La fine è l'inizio.
Anche se sul pianeta Terra ci sono le uniche forme viventi dell'universo.
Eppure Melancholia comincia proprio dall'apocalisse al ralenti, una serie di inquadrature pittoriche in movimento lento che immaginificamente si collega alle ultime sequenze del film.
Dopo il tetro carboncino usato per Antichrist è venuto il tempo dei luminosi colori pastello di questo minaccioso pianeta blu che se ne sta lì in mezzo al cielo dopo aver cacciato la stella Anatares dalla costellazione dello Scorpione.
E' minaccioso eppure qualcuno dice che sembra avere un'aria amichevole.
Un prologo che si riallaccia all'epilogo e due capitoli che portano il nome delle due sorelle protagoniste, Justine e Claire che sembrano una il negativo fotografico dell'altra e non solo fenotipicamente.
Justine ha negli occhi la rassegnazione di chi è a conoscenza di tutto, arriva tardi alla sua Festen di matrimonio illuminata fiocamente come regole del Dogma 95 vogliono, in cui i parenti serpenti non perdono occasione di punzecchiarsi.
Lei è assente, assente dalla sua cerimonia nuziale, assente con i suoi cari, persino col marito.
Vaga con la mente raminga nel nulla esistenziale e il corpo vaga assieme alla sua mente.
Un matrimonio che è allo stesso tempo epitaffio di un amore che abbiamo solo intuito dalle prime sequenze.
Justine aspetta che fatalmente accada tutto. Lei sa già quello che succederà come conosceva il numero dei fagioli nella bottiglia alla sua festa nuziale.
E' rassegnata al blu che sta sovrastando il nostro piccolo pianeta, è svuotata eppure trova le energie per bypassare lo scoramento, trovando addirittura la voglia di andarsi a prendere un pò di tintarella di Melancholia sdraiata sulle rocce .
Justine ha la rassegnazione della solitudine.
Il secondo capitolo è ambientato nella tenuta di Claire, casa, giardino e campo di golf degni di una rivista di design architettonico.
Claire invece non è rassegnata: ingannata a fin di bene da un marito che conosce perfettamente l'apocalisse verso cui stanno procedendo a grandi passi, ha un figlio da proteggere.
E ha un senso di colpa difficile da mettere a tacere.
Ogni tentativo di fuga è inutile, superfluo.
Tanto vale aspettare l'annullamento fisico e spirituale nella Grotta Magica.
Von Trier continua a disegnare traiettorie cinematografiche nuove nel suo film forse più immediatamente intellegibile, almeno nell'assunto di partenza.
E'evidente che considera la diafana Dunst come il suo alter ego e come lei pensa che dopo di noi ci sarà il nulla.
La prova dell'attrice americana è notevole, inaspettata, ma rimane nel cuore lo sguardo atterrito di Charlotte Gainsbourg e la sua travagliata fragilità, un filo d'erba in balia del vento.
Doveva essere premiata anche lei.
Melancholia si riallaccia ai capolavori della fantascienza adulta, filosofica del passato, ricalca le orme di Tarkovskij (Lo specchio, Solaris e il suo oceano pensante) ma si richiama anche alla cosmogonia malickiana di The tree of life.
Sovvertendola.
La scienza è impotente, Melancholia, il pianeta, diventa sempre più grande in un cielo sempre più piccolo.
L'apocalisse . Un flash. Dissolvenza in nero di tutto quello che abbiamo avuto fino a un nanosecondo prima.
Von Trier è essere umano assolutamente detestabile.
Ancora non riesco a spiegarmi come un uomo tanto piccolo riesca a fare del cinema così grande.
Volenti o nolenti è uno degli ultimi grandi Autori.
Al giorno d'oggi si parla di Chaplin, di Kubrick, di Kurosawa, di Dreyer o di Murnau.
Tra una cinquantina d'anni uno dei pochi nomi che sarà citato del cinema di questi anni sarà proprio quello di Von Trier.
Nonostante lui e il suo cinema siano odiati da tre quarti di mondo.
( VOTO 8,5 / 10 )
( VOTO 8,5 / 10 )