miele, una che sembra andare in giro con una corazza tanto è impenetrabile alle emozioni sia nel suo lavoro che nella sua vita privata che è praticamente uno schifo, un continuo peregrinare alla ricerca del proprio centro di gravità tra una famiglia che brilla per assenza e una vita sentimentale che è un grosso punto interrogativo.
Però la sua corazza viene fatta letteralmente a fette dall'incontro con il "paziente" che vuole farla finita solo perchè non gli aggrada più vivere in quel modo.
Che fare allora?
Qui il film praticamente si ferma, non va più in fondo, la Golino si limita a documentare più che a giudicare, trincerandosi dietro un finale enigmatico aperto all'interpretazione di chi guarda.
Il muro che Irene ha costruito attorno a sè è comunque miseramente crollato.
Dal punto di vista registico la Golino opta per uno stile asciutto, senza troppi orpelli , con un ritmo placido che può scoraggiare i meno pazienti: scelta azzeccata anche se non tutto fila per il verso giusto.
A mio parere si richiama a due film in cui ha recitato nella sua ormai lunga carriera: due film accomunati dal silenzio dell'acqua, un conduttore di suoni talmente efficiente da non farne percepire alcuno, tanto si propagano velocemente.
Mi è parso di scorgere echi delle sequenze subacquee di Respiro di Crialese e il silenzio della piscina di Giulia non esce la sera, di Piccioni.
Due film lontani tra loro cronologicamente e anche artisticamente che però mi sembrano legati ora da Miele.
Jasmine Trinca è esplorata in ogni centimetro quadrato del viso e del corpo, quasi con affetto da parte della cinepresa .
E lei è brava a recitare un personaggio duro e fragile allo stesso tempo, afflitto da solitudine ostinata un po' come i pazienti a cui assicura il dolce morire.
Perchè in quel momento si è comunque soli....
( VOTO : 6,5 /10 )
Il problema insorge quando il medico le fornisce il nominativo di un paziente che vuole farla finita nonostante abbia una salute di ferro: cominciano i dubbi etici in Miele che saranno sempre più grandi approfondendo la conoscenza con l'uomo, un ingegnere che vorrebbe farla finita solo per solitudine.
Miele è l'esordio alla regia di Valeria Golino e parla di una argomento tabù in Italia: l'eutanasia.
In una nazione in cui non c'è spazio neanche per avere una legislazione sul testamento biologico parlare di eutanasia , di suicidi assistiti , di dolce morte senza troppe implicazioni religiose è un rischio alto.
E la Golino si è dimostrata capace di assumerselo in un film che almeno ha il pregio di far riflettere su una tematica tanto personale e scottante.
Tematica che io per esempio, data la professione che faccio, mi sono trovato ad affrontare parecchie volte mentre presto cure ai miei animaletti adorati. E il mio principio laico è quello della dignità: proseguire fino a che le condizioni di vita del paziente siano dignitose e degne di essere chiamate vita.
Ho rifiutato tante volte di far l'eutanasia a un cane o a un gatto perchè non lo ritenevo giusto, perchè non vedevo le condizioni per operare in questo senso e poi è un qualcosa che mi fa stare male, non mi interessa guadagnare quei soldi. Però ci sono certi casi in cui l'eutanasia diventa quasi un atto d'amore verso un essere vivente che soffre, soffre realmente e allora perchè non procedere?
Perchè questo discorso non viene affrontato in medicina umana quando neanche gli oppiacei o altri farmaci anti dolore riescano a garantire l'assenza di sofferenza? E perchè non rispettare le volontà di una persona che nel pieno delle proprie facoltà mentali ha deciso che non vuol più andare avanti in quella maniera che ha poco di dignitoso?
Ecco, sto divagando ma Miele col suo stile silenzioso e rarefatto si è prestato molto bene a questo flusso di coscienza su un argomento così ostico, che ognuno tratta in base alla propria sensibilità.
La Golino si tiene ben lontana da menate religiose, la sua è una visione molto laica , così come è un coacervo di dubbi il personaggio di Irene / Miele, una che sembra andare in giro con una corazza tanto è impenetrabile alle emozioni sia nel suo lavoro che nella sua vita privata che è praticamente uno schifo, un continuo peregrinare alla ricerca del proprio centro di gravità tra una famiglia che brilla per assenza e una vita sentimentale che è un grosso punto interrogativo.
Però la sua corazza viene fatta letteralmente a fette dall'incontro con il "paziente" che vuole farla finita solo perchè non gli aggrada più vivere in quel modo.
Che fare allora?
Qui il film praticamente si ferma, non va più in fondo, la Golino si limita a documentare più che a giudicare, trincerandosi dietro un finale enigmatico aperto all'interpretazione di chi guarda.
Il muro che Irene ha costruito attorno a sè è comunque miseramente crollato.
Dal punto di vista registico la Golino opta per uno stile asciutto, senza troppi orpelli , con un ritmo placido che può scoraggiare i meno pazienti: scelta azzeccata anche se non tutto fila per il verso giusto.
A mio parere si richiama a due film in cui ha recitato nella sua ormai lunga carriera: due film accomunati dal silenzio dell'acqua, un conduttore di suoni talmente efficiente da non farne percepire alcuno, tanto si propagano velocemente.
Mi è parso di scorgere echi delle sequenze subacquee di Respiro di Crialese e il silenzio della piscina di Giulia non esce la sera, di Piccioni.
Due film lontani tra loro cronologicamente e anche artisticamente che però mi sembrano legati ora da Miele.
Jasmine Trinca è esplorata in ogni centimetro quadrato del viso e del corpo, quasi con affetto da parte della cinepresa .
E lei è brava a recitare un personaggio duro e fragile allo stesso tempo, afflitto da solitudine ostinata un po' come i pazienti a cui assicura il dolce morire.
Perchè in quel momento si è comunque soli....
( VOTO : 6,5 /10 )
giovedì 24 ottobre 2013
The Paperboy ( 2012 )
Florida 1969: Hillary Van Wetter è rinchiuso in prigione in attesa della sentenza capitale per l'omicidio di un laido sceriffo. Lui si professa innocente ma il suo alibi non è molto convincente. Ward Jansen reporter d'assalto originario delle stesse parti attratto dallo scoop , torna a casa assieme al suo collaboratore Yardley per indagare sulla faccenda e per scagionare Van Wetter. Qui ritrova il fratellino ormai cresciuto, Jack, e conosce una donna , Charlotte, che ha una strana passione: quella di intrattenere relazioni epistolari con molti carcerati. Ma quella con Hillary è andata parecchio avanti e lei lo vuole sposare pur non avendolo mai visto prima.
Jack è affascinato da Charlotte e accetta di aiutare il fratello e il suo amico giornalista in una vicenda che giorno dopo giorno diventa sempre più torbida....
Prima di apprestarmi a vedere il film mi chiedevo come mai non era stato distribuito in Italia con tutto quel dispiegamento di stars in azione: McConaughey che sta vivendo una stagione di successi, Zac Efron idolo incontrastato delle ragazzine per non parlare della superdiva Nicole Kidman o di John Cusack che tra questi forse è il meno conosciuto dal grosso pubblico ma gode pur sempre di una certa popolarità.
Per non parlare della regia di Lee Daniels, uno che si è fatto conoscere con Precious film che ha avuto una certa risonanza pure qui nel Belpaese, ormai terzomondo cinematografico a tutti gli effetti.
Dopo aver visto il film azzardo qualche ipotesi: vedere uno coi muscoli di McConaughey in versione gaya, nuda e incaprettata per chissà quale gioco erotico potrebbe spiazzare il pubblico italiano che lo sta conoscendo in parti molto più etero, anche troppo come in Magic Mike.
Vedere Zac Efron in versione pipparolo quasi senza speranza ( attenzione a quel quasi) pensando a Nicole Kidman , non sapendo che quelle cose fanno diminuire la vista, avrebbe fatto stragi delle fans che se lo tengono stretto dai tempi di High School Musical. E poi la scena in cui la Kidman per salvarlo da un contatto indesiderato con le meduse, sgomita con tre sgallettate in spiaggia per amorevolmente ricoprirlo della propria urina è uno scult fin da subito.
Vedere poi Nicole Kidman in versione MILFona farsi rimuovere tutto il botulino che le si è incrostato addosso in ogni posizione kamasutresca, avrebbe spiazzato il pubblico italiano che la conosce come diva algida e forse anche asessuata ( caso mai nella foga crollasse qualcosa nell'impalcatura plastica che la sorregge). Altra scena scult: sesso a distanza con il carcerato di fronte a platea abbastanza numerosa ed interdetta, incompleto naturalmente per via della distanza e per via che invece di essere qualcosa di strappamutande è solo strappacalze.
Però sarebbe ingiusto catalogare The Paperboy come uno scult solo per via di queste sequenze hot ad alto tasso di ridicolo involontario.
In fondo l'impalcatura da thriller regge, l'anima noir viene fuori prepotentemente in una vicenda di sesso e perdizione in cui la redenzione non arriva o arriva nel modo meno opportuno.
E convince anche quel suo essere sudaticcio, letteralmente immerso nell'afa asfissiante delle paludi della Florida, tra acquitrini maleodoranti e alligatori squartati, in cui i vari divi in scena accettano volentieri di farsi maltrattare da un copione con poche speranze e da un regista che non fa arretrare la sua macchina da presa di fronte a nulla.
Quello che non convince del film è l'ossessione che ha Daniels di mettere troppa carne al fuoco, troppe tematiche e troppo importanti per poter essere spese in una squallida vicenda come questa in cui il primo motore è la foia sessuale: si parte dal razzismo conclamato in cui ancora si vive in Florida nel 1969 ( ci mancano solo gli incappucciati del Ku Klux Klan) si passa per l'omosessualità repressa , per l'apologo sul potere dei media sull'opinione pubblica, la stampa in questo caso, e si arriva all'amore del ragazzino per la MILFona, amore con zero possibilità di riuscita, a parte qualche gentile concessione della suddetta MILF.
E con questo alternarsi di tematiche alte e basse sembra di trovarsi sulle montagne russe e lo stesso discorso vale per lo stile registico di Daniels che si impantana nelle sequenze scult di cui sopra ma è capace anche di impennate di stile improvvise, forse anche un po' troppo stilose per un thriller sudaticcio come questo.
Sicuramente un film che lascia interdetti tra momenti decisamente riusciti e cadute di tono piuttosto rovinose....
( VOTO : 5,5 / 10 )
Jack è affascinato da Charlotte e accetta di aiutare il fratello e il suo amico giornalista in una vicenda che giorno dopo giorno diventa sempre più torbida....
Prima di apprestarmi a vedere il film mi chiedevo come mai non era stato distribuito in Italia con tutto quel dispiegamento di stars in azione: McConaughey che sta vivendo una stagione di successi, Zac Efron idolo incontrastato delle ragazzine per non parlare della superdiva Nicole Kidman o di John Cusack che tra questi forse è il meno conosciuto dal grosso pubblico ma gode pur sempre di una certa popolarità.
Per non parlare della regia di Lee Daniels, uno che si è fatto conoscere con Precious film che ha avuto una certa risonanza pure qui nel Belpaese, ormai terzomondo cinematografico a tutti gli effetti.
Dopo aver visto il film azzardo qualche ipotesi: vedere uno coi muscoli di McConaughey in versione gaya, nuda e incaprettata per chissà quale gioco erotico potrebbe spiazzare il pubblico italiano che lo sta conoscendo in parti molto più etero, anche troppo come in Magic Mike.
Vedere Zac Efron in versione pipparolo quasi senza speranza ( attenzione a quel quasi) pensando a Nicole Kidman , non sapendo che quelle cose fanno diminuire la vista, avrebbe fatto stragi delle fans che se lo tengono stretto dai tempi di High School Musical. E poi la scena in cui la Kidman per salvarlo da un contatto indesiderato con le meduse, sgomita con tre sgallettate in spiaggia per amorevolmente ricoprirlo della propria urina è uno scult fin da subito.
Vedere poi Nicole Kidman in versione MILFona farsi rimuovere tutto il botulino che le si è incrostato addosso in ogni posizione kamasutresca, avrebbe spiazzato il pubblico italiano che la conosce come diva algida e forse anche asessuata ( caso mai nella foga crollasse qualcosa nell'impalcatura plastica che la sorregge). Altra scena scult: sesso a distanza con il carcerato di fronte a platea abbastanza numerosa ed interdetta, incompleto naturalmente per via della distanza e per via che invece di essere qualcosa di strappamutande è solo strappacalze.
Però sarebbe ingiusto catalogare The Paperboy come uno scult solo per via di queste sequenze hot ad alto tasso di ridicolo involontario.
In fondo l'impalcatura da thriller regge, l'anima noir viene fuori prepotentemente in una vicenda di sesso e perdizione in cui la redenzione non arriva o arriva nel modo meno opportuno.
E convince anche quel suo essere sudaticcio, letteralmente immerso nell'afa asfissiante delle paludi della Florida, tra acquitrini maleodoranti e alligatori squartati, in cui i vari divi in scena accettano volentieri di farsi maltrattare da un copione con poche speranze e da un regista che non fa arretrare la sua macchina da presa di fronte a nulla.
Quello che non convince del film è l'ossessione che ha Daniels di mettere troppa carne al fuoco, troppe tematiche e troppo importanti per poter essere spese in una squallida vicenda come questa in cui il primo motore è la foia sessuale: si parte dal razzismo conclamato in cui ancora si vive in Florida nel 1969 ( ci mancano solo gli incappucciati del Ku Klux Klan) si passa per l'omosessualità repressa , per l'apologo sul potere dei media sull'opinione pubblica, la stampa in questo caso, e si arriva all'amore del ragazzino per la MILFona, amore con zero possibilità di riuscita, a parte qualche gentile concessione della suddetta MILF.
E con questo alternarsi di tematiche alte e basse sembra di trovarsi sulle montagne russe e lo stesso discorso vale per lo stile registico di Daniels che si impantana nelle sequenze scult di cui sopra ma è capace anche di impennate di stile improvvise, forse anche un po' troppo stilose per un thriller sudaticcio come questo.
Sicuramente un film che lascia interdetti tra momenti decisamente riusciti e cadute di tono piuttosto rovinose....
( VOTO : 5,5 / 10 )
mercoledì 23 ottobre 2013
Cose nostre - Malavita ( 2013 )
La famiglia Blake sta raggiungendo nottetempo la sua nuova casa in uno sperduto paesino della Normandia. Si stanno nascondendo da occhi indiscreti in quanto fanno parte del programma protezione testimoni dell'FBI. In realtà si chiamano Manzoni e il capofamiglia, Giovanni alias Fred Blake è stato un boss mafioso che ha testimoniato contro i suoi ex compagni. Ed è per questo che è costretto a fuggire.
L'adattamento della famiglia procede spedito ma con qualche intoppo perchè le vecchie abitudini non muoiono mai: Giovanni manda all'ospedale con fratture multiple un idraulico disonesto, ha un cadavere nel bagagliaio di cui sbarazzarsi e intanto cerca la soluzione al problema dell'acqua marrone che esce dai rubinetti ( soluzione nel suo stile, naturalmente), la moglie Maggie dà fuoco a un supermercato in cui a suo parere è stata trattata male, il figlio mostra le doti strategiche di un vero leader mafioso del futuro, la figlia, dall'aspetto candido e inoffensivo è in realtà una furia che non esita a utilizzare la violenza per perseguire i suoi scopi. La longa manus della mafia arriva però anche in Normandia.
E' tempo di resa dei conti.
Ci sono due modi per guardarsi questo film: non leggere i credits e ignorare che c'è Besson in regia , Scorsese in cabina di produzione, De Niro, la Pfeiffer e Tommy Lee Jones nelle parti principali oppure essere condizionati dai grossi nomi presenti davanti e dietro la macchina da presa.
Nel primo caso ci si può anche divertire magari a fasi alterne con le vicissitudini di americani in Francia , la comicità dagli stereotipi della famiglia mafiosa in trasferta, tutto nasce dai diversi costumi e dal diverso modo di vivere e mangiare, nel secondo caso non si può fare a meno di essere stupiti in negativo da quello che si vede.
E quello che si vede è una parodia di piccolo cabotaggio del miglior cinema di Scorsese, quello di mafia, dei mammasantissima insomma, con un De Niro che fa il verso a se stesso, memore della grandezza che fu creata da quei ruoli e una Pfeiffer che gli civetta intorno , anche lei reduce di tempi lontani dal recitare nel ruolo dell'esponente di una famiglia mafiosa che vuol tagliare i ponti con la famiglia ( Una vedova allegra ma non troppo, scintillante commedia gangsteristica firmata Johnathan Demme).
L'altra domanda che uno si fa è sapere dove diavolo sia finito Luc Besson: dove è il suo cinema pieno di prospettive sghembe, angoli di ripresa originali , pianosequenza fulminanti , dove si è persa la sua creatività registica? Perchè in Cose nostre - Malavita non c'è nulla del suo estroso talento registico, è tutto molto classico , proprio come fosse un film di Scorsese.
Senza averne neanche una briciola dello stile elegante che lo caratterizza.
Appare poi forzato filtrare tutto attraverso una lente deformante che tratta come quasi normali i membri della famiglia mafiosa ( nonostante i metodi diciamo abbastanza alternativi per ottenere quello che vogliono) e come mostri quei bigotti francesi mangialumache che gli stanno intorno.
Gente che non sa neanche come fare un barbecue, perchè cucinare la carne è roba americana.
Cose nostre- Malavita comunque riesce anche a far sorridere in alcuni frangenti ( esilarante come De Niro cerchi di ricostruire assieme al medico il trauma subito dall'idraulico che presenta un numero esagerato di fratture agli arti inferiori) e scorre via abbastanza veloce e indolore.
Si comincia a dimenticare appena stanno partendo i titoli di coda.
Quella che non si dimentica tanto facilmente è Michelle Pfeiffer: deve aver fatto un patto col diavolo ( o semplicemente ha un chirurgo plastico con i controc...avoli) perchè il tassametro dice 55 e lei è ancora bella come il sole e voglio pensare che non sia solamente merito di un'illuminazione adeguata....
( VOTO : 5,5 / 10 )
L'adattamento della famiglia procede spedito ma con qualche intoppo perchè le vecchie abitudini non muoiono mai: Giovanni manda all'ospedale con fratture multiple un idraulico disonesto, ha un cadavere nel bagagliaio di cui sbarazzarsi e intanto cerca la soluzione al problema dell'acqua marrone che esce dai rubinetti ( soluzione nel suo stile, naturalmente), la moglie Maggie dà fuoco a un supermercato in cui a suo parere è stata trattata male, il figlio mostra le doti strategiche di un vero leader mafioso del futuro, la figlia, dall'aspetto candido e inoffensivo è in realtà una furia che non esita a utilizzare la violenza per perseguire i suoi scopi. La longa manus della mafia arriva però anche in Normandia.
E' tempo di resa dei conti.
Ci sono due modi per guardarsi questo film: non leggere i credits e ignorare che c'è Besson in regia , Scorsese in cabina di produzione, De Niro, la Pfeiffer e Tommy Lee Jones nelle parti principali oppure essere condizionati dai grossi nomi presenti davanti e dietro la macchina da presa.
Nel primo caso ci si può anche divertire magari a fasi alterne con le vicissitudini di americani in Francia , la comicità dagli stereotipi della famiglia mafiosa in trasferta, tutto nasce dai diversi costumi e dal diverso modo di vivere e mangiare, nel secondo caso non si può fare a meno di essere stupiti in negativo da quello che si vede.
E quello che si vede è una parodia di piccolo cabotaggio del miglior cinema di Scorsese, quello di mafia, dei mammasantissima insomma, con un De Niro che fa il verso a se stesso, memore della grandezza che fu creata da quei ruoli e una Pfeiffer che gli civetta intorno , anche lei reduce di tempi lontani dal recitare nel ruolo dell'esponente di una famiglia mafiosa che vuol tagliare i ponti con la famiglia ( Una vedova allegra ma non troppo, scintillante commedia gangsteristica firmata Johnathan Demme).
L'altra domanda che uno si fa è sapere dove diavolo sia finito Luc Besson: dove è il suo cinema pieno di prospettive sghembe, angoli di ripresa originali , pianosequenza fulminanti , dove si è persa la sua creatività registica? Perchè in Cose nostre - Malavita non c'è nulla del suo estroso talento registico, è tutto molto classico , proprio come fosse un film di Scorsese.
Senza averne neanche una briciola dello stile elegante che lo caratterizza.
Appare poi forzato filtrare tutto attraverso una lente deformante che tratta come quasi normali i membri della famiglia mafiosa ( nonostante i metodi diciamo abbastanza alternativi per ottenere quello che vogliono) e come mostri quei bigotti francesi mangialumache che gli stanno intorno.
Gente che non sa neanche come fare un barbecue, perchè cucinare la carne è roba americana.
Cose nostre- Malavita comunque riesce anche a far sorridere in alcuni frangenti ( esilarante come De Niro cerchi di ricostruire assieme al medico il trauma subito dall'idraulico che presenta un numero esagerato di fratture agli arti inferiori) e scorre via abbastanza veloce e indolore.
Si comincia a dimenticare appena stanno partendo i titoli di coda.
Quella che non si dimentica tanto facilmente è Michelle Pfeiffer: deve aver fatto un patto col diavolo ( o semplicemente ha un chirurgo plastico con i controc...avoli) perchè il tassametro dice 55 e lei è ancora bella come il sole e voglio pensare che non sia solamente merito di un'illuminazione adeguata....
( VOTO : 5,5 / 10 )
martedì 22 ottobre 2013
Kick Ass 2 ( 2013 )
E'passato del tempo da quando Dave pattugliava le strade col costume di Kick Ass. Quando il figlio del boss da lui fatto fuori nel precedente capitolo organizza una gang di supercattivi mascherati da lui capeggiata con il nome di Motherfucker, Dave sarò costretto a rimettere il costume e a entrare in un gruppo di supereroi "casalinghi " buoni. Riuscirà a convincere anche Hit Girl, che aveva appeso al chiodo le sue velleità da supereroina a reindossare maschera e costumino.
Per Motherfucker e i suoi amici si preannunciano tempi grami.
Non conosco il fumetto da cui sono tratti i due Kick Ass ma il primo era stato una ventata d'aria fresca nel panorama del cinema supereroistico. Questioni di intenti parodistici, sarà che fa simpatia il supereroe casalingo che prende un sacco di mazzate, sarà anche una certa scorrettezza politica che viene confermata anche in questo sequel.
Sequel che non sfigura affatto anche se si avverte un deciso scarto verso la parodia a scapito di una scrittura cinematografica più completa e profonda ( termine da prendere in accezione molto lata trattandosi di un film eminentemente di consumo) ma comunque si domostra ugualmente ricco di sottotesti in maniera inusuale per essere adatto al grosso pubblico.
Kick Ass 2 è certamente la parodia del cinema supereroistico ma è soprattutto la parodia del classico americano che diventa eroe per un giorno giusto per avere la faccia sbattuta in tutti i notiziari accompagnata da paroloni di elogio, è la rilettura in chiave grottesca ed esasperata della profezia di Andy Warhol, quella che diceva si diventasse celebri solo per 15 minuti, è uno sguardo feroce alla vacuità della civiltà letteralmente aggrappata ai video di Youtube o dei social network.
Perchè oggi giorno se non twitti , se non sei su Facebook o se non carichi video su Youtube....sei veramente meno di nulla.
La parodia è un genere nobile ma Kick Ass 2 se ne sbatte della nobiltà sporcandosi anche parecchio in sequenze ultra violente che non sfigurerebbero in un film horror e in snodi narrativi che hanno poco di esilarante ( come la perdita del padre del protagonista).
Kick Ass 2 è anche da rileggere come descrizione del processo di crescita dei due protagonisti ( Dave e Hit Girl) alle prese con il loro destino e con le scelte da fare per il futuro.
Ma non è il solito classico racconto di formazione: è sempre un qualcosa di scorretto e infingardo, anche questo vagamente parodistico in cui i due sono costretti a crescere quasi loro malgrado.
Una nota di merito va all'irriconoscibile Jim Carrey nella parte del colonnello Stars 'n ' Stripes, talmente irriconoscibile che ho dovuto chiedere conferme ai credits per essere sicuro di averlo individuato.
Insomma Kick Ass 2 non è un film per ragazzini nonostante si presenti mascherato da teen movie, non è per famiglie perchè manca di morale ( anzi la sbeffeggia allegramente), non è un film di supereroi anzi li prende bellamente in giro azzardando parecchio sul terreno del politicamente s-corretto.
Insomma è un bell'esempio di anarchia cinematografica organizzata con dei costumi coloratissimi e delle coreografie di combattimento ( che troverete in abbondanza ) assolutamente all'altezza.
Perchè è così che si scalciano culi, giusto per piazzare le emorroidi al posto delle tonsille....
( VOTO : 7 / 10 )
Per Motherfucker e i suoi amici si preannunciano tempi grami.
Non conosco il fumetto da cui sono tratti i due Kick Ass ma il primo era stato una ventata d'aria fresca nel panorama del cinema supereroistico. Questioni di intenti parodistici, sarà che fa simpatia il supereroe casalingo che prende un sacco di mazzate, sarà anche una certa scorrettezza politica che viene confermata anche in questo sequel.
Sequel che non sfigura affatto anche se si avverte un deciso scarto verso la parodia a scapito di una scrittura cinematografica più completa e profonda ( termine da prendere in accezione molto lata trattandosi di un film eminentemente di consumo) ma comunque si domostra ugualmente ricco di sottotesti in maniera inusuale per essere adatto al grosso pubblico.
Kick Ass 2 è certamente la parodia del cinema supereroistico ma è soprattutto la parodia del classico americano che diventa eroe per un giorno giusto per avere la faccia sbattuta in tutti i notiziari accompagnata da paroloni di elogio, è la rilettura in chiave grottesca ed esasperata della profezia di Andy Warhol, quella che diceva si diventasse celebri solo per 15 minuti, è uno sguardo feroce alla vacuità della civiltà letteralmente aggrappata ai video di Youtube o dei social network.
Perchè oggi giorno se non twitti , se non sei su Facebook o se non carichi video su Youtube....sei veramente meno di nulla.
La parodia è un genere nobile ma Kick Ass 2 se ne sbatte della nobiltà sporcandosi anche parecchio in sequenze ultra violente che non sfigurerebbero in un film horror e in snodi narrativi che hanno poco di esilarante ( come la perdita del padre del protagonista).
Kick Ass 2 è anche da rileggere come descrizione del processo di crescita dei due protagonisti ( Dave e Hit Girl) alle prese con il loro destino e con le scelte da fare per il futuro.
Ma non è il solito classico racconto di formazione: è sempre un qualcosa di scorretto e infingardo, anche questo vagamente parodistico in cui i due sono costretti a crescere quasi loro malgrado.
Una nota di merito va all'irriconoscibile Jim Carrey nella parte del colonnello Stars 'n ' Stripes, talmente irriconoscibile che ho dovuto chiedere conferme ai credits per essere sicuro di averlo individuato.
Insomma Kick Ass 2 non è un film per ragazzini nonostante si presenti mascherato da teen movie, non è per famiglie perchè manca di morale ( anzi la sbeffeggia allegramente), non è un film di supereroi anzi li prende bellamente in giro azzardando parecchio sul terreno del politicamente s-corretto.
Insomma è un bell'esempio di anarchia cinematografica organizzata con dei costumi coloratissimi e delle coreografie di combattimento ( che troverete in abbondanza ) assolutamente all'altezza.
Perchè è così che si scalciano culi, giusto per piazzare le emorroidi al posto delle tonsille....
( VOTO : 7 / 10 )
lunedì 21 ottobre 2013
Tesis sobre un homicidio ( 2013 )
Roberto Bermudez è un brillante avvocato che insegna alla facolta di giurisprudenza. Ha un gruppo di alunni che devono prendere una sorta di master post laurea in criminologia. Tra questi c'è un ragazzo che ha conosciuto da bambino, Gonzalo Ruiz Cordera, figlio di un diplomatico che in passato ha frequentato. Quando nel parcheggio della Facoltà viene ritrovata assassinata una ragazza che lavorava in un bar, Roberto comincia a sospettare di Gonzalo, vedendo in lui uno psicopatico con l'ossessione di commettere il delitto perfetto.
Ma l'ossessione dimostrabile è solo quella di Roberto che , tra l'altro, ha una vita privata che va a rotoli condizionata dai troppi whisky che beve...
Studia maniacalmente il caso, raccoglie indizi , dettagli, prove circostanziali.
Riuscirà a dimostrare la presunta colpevolezza di Gonzalo?
C'è Ricardo Darin e a me già basterebbe così perchè per quanto mi riguarda lo adoro, il George Clooney argentino ( come qualcuno lo ha ribattezzato, evidentemente in vena di burle) basta da solo a illuminare la pellicola in cui è utilizzato.
Ed è il caso di questo Tesis sobre un homicidio, un thriller sui generis che da caso giudiziario si trasforma presto nella storia di una personale ossessione. Di quelle che condizionano la vita.
Roberto Bermudez, il personaggio recitato da Darin, è tanto brillante nella sua professione , quanto maldestro nella sua vita privata, vuota, contrassegnata dalla solitudine a seguito del suo divorzio e dai troppi cicchetti che prende al bar.
Quando ritrova Gonzalo, che aveva conosciuto da bimbetto, scatta in lui un'antipatia radicata , profonda perchè vede in lui quelle qualità che probabilmente lui ha perso col tempo.
E' bello, giovane, talmente sicuro di sè da sembrare un filo arrogante, ha successo con le donne, ha dei bei modi di fare. Sembra sereno, realizzato, sta percorrendo la strada che ha scelto per arrivare a una vita appagante.
Tutto quello che Roberto sembra aver vissuto una trentina di anni prima.
Dicevamo prima che Tesis sobre un homicidio è un thriller sui generis: in un film che si nutre dei meccanismi consoni al genere ci si soffermerebbe sulla vittima, sulle modalità dell'omicidio e invece qui tutto è trattato velocemente, quasi sbrigativamente.
Assistiamo a una sorta di lezione di criminologia: quello che conta sono i dettagli, il delitto perfetto è una questione di meri dettagli. E quindi ci troviamo catapultati nelle indagini di Roberto, radicati nella sua ossessione compulsiva in quanto a dispetto di tutto quello che va insegnando , per lui Gonzalo è colpevole sin da subito. E pian piano comincerà a trovare quei piccoli particolari, i dettagli appunto, che corroboreranno la sua tesi. Perchè la sua è fin dalla partenza una tesi e non un ipotesi.
Il film di Hernan Godfrid, tratto dal romanzo omonimo di Diego Paszkowski, ha il merito di restare sempre nell'alveo di un'ambiguità che non verrà svelata neanche alla comparsa dei titoli di coda.
Si astenga chiunque voglia trovare sempre e comunque un colpevole: qui forse lo abbiamo, forse no.
Gli indizi raccolti da Roberto sembrano probanti ma è veramente andata come dice lui? Forse.
Più di un dettaglio indica che lui ha ragione. E se fosse solo tutto frutto della sua fantasia?
Pur essendo parecchio intrigante dal punto di vista concettuale Tesis sobre un homicidio alla fine appare un po' irrisolto e non solo per un finale legato alla sensibilità dello spettatore.
Irrisolto perchè appare vittima della stessa ambiguità del suo soggetto, indeciso tra ambizioni autoriali , soprattutto nel rappresentare in immagini l'ossessione di Roberto( oggettivamente la parte più debole del film) e meccanismi propri del thriller giudiziario in cui le indagini si ancorano a un passato nebuloso da cui emergono alcuni dettagli, ( sì, ancora loro!) che rafforzano la tesi del protagonista.
Forse alla fine si soffre anche dell'ambiguità del finale: in fondo inconsciamente lo spettatore vuol vedere la soluzione del caso che ha di fronte.
E qui non ce l'ha . Forse.
( VOTO : 6,5 / 10 )
Ma l'ossessione dimostrabile è solo quella di Roberto che , tra l'altro, ha una vita privata che va a rotoli condizionata dai troppi whisky che beve...
Studia maniacalmente il caso, raccoglie indizi , dettagli, prove circostanziali.
Riuscirà a dimostrare la presunta colpevolezza di Gonzalo?
C'è Ricardo Darin e a me già basterebbe così perchè per quanto mi riguarda lo adoro, il George Clooney argentino ( come qualcuno lo ha ribattezzato, evidentemente in vena di burle) basta da solo a illuminare la pellicola in cui è utilizzato.
Ed è il caso di questo Tesis sobre un homicidio, un thriller sui generis che da caso giudiziario si trasforma presto nella storia di una personale ossessione. Di quelle che condizionano la vita.
Roberto Bermudez, il personaggio recitato da Darin, è tanto brillante nella sua professione , quanto maldestro nella sua vita privata, vuota, contrassegnata dalla solitudine a seguito del suo divorzio e dai troppi cicchetti che prende al bar.
Quando ritrova Gonzalo, che aveva conosciuto da bimbetto, scatta in lui un'antipatia radicata , profonda perchè vede in lui quelle qualità che probabilmente lui ha perso col tempo.
E' bello, giovane, talmente sicuro di sè da sembrare un filo arrogante, ha successo con le donne, ha dei bei modi di fare. Sembra sereno, realizzato, sta percorrendo la strada che ha scelto per arrivare a una vita appagante.
Tutto quello che Roberto sembra aver vissuto una trentina di anni prima.
Dicevamo prima che Tesis sobre un homicidio è un thriller sui generis: in un film che si nutre dei meccanismi consoni al genere ci si soffermerebbe sulla vittima, sulle modalità dell'omicidio e invece qui tutto è trattato velocemente, quasi sbrigativamente.
Assistiamo a una sorta di lezione di criminologia: quello che conta sono i dettagli, il delitto perfetto è una questione di meri dettagli. E quindi ci troviamo catapultati nelle indagini di Roberto, radicati nella sua ossessione compulsiva in quanto a dispetto di tutto quello che va insegnando , per lui Gonzalo è colpevole sin da subito. E pian piano comincerà a trovare quei piccoli particolari, i dettagli appunto, che corroboreranno la sua tesi. Perchè la sua è fin dalla partenza una tesi e non un ipotesi.
Il film di Hernan Godfrid, tratto dal romanzo omonimo di Diego Paszkowski, ha il merito di restare sempre nell'alveo di un'ambiguità che non verrà svelata neanche alla comparsa dei titoli di coda.
Si astenga chiunque voglia trovare sempre e comunque un colpevole: qui forse lo abbiamo, forse no.
Gli indizi raccolti da Roberto sembrano probanti ma è veramente andata come dice lui? Forse.
Più di un dettaglio indica che lui ha ragione. E se fosse solo tutto frutto della sua fantasia?
Pur essendo parecchio intrigante dal punto di vista concettuale Tesis sobre un homicidio alla fine appare un po' irrisolto e non solo per un finale legato alla sensibilità dello spettatore.
Irrisolto perchè appare vittima della stessa ambiguità del suo soggetto, indeciso tra ambizioni autoriali , soprattutto nel rappresentare in immagini l'ossessione di Roberto( oggettivamente la parte più debole del film) e meccanismi propri del thriller giudiziario in cui le indagini si ancorano a un passato nebuloso da cui emergono alcuni dettagli, ( sì, ancora loro!) che rafforzano la tesi del protagonista.
Forse alla fine si soffre anche dell'ambiguità del finale: in fondo inconsciamente lo spettatore vuol vedere la soluzione del caso che ha di fronte.
E qui non ce l'ha . Forse.
( VOTO : 6,5 / 10 )
domenica 20 ottobre 2013
I migliori film dai miei anni in poi ....# 5
Ci stiamo avvicinando sempre di più al presente e i film visti stanno aumentando esponenzialmente: quinta
puntata. Enjoy it!!!!
1995 THE HEAT
Testa a testa fino all'ultimo con Casinò di Scorsese , un altro molto in alto nella lista dei miei preferiti. Ma il confronto faccia a faccia tra De Niro e Pacino, il primo in assoluto al cinema ( ne Il padrino i loro personaggi non si incontravano mai) vale da solo il prezzo del biglietto. Indimenticabile il loro gioco di sguardi. La seconda metà dell'anno è contrassegnata dal mio servizio militare , per cui il cinema al cinema è diventato il protagonista assoluto delle mie serate, almeno 3 a settimana, qualche volta due film nello stesso giorno, la domenica. E tutto a tariffa ridotta.
E' anche l'anno di un altro film che amo moltissimo che è Strange days, è l'anno di diversi pesi massimi come Seven , Braveheart, I soliti sospetti e di quel burlone che all'uscita del cinema ( ero a Bologna, la sala era al piano superiore) uscì di corsa dal cinema urlando ai quattro venti " Lo zoppo è Keyser Soze! lo zoppo è Keyser Soze!, ed c'era un fiume di gente che si apprestava ad entrare nella sala.... Ed è anche l'anno di un piccolo gioiello che amo moltissimo, un atto d'amore incondizionato verso il teatro: Nel bel mezzo di un gelido inverno di Kenneth Branagh. Tutti visti al cinema, a loro modo tutti ricordi di un particolare periodo della mia vita.
1996 SEGRETI E BUGIE
Altro anno veramente problematico per le mie scelte: vado con l'emozione fortissima che mi ha riservato questo film di Leigh, non so se sia il migliore dell'anno ma in fondo questa lista è fatta con il cuore e vedere Brenda Blethyn che riesce a farti piangere seppur voltata di spalle alla telecamera è qualcosa che non mi era mai successo al cinema. E' l'anno di un altro film che amo alla follia come Un ragazzo, tre ragazze di Rohmer, del bellissimo Fargo dei Coen del fondamentale Le onde del destino di Lars von Trier, uno dei film su cui ho sentito forse più insulti, per quanto mi riguarda assolutamente immeritati. Un altro paio di ammmmori cinematografici, due film piccoli e forse poco noti ma che meritano di essere nominati: Nelly e Monsieur Arnaud , ultimo film del mai abbastanza compianto Claude Sautet e l'esordio fulminante di Cedric Klapisch, Ognuno cerca il suo gatto, una ricognizione poetica per i vicoli della Parigi più nascosta, un caleidoscopio di varia umanità che mi scalda ancora il cuore. And last but non least: un magnifico micione.
1997 FULL MONTY
Abbiamo detto una lista fatta col cuore e Full Monty è la scelta del cuore. Una commedia proletaria piena di scene leggendarie, purtroppo profetica di quello che sarebbe arrivato anni dopo. Anche questo è uno dei rari casi ( due in tutto , questo film e L'età dell'innocenza) in cui ho pagato più volte il biglietto per vederlo al cinema. Magari è una cosa da nerd sfigato ma all'epoca andai almeno tre volte con compagnie diverse. Se avessi dovuto dare retta al cervello avrei dovuto indicare Jackie Brown, uno dei miei Tarantino preferiti, sublime rilettura di genere.Un altro film che non posso fare a meno di nominare è Boogie nights, un'esplosione di talento registico da parte del giovane Anderson, uno che si farà conoscere molto bene nel proseguio della sua carriera e poi una folgorazione: Marius e Jeannette, esordio col botto di Guediguian, un autore amatissimo qui a bottega.
1998 RACCONTO D'AUTUNNO
Per quanto mi riguarda è il vertice della sublime filmografia di Eric Rohmer, uno dei registi più amati qui sul mio ramo d'albero. Un film incantevole che ancora oggi rivedo con piacere , un dvd che conservo gelosamente. Il 1998 è stracolmo di titoli che adoro e che meriterebbero tutti di essere nominati. Sicuramente ne dimenticherò qualcuno. Non posso dimenticare una pellicola leggendaria come Il grande Lebowski, film splendidi come La sottile linea rossa , The Truman show , un altro tra i miei preferiti di sempre che è Happiness di Todd Solondz, uno dei film americani più cattivi che abbia mai visto. E poi non posso fare a meno di citare il mio preferito di Kusturica , Gatto nero gatto bianco , il bellissimo My name is Joe e l'amatissimo Gattaca. Un'altra citazione è d'obbligo per lo splendido La vita sognata degli angeli di Erick Zonca, un cineasta che purtroppo poi è stato relegato in un doloroso oblio dopo aver regalato sprazzi di talento accecante...
1999 FUCKING AMAL
Questo è uno dei rari casi in cui non ci ho pensato neanche un attimo a scegliere: Fucking Amal è uno dei miei film preferiti in assoluto, una storia d'amore , di presa di coscienza sessuale ,un percorso di formazione che è come una vampata di fuoco che cova sotto il ghiaccio. In filigrana c'è uno sguardo impietoso verso la società svedese fatta di genitori assenti, nel migliore dei casi e di famiglie disgregate. Il 1999 è importante anche perchè è di quest'anno il Lynch che amo di più, quello dello splendido Una storia vera, di uno dei più bei film di Spike Lee ( e anche uno dei suoi più sottovalutati e misconosciuti), SOS Summer of Sam ed è anche l'anno di Rosetta dei Dardenne, ovvero la nascita di un mio nuovo amore cinematografico perchè adoro alla follia il cinema verità dei fratelloni belgi....
2000 IL GUSTO DEGLI ALTRI
Un 'altra scelta, l'ennesima fatta esclusivamente col cuore. Una
sceneggiatura perfetta che incastra in modo incantevole le storie dei vari personaggi che si dividono la scena e uno dei finali più belli e più emozionanti che abbia mai visto al cinema. Di solito il lieto fine mi sa di ruffianeria verso lo spettatore ma qui è come una liberazione, la testimonianza che qualche volta i sogni si possono anche avverare. Altra emozione fortissima provata al cinema è Il tempo dei cavalli ubriachi di Ghobadi, uno degli allievi prediletti di Kiarostami che si è preso la soddisfazione, talvolta di battere il maestro sul suo stesso terreno. E' anche l'anno di film che ho conosciuto ( e amato) qualche anno dopo la loro uscita: Le armonie di Werckmeister di Bela Tarr, Peppermint Candy ,uno dei capolavori di uno dei registi coreani meglio conosciuti in Occidente, Lee Chang Dong e del seminale Battle Royale. Altri due piccoli film da segnalare che all'epoca mi divertirono assai: Jalla! Jalla! commedia su una famiglia libanese in Svezia alla disperata ( e comica) ricerca di un'integrazione possibile e Italiano per principianti , un film che pur rispettando i dettami del Dogma 95 riesce a essere leggero e divertente , oltre che caustico.
Menzione particolare per uno dei piaceri cinefili più intensi di quella stagione: Grazie per la cioccolata di Chabrol.
E anche per stavolta è tutto. Domenica prossima il penultimo atto di questa lunga cavalcata...
puntata. Enjoy it!!!!
1995 THE HEAT
Testa a testa fino all'ultimo con Casinò di Scorsese , un altro molto in alto nella lista dei miei preferiti. Ma il confronto faccia a faccia tra De Niro e Pacino, il primo in assoluto al cinema ( ne Il padrino i loro personaggi non si incontravano mai) vale da solo il prezzo del biglietto. Indimenticabile il loro gioco di sguardi. La seconda metà dell'anno è contrassegnata dal mio servizio militare , per cui il cinema al cinema è diventato il protagonista assoluto delle mie serate, almeno 3 a settimana, qualche volta due film nello stesso giorno, la domenica. E tutto a tariffa ridotta.
E' anche l'anno di un altro film che amo moltissimo che è Strange days, è l'anno di diversi pesi massimi come Seven , Braveheart, I soliti sospetti e di quel burlone che all'uscita del cinema ( ero a Bologna, la sala era al piano superiore) uscì di corsa dal cinema urlando ai quattro venti " Lo zoppo è Keyser Soze! lo zoppo è Keyser Soze!, ed c'era un fiume di gente che si apprestava ad entrare nella sala.... Ed è anche l'anno di un piccolo gioiello che amo moltissimo, un atto d'amore incondizionato verso il teatro: Nel bel mezzo di un gelido inverno di Kenneth Branagh. Tutti visti al cinema, a loro modo tutti ricordi di un particolare periodo della mia vita.
1996 SEGRETI E BUGIE
Altro anno veramente problematico per le mie scelte: vado con l'emozione fortissima che mi ha riservato questo film di Leigh, non so se sia il migliore dell'anno ma in fondo questa lista è fatta con il cuore e vedere Brenda Blethyn che riesce a farti piangere seppur voltata di spalle alla telecamera è qualcosa che non mi era mai successo al cinema. E' l'anno di un altro film che amo alla follia come Un ragazzo, tre ragazze di Rohmer, del bellissimo Fargo dei Coen del fondamentale Le onde del destino di Lars von Trier, uno dei film su cui ho sentito forse più insulti, per quanto mi riguarda assolutamente immeritati. Un altro paio di ammmmori cinematografici, due film piccoli e forse poco noti ma che meritano di essere nominati: Nelly e Monsieur Arnaud , ultimo film del mai abbastanza compianto Claude Sautet e l'esordio fulminante di Cedric Klapisch, Ognuno cerca il suo gatto, una ricognizione poetica per i vicoli della Parigi più nascosta, un caleidoscopio di varia umanità che mi scalda ancora il cuore. And last but non least: un magnifico micione.
1997 FULL MONTY
Abbiamo detto una lista fatta col cuore e Full Monty è la scelta del cuore. Una commedia proletaria piena di scene leggendarie, purtroppo profetica di quello che sarebbe arrivato anni dopo. Anche questo è uno dei rari casi ( due in tutto , questo film e L'età dell'innocenza) in cui ho pagato più volte il biglietto per vederlo al cinema. Magari è una cosa da nerd sfigato ma all'epoca andai almeno tre volte con compagnie diverse. Se avessi dovuto dare retta al cervello avrei dovuto indicare Jackie Brown, uno dei miei Tarantino preferiti, sublime rilettura di genere.Un altro film che non posso fare a meno di nominare è Boogie nights, un'esplosione di talento registico da parte del giovane Anderson, uno che si farà conoscere molto bene nel proseguio della sua carriera e poi una folgorazione: Marius e Jeannette, esordio col botto di Guediguian, un autore amatissimo qui a bottega.
1998 RACCONTO D'AUTUNNO
Per quanto mi riguarda è il vertice della sublime filmografia di Eric Rohmer, uno dei registi più amati qui sul mio ramo d'albero. Un film incantevole che ancora oggi rivedo con piacere , un dvd che conservo gelosamente. Il 1998 è stracolmo di titoli che adoro e che meriterebbero tutti di essere nominati. Sicuramente ne dimenticherò qualcuno. Non posso dimenticare una pellicola leggendaria come Il grande Lebowski, film splendidi come La sottile linea rossa , The Truman show , un altro tra i miei preferiti di sempre che è Happiness di Todd Solondz, uno dei film americani più cattivi che abbia mai visto. E poi non posso fare a meno di citare il mio preferito di Kusturica , Gatto nero gatto bianco , il bellissimo My name is Joe e l'amatissimo Gattaca. Un'altra citazione è d'obbligo per lo splendido La vita sognata degli angeli di Erick Zonca, un cineasta che purtroppo poi è stato relegato in un doloroso oblio dopo aver regalato sprazzi di talento accecante...
1999 FUCKING AMAL
Questo è uno dei rari casi in cui non ci ho pensato neanche un attimo a scegliere: Fucking Amal è uno dei miei film preferiti in assoluto, una storia d'amore , di presa di coscienza sessuale ,un percorso di formazione che è come una vampata di fuoco che cova sotto il ghiaccio. In filigrana c'è uno sguardo impietoso verso la società svedese fatta di genitori assenti, nel migliore dei casi e di famiglie disgregate. Il 1999 è importante anche perchè è di quest'anno il Lynch che amo di più, quello dello splendido Una storia vera, di uno dei più bei film di Spike Lee ( e anche uno dei suoi più sottovalutati e misconosciuti), SOS Summer of Sam ed è anche l'anno di Rosetta dei Dardenne, ovvero la nascita di un mio nuovo amore cinematografico perchè adoro alla follia il cinema verità dei fratelloni belgi....
2000 IL GUSTO DEGLI ALTRI
Un 'altra scelta, l'ennesima fatta esclusivamente col cuore. Una
sceneggiatura perfetta che incastra in modo incantevole le storie dei vari personaggi che si dividono la scena e uno dei finali più belli e più emozionanti che abbia mai visto al cinema. Di solito il lieto fine mi sa di ruffianeria verso lo spettatore ma qui è come una liberazione, la testimonianza che qualche volta i sogni si possono anche avverare. Altra emozione fortissima provata al cinema è Il tempo dei cavalli ubriachi di Ghobadi, uno degli allievi prediletti di Kiarostami che si è preso la soddisfazione, talvolta di battere il maestro sul suo stesso terreno. E' anche l'anno di film che ho conosciuto ( e amato) qualche anno dopo la loro uscita: Le armonie di Werckmeister di Bela Tarr, Peppermint Candy ,uno dei capolavori di uno dei registi coreani meglio conosciuti in Occidente, Lee Chang Dong e del seminale Battle Royale. Altri due piccoli film da segnalare che all'epoca mi divertirono assai: Jalla! Jalla! commedia su una famiglia libanese in Svezia alla disperata ( e comica) ricerca di un'integrazione possibile e Italiano per principianti , un film che pur rispettando i dettami del Dogma 95 riesce a essere leggero e divertente , oltre che caustico.
Menzione particolare per uno dei piaceri cinefili più intensi di quella stagione: Grazie per la cioccolata di Chabrol.
E anche per stavolta è tutto. Domenica prossima il penultimo atto di questa lunga cavalcata...
sabato 19 ottobre 2013
I love radio rock ( 2009 )
Londra 1966 : alla radio la BBC trasmette per volontà del governo solo musica classica dedicando alla musica più moderna solo 45 minuti al giorno.E' il momento in cui si afferma Radio Rock, un'emittente radiofonica clandestina che trasmette da una nave dispersa da qualche parte nel mare del Nord. Il governo cerca di metterle i bastoni tra le ruote in tutte le maniere ma da solo il via al fenomeno sempre più dirompenti delle radio pirata.A bordo della nave intanto si celebra la nuova stagione del rock anche perchè i dj sono costretti praticamente a una convivenza forzata e in qualche modo il tempo tra una trasmissione e l'altra dovrà pure trascorrere...
I love radio rock è la storia di una nave al largo formato radio pirata. Una nave rosso ruggine, forse più arrugginita che rossa, a prima vista non tanto solida ma piena di vita.
Unica missione diffondere il verbo del pop e del rock nell'uggiosa terra d'Albione. Terra in cui la BBC trasmette meno di 45 minuti al giorno di rock e pop. Di qui a metà anni 60 il fenomeno delle radio pirata che trasmettono rock e pop 24 ore al giorno, tutti i giorni.
L'opera di Curtis si può guardare da diverse prospettive: può essere vista come un inno all'amicizia, alla complicità, un inno alla libertà d'espressione rappresentata dalla musica pop e rock in questo caso, può essere catalogata come una tenera operazione nostalgia per parlare di un fenomeno poco conosciuto per noi continentali oppure può essere considerata una furba compilation di brani che sembrano non essere invecchiati per niente, oggi come allora ci regalano ancora la loro debordante bellezza.
O forse è un po'tutte queste cose insieme... questo non è un film solo adatto a nostalgici del rock ormai dalla parte sbagliata degli anta che cercano di rinverdire il ricordo dei loro anni più luminosi, non è adatto solo a chi è abituato a pizzicare l'aria imbracciando una chitarra immaginaria o a chi impugna bacchette invisibili con cui percuote un rullante che non c'è, o a chi canta impugnando un microfono inesistente. Non è solo per loro. E'qualcosa in più.
E'una pellicola che parla di musica e di filosofia di vita ricordando bene che nel rock non c'è nulla di intellettuale , è una musica che parte dal basso, dal volgo, che colpisce più le viscere che la testa, il quattro quarti nella sua assurda semplicità è un tempo che può essere flesso quasi a piacimento, le sette note sembrano ben poca cosa eppure frastagliate a dovere riescono a essere colonna sonora fondamentale per milioni di fans sparsi per tutto il globo.
E non si può nascondere una certa furbizia nella confezione, una ricerca della semplicità a tutti i costi, dello snodo narrativo semplice che cerca di piacere a più persone possibili, dei buoni sentimenti a tutti i costi dimostrando con uno stile da cartolina natalizia che anche se per la legge sono dei loschi fuorilegge sulla nave di Radio Rock ci sono le persone più buone del mondo.
Però pur con tutti questi limiti, pur essendo ben visibile la volontà di alleggerire il film da possibili seconde letture il film a mio modesto parere è assolutamente vincente,un cocktail irresistibile di musica ,di cinema ,di radio, di sesso e di fottuto rock and roll.E gli attori che si sono prestati all'opera sono eccellenti:Bill Nighy continua a cesellare personaggi adorabilmente animati da una ventata di follia (vedi il cantante degli Strange fruit nel seminale Still Crazy),Nick Frost attore mito, pingue eppure con insospettato successo tra le esponenti del gentil sesso, Rhys Ifans che sembra ogni volta avere un rapporto carnale col microfono, oppure il Seymour Hoffman credibile anche nei panni del rocker a cui il doppiatore Pannofino regala la solita voce di chi ha fumato almeno un milione di sigarette.
Per non parlare poi del gustoso cameo divertito di Emma Thompson e del ruolo infido e untuoso dello spregevole ministro a cui aderisce con sottile perfidia un ritrovato Kenneth Branagh.
Impossibile poi disgiungere l'aspetto visivo da quello musicale:i parole e musica sono un tuttuno immagini e suoni vivono in simbiosi rendendo ancora più fascinosa la percezione multimediale.
Ci sono alcuni brani che il cui testo viene usato per descrivere lo stato d'animo di questo o quel personaggio, oppure il semplice titolo descrive la volontà di continaure a vivere (la parte in cui Carl sottacqua cerca di salvare il padre che sta andando a fondo cercando di salvare i dischi è al suono di I won't get fooled again degli Who).
Lo stile registico di Curtis è molto vicino a quello della sua commedia sentimentale Love actually con vari personaggi tutti ugualmente importanti.
La trovata migliore è quella di non insistere sulla rievocazione di un epoca mitica come gli anni 60: o meglio i vestiti fanno subito rendere conto dell'epoca in cui ci troviamo, così come i siparietti ballati colorati a tinte vivaci, ma sulla nave si respira un aria quasi senza tempo, una sorta di comune hippy molto più moderna di quello che ci si aspetterebbe.
E il naufragar m' è rock in questo mare...
( VOTO : 7,5 / 10 )
I love radio rock è la storia di una nave al largo formato radio pirata. Una nave rosso ruggine, forse più arrugginita che rossa, a prima vista non tanto solida ma piena di vita.
Unica missione diffondere il verbo del pop e del rock nell'uggiosa terra d'Albione. Terra in cui la BBC trasmette meno di 45 minuti al giorno di rock e pop. Di qui a metà anni 60 il fenomeno delle radio pirata che trasmettono rock e pop 24 ore al giorno, tutti i giorni.
L'opera di Curtis si può guardare da diverse prospettive: può essere vista come un inno all'amicizia, alla complicità, un inno alla libertà d'espressione rappresentata dalla musica pop e rock in questo caso, può essere catalogata come una tenera operazione nostalgia per parlare di un fenomeno poco conosciuto per noi continentali oppure può essere considerata una furba compilation di brani che sembrano non essere invecchiati per niente, oggi come allora ci regalano ancora la loro debordante bellezza.
O forse è un po'tutte queste cose insieme... questo non è un film solo adatto a nostalgici del rock ormai dalla parte sbagliata degli anta che cercano di rinverdire il ricordo dei loro anni più luminosi, non è adatto solo a chi è abituato a pizzicare l'aria imbracciando una chitarra immaginaria o a chi impugna bacchette invisibili con cui percuote un rullante che non c'è, o a chi canta impugnando un microfono inesistente. Non è solo per loro. E'qualcosa in più.
E'una pellicola che parla di musica e di filosofia di vita ricordando bene che nel rock non c'è nulla di intellettuale , è una musica che parte dal basso, dal volgo, che colpisce più le viscere che la testa, il quattro quarti nella sua assurda semplicità è un tempo che può essere flesso quasi a piacimento, le sette note sembrano ben poca cosa eppure frastagliate a dovere riescono a essere colonna sonora fondamentale per milioni di fans sparsi per tutto il globo.
E non si può nascondere una certa furbizia nella confezione, una ricerca della semplicità a tutti i costi, dello snodo narrativo semplice che cerca di piacere a più persone possibili, dei buoni sentimenti a tutti i costi dimostrando con uno stile da cartolina natalizia che anche se per la legge sono dei loschi fuorilegge sulla nave di Radio Rock ci sono le persone più buone del mondo.
Però pur con tutti questi limiti, pur essendo ben visibile la volontà di alleggerire il film da possibili seconde letture il film a mio modesto parere è assolutamente vincente,un cocktail irresistibile di musica ,di cinema ,di radio, di sesso e di fottuto rock and roll.E gli attori che si sono prestati all'opera sono eccellenti:Bill Nighy continua a cesellare personaggi adorabilmente animati da una ventata di follia (vedi il cantante degli Strange fruit nel seminale Still Crazy),Nick Frost attore mito, pingue eppure con insospettato successo tra le esponenti del gentil sesso, Rhys Ifans che sembra ogni volta avere un rapporto carnale col microfono, oppure il Seymour Hoffman credibile anche nei panni del rocker a cui il doppiatore Pannofino regala la solita voce di chi ha fumato almeno un milione di sigarette.
Per non parlare poi del gustoso cameo divertito di Emma Thompson e del ruolo infido e untuoso dello spregevole ministro a cui aderisce con sottile perfidia un ritrovato Kenneth Branagh.
Impossibile poi disgiungere l'aspetto visivo da quello musicale:i parole e musica sono un tuttuno immagini e suoni vivono in simbiosi rendendo ancora più fascinosa la percezione multimediale.
Ci sono alcuni brani che il cui testo viene usato per descrivere lo stato d'animo di questo o quel personaggio, oppure il semplice titolo descrive la volontà di continaure a vivere (la parte in cui Carl sottacqua cerca di salvare il padre che sta andando a fondo cercando di salvare i dischi è al suono di I won't get fooled again degli Who).
Lo stile registico di Curtis è molto vicino a quello della sua commedia sentimentale Love actually con vari personaggi tutti ugualmente importanti.
La trovata migliore è quella di non insistere sulla rievocazione di un epoca mitica come gli anni 60: o meglio i vestiti fanno subito rendere conto dell'epoca in cui ci troviamo, così come i siparietti ballati colorati a tinte vivaci, ma sulla nave si respira un aria quasi senza tempo, una sorta di comune hippy molto più moderna di quello che ci si aspetterebbe.
E il naufragar m' è rock in questo mare...
( VOTO : 7,5 / 10 )
venerdì 18 ottobre 2013
The moth diaries ( 2011 )
Rebecca ritorna al suo liceo d'elite dopo aver trascorso un periodo a casa in cui ha cercato di superare il tragico avvenimento del suicidio del padre, scrittore. Ritrova l'amica del cuore Lucy e anche una nuova misteriosa compagna di classe, Ernessa. Più Ernessa e Lucy diventano amiche, più le condizioni di salute di Lucy peggiorano, ogni giorno diventa più pallida, debole ed emaciata. Rebecca si convince che Ernessa sia un vampiro e cerca di allontanarla da Lucy con tutte le sue forze. Ma della particolarità di Ernessa sembra non accorgersi nessuno....
C'era una volta una regista di belle speranze che rispondeva al nome di Mary Harron. Si fece conoscere con Ho sparato ad Andy Warhol ( un film semi indipendente di cui ricordo Lily Taylor e poco altro nel delirio suo e di chi il film lo ha visto), illuse qualcuno di aver trovato una new sensation registica con American Psycho ( controverso il romanzo e ancor di più il film che banalizzava come pochi la pagina scritta ) e poi fece tanta televisione.
Ora c'è una regista che tenta disperatamente di riemergere dall'oblio e ci prova con qualcosa che vorrebbe far presa sull'universo teen : un film di vampiri senza troppi spargimenti di sangue, senza canini appuntiti a vista, senza pipistrelli ( sostituiti dalle falene del titolo), senza paletti di frassino , aglio o croci.
Insomma vampiri che non sono accompagnati da tutta la classica iconografia del genere, un po' come quelli sdentati di Twilight.
C'è solo un gruppo di ragazze alle prese con una fase difficile della loro crescita con un background doloroso ( vedi il suicidio del padre di Rebecca) e con un futuro nebuloso il giusto.
Più che un film di vampiri ( o meglio di vampiresse) è un racconto che cerca di richiamarsi alla tradizione del romanzo gotico con i suoi continui richiami a Carmilla di Sheridan Le Fanu.
Dei richiami talmente allo scoperto ( perchè probabilmente la Harron e la sua cosceneggiatrice Rachel Klein, anche autrice del romanzo da cui è tratto il film, sanno benissimo che Carmilla non è così conosciuto dal presunto target del film,quello tardo adolescenziale) da essere pretestuosi e ingenui allo stesso tempo:
pretestuosi come l'accenno di infatuazione di Rebecca che appoggia i suoi occhietti da cerbiatta sul bel professore di storia ( un improbabile Scott Speedman , uno che riesce a spiegare in tre parole scritte sulla lavagna tutta la letteratura vampiresca) e ingenui come lo svolgersi di un copione che non riserva alcuna sorpresa dimostrandosi indeciso tra l'horror puro e crudo e le suggestioni di atmosfera della più classica delle ghost stories.
Quello che salva The Moth diaries dal naufragio totale è un certo gusto nella regia della Harron che si muove bene in una location suggestiva in cui è ambientato il film e riesce a regalare alcune sequenze di forte impatto ( come la doccia di sangue di Ernessa, derivativa quanto si vuole ma decisamente d'effetto).
Il problema di The Moth diaries è la sua mancanza di spessore, la sua irrimediabile banalità nell'impantanarsi in tematiche da teen movie ( il classico coming of age tanto caro al cinema d'oltreoceano) attorno alle quali c'è una cornice da romanzo gotico.
A conti fatti una cornice che vale più del quadro in essa contenuta.
Però lo sguardo di Sarah Bolger nella parte di Rebecca è di quelli che buca lo schermo....
( VOTO : 5 / 10 )
C'era una volta una regista di belle speranze che rispondeva al nome di Mary Harron. Si fece conoscere con Ho sparato ad Andy Warhol ( un film semi indipendente di cui ricordo Lily Taylor e poco altro nel delirio suo e di chi il film lo ha visto), illuse qualcuno di aver trovato una new sensation registica con American Psycho ( controverso il romanzo e ancor di più il film che banalizzava come pochi la pagina scritta ) e poi fece tanta televisione.
Ora c'è una regista che tenta disperatamente di riemergere dall'oblio e ci prova con qualcosa che vorrebbe far presa sull'universo teen : un film di vampiri senza troppi spargimenti di sangue, senza canini appuntiti a vista, senza pipistrelli ( sostituiti dalle falene del titolo), senza paletti di frassino , aglio o croci.
Insomma vampiri che non sono accompagnati da tutta la classica iconografia del genere, un po' come quelli sdentati di Twilight.
C'è solo un gruppo di ragazze alle prese con una fase difficile della loro crescita con un background doloroso ( vedi il suicidio del padre di Rebecca) e con un futuro nebuloso il giusto.
Più che un film di vampiri ( o meglio di vampiresse) è un racconto che cerca di richiamarsi alla tradizione del romanzo gotico con i suoi continui richiami a Carmilla di Sheridan Le Fanu.
Dei richiami talmente allo scoperto ( perchè probabilmente la Harron e la sua cosceneggiatrice Rachel Klein, anche autrice del romanzo da cui è tratto il film, sanno benissimo che Carmilla non è così conosciuto dal presunto target del film,quello tardo adolescenziale) da essere pretestuosi e ingenui allo stesso tempo:
pretestuosi come l'accenno di infatuazione di Rebecca che appoggia i suoi occhietti da cerbiatta sul bel professore di storia ( un improbabile Scott Speedman , uno che riesce a spiegare in tre parole scritte sulla lavagna tutta la letteratura vampiresca) e ingenui come lo svolgersi di un copione che non riserva alcuna sorpresa dimostrandosi indeciso tra l'horror puro e crudo e le suggestioni di atmosfera della più classica delle ghost stories.
Quello che salva The Moth diaries dal naufragio totale è un certo gusto nella regia della Harron che si muove bene in una location suggestiva in cui è ambientato il film e riesce a regalare alcune sequenze di forte impatto ( come la doccia di sangue di Ernessa, derivativa quanto si vuole ma decisamente d'effetto).
Il problema di The Moth diaries è la sua mancanza di spessore, la sua irrimediabile banalità nell'impantanarsi in tematiche da teen movie ( il classico coming of age tanto caro al cinema d'oltreoceano) attorno alle quali c'è una cornice da romanzo gotico.
A conti fatti una cornice che vale più del quadro in essa contenuta.
Però lo sguardo di Sarah Bolger nella parte di Rebecca è di quelli che buca lo schermo....
( VOTO : 5 / 10 )
giovedì 17 ottobre 2013
Supidario veterinario # 5
Vi mancava l'appuntamento mensile con lo stupidario veterinario? Credevate che avevo gettato nel dimenticatoio questa rubrichetta che mi sta dando tante soddisfazioni? No, no, no, no....
Fare il veterinario è appagante per certi versi e parecchio frustrante per altri: però le soddisfazioni superano di parecchio le delusioni , o almeno si ricordano meglio mentre le delusioni si infilano subito nella via dell'oblio. Tra le frustrazioni ricorrenti quelle riguardanti una certa categoria di persone che ti guardano come se fossi una specie di samaritano sceso dal cielo votato alla beneficienza ostinata agli altri, mosso esclusivamente dalla passione per gli animali, quasi incorporeo visto che la sua unica missione è quella di aiutare animali in difficoltà rigorosamente non randagi ma di proprietà.
Essi non sospettano neanche che la notte ho il cattivo gusto di dormire ( e tu non te lo sei ricordato, vero? misterioso cliente che mi telefoni alle due di notte per appurare se funzioni la reperibilità notturna e sei preoccupato perchè il tuo cucciolo sono due giorni che si gratta, cioè da quando lo hai preso), mi alimento in orari normali ( e tu che immancabilmente telefoni ad ore pasti per chiedere informazioni non della massima urgenza non lo sapevi), ho una famiglia e dei figli a cui dedicare il poco tempo libero ( ecco perchè magari il sabato pomeriggio e la domenica cerco di stare a casa e non sto in ambulatorio e non mi sento in colpa per niente se proprio lo vuoi sapere caro cliente che vuoi
fare vaccinazioni d'urgenza il sabato pomeriggio o la domenica mattina perchè gli altri giorni lavori...e io invece sto a pettinare le bambole), ho addirittura bisogno di soldi per vivere, pagare le tasse , l'affitto dell'ambulatorio ( mi rivolgo proprio a te, cliente sconosciuto che ho il piacere di conoscere per la prima volta, che mi porti in visita il tuo animale,dopo la visita mi chiedi " le devo qualcosa? " e mi guardi stupito e anche un po' schifato perchè ho messo mano al blocchetto delle ricevute fiscali), non sono veggente per cui è impossibile che visiti attraverso i fili del telefono, nè sono mago dotato di sfera di cristallo ( e stavolta ce l'ho con te , cliente misterioso che mi dici telefonicamente " oggi il mio cane/ gatto sta male. Che cosa ha e che cosa gli posso dare?"), a volte nel tempo libero posso anche ambire a una vita sociale e partecipare a festicciole in famiglia e con i bambini smettendo di essere veterinario ( e questa è per te , amico, parente o conoscente che sapendo che sono veterinario non ti fermi davanti a nulla pur di chiedere consigli , neanche di fronte a una torta di compleanno), qualche volta è successo anche che ho preso dei giorni di vacanza per rilassarmi ( per te che ti stupisci che ho l'ambulatorio chiuso o che non sono nei dintorni).
Sappi, cliente e con questo termino, che talvolta ho anche il cattivo gusto di ammalarmi, di prendere un'influenza, un po' di febbre, mal di gola che mi impedisce di mettermi in macchina e arrivare sul posto di lavoro.
Gli chiedo " Quanto è grande il cane ? " e lui mi risponde "Ha 5 anni" e io " no , intendevo chiedere che tipo di cane è per sapere quanto pesa" E lui mi risponde " E' un incrocio di volpino e peserà un 30-40 kg" Io stupito " Un volpino che pesa 30-40 kg?" E lui " Ma è incrociato con un rottweiler!!" Giuro che mi era venuta una voglia matta di salire in macchina, fare i 50 km che ci separavano solo per vedere che faccia avesse il cane!!!!!.
That's all folks!!!
Fare il veterinario è appagante per certi versi e parecchio frustrante per altri: però le soddisfazioni superano di parecchio le delusioni , o almeno si ricordano meglio mentre le delusioni si infilano subito nella via dell'oblio. Tra le frustrazioni ricorrenti quelle riguardanti una certa categoria di persone che ti guardano come se fossi una specie di samaritano sceso dal cielo votato alla beneficienza ostinata agli altri, mosso esclusivamente dalla passione per gli animali, quasi incorporeo visto che la sua unica missione è quella di aiutare animali in difficoltà rigorosamente non randagi ma di proprietà.
Essi non sospettano neanche che la notte ho il cattivo gusto di dormire ( e tu non te lo sei ricordato, vero? misterioso cliente che mi telefoni alle due di notte per appurare se funzioni la reperibilità notturna e sei preoccupato perchè il tuo cucciolo sono due giorni che si gratta, cioè da quando lo hai preso), mi alimento in orari normali ( e tu che immancabilmente telefoni ad ore pasti per chiedere informazioni non della massima urgenza non lo sapevi), ho una famiglia e dei figli a cui dedicare il poco tempo libero ( ecco perchè magari il sabato pomeriggio e la domenica cerco di stare a casa e non sto in ambulatorio e non mi sento in colpa per niente se proprio lo vuoi sapere caro cliente che vuoi
fare vaccinazioni d'urgenza il sabato pomeriggio o la domenica mattina perchè gli altri giorni lavori...e io invece sto a pettinare le bambole), ho addirittura bisogno di soldi per vivere, pagare le tasse , l'affitto dell'ambulatorio ( mi rivolgo proprio a te, cliente sconosciuto che ho il piacere di conoscere per la prima volta, che mi porti in visita il tuo animale,dopo la visita mi chiedi " le devo qualcosa? " e mi guardi stupito e anche un po' schifato perchè ho messo mano al blocchetto delle ricevute fiscali), non sono veggente per cui è impossibile che visiti attraverso i fili del telefono, nè sono mago dotato di sfera di cristallo ( e stavolta ce l'ho con te , cliente misterioso che mi dici telefonicamente " oggi il mio cane/ gatto sta male. Che cosa ha e che cosa gli posso dare?"), a volte nel tempo libero posso anche ambire a una vita sociale e partecipare a festicciole in famiglia e con i bambini smettendo di essere veterinario ( e questa è per te , amico, parente o conoscente che sapendo che sono veterinario non ti fermi davanti a nulla pur di chiedere consigli , neanche di fronte a una torta di compleanno), qualche volta è successo anche che ho preso dei giorni di vacanza per rilassarmi ( per te che ti stupisci che ho l'ambulatorio chiuso o che non sono nei dintorni).
Sappi, cliente e con questo termino, che talvolta ho anche il cattivo gusto di ammalarmi, di prendere un'influenza, un po' di febbre, mal di gola che mi impedisce di mettermi in macchina e arrivare sul posto di lavoro.
Prima che me ne dimentichi: la signorina che vedete effigiata in queste foto è Macchia, lo scarabocchietto trovato nella canicola ferragostana in versione gatto da tavolo. E' attratta dal disordine della mia scrivania come una calamita e appena trova l'occasione non vede l'ora di mettere tutto un po' a soqquadro. la signorina sta cambiando i denti ( quindi ha quattro mesi e mezzo circa, è nata agli inizi di giugno) e morde tutto quello che le passa a tiro. Un po' per gioco ma i suoi canini sono discretamente appuntiti. Ne fa le spese la gatta a tre ruote motrici che ho con me da un sacco d'anni. Ora è diventata un piccolo rudere e subisce le angherie ( per gioco) della piccola in modo stoico.
Cose degne di segnalare allo stupidario fondamentalmente sono due : la cliente col pastore tedesco, più che cliente amica visto che la conosco da quando era bambina , che me lo porta per la prima visita. Io adempio al mio dovere e tra una chiacchiera e l'altra appuro che è criptorchide ( cioè ha un testicolo solo sceso nello scroto). Con perfetta terminologia medica, anche un po' aulica e ridondante le dico " C'ha una palla sola!" e lei si zittisce per un attimo, mi guarda un po' stupita e poi mi risponde sicura" No, no c'ha anche un sacco di altri giochi, non c'ha solo una palla!!!"....Stavolta sono riuscito a trattenermi solo per il tempo necessario per uscire un attimo dalla sala visite...
Altra cosa buffa stavolta è stato un consulto telefonico. La telefonata è andata più o meno così : " il mio cane ha preso il veleno per i topi se intanto mi può dire che cosa posso dargli" E' un amico ( a me sconosciuto ) di un amico e appurata l'impossibilità di vedere il cane mi accingo a dirgli che farmaco prendere.Gli chiedo " Quanto è grande il cane ? " e lui mi risponde "Ha 5 anni" e io " no , intendevo chiedere che tipo di cane è per sapere quanto pesa" E lui mi risponde " E' un incrocio di volpino e peserà un 30-40 kg" Io stupito " Un volpino che pesa 30-40 kg?" E lui " Ma è incrociato con un rottweiler!!" Giuro che mi era venuta una voglia matta di salire in macchina, fare i 50 km che ci separavano solo per vedere che faccia avesse il cane!!!!!.
Soprattutto voglio sperare che non sia stata la madre il membro volpino della famiglia.....
That's all folks!!!
Alla prossima!
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