I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

martedì 30 giugno 2015

The Fighters ( 2014 )

Arnaud ha 20 anni, ha perso il padre, aiuta il fratello nella sua piccola attività imprenditoriale e ha un approccio morbido alla vita. Madeleine è la figlia di una famiglia benestante, è fissata con la fine del mondo, con l'esercito e le tecniche di sopravvivenza.
Un giorno si incontrano a uno stand dell'esercito per reclutare giovani: Madeleine lo atterra con una mossa di judo, lui per liberarsi non esita a morderle un braccio, proprio come farebbe una femmina.
Continuano a frequentarsi casualmente e poi si trovano insieme a uno stage per paracadutisti che per lei è troppo rilassato e senza stimoli.
Ma la loro relazione tra up and downs progredisce...
Prima di parlare di questa opera prima di Thomas Cailley presentata con successo a Cannes dell'anno scorso e vincitrice di numerosi premi nazionali e internazionali ( non ultimi  5 Cesar tra cui quello per i migliori attori, per la miglior sceneggiatura e per la miglior opera prima) vorrei fare una chiosa sul lavoro del malvagio titolista italiano.
Tu, essere immondo che non fai nulla da mane a tramonto, tu che hai solo il compito di dare un titolo plausibile ai film stranieri importati in Italia, tu che invece ti permetti di sfregiare ogni titolo che arriva tra le tue manine ossute ed adunche. Perché? Perché? PERCHE' un titolo in francese invece di tradurlo nella nostra lingua lo traduci pari pari in inglese? PERCHE'?
Lasciamo perdere quella che sta diventando una mia piccola crociata personale ma sono arrivato praticamente al punto di saturazione.
Devo dire che stavolta nei Paesi anglofoni è andata anche peggio, visto che il titolo è diventato Love at first fight.
Veniamo al film che è meglio, anche perché merita molto.
The Fighters si presenta all'inizio come una commedia romantica di quelle estive, forse anche un po' stupidine, ci vengono proposti due personaggi che più opposti non possono essere, lo spettatore che mangia la foglia comincia a fare due più due e inizia già a pregustare la solita storia d'amore con qualche crampo sparso qui e là, già immagina che dopo i canonici tre quarti d'ora scoccherà la scintilla e le labbra dei due protagonisti si incolleranno quasi magicamente. sarà subito in trepidante attesa di lapidarie frasi d'amore stile Baci Perugina e scenari romantici bellissimi, tramonti da favola di un rosso fuoco proprio come la passione che fa ardere i cuori dei due giovani amanti.
E invece che succede?
Ci si ritrova in un campo d'addestramento per aspiranti paracadutisti a far vedere quanto si è cazzuti.
E non parlo di Arnaud, sempre morbido nel suo approccio, parlo di Madeleine, sempre massiccia e incazzata , dura come una pietra a cui questo corso da paracadutisti non fa neanche il solletico.
Tranquilli, l'amore arriva ma è come se sentissimo Pat Benatar che canta Love is A Battlefield, l'amore è un campo di battaglia in cui Arnaud e Madeleine si tuffano anima e corpo, riuscendo ad uscire da quel guscio di bambagia ovattata da cui si sono lasciati sempre avvolgere, con piacere e indolenza per quanto riguarda lui, sempre con malcelata sofferenza per quanto riguarda lei.
Il loro campo di battaglia diventa un angolo di mondo isolato, immerso nella natura, un luogo intimo solo per loro due in cui fanno rumore anche solo i loro sguardi l'uno negli occhi dell'altra.
E l'amore a cui si abbandonano ha quella carnalità innocente, quasi inconsapevole, un bellissimo viaggio alla scoperta dei rispettivi corpi ed emozioni.
I poli opposti si sono attratti.
Come volevasi dimostrare.
The Fighters è una delle commedie più originali ed intriganti degli ultimi anni, film che parte dall'apparente banalità per flirtare col cinema d'autore, un film che vive del volto e del corpo dei due protagonisti, Kevin Azais e Adele Haenel , già vista nella folgorante opera prima di Celine Sciamma , Naissance des pieuvres.
Ecco è soprattutto lei la stella polare di un film bello e originale, la sua bellezza maleducata , il suo sguardo sfrontato, la sua rabbia che non riesce in alcun modo a reprimere sono il carburante per una storia d'amore molto sui generis.
Che non finisce ma si trasforma anche dopo le prove della fine del mondo sotto forma di una nube tossica nerastra, metafora di un presente precario e di un futuro oscuro.

We are young
Heartache to heartache we stand
No promises , no demands ,
Love is a battlefield ( Pat Benatar)


PERCHE' SI : commedia romantica insolita ed originale, film che cresce coi minuti, la bellezza maleducata di Adele Haenel
PERCHE' NO : all'inizio flirta con la banalità.


LA SEQUENZA : il primo bacio , la scoperta dei rispettivi corpi e delle rispettive emozioni.


 DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :


Sono tornato indietro , al mio di addestramento militare.
Solo rispetto per una ragazza che dispensa capocciate a chi la scoccia.
Bisogna fare qualcosa per ridurre all'impotenza il malvagio titolista italiano.
Adele Haenel è bella, ma di una bellezza maleducata.


( VOTO : 7,5 / 10 )


 Love at First Fight (2014) on IMDb

lunedì 29 giugno 2015

No Mercy ( 2010)

Un cadavere orrendamente mutilato viene trovato da una birdwatcher e dal suo amico nascosto malamente in riva al fiume. Gli arti e la testa sono stati separati dal corpo e manca un braccio. L'autopsia viene affidata al professor Kang, famoso  anatomopatologo forense, che scopre che la vittima è stata uccisa altrove e poi portata dove è stata ritrovata.
Viene sospettato subito un attivista ecologista che sta manifestando con altri in un picchetto contro un cantiere industriale nella zona. Fin troppo facilmente viene ricollegato alla zona del crimine, è arrestato e addirittura confessa. Nel frattempo la figlia di Kang è stata rapita e il presunto assassino è il responsabile. Comincia così un gioco al massacro tra lui e Kang perché quest'ultimo vuole salvare la figlia e non esita ad adulterare prove di laboratorio e reperti organici pur di scagionare il sospettato. Gradualmente viene spiegata l'origine di questa storia, che proviene da un passato lontano e mai rimosso.
No Mercy è un thriller che mette subito in tavola le sue carte. Non c'è l'affannosa ricerca di un colpevole che viene praticamente servito subito su un vassoio d'argento, c'è un'indagine che non è il tratto più convincente del film, vista la sua facile risoluzione dato che l'interesse del killer è quello di farsi arrestare per poter parlare col professor Kang, è subito un'affannosa lotta contro il tempo in cui emerge la caratterizzazione dei due personaggi principali: un killer che agisce per ragioni non note all'inizio ma che poi saranno chiarite e un anatomopatologo forense, un luminare universitario che per ritrovare la figlia deve andare contro tutti i propri principi etici e calpestare quella legge che ha sempre difeso. Suo malgrado deve stipulare una sorta d'alleanza col killer perché è l'unico modo di salvare la figlia.
Altri ingredienti di questo film sono le numerose sequenze in sala necroscopica seguendo da vicino l'autopsia ( che assieme a quelle in laboratorio simulano l'effetto puntatona di CSI con Will Grissom), una caratterizzazione non proprio gentile della polizia ( cosa che è abbastanza comune nel cinema coreano, vedi la figura dell'esperto detective, praticamente una caricatura e i suoi duetti comici con la novizia da poco laureata seguendo i corsi del professor Kang che sembrano inseriti per stemperare l'atmosfera) e un ritmo che nella parte finale diventa vertiginoso con numerosi colpi di scena.
No mercy non è chiaramente un film dalle pretese autoriali anche se la regia è come al solito al di sopra di ogni sospetto sia dal punto di vista tecnico che da quello riguardante il lavoro degli attori che si attesta su ottimi livelli ( Sol Kyung-gu, già protagonista di Peppermint Candy e di Oasis di Lee Chang Dong è uno dei migliori attori del  cinema coreano).
Si immerge volutamente nelle logiche del genere richiamandosi in maniera evidente al modello americano, ma anche a modelli coreani recenti come il bellissimo The Chaser di Hong Jiin-Na con cui condivide alcuni aspetti ( il colpevole è subito scoperto, la lotta contro il tempo per salvare una sua prigioniera, l'inettitudine della polizia coreana), centellinando le scene action, ma puntando più sui colpi di scena e sulla tragedia che ha colpito il professor Kang che è disposto a fare veramente di tutto per salvare la figlia.
Supera decisamente il modello americano in un finale all'ultimo respiro che si smarca dall'ansia da riconciliazione e da lieto fine che assale quasi tutto il cinema d'oltreoceano.
Un finale tellurico che è sulla stessa linea dello sgradevole realismo che contraddistingue i particolari più efferati di cui il film è letteralmente cosparso.


PERCHE' SI : finale tellurico, regia al di sopra di ogni sospetto, cast su ottimi livelli.
PERCHE' NO : qualche chiacchiera di troppo, qualche effetto stile CSI , qualche cliché non propriamente nuovo nella descrizione della polizia.


LA SEQUENZA : il ritrovamento del primo cadavere orrendamente mutilato.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

Sono film come questo che mi hanno fatto innamorare dei thriller coreani.
Si può fare ottimo cinema d'intrattenimento senza rinunciare all'intelligenza.
Sol Kyung-gu è capace di recitare veramente ogni tipo di parte, dal cinema d'autore, all'action, al thriller ,alla commedia.
Amo il cinema coreano anche per un altro motivo: non ci deve essere per forza il lieto fine.


( VOTO : 7,5 / 10 ) 


No Mercy (2010) on IMDb

domenica 28 giugno 2015

Tomorrowland ( 2015 )

Un bambino che ha inventato una macchina per volare e un'adolescente animata da grandissima curiosità per il mondo della scienza , condividono il loro destino in modo inconsapevole.
E il loro destino è a Tomorrowland . fantastico luogo nascosto tra le pieghe dello spazio e del tempo.
E ci si arriva solamente toccando una spilla.
E' da qualche anno che la fantascienza distopica ha preso piede , anzi è diventata moda al cinema con i vari Hunger games ed epigoni più o meno riusciti.
Ora è la Disney a rispondere e lo fa a modo suo con un film che elimina praticamente del tutto le asperità di un possibile futuro distopico ( anche se c'è lotta per assicurarselo e i protagonisti devono combattere per ottenerlo) che è un pezzetto di universo nascosto in un limbo spaziotemporale in cui tutto è diverso, migliore, più bello.
Reclutato in regia Brad Bird, uno che , venendo dall'animazione ha dalla sua la capacità di essere visionario, ed in sede di scrittura Damon Lindelof, uno che ha sempre la sindrome del colpo di scena tellurico anche se scrivesse un necrologio sul giornalino del paese, a conti fatti Tomorrowland si presenta come un giocattolone che visivamente si presenta molto bene , del resto parliamo di un budget che ha sfiorato quasi i 200 milioni di dollari, ma che a parte quello che mette in bella mostra per le pupille e per l'epidermide ha ben poco da offrire.
Verrebbe da etichettarlo col termine di colosso coi piedi d'argilla ma sarebbe superficiale.
Diciamo che il nuovo blockbuster Disney formato famiglia cerca di propinare la sua ricetta di ottimismo cosmico utilizzando maestranze creative forse non adatte alla bisogna.
Assistiamo a un mix di fantascienza anni '80 girata nell'era digitale e con i migliori mezzi che la tecnologia assicura, di percorso di formazione ( doppio), di elogio dell'unità della famiglia, anche un pizzico di commedia.
E ci sono anche androidi cattivi oltre a quelli buoni di cui ci si può anche innamorare , robot da uccidere brutalmente con un raggio che polverizza tutto.
Quindi anche morte ma senza versare neanche una piccolissima goccia di sangue.
Complessivamente Tomorrowland è un film che promette ma non mantiene, non sembra esserci sinergia tra la creatività di Brad Bird e quella di Lindelof, a un'impalcatura visiva di primissimo ordine non corrisponde una scrittura adeguata.
Spesso si ha la sensazione che il brodo venga allungato , nella prima ora di film succede poco o nulla, a tal punto che la noia affiora in maniera prepotente.
In mezzo a personaggi che incarnano stolidamente degli stereotipi emerge la figura del piccolo androide Athena, l'unico che regala qualche momento di genuina sorpresa.
Clooney e Laurie ( mai visto un villain così insignificante) assistono come belle statuine.
L'unica zampata di  Linderof si avverte nella sequenza finale che ha quell'apertura che consentirebbe di ripartire da capo.
Ma anche no.
Per il resto , per essere un film che doveva sponsorizzare l'omonimo, gigantesco parco divertimenti, beh fallisce anche sotto quel profilo.
Il parco si vede per pochi , ininfluenti minuti...


PERCHE' SI : impalcatura visiva di primissimo ordine, effetti speciali all'altezza, viaggi nel tempo, il piccolo androide Athena.
PERCHE' NO : il mix di fantascienza anni '80 e film per famiglie nel classico stile Disney è abbastanza indigesto, troppo lungo, le creatività di Bird e Linderof non sembrano in sinergia.


LA SEQUENZA : inevitabile, il giro turistico di Casey a spasso per Tomorrowland ma anche la lotta con gli androidi nel negozio di memorabilia vintage.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE 

Sinceramente comincio ad averne le tasche piene di futuri distopici così su misura per teen agers.
Comincio a sopportare poco anche tutta quell'aria rassicurante dei film Disney.
Laurie dopo il dr House ha subito un tracollo verticale e questo film non lo aiuterà di certo.
Un giorno mi piacerebbe visitare questo parco anche se al momento mi fa abbastanza paura...


( VOTO : 5,5 / 10 )


 Tomorrowland (2015) on IMDb

sabato 27 giugno 2015

Life After Beth ( 2014 )

Il giovane Zach è affranto per la morte della sua amatissima Beth e nonostante questo cerca di elaborare il lutto frequentando ancora i genitori di Beth. Finchè arriva la sorpresa: Beth è ancora viva, la sua "resurrezione" è stata tenuta nascosta dai genitori ma a Zach non importa nulla , è entusiasta di riavere con lui la sua Beth e di poter fare le cose che facevano prima, passeggiate  e uscite varie.
Ma c'è qualcosa che non va nel comportamento di Beth, altalenante ed ondivago di umore come non mai, sembra non ricordarsi nulla di Zach e della loro vita precedente , ma soprattutto sta decadendo fisicamente.
E non è facile condividere le proprie cose da vivo con uno zombie...
Pur essendo abbastanza appassionato di film di zombie non sono mai stato particolarmente attratto dalle commedie incentrate su questi deliziosi antropofagi.
Per uno Shaun of the Dead  che resusciterebbe anche un morto, mangiacervello o meno che sia, ce ne sono decine che non mi fanno neanche increspare il labbro superiore ad abbozzare un sorriso.
Altra cosa a cui sono discretamente allergico è lo stile Sundance, pauperista , volutamente trasandato e con quel pizzico di intellettuale vagamente snob che sotto sotto un po' mi irrita.
Naturalmente anche qui ci sono le eccezioni perché di film deliziosi con quello stile e con quella provenienza ne ho visti tanti.
Life After Beth ( mi rifiuto di mettere la postilla che il malvagio titolista italiano ha apposto come marchio infamante a questo film) dell'esordiente alla regia Jeff Beana teoricamente racchiude in sé quello che ho appena citato e  che sopporto poco in linea di massima, commedia zombesca e stile Sundance.
Eppure , pur partendo prevenuto e non poco, non ho saputo resistere a questo filmetto fatto con quattro soldi, due zombie due , qualche effetto speciale veramente poco speciale, quella fotografia un po' opaca che gli dà quall'aspetto vintage che ti fa venire il dubbio che sia un fondo di magazzino di una decina d'anni fa scongelato per l'occasione e un pugno di attori conosciuti ma non esattamente divi milionari sulla cresta dell'onda.
Eppure è proprio il cast che ho appena sottovalutato è la carta vincente di questa rom com zombesca.
Dane DeHaan, divo in rampa di lancio, è spassoso nel colorare il suo Zach, tra lui e Beth spesso sembra lui lo zombie di famiglia, nerd distrutto dal dolore per la perdita della sua Beth e che cerca disperatamente di venire a patti con il suo dolore, tentando una difficile elaborazione del lutto, Aubrey Plaza è spiritosissima e passa dall'essere quasi adorabile ad essere totalmente insopportabile e poi c'è un John C . Reilly impagabile nella parte del genitore premuroso di Beth, talmente premuroso verso sua figlia che perpetra disastri  in serie pur di averla con sé il più possibile.
Il riferimento filmico più immediato va a Warm Bodies, rom com zombesca che riscosse un certo successo un paio di anni fa  su cui avevo pregiudizi grossi così e che poi invece si è rivelato un discreto passatempo, non così brutto come preventivato.
Life After Beth si inserisce sulla stessa linea: non arrivi ad amarlo ma neanche puoi detestarlo, ha quelle due tre battute che ti fanno se non ridere almeno sorridere , è sufficientemente leggero per guardarlo fino alla fine senza annoiarti più di tanto anche se hai l'impressione che soprattutto nella seconda parte vada in debito d'ossigeno, le idee migliori sono state già sparate e il film si avvita su sé stesso..
Però il finale è bello..almeno quello.


PERCHE' SI :  rom com zombesca leggera e moderatamente divertente, cast che funziona, bello il finale.
PERCHE' NO : gli effetti speciali sono poco speciali, la fotografia lo fa sembrare un fondo di magazzino di una decina di anni fa, nella seconda parte finiscono le idee...


LA SEQUENZA : l'ultimo viaggio di Zach e Beth con lei che ha una lavatrice sulle spalle.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

Oramai gli zombie ci hanno invaso, ad ogni livello.
A mia memoria è la seconda rom com zombesca che vedo, dopo Warm Bodies.
Il genere secondo me ha ancora tanto da offrire.
Chissà se Romero nel '68 immaginava che cosa grande avrebbe creato con un filmetto in bianco e nero fatto con poche migliaia di dollari.


( VOTO : 6,5 / 10 )


 Life After Beth (2014) on IMDb

venerdì 26 giugno 2015

Han Gong-ju ( 2013 )

Han Gong -ju è una liceale che viene portata a casa della madre di un suo ex insegnante di scuola, in una zona in cui non la conosce nessuno.E' difficile farla integrare nella nuova casa con l'anziana signora ma giorno dopo giorno le cose vanno meglio, così come succede a scuola.
Quando le cose sembrano andare per il meglio il suo passato  emerge dolorosamente e tutti i progetti di un futuro sereno crollano miseramente.
Riuscirà Han Gong-ju a superare l'ennesima prova della sua giovane vita?
A volte succede che giri per la rete e ti imbatti in film che sono dei piccoli casi cinematografici e che in Italia rimarranno sempre dei misteri perché ci sarà sempre privata la fortuna di vederli.
E' il caso di questo Han Gong-ju,  opera prima di Su-jin Lee, che lo ha anche scritto , film indipendente coreano che ha raccolto molti premi nei Festival internazionali in cui ha partecipato.
Non un thriller , genere in cui i coreani eccellono, ma una storia dura e pura, asciugata di tutte le derive melodrammatiche che spesso paludano molti film che provengono da quello spicchio di mondo.
Non a caso basato su una storia vera.
E si sa che la realtà è sempre oltre la fantasia più fervida del migliore degli sceneggiatori.
La storia di Han Gong-jun ,il nome della protagonista, viene svelata lentamente , attraverso numerosi flashback che all'inizio non sembrano neanche tali.
Sono pennellate ulteriori di un pittore che sta colorando e rifinendo il suo personaggio, stella polare di un film totalmente al suo servizio, almeno fino al momento in cui il passato della ragazza verrà fuori.
Han Gong-jun è una ragazza che ha paura di tutto, paura di aprirsi, di relazionarsi, è evidente che la sua fiducia nel prossimo è stata in qualche modo tradita, colpevole anche una famiglia clamorosamente implosa sotto i colpi dell'incomprensione e di un certo distacco che non permette di vedere quell'amore genitore/figlio che normalmente dovrebbe esserci.
C'è un macigno che si è messo di traverso, c'è un  muro alzato tra la giovane liceale e il mondo che la circonda, c'è tutto un discorso sull'ineluttabilità della colpa che avvolge tutto il film nelle sue spire malefiche e che esplode nella seconda parte, prima di un finale toccante che si carica di metafora.
E che in qualche modo fa vedere sotto una luce diversa quanto visto nei 100 minuti precedenti.
Sto evitando di raccontare quello che c'è alla base del film perché credo che in qualche modo diminuirebbe il piacere di scoprire questa pellicola minuto dopo minuto.
Il film di Su-jin Lee si fa latore di un messaggio forte, parla di tematiche comuni a molto cinema coreano ( il bullismo scolastico, la violenza sui minori, l'inefficienza della macchina della giustizia, un tessuto sociale in cui la famiglia ha ormai perso il suo ruolo centrale) ma riesce brillantemente a tenersi fuori dalla retorica evitando che il messaggio di cui sopra si divori il film che invece è costruito con cura certosina, recitato con grande partecipazione e ricco di spunti di riflessione.
E quasi ci si sorprende a perdersi nello sguardo carico di angoscia di Woo-hee Chun , già vista in Mother di Bong Joon Ho, capace di dare vita a un personaggio a tutto tondo, vivo e vitale , complesso , stratificato , in lotta continua col mondo che lo circonda.
In definitiva un film toccante, da vedere.
SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER

Il film è tratto da un fatto di cronaca nel 2004 che ebbe vasta eco: il rapimento e lo stupro collettivo operato su cinque studentesse ( tre di scuola media e due di liceo), operato da più di 40 ragazzi che nell'arco di un anno violentarono ripetutamente le ragazze , concedendo generosamente le grazie delle rapite anche a loro amici. In tutto circa 90 persone coinvolte. La polizia non protesse l'identità delle vittime che anzi furono additate al pubblico ludibrio e in qualche modo ritenute responsabili di quanto accaduto dall'opinione pubblica. Non ci fu alcuna condanna penale.
FINE DELLO SPOILER FINE DELLO SPOILER FINE DELLO SPOILER


PERCHE' SI: film toccante, duro da digerire, che evita la retorica del messaggio universale concentrandosi su un personaggio complesso, stratificato che si fa amare.
PERCHE' NO : la struttura a flashback all'inizio lascia un po' spiazzati ( perché non sembrano flashback), forse la regia è un pizzico più leziosa del dovuto, il finale disorienta in rapporto al crudo realismo di tutto il film.


LA SEQUENZA : la fuga nel finale, quegli schizzi d'acqua in un fiume che inghiotte tutto.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

Tra coreani e lieto fine di stampo hollywoodiano è guerra aperta.
Storie come questa fanno venire i brividi più di un qualsiasi horror.
L'humus sociale descritto in questo film è sconsolante.
Perche' sentirsi colpevoli quando le colpe sono da un'altra parte?


( VOTO : 8 / 10 )

 Han Gong-ju (2013) on IMDb

giovedì 25 giugno 2015

Project Almanac - Benvenuti a ieri ( 2015 )

David è un brillante studente all'ultimo anno di liceo che aspira a una borsa di studio per entrare nel MIT. La ottiene ma è di soli cinquemila dollari ed è orientato a rinunciare perché non sarebbe in grado di pagare la retta della prestigiosa Università.Stimolato dagli amici comincia a frugare in cantina tra i progetti del padre, scienziato e inventore a tempo perso, morto dieci anni prima e trova delle carte inerenti una macchina del tempo.
E con grande stupore, seguendo le istruzioni del padre ne crea una perfettamente funzionante.
Da qui cominciano i guai...
Spesso ho avuto modo di dire che per invogliarmi a vedere un film basta solo una parolina magica, anzi tre : viaggi nel tempo.
Mi intrippano da morire e anche se so che sto andando incontro a una cazzata immane , voglio vedere con i miei occhi, come il San Tommaso di turno ci devo mettere il naso per bagnarmelo o per fracassarmelo a seconda del film in cui mi imbatto.
Un bel giorno sento parlare di questo Project Almanac a cui il malvagio titolista italiano ha aggiunto la postilla Bevenuti a ieri.
Il primo pensiero che mi passa per la mia testona bacata è lo slogan pubblicitario delle Audi Quattro:"benvenuto domani" e mi domando se per caso c'è qualche correlazione.
Poi leggo un po' di pareri su questo film, non propriamente entusiastici.
Tutti quanti dicono che è una cazzatina per teenagers , che si può evitare eppure a me sale la solita scimmia sulla groppa perché devo vedere in che modo affronta la tematica del viaggio nel tempo e del paradosso temporale.
Il film è diretto dal carneade Dean Israelite , messo lì da sua maesta Michael Bay ( si , proprio lui, maicolbei) che produce il film.
E qui già mi viene da fare una riflessione: maicolbei farà brutti film ma sa come attirare l'attenzione del pubblico, quindi da una parte già mi aspetto di vedere una cosetta per dummies al grado zero di complicazione ( se complichi le cose è inevitabile che lo spettatore cominci a pensare ad altro, si comincia a guardare intorno, si studia le mani per  sistemare le unghie con un mozzichetto qua e là, pensa già al panzerotto fritto che divorerà appena uscito dal cinema e altre amenità assortite) ma so benissimo che comunque permane un certo senso della spettacolarità, cioè sono sicuro che non è un film in cui non succede nulla e che si trascina stancamente fino ai titoli di coda.
Ci indovino in entrambi i casi : a parte una prima ora di film in cui non si capisce come riescano a costruire la macchina del tempo ( e partono da una Xbox) che ti fa pensare a quella scena da Una pallottola spuntata in cui Leslie Nielsen chiuso in una cella frigorifera vi trova tutto il necessario per fabbricare all'istante un carro armato, poi si va sempre più veloce per cercare di recuperare i guai e gli errori che si commettono strada facendo nella gestione spicciola di una macchina del tempo.
In fondo sono ragazzi, hanno meno di diciotto anni , gli interessa la notorietà, i soldi  e la gnocca e non in questo ordine..
Dal punto di vista stilistico Project Almanac- Benvenuti a ieri è , come lo definisco io, un found footage pentito in cui tutto teoricamente dovrebbe essere ripreso dalla telecamera della ragazza incaricata di filmare i vari esperimenti e invece è girato in maniera abbastanza tradizionale alternando il classico campo al controcampo nelle scene di dialogo ( cosa piuttosto difficile da giustificare con una telecamera sola) e puntando su un'estetica che non faccia del mal di mare il suo tratto dominante.
Il film di Dean Israelite ( o p di maicolbei) è una perfetta visione estiva ipercitazionista con riferimenti che vanno all'ABC del genere , vedi Ritorno al futuro Ricomincio da capo , fino a titoli più contemporanei come Project X o Chronicle.
Non disturba più di tanto, appassiona moderatamente, è veloce e indolore.
Si riesce addirittura a sopportare il gruppetto dei protagonisti che non fa della simpatia il proprio tratto dominante.
E si dimentica subito appena finiti i titoli di coda.
Bisognerebbe ritornare a ieri per ricordare tutto di questo film.
Di quale film stavamo parlando?


PERCHE' SI : viaggi nel tempo, citazioni a manetta, ritmo elevato, non c'è tempo per annoiarsi
PERCHE' NO : non azzarda nulla, protagonisti discretamente insopportabili, si dimentica tutto a partire dai titoli di coda.


LA SEQUENZA : la spassosa interrogazione di chimica di Quinn, citazione gustosa di Ricomincio da capo.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

Continuo a essere appassionato di viaggi nel tempo.
Maicolbei e MTV se ci si mettono possono fare del decente cinema di consumo.
Che cosa tocca fare per andare al Loolapalooza, addirittura viaggiare nel tempo.
Si può fare una macchina del tempo a partire da una Xbox, devo stare attento ai miei figli.


( VOTO : 6 + / 10 ) 


Project Almanac (2015) on IMDb

mercoledì 24 giugno 2015

Jurassic World ( 2015 )

Venti anni dopo gli avvenimenti del primo Jurassic Park il sogno di John Hammond si è avverato.
Jurassic World è un parco divertimenti a tema in cui vivono dinosauri di ogni specie e ogni anno ne vengono creati dei nuovi per attrarre ancora più pubblico.Tra questi l'Indominus Rex, il dinosauro più temibile mai apparso sulla faccia della Terra.
Zack e Gray sono due fratelli che arrivano a Jurassic World in visita alla zia Claire, addetta al management di tutta la struttura. Vengono accolti dalla sua assistente e si trovano nel bel mezzo del caos. L'Indominus Rex è sfuggito al controllo dell'uomo e anche altre specie pericolose si trovano in libertà , un pericolo per gli oltre ventimila visitatori del parco.
Claire assieme ad Owen , che si occupa degli animali, parte alla loro ricerca prima che li trovi l'Indominus Rex.
Jurassic World doveva essere una cronaca di un disastro annunciato: progetto rimasto nel cassetto per più di 10 anni, passato di mano in mano sia per quanto riguarda la sceneggiatura che la regia, vecchio cast ignorato per l'occasione e allentati i legami con i tre film che lo hanno preceduto.
Spielberg da deus ex machina dietro l'operazione retrocesso ( ammesso e non concesso che uno come lui possa essere retrocesso) a semplice produttore esecutivo.
Dall'anno scorso una campagna mediatica tambureggiante ha poi creato l'attesa per l'evento e un po' d'attesa , artificiosamente, è stata creata.
Insomma dove non è arrivato il cinema, arrivò il marketing.
Alla regia un semisconosciuto Colin Trevorrow che però molti di noi hanno apprezzato nella direzione di un piccolo cult indie americano, Safety not Guaranteed ( per chi ne volesse sapere qualcosa ne abbiamo parlato qui ) e un cast di seconde linee, affidabili ma pur sempre caratteristi di ottimo spessore come Vincent D'Onofrio, dive non precisamente sulla cresta dell'onda come Bryce Dallas Howard e un simpatico giovanottone americano che sta cercando il suo posto al sole, Chris Pratt.
Doveva essere un disastro annunciato e invece si è rivelato molto superiore alle misere aspettative.
Diciamo che è un film più furbo che bello in quanto sceglie di estraniarsi dalla lotta con il capostipite della saga , utilizzando un altro stile, con molta più ironia, accelerando il ritmo e accumulando dinosauri e avventure gli uni sulle altre con una mescolanza di vecchio e nuovo che accontenta i bambini ma anche quelli che hanno vissuto il primo Jurassic Park in prima persona , al cinema, come il sottoscritto.
Jurassic World è un giocattolo fracassone più o meno costruito come il progenitore ma che , intanto che ci troviamo, cita a profusione altro gran cinema del passato dello stesso Spielberg ( Lo Squalo), di  Hitchcock ( Gli uccelli) ma anche la saga del vecchio glorioso Godzilla.
Come vuole la regola del perfetto blockbuster centrifuga il tutto con dosi generose di CGI e ironia creando un mondo finto che più finto non si può ma che col passare dei minuti diventa più vero del vero, perché dentro a quel parco sembra di esserci realmente entrati, noi tutti.
Non saprei come definire Jurassic World rispetto a Jurassic Park: non so se è un sequel, un remake ,se è un reboot o un film che c'entra poco o nulla.
So solo che propone un cinema che è esattamente come il parco del titolo: un posto magico e fiabesco pieno di attrazioni fantastiche.
Pronto a diventare un incubo in un batter d'occhio.
Colin Trevorrow al primo film fatto con soldi veri ( e tanti)  si dimostra intelligente e propone un blockbuster moderno, vivace e dinamico che sopperisce con la meraviglia visiva a tutte le debolezze e le semplificazioni di una sceneggiatura che si rivela non propriamente un gioiellino di scrittura per come taglia con l'accetta personaggi e dialoghi.
Chris Pratt continua a fare centro , dopo i Guardiani della Galassia, con un personaggio leggero e sbarazzino, come detto da altri, un nuovo, convincente Indiana Jones.
Forse comincio a essere vecchio per 'ste stronzate come ho detto più volte ma è un piacere vedere gli occhi dei bambini che si spalancano per la meraviglia e per l'emozione di vedere un dinosauro così vero e realistico.
E forse ho continuato a spalancarli anche io, almeno solo per il ricordo.
O forse no.


PERCHE' SI : blockbuster moderno e dinamico, ottimi effetti speciali e CGI invadente ma non così fastidiosa, il cast funziona complessivamente.
PERCHE' NO : la sceneggiatura non è un gioiellino di scrittura, personaggi tagliati con l'accetta, villain caricaturale.


LA SEQUENZA : il primo incontro dei ragazzi con l'Indominus Rex, loro nella ruota da criceti e lui alla loro caccia.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

Film come questo avvicinano le generazioni.
In genere mi sento vecchio per 'ste stronzate ma Jurassic World improvvisamente mi ha ringiovanito.
Bello vedere gli occhi dei bambini che si spalancano per la meraviglia.
Ed è bello vedere anche citato tanto cinema amato nel passato e nel presente .


( VOTO : 7 / 10 ) 

Jurassic World (2015) on IMDb

martedì 23 giugno 2015

The Stranger ( 2014 )

Martin, uomo dal passato carico di mistero, arriva in una remota cittadina canadese alla ricerca di un vecchio amore perduto , Ana. Bussa alla porta di Peter che vive con la madre Sonia e che sembra essere legato ad Ana. Ha poi un incontro con dei bulli del paese e viene quasi ucciso. Lo salva proprio Peter che denuncia la cosa allo sceriffo ma , visto che è suo figlio Caleb il responsabile di tutto, lui  cerca di insabbiare ( letteralmente ) tutto seppellendo ancora vivo Martin.
Peter se lo porta a casa moribondo e apprende che il misterioso straniero è lì oltre che per Ana, anche per debellare un misterioso morbo che si trasmette col sangue...
Eli Roth magari non sarà il miglior regista  e neanche l'uomo con la faccia più sveglia visto su questo mondo, però è uno che si dà da fare per far conoscere nuovi talenti .Almeno questo bisogna riconoscerglielo.
E gli si può perdonare anche di aver fatto in quattro e quattro otto un film in famiglia come The Stranger, fatto con lo sceneggiatore di fiducia Guillermo Amoedo, che ha scritto Aftershock e l'ormai famigerato The Green Inferno( film che da oltre due anni è sospeso in un limbo, tutti ne parlano e nessuno lo ha visto pur essendo pronto da tempo immemore),qui nel doppio ruolo di sceneggiatore e regista,  con la novella moglie Lorenza Izzo , scegliendo come protagonista un attore cileno di belle speranze Cristobal Tapia Montt che riesce a conferire il giusto grado di carisma al suo personaggio e nella parte di Caleb Ariel Levy , altro attore visto in Aftershock e che vedremo, speriamo, in The Green Inferno.
Insomma sembra proprio un filmino famigliare, fatto con due soldi, nei ritagli di tempo.
Eppure non gli è riuscito neanche tanto male.
Non posso dire tanto perché appena apro bocca spoilererei abbestia però The Stranger ha alcune discrete frecce al suo arco.
E' costruito un po' come The Guest, piccolo instant cult della fine del 2014 : un giovane misterioso arriva in una piccola comunità chiusa e ne determina grossi cambiamenti.
Però stavolta niente esperimenti in laboratorio, solo un tema millenario trattato al cinema un 'infinità di volte e qui declinato con sufficiente originalità pur non rinunciando a un evidente metaforone servito con i guanti da forno, quello della malattia trasmissibile attraverso il sangue infetto.
Sì, bravi, esattamente come It Follows.
Quello che si appura dopo qualche minuto è che Martin non è un uomo come gli altri, ha qualcosa in più, però questa sua caratteristica peculiare è per lui cagione di grande dolore oltre che di mal represse manie suicide.
E' un personaggio sfuggente il suo, impossibile da catalogare ed è impossibile anche identificarsi in lui .
Nella prima parte il film è costruito con sottigliezza, magari un po' a scapito del ritmo della narrazione che a dir la verità in qualche occasione stagna, ma Amoedo riesce a costruire un'atmosfera tesa e maligna, riesce a far percepire l'esistenza di una minaccia incombente sul paese , come una cappa che tutto ricopre e che rende impossibile qualsiasi tentativo di fuga.
Quando il gioco si fa più scoperto , nella seconda parte di film, allora tutto rientra in binari più classici , meno stimolanti ed originali .
Frettolosa la chiusura con qualche forzatura di troppo ( lasciamo Peter alle prese con una signora, il suo cane e una jeep e lo ritroviamo un attimo dopo senza signora, col cane agonizzante e bardato in  un pesantissimo scafandro da pompiere senza lo straccio di una spiegazione) ma con quella malinconia appiccicosa che stenta ad andare via anche dopo il termine dei titoli di coda.
The Stranger alla fine si rivela per quello che è: piacevole visione estiva senza pretese con quel minimo di intelligenza in più rispetto al minimo sindacale che non fa rimpiangere il tempo speso.
Aspettando The Green Inferno.


PERCHE' SI : la prima parte è ben costruita, il tema toccato è declinato con un certo grado di originalità, ha quel minimo di intelligenza in più rispetto al minimo sindacale richiesto ad un horror estivo.
PERCHE' NO : nella seconda parte ritorna in binari più frequentati e meno originali, finale frettoloso, il ritmo latita in qualche frangente.


LA SEQUENZA ; il salvataggio di Peter col sangue di Martin


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE:

Adesso sta salendo anche a me la scimmia di The Green Inferno.
Le giornate di Eli Roth devono essere pienissime.
Temi abusati al cinema possono essere ancora visti da prospettive sufficientemente originali.
Il set in questo film doveva essere come una riunione tra vecchi amici: tutti o quasi avevano partecipato ad Aftershock e a The Green Inferno.


( VOTO : 6,5 / 10 )


 The Stranger (2014) on IMDb

lunedì 22 giugno 2015

La regola del gioco ( aka Kill the messenger, 2014 )

Gary Webb è il reporter di un piccolo giornale californiano che un giorno trova lo scoop della sua vita: all'inizio non se ne accorge neanche quando la donna di un boss del narcotraffico sotto processo gli passa le carte contenenti prove di un possibile coinvolgimento della CIA nel traffico di droga proveniente dal Centro America.Poi le prove si fanno decisamente più schiaccianti e Webb comincia a parlare di rotte della droga controllate e utilizzate dalla CIA per finanziare i contras del Nicaragua ed evitare l'espansione del comunismo.
Webb dall'anonimato passa agli allori della notorietà ma poi precipita nella polvere perché la CIA passa al contrattacco con una campagna denigratoria sistematica che coinvolge lui e tutta la sua famiglia.
Webb si ritrova solo contro tutti...
Per prima cosa inviterei tutti a un minuto di silenzio a causa dell'ennesimo titolo originale storpiato in maniera indegna.
La regola del gioco? Ci richiamiamo all'immortale capolavoro di Renoir?
Oppure se Renoir non c'entra nulla, di grazia, egregio titolista, di che gioco ci stai parlando?
E di quale cazzo di regola vai blaterando?
Ti pare che la storia , vera, di Gary Webb , sia stata un gioco e che questo gioco ha avuto delle regole?
Ok, chiudiamo l'angolo dell'indignazione e parliamo del film.
Ho sentito una definizione molto efficace di questo film: è l'altra faccia dello straordinario Tutti gli uomini del presidente, altro film fondato sul lavoro di giornalisti d'assalto come il Gary Webb la cui vita è raccontata in questa pellicola.
Per una storia edificante come quella, che finiva complessivamente bene in barba ai poteri forti e al cospirazionismo cosmico che attanagliava un po' tutta quella stagione di cinema di impegno civile, ce ne sono mille che finiscono male.
E la storia di Webb non finisce benissimo.
La regola del gioco odora di New Hollywood anni '70, di rivolta democratica( guarda caso le amministrazioni al potere durante queste storiacce sono repubblicane), di istanze civili contro un mondo che funziona alla rovescia e che si propone di esportare la democrazia in quei posti in cui si ritiene necessario.
Come se la democrazia fosse un bene esportabile .
Il film di Michael Cuesta, onesto professional più che altro attivo in televisione ( Homeland, Dexter, Six Feet Under) racconta il dietro le quinte di una parte della politica estera reaganiana ma non ha la statura necessaria per arrivare al livello di piccol cult di genere.Il racconto  inizialmente è vigoroso, poi si siede sul messaggio, come se bastasse da solo, e su dinamiche familiari paratelevisive .
Indubbiamente è il messaggio che arriva di questo film : LA CIA TRAFFICAVA DROGA PER EVITARE DI FAR ESPANDERE IL COMUNISMO IN CENTRO AMERICA.
L'ho scritto in maiuscolo perché è una cosa troppo grossa per lasciarla passare sotto traccia: i servizi segreti sacrificavano scientemente fasce intere di popolazione ( i giovani di Los Angeles South Central) all'altare dell'esportazione della democrazia riducendoli ai ceppi della schiavitù provocata dalla droga.
Più guardi il film e più pensi a quello che succedeva alle nostre spalle e poi quando ti sembra di essere arrivato sul più bello e ti aspetti che comincino veramente a volare gli stracci dell'indignazione e del vibrante atto d'accusa, La regola del gioco decide di sfilarsi e di ritirarsi in buon ordine, trincerandosi dietro le immagini del vero Gary Webb.
Ecco, l'amaro in bocca un finale così lo lascia e la sensazione è ancora più forte dopo aver assistito a un film di denuncia come quelli che si facevano una volta, con un cast eccellente ( non solo Jeremy Renner parecchio in parte ma va dato merito anche al gloriosissimo parterre de roi  fatto di facce giustissime come quelle di Ray Liotta, Andy Garcia , Barry Pepper ecc ecc ) e con un messaggio tellurico.
Che purtroppo si divora il film.
Ma la storia di Gary Webb merita di essere riscoperta.
Un eroe moderno.


PERCHE' SI : aria da Hollywood anni '70, storia incredibilmente vera, ottimo protagonista coadiuvato da un eccellente cast di supporto.
PERCHE' NO : il messaggio si divora il film, le dinamiche familiari raccontate nella seconda parte sono paratelevisive, il finale è tronco e arriva sul più bello.


LA SEQUENZA : inevitabile che in questo tipo di film basati su storie vere, le sequenze che colpiscono di più sono quelle col vero protagonista, qui ripreso nella sua intimità familiare , giocando con i suoi figli.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

Questi argomenti sembrano non interessare più nessuno ,visto il flop al botteghino di questo film.
Jeremy Renner attore ha più sfumature di quanto credessi.
Mi è venuta nostalgia della New Hollywood anni '70.
All'orizzonte non vedo nessun nuovo Redford, Hoffman o Nicholson.


( VOTO : 7 / 10 )


 Kill the Messenger (2014) on IMDb

domenica 21 giugno 2015

Avengers : Age of Ultron ( 2015 )

Dopo che gli Avengers hanno ripreso lo scettro di Loki in una base dell'HYDRA dove era difeso tra gli altri dai gemelli Maximoff ( Pietro capace di correre a velocità supersonica, Wanda che può controllare menti e generare campi energetici) , Tony Stark e Bruce Banner terminano grazie all'intelligenza artificiale contenuta nello scettro di Loki , il progetto Ultron, un programma di difesa globale che però , una volta attivato ha come primo scopo quello di distruggere gli Avengers.
I quali dovranno difendersi anche dai loro fantasmi evocati da Wanda.
Ma sarà proprio grazie a lei e al fratello che gli Avengers, tutti assieme, riusciranno a fermare il piano di distruzione globale messo a punto da Ultron e a annientarlo.
Non ho mai letto appassionatamente i fumetti Marvel, non ne ho mai comprato uno, tutti quelli che ho letto li ho presi in prestito a casa di amici  e quindi sono sicuramente il meno indicato per parlare di questo tipo di cinema che come un terremoto di proporzioni gigantesche sta squassando il box office , uscita dopo uscita.
O forse sono semplicemente troppo vecchio per 'ste stronzate come diceva il vecchio saggio.
La verità è che mi ritrovo a vedere questi film più per i figli , che sono molto più informati di me a punto tale da farmi sentire una specie di dinosauro e Jurassic World non c'entra nulla, che per me stesso che mi sento trascinato dentro un cinema che non sento mio.
Non è un caso che tra il film del nuovo filone supererostico io abbia apprezzato maggiormente quelli che ho ritenuto più adulti ( tipo il secondo Capitan America) , mentre ho schifato e sbertucciato il primo Thor che pure , a sentire i fans , non era così brutto.
E sono stato piuttosto neutro anche col primo Avengers, da me definita la gangbang degli eroi Marvel, quello che doveva essere e per molti è stato l'orgasmo filmico di una vita, vedere al cinema tutti assieme i propri eroi con cui si è cresciuti a furia di fumetti.
Il secondo capitolo in un certo senso amplia il discorso già intavolato dal primo, è come una versione aggiornata e corretta del primo film.
Naturalmente nulla da eccepire sulla confezione, sul senso dello spettacolo, sugli effetti speciali ( anche perché se mi metto a eccepire su una produzione da 250 milioni di dollari farei veramente la figura del fesso matricolato), sull'equilibrio che miracolosamente Whedon riesce a trovare in tutto questo bailamme di stelle di prima grandezza.
Anzi esci dalla visione complessivamente soddisfatto ma è un qualcosa che dura poco: esci con la pancia piena , con l'occhio saturato, ma il cervello è rimasto inerte per due ore e venti, i neuroni sono stati a nanna, ti ritrovi a pensare che il film lo hai subìto più che visto e sicuramente non hai interagito con lui.
La sensazione è che le storie raccontate si accumulino le une sulle altre, si procede per semplice accumulazione , in realtà non sembra esserci una progressione drammaturgica o quanto altro.
Del resto Avengers : Age of Ultron non è il film più indicato per proporre una crescita, un'evoluzione dei personaggi in campo. Non c'è il tempo materiale per farlo e se si facesse un discorso simile per i vari personaggi in campo sarebbe una cosa velleitaria e frettolosa.
E si scivolerebbe irrimediabilmente nell'effetto soap opera che Whedon riesce a scansare.
Il buon Joss ha abbandonato dopo questo film il baraccone Marvel e se ne intuisce la ragione: probabilmente conoscendo il suo stile qui appare evidente che la sua ricerca cinematografica è stata arrestata in nome dell'incasso garantito e di un cinema che dia allo spettatore esattamente quello che vuole: spettacolo digitale , meraviglie visive, un tocco d'ironia( ma qui quasi non si vede ) e tutto quello che può servire per accompagnare un pomeriggio o una serata all'insegna del popcorn, della bibita gassata d'ordinanza formato maxi  e del rutto libero.
Insomma la sensazione è che anche lui sia rimasto prigioniero di questo tipo di cinema e ciò si avverte nella parte dedicata a Tony Stark e Bruce Banner, i cervelli del gruppo e nel discorso, parecchio interessante , dell'intelligenza artificiale e del suo utilizzo.
Argomento parecchio intrigante ma che scivola via tra le pieghe della sceneggiatura.
Peccato, è un cinema che purtroppo non mi appartiene.
Ma uno sguardo, con un pizzico di colpevolezza, glielo diamo sempre...


PERCHE' SI : Whedon riesce a equilibrare miracolosamente lo spazio dato ai vari personaggi, confezione eztralusso, effetti speciali all'avanguardia, senso dello spettacolo.
PERCHE' NO : procede per accumulazione , non c'è nessun tipo di evoluzione, il discorso sull'intelligenza artificiale scivola via nelle pieghe della sceneggiatura, estenuante.


LA SEQUENZA :  la lotta tra Hulk e Iron Man formato gigante( quello con l'armatura Hulkbuster).


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

Sono troppo vecchio per 'ste stronzate.
Questo cinema non mi appartiene.
Continuo ad ammirare Whedon che comunque porta a casa il risultato.
Il prossimo lo guarderò con ancora meno aspettative.


( VOTO : 6,5 / 10 ) 

Avengers: Age of Ultron (2015) on IMDb