Dopo il grandissimo successo del Top of the flops , oggi si replica con il meglio dell'anno che ci sta appena abbandonando. Facendo un resoconto di quello che ho visto è stato un anno parecchio interessante , magari discontinuo ma che mi ha fatto conoscere diversi nuovi autori con il loro relativo modo di fare cinema.
L'unico rammarico di quest'anno è stato il fatto di non aver seguito quasi per nulla la serialità televisiva ( in realtà non la seguo da anni) perchè mai come in questo 2013 sono incappato in prodotti televisivi di altissima qualità, un paio dei quali almeno avrebbero meritato ampiamente di stare in questa top of the tops.
Parlo di "robetta" come Les Revenants, serie francese che mi ha letteralmente strappato un pezzo di cuore e altre cose come Real Humans o In the flesh che si sono portati via , lacerandolo, il pezzo rimasto, fratturandolo irrimediabilmente ( citazione di un film francese, molto bello, di circa 20 anni fa, La frattura del miocardio che credo conosceranno in quattro o cinque, me compreso...) .
In questa classifica , sempre stilata secondo rigorosi criteri matematici ci sono state esclusioni dolorose come il bel ritorno di Tim Burton ai suoi livelli con Frankenweenie, il grande art horror di Coscarelli John dies at the end, il problematico Il passato di Ashgar Farhadi che si conferma il
più europeo dei registi iraniani, il ritorno di Pablo Larrain che ci racconta un altro pezzo di storia del suo Cile con No e l'esordio del figlio d'arte Brandon Cronenberg con l'inquietante asepsi del candido Antiviral. E spero di non aver dimenticato nessuno.
Ricordo sempre che se voleste rinfrescare le recensioni, ci sono già i link impostati sul titolo del film e colgo l'occasione per augurare a tutti un 2014 ricco di bellissime visioni su piccolo e grande schermo.
Naturalmente anche pieno, stracolmo, di tutte le cose che desideriate. Cominciamo:
10 ) NELLA CASA . Ozon si riconferma regista di avanguardia nel cinema francese con un film che dimostra subito la sua essenza di oggetto cinematografico anomalo tra la commedia e il dramma psicologico con venature dark. Tratto da una piece teatrale ma cinema vero nobilitato dalla presenza di grandi attori e da un meccanismo perfetto, ad orologeria che ne assicura la crescita impetuosa dal primo all'ultimo minuto fino ad un finale che ha quasi dell'insostenibile.
9) LA FINE DEL MONDO La fine del mondo è nascosta lì, proprio appena dopo l'entrata dell'ultimo pub al termine di un tour fantasmagorico fatto di birre, ricordi e rimpianti mescolati tra loro in proporzioni variabili a seconda del personaggio. Il trio delle meraviglie Pegg/ Frost / Wright porta a termine la cosiddetta trilogia del cornetto con una chiusura degnissima dopo Shaun of the dead e Hot Fuzz, cult incontrastati e dvd gelosamente conservati nella mia collezione. Il tempo passa, lascia i suoi segni ma l'importante è non rassegnarsi e non omologarsi alla massa.
8) IL LATO POSITIVO . Per scivolare fuori dall'empasse esistenziale basta vedere il lato positivo e non inciampare nell'orlo argenteo delle nuvole. Un film dall'ottimismo contagioso che racconta la storia di due elementi disfunzionali che , volenti o nolenti, alterano profondamente gli equilibri della famiglia perfettamente funzionali a cui appartengono.Bradley Cooper e Jennifer Lawrence sono perfetti, adorabili canaglie che ti entrano subito nel cuore così come questo film, ruffiano il giusto ma a tratti irresistibile. Come il ballo a cui si
iscrivono i due protagonisti. Perfetto esempio di commedia sentimentale 2.0.
7) BLACKFISH Un documentario bellissimo che ha strappato un pezzetto di cuore a me che non sono in grado neanche di vedere i documentari di National Geographic . Brividi lungo la schiena nel vedere la lunga sequenza di cattura delle orche e lacrime amare a sentire le vocalizzazioni delle orche quando il loro nucleo familiare è diviso dalla malvagità dell'uomo. La storia di Tilikum, orca assassina per ben tre volte ma che continua ad esibirsi tranquillamente nei parchi acquatici in cui attira molto pubblico, è il paradigma del capitalismo malato di cui l'uomo si rende spesso protagonista: sfruttare i suoi simili e animali per racimolare quanti più soldi possibili. Un film necessario.
6) LE STREGHE DI SALEM Ah ah ah ! Ecco forse il caso cinematografico dell'anno. La sua inclusione nella top of the tops mi farà guadagnare frizzi , lazzi e spernacchiamenti da parecchi visto che
la maggior parte ha inserito questo film nella classifica delle peggiori schifezze di quest'anno.
Per me un film da ricordare, una visita guidata nel personale luna park orrorifico di Rob Zombie in cui inserisce tutto il cinema che lo ha formato e fatto crescere. Un concept di arte visuale malefico e citazionista che ha diviso nettamente il pubblico. E ha fatto nascere infiniti dibattiti su un film eccessivo, oltre. Non è un caso che qui sul blog la recensione di questo film ( sopra c'è il link) è stata di gran lunga quella più commentata. Testimonianza di un fermento che ha agitato alla stessa maniera detrattori e sostenitori.
Io lo difendo a spada tratta.
5) PACIFIC RIM Che cosa si può volere di più da un film che contiene al suo interno robottoni giganti, mostri marini alti come palazzi e massacrati a colpi di petroliera o con spadoni ? Che tutto questo ci sia dato in grande quantità. E Guillermo del Toro ci fornisce tutto questo a iosa in un film che riporta sullo schermo l'immaginario infantile ed adolescenziale di chi ha superato gli -enta
e forse anche gli -anta. E per uno come me che si è formato vedendo ogni domenica i film di Godzilla ( quelli del maestro Honda) al cinema parrocchiale dopo la messa , andare al cinema con i propri figli a vederlo rappresenta una sorta di passaggio del testimone generazionale. Una forte condivisione di quello che faceva brillare i miei occhietti quando avevo la loro età. E fosse anche solo per questo dovrei ringraziare Pacific Rim anche se fosse stato un brutto film.
E non lo è. Anzi . Uno dei picchi di esaltazione filmica di quest'anno.
4) LA QUINTA STAGIONE Ecco uno di quei casi in cui la prima visione non basta per giudicare una pellicola originale e strana come questa, sempre sul filo dell'assurdo e del paradossale ma capace di inquietare come poche. Fredda come una glaciazione e surreale come un quadro di Magritte, La quinta stagione è film da prendere con le molle , può essere amato e odiato allo stesso tempo. All'inizio mi stava quasi annoiando ma poi mi ha letteralmente catturato e non
mi ha mollato più neanche dopo i titoli di coda.
Amleto diceva che c'era del marcio in Danimarca ma pare che anche in Belgio per quanto riguarda il marciume stanno messi non bene, ma benissimo.
3 ) BEASTS OF THE SOUTHERN WILD ( aka Re della terra selvaggia ) Ecco un altro dei casi cinematografici dell'anno un film intriso di poesia e di innocenza in una terra falcidiata dalle catastrofi naturali in cui bisogna vivere con il poco, pochissimo che ci si riesce a procurare. Lo sguardo della piccola Hushpuppy è un qualcosa che cattura dalla prima all'ultima scena così come quella sua zazzera ribelle che si muove impetuosa ad ogni refolo di vento. Visto ben prima della sua uscita in Italia anche se è un moscerino di fronte a megaproduzioni hollywoodiane fa la figura del gigante con i nani. Perchè il cinema è poesia.
2 ) ZERO DARK THIRTY Per chi credeva che Kathryn Bigelow avesse raggiunto il suo apice creativo con il cazzutissimo The Hurt Locker, premiato a scoppio ritardato agli Oscar del 2010
sconfiggendo con mia grande suina goduria , l'ex marito James Cameron, ecco servito su un piatto d'argento un film pazzesco che è stato in lizza fino all'ultimo essere premiato come film dell'anno dal sottoscritto.
La Bigelow non fa sconti neanche ai suoi compatrioti della CIA e racconta come meglio non si potrebbe uno dei fatti storici più importanti della storia americana recente. Senza ipocrisie, falsi pietismi e pericolosi moralismi . Due ore e quaranta di avvenimenti e dialoghi serratissimi che passano in un attimo con un curioso effetto collaterale. Alla comparsa dei titoli di coda ti accorgi che ne vorresti ancora.....
1) PRISONERS Squillino le trombe , rullino i tamburi, che sia dia inizio ai festeggiamenti : ecco il film del 2013 . Uno dei thriller più potenti degli ultimi anni , un film che non si arroga il diritto di dare risposte ma solo quello di porre dilemmi etici praticamente
impossibili da dirimere. Dennis Villeneuve conferma la sua grandezza dopo i bellissimi Polytechinique e La donna che canta dimostrando che si può conservare la propria personalità anche all'interno dei complessi meccanismi hollywoodiani capaci di stritolare molti autori e registi di bellissime speranze. Un thriller che assume quasi valenza metafisica in un contesto, quello della profonda provincia americana, che partorisce mostri a getto continuo. Come sconfiggerli?
Per quest'anno credo che sia tutto, forse anche troppo e che non abbiamo dimenticato nulla.
E se avessimo dimenticato qualcosa e sicuramente qualcosa è stato lasciato via per un qualche vuoto di memoria, sapete , l'età avanza inarrestabile.
Ancora un augurio per un 2014 luminosissimo e ricco di quanto di meglio possiate desiderare.
Arrivederci tra un anno!
I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.
martedì 31 dicembre 2013
lunedì 30 dicembre 2013
Top of the flops 2013
Eccoci arrivati a fine d'anno e mi è venuta in mente qualcosa di originale e soprattutto che non ha fatto mai nessuno , soprattutto in questi giorni finali di un 2013 che è stato meglio perderlo che incontrarlo.
Quindi al via il classificone di fine anno, oggi partiamo con i flop e domani , si spera, chiuderemo in bellezza con i top.
Il criterio di composizione è rigorosamente matematico, si basa sulle valutazioni dei film usciti nell'anno in corso, cosicchè se ne troveranno alcuni del 2012 , soprattutto sarò costretto a inserire in classifica un titolo che non avrei voluto inserire e escludere un altro che invece avrei messo con molto piacere perchè è stata delusione cocentissima.
Parlo di The Canyons, che forse col senno di poi ho valutato un po' troppo generosamente...
Ma ora bando alle ciance , o ciancio alle bande , partiamo col classificone che da Maurizio Seymandi in poi è obbligatorio far partire dalla decima alla prima posizione. In caso voleste rinfrescarvi la memoria con l'apposita recensione ogni titolo ha il suo bel link.
10 ) HOUSE AT THE END OF THE STREET Jennifer Lawrence in rampa di lancio per il successo planetario incappa in questo brutto horror privo di nerbo e di inventiva in cui la cosa migliore sono lei ed Elizabeth Shue ( tirata come una corda di violino) in canotta.Anche se a tratti la Lawrence qui sembra la versione oversize di Miley Cyrus.
9) DARK FEED Un film come questo doveva far diffidare a partire dalla locandina, in verità abbastanza insignificante ma che recava in bella vista la dicitura che era stato scritto dagli stessi sceneggiatori di The Ward, ritorno dopo dieci anni di Carpenter al cinema. E a me , allocco, è bastato per procurarmi questa brutta copia di Session 9 che mescola a casaccio molte tendenze dell'horror di oggi, si va dal found footage fino al tentativo di fare del metacinema, riuscendo a fare solo metamonnezza. Un'ora e venti di film in cui succede qualcosa solo negli ultimi venti minuti . Assolutamente da evitare.
8)THE BLING RING Sofia Coppola più va avanti nella sua carriera e più si dimostra un grosso malinteso cinematografico.Dopo alcuni buoni film ha trovato la strada per la frantumazione testicolare deliberata con due titoli come Somewhere e questo The Bling Ring , storia di un vuoto pneumatico generazionale raccontato altrove, prima e meglio da altri che non dalla piccola Sofia che fa sempre la figura di chi sputa nel piatto dove ha sempre mangiato. Divi , aspiranti divi, ninfette e zoccolette varie si rincorrono in una pellicola che è vuota come quello ce descrive. Seconda bocciatura di seguito.
7 ) UPSIDE DOWN Ecco un'altra delle delusioni cocentissime di questo 2013 : un film che poteva essere un piccolo gioiello di fantascienza distopica e invece si rivela una storiella d'amore inutile e lacrimevole con l'aggravante del torcicollo arrivato durante la proiezione a furia di girare la testa per vedere il mondo capovolto. E Fernando Solanas ci ha speso pure un budget di 60 milioni di dollari.
6) SHARKNADO Il film che non avrei mai voluto inserire in questa classifica perchè al di là della qualità cinematografica a una cazzata megasuperipergalattica come questa non si può fare a meno che volerci un po' di bene per il divertimento, spero volontario ma non sono così sicuro, che regala in un'ora e mezzo di avvenimenti incredibili, minchiate a nastro e personaggi da antologia del buon umore. E il protagonista che uccide con la motosega lo squalo gigante dopo essere stato inghiottito e già che c'è salva anche una preda precedentemente divorata è qualcosa che rasenta la poesia cinematografica. Surrealismo e punte di genialità al servizio del cinema spazzatura. Purtroppo la matematica è bastarda e una volta deciso un criterio di classifica bisogna rispettarlo.
5) WORLD WAR Z Si può fare un film di zombie senza sangue e frattaglie in bella vista? Secondo Brad Pitt e compagnia cantante si e se è così si merita uno dei primi posti nella classifica dei flop dell'anno. Non dal punto di vista degli incassi purtroppo perchè lo zombie movie per famiglie è piaciuto in barba ai detrattori. Ma in fondo World War Z è un disaster movie , di nome e di fatto, in cui gli zombies sono solo un dettaglio narrativo. E ce ne saranno anche a frotte, in quantità che mai erano state viste al cinema ma sono animati in modo maldestro e queste famose scene di massa di zombies sono poco più che cartoni animati tremebondi.
Altro diludendo ustionante.
4) THE CLOTH Se si parla strettamente di cagneria cinematografica questo film è decisamente il top of the flops ma gli vogliamo dare una giustificazione per il budget abbastanza risicato e per quell'aria precaria alla Ed Wood che lo pervade e che a tratti lo rende troppo brutto per essere vero. E poi vedere Danny Trejo in una parte da prete è una trovata che più tamarra non si può. Uno dei protagonisti di questo film sembra una brutta copia di Stephen Seagal e sa recitare anche peggio, quindi anche solo per vedere questo guitto malefico , questo film ha una sua ragione di essere visto. Ma anche no. Spazzatura estrema.
3) COMIC MOVIE Brutta cosa le aspettative: io credevo di ritrovarmi di fronte a una brillante riedizione del per me mitico Ridere per ridere di John Landis e invece mi trovo di fronte a una stanca sequela di strisce comiche che parte bene ma poi finisce nel marasma assoluto. E il voto è ancora più penalizzante perchè in questo marasma mefitico sono impegnati un sacco di nomi grossi sia al di là che al di qua della macchina da presa. Fallimentare anche sotto il profilo degli incassi . Oltraggio alla memoria.
2) SMILEY Anche qui siamo messi non bene ma benissimo in quanto a cagneria cinematografica.. Un villain che ha un culo trapiantato in faccia e tante altre minchiate in serie inanellate da questo titolo che ambisce anche a criticare la civiltà dei giovani moderni cresciuti a torta di mele facebook e chat varie.
Insostenibile e diretto da un tizio che ha evidentemente in dispregio tutti i canoni dell'estetica cinematografica E fa un horror assolutamente irritante come gli attori che vi recitano.Caitlin Gerard, protagonista di questo film è assai bellina ma recita proprio da cagna maledetta...
1) TO THE WONDER Ok lo ammetto, metterlo in prima posizione di questa top of the flops esula da fattori prettamente cinematografici perchè il signor Malick è uno che con la macchina da presa ci sa fare e non sono certo io che lo devo dire. Questo premio è all'incazzatura che mi ha regalato questo film, un frantumare perseverato di zebedei ogni limite di sopportazione , perpetrato con quella spocchia autoriale che il signor Malick dimostra di avere ogni film che passa. Più trascorrevano i minuti e più aspettavo spasmodicamente che accadesse qualcosa e invece nulla, due ore di nulla e di voce fuori campo che cerca di spiegare quello che si vede col classico minuto d'anticipo. E Javier Bardem col nido di quaglie in testa non si può vedere....
E anche per quest'anno la top of the flops ce la semo levata dalle....beh mi avete capito.
A domani con la top of the tops....
Quindi al via il classificone di fine anno, oggi partiamo con i flop e domani , si spera, chiuderemo in bellezza con i top.
Il criterio di composizione è rigorosamente matematico, si basa sulle valutazioni dei film usciti nell'anno in corso, cosicchè se ne troveranno alcuni del 2012 , soprattutto sarò costretto a inserire in classifica un titolo che non avrei voluto inserire e escludere un altro che invece avrei messo con molto piacere perchè è stata delusione cocentissima.
Parlo di The Canyons, che forse col senno di poi ho valutato un po' troppo generosamente...
Ma ora bando alle ciance , o ciancio alle bande , partiamo col classificone che da Maurizio Seymandi in poi è obbligatorio far partire dalla decima alla prima posizione. In caso voleste rinfrescarvi la memoria con l'apposita recensione ogni titolo ha il suo bel link.
10 ) HOUSE AT THE END OF THE STREET Jennifer Lawrence in rampa di lancio per il successo planetario incappa in questo brutto horror privo di nerbo e di inventiva in cui la cosa migliore sono lei ed Elizabeth Shue ( tirata come una corda di violino) in canotta.Anche se a tratti la Lawrence qui sembra la versione oversize di Miley Cyrus.
9) DARK FEED Un film come questo doveva far diffidare a partire dalla locandina, in verità abbastanza insignificante ma che recava in bella vista la dicitura che era stato scritto dagli stessi sceneggiatori di The Ward, ritorno dopo dieci anni di Carpenter al cinema. E a me , allocco, è bastato per procurarmi questa brutta copia di Session 9 che mescola a casaccio molte tendenze dell'horror di oggi, si va dal found footage fino al tentativo di fare del metacinema, riuscendo a fare solo metamonnezza. Un'ora e venti di film in cui succede qualcosa solo negli ultimi venti minuti . Assolutamente da evitare.
8)THE BLING RING Sofia Coppola più va avanti nella sua carriera e più si dimostra un grosso malinteso cinematografico.Dopo alcuni buoni film ha trovato la strada per la frantumazione testicolare deliberata con due titoli come Somewhere e questo The Bling Ring , storia di un vuoto pneumatico generazionale raccontato altrove, prima e meglio da altri che non dalla piccola Sofia che fa sempre la figura di chi sputa nel piatto dove ha sempre mangiato. Divi , aspiranti divi, ninfette e zoccolette varie si rincorrono in una pellicola che è vuota come quello ce descrive. Seconda bocciatura di seguito.
7 ) UPSIDE DOWN Ecco un'altra delle delusioni cocentissime di questo 2013 : un film che poteva essere un piccolo gioiello di fantascienza distopica e invece si rivela una storiella d'amore inutile e lacrimevole con l'aggravante del torcicollo arrivato durante la proiezione a furia di girare la testa per vedere il mondo capovolto. E Fernando Solanas ci ha speso pure un budget di 60 milioni di dollari.
6) SHARKNADO Il film che non avrei mai voluto inserire in questa classifica perchè al di là della qualità cinematografica a una cazzata megasuperipergalattica come questa non si può fare a meno che volerci un po' di bene per il divertimento, spero volontario ma non sono così sicuro, che regala in un'ora e mezzo di avvenimenti incredibili, minchiate a nastro e personaggi da antologia del buon umore. E il protagonista che uccide con la motosega lo squalo gigante dopo essere stato inghiottito e già che c'è salva anche una preda precedentemente divorata è qualcosa che rasenta la poesia cinematografica. Surrealismo e punte di genialità al servizio del cinema spazzatura. Purtroppo la matematica è bastarda e una volta deciso un criterio di classifica bisogna rispettarlo.
5) WORLD WAR Z Si può fare un film di zombie senza sangue e frattaglie in bella vista? Secondo Brad Pitt e compagnia cantante si e se è così si merita uno dei primi posti nella classifica dei flop dell'anno. Non dal punto di vista degli incassi purtroppo perchè lo zombie movie per famiglie è piaciuto in barba ai detrattori. Ma in fondo World War Z è un disaster movie , di nome e di fatto, in cui gli zombies sono solo un dettaglio narrativo. E ce ne saranno anche a frotte, in quantità che mai erano state viste al cinema ma sono animati in modo maldestro e queste famose scene di massa di zombies sono poco più che cartoni animati tremebondi.
Altro diludendo ustionante.
4) THE CLOTH Se si parla strettamente di cagneria cinematografica questo film è decisamente il top of the flops ma gli vogliamo dare una giustificazione per il budget abbastanza risicato e per quell'aria precaria alla Ed Wood che lo pervade e che a tratti lo rende troppo brutto per essere vero. E poi vedere Danny Trejo in una parte da prete è una trovata che più tamarra non si può. Uno dei protagonisti di questo film sembra una brutta copia di Stephen Seagal e sa recitare anche peggio, quindi anche solo per vedere questo guitto malefico , questo film ha una sua ragione di essere visto. Ma anche no. Spazzatura estrema.
3) COMIC MOVIE Brutta cosa le aspettative: io credevo di ritrovarmi di fronte a una brillante riedizione del per me mitico Ridere per ridere di John Landis e invece mi trovo di fronte a una stanca sequela di strisce comiche che parte bene ma poi finisce nel marasma assoluto. E il voto è ancora più penalizzante perchè in questo marasma mefitico sono impegnati un sacco di nomi grossi sia al di là che al di qua della macchina da presa. Fallimentare anche sotto il profilo degli incassi . Oltraggio alla memoria.
2) SMILEY Anche qui siamo messi non bene ma benissimo in quanto a cagneria cinematografica.. Un villain che ha un culo trapiantato in faccia e tante altre minchiate in serie inanellate da questo titolo che ambisce anche a criticare la civiltà dei giovani moderni cresciuti a torta di mele facebook e chat varie.
Insostenibile e diretto da un tizio che ha evidentemente in dispregio tutti i canoni dell'estetica cinematografica E fa un horror assolutamente irritante come gli attori che vi recitano.Caitlin Gerard, protagonista di questo film è assai bellina ma recita proprio da cagna maledetta...
1) TO THE WONDER Ok lo ammetto, metterlo in prima posizione di questa top of the flops esula da fattori prettamente cinematografici perchè il signor Malick è uno che con la macchina da presa ci sa fare e non sono certo io che lo devo dire. Questo premio è all'incazzatura che mi ha regalato questo film, un frantumare perseverato di zebedei ogni limite di sopportazione , perpetrato con quella spocchia autoriale che il signor Malick dimostra di avere ogni film che passa. Più trascorrevano i minuti e più aspettavo spasmodicamente che accadesse qualcosa e invece nulla, due ore di nulla e di voce fuori campo che cerca di spiegare quello che si vede col classico minuto d'anticipo. E Javier Bardem col nido di quaglie in testa non si può vedere....
E anche per quest'anno la top of the flops ce la semo levata dalle....beh mi avete capito.
A domani con la top of the tops....
domenica 29 dicembre 2013
Italia anni '70 - Novecento atto secondo ( 1976 )
Alfredo , troppo succube dei fascisti viene lasciato dalla moglie, Olmo , fieramente antifascista subisce la repressione fino alla Liberazione, quando alla guida dei contadini porta a compimento la sua lotta di classe contro i padroni ed Alfredo è il padrone di quella fattoria. Mentre Attila, il fattore a cui Alfredo ha dato troppo potere, viene ucciso assieme alla sua amante per le efferatezze di cui si è reso responsabile protetto dalla camicia nera fascista , Alfredo viene condannato a morte. Ma l'amicizia con Olmo sarà più forte di tutto, anche delle ideologie contrapposte.
E' pretestuoso aver diviso un'opera come Novecento in due film , perchè deve essere concepita come un corpo unico e indivisibile.
Il film venne diviso in due parti per esigenze commerciali ma è innegabile che tra prima e seconda parte ci siano delle differenze ben tangibili.
Mentre per la prima parte possiamo tranquillamente parlare di capolavoro assoluto in quanto il cinema di Bertolucci vola alto come non ha mai volato prima e forse come non volerà più dopo, in Novecento atto secondo la situazione è diversa perchè pur avendo iniziato il percorso nel sentiero tracciato mirabilmente dalla prima parte poi in questa seconda parte il lirismo che prima attenuava le istanze politiche viene irrimediabilmente meno in favore della drammatizzazione.
L'ideologia diventa protagonista di un processo al padrone che diventa un vero e proprio gioco al massacro, una lotta senza quartiere il cui esito, scontato, sarà una sconfitta per tutti.
Ma qui proprio per il suo affannarsi a spiegare le ragioni delle parti in causa il film arriva ad un passo , forse anche meno dall' essere didascalico.
Nella seconda parte accanto a De Niro e Depardieu assumono importanza fondamentale i personaggi di Attila e Regina (Sutherland e Betti) autori di azioni diaboliche e che incarnano con feroce parossismo due figure di malvagi assoluti lontani da qualsiasi tipo (e volontà) di redenzione.
Dopo l'ideologia nel finale Novecento si apre al sogno, al canto popolare, alle sequenze di massa che sembrano prese dal cinema russo degli anni d'oro del muto.
Comunque sia l'atto secondo è una chiusura degnissima di una saga familiare raccontata con grande partecipazione perchè se Bertolucci non riesce a ripetere quel miracolo narrativo della prima parte è per eccesso di zelo filologico, è per generosità illustrativa,è perchè cerca di rendere perfettamente comprensibile tutto quello che gli si è agitato dentro per decenni.
L'Emilia riportata da Bertolucci è parente stretta con quella reale pur non sentendo Bertolucci il bisogno insopprimibile di verosimiglianza.
Bertolucci esplora vari generi dal racconto corale contadino fino al melodramma lacerante.
E comunque ci regala una delle prove autoriali italiane più impressionanti di tutta la storia del nostro cinema.
( VOTO : 8 / 10 )
E' pretestuoso aver diviso un'opera come Novecento in due film , perchè deve essere concepita come un corpo unico e indivisibile.
Il film venne diviso in due parti per esigenze commerciali ma è innegabile che tra prima e seconda parte ci siano delle differenze ben tangibili.
Mentre per la prima parte possiamo tranquillamente parlare di capolavoro assoluto in quanto il cinema di Bertolucci vola alto come non ha mai volato prima e forse come non volerà più dopo, in Novecento atto secondo la situazione è diversa perchè pur avendo iniziato il percorso nel sentiero tracciato mirabilmente dalla prima parte poi in questa seconda parte il lirismo che prima attenuava le istanze politiche viene irrimediabilmente meno in favore della drammatizzazione.
L'ideologia diventa protagonista di un processo al padrone che diventa un vero e proprio gioco al massacro, una lotta senza quartiere il cui esito, scontato, sarà una sconfitta per tutti.
Ma qui proprio per il suo affannarsi a spiegare le ragioni delle parti in causa il film arriva ad un passo , forse anche meno dall' essere didascalico.
Nella seconda parte accanto a De Niro e Depardieu assumono importanza fondamentale i personaggi di Attila e Regina (Sutherland e Betti) autori di azioni diaboliche e che incarnano con feroce parossismo due figure di malvagi assoluti lontani da qualsiasi tipo (e volontà) di redenzione.
Dopo l'ideologia nel finale Novecento si apre al sogno, al canto popolare, alle sequenze di massa che sembrano prese dal cinema russo degli anni d'oro del muto.
Comunque sia l'atto secondo è una chiusura degnissima di una saga familiare raccontata con grande partecipazione perchè se Bertolucci non riesce a ripetere quel miracolo narrativo della prima parte è per eccesso di zelo filologico, è per generosità illustrativa,è perchè cerca di rendere perfettamente comprensibile tutto quello che gli si è agitato dentro per decenni.
L'Emilia riportata da Bertolucci è parente stretta con quella reale pur non sentendo Bertolucci il bisogno insopprimibile di verosimiglianza.
Bertolucci esplora vari generi dal racconto corale contadino fino al melodramma lacerante.
E comunque ci regala una delle prove autoriali italiane più impressionanti di tutta la storia del nostro cinema.
( VOTO : 8 / 10 )
sabato 28 dicembre 2013
Unstoppable ( 2010 )
Frank, ingegnere ferroviario esperto e Will , giovane collega alle prime armi sono coinvolti nella folle corsa di un treno carico di rifiuti tossici che, senza controllo a causa di un errore di un operatore si trova ad attraversare a velocità spropositata diversi centri abitati. La catastrofe è imminente e i due hanno poco tempo per evitarla...
Non ci sono più i nemici di una volta.
Niente più tentacoli del terrorismo internazionale, niente più schizofrenici rapinatori tecnologici, niente più narcos sudamericani che dettano legge anche oltre i confini, niente banditi del(nel) tempo, o poteri forti dalla longa manus.
E' morto anche Osama Bin Laden.
Ora il nemico è un treno vuoto lasciato libero a scorrazzare per la Pennsylvania dalla dabbenaggine di un rotondo operaio dalla faccia neanche tanto sveglia (Ethan Suplee, nomen omen, perfetto per la parte).
Tony Scott esordisce nel suo A 30 secondi dalla fine e io che già avevo fatto scorta di Novalgina e Maalox per attenuare gli effetti della sua regia muscolare che non lesina mai montaggi ipercinetici e tagli di inquadratura sghembi così per accentuare un pò quell'effetto mal di mare che sembra piacergli tanto, mi devo ricredere.
Incredibile.
Non ci sono più tremori molesti nelle sequenze, addirittura posso fare a meno dell'aiuto farmacologico per vedere il film fino alla fine.
Che fosse malato di Parkinson e noi non lo sapevamo?
Se era malato in questo film era guarito.
Perchè quello che si nota in questo film è un Tony Scott che non trema ( in senso sia reale che metaforico) tirato a lucido, solido che si perde nella retorica solo in un finale che spinge a farlo.
Unstoppable è spettacolo che regge fino in fondo, una neanche velata satira sul ghe pensi mi classico degli americani e anche sul potere invasivo dei mass media capaci di creare allo stesso tempo eroi (per un giorno) e imbecilli(per sempre).
Nobilitato da una fotografia eccellente ad opera di Ben Seresin che crea un efficace contrasto tra il non colore della ruggine dei vagoni e i colori accesi dei boschi e delle città che il treno impazzito attraversa, Unstoppable si segnala anche per una notevolissima sequenza di derapage del mastodonte vagonato su un misero binario a mezz'aria.
Mentre nel precedente ferroviario di Tony Scott, Pelham 123,l'azione stagnava per dare spazio ai duetti isterici Travolta/Washington, qui invece regna sovrana limitando al massimo il rischio di ridicolo involontario che spesso si corre in questo tipo di film in cui i dialoghi sono spesso un corollario maldestro alla bellezza di sequenze tecnicamente entusiasmanti.
Unstoppable diverte quanto basta e quindi raggiunge il suo scopo pur abbozzando solo i personaggi principali (Washington e Pine, comunque efficaci nelle rispettive parti ) e ignorando totalmente gli altri che fanno parte del coro.
Ma in fondo il protagonista indiscusso è il treno 777.
( VOTO : 7 / 10 )
Non ci sono più i nemici di una volta.
Niente più tentacoli del terrorismo internazionale, niente più schizofrenici rapinatori tecnologici, niente più narcos sudamericani che dettano legge anche oltre i confini, niente banditi del(nel) tempo, o poteri forti dalla longa manus.
E' morto anche Osama Bin Laden.
Ora il nemico è un treno vuoto lasciato libero a scorrazzare per la Pennsylvania dalla dabbenaggine di un rotondo operaio dalla faccia neanche tanto sveglia (Ethan Suplee, nomen omen, perfetto per la parte).
Tony Scott esordisce nel suo A 30 secondi dalla fine e io che già avevo fatto scorta di Novalgina e Maalox per attenuare gli effetti della sua regia muscolare che non lesina mai montaggi ipercinetici e tagli di inquadratura sghembi così per accentuare un pò quell'effetto mal di mare che sembra piacergli tanto, mi devo ricredere.
Incredibile.
Non ci sono più tremori molesti nelle sequenze, addirittura posso fare a meno dell'aiuto farmacologico per vedere il film fino alla fine.
Che fosse malato di Parkinson e noi non lo sapevamo?
Se era malato in questo film era guarito.
Perchè quello che si nota in questo film è un Tony Scott che non trema ( in senso sia reale che metaforico) tirato a lucido, solido che si perde nella retorica solo in un finale che spinge a farlo.
Unstoppable è spettacolo che regge fino in fondo, una neanche velata satira sul ghe pensi mi classico degli americani e anche sul potere invasivo dei mass media capaci di creare allo stesso tempo eroi (per un giorno) e imbecilli(per sempre).
Nobilitato da una fotografia eccellente ad opera di Ben Seresin che crea un efficace contrasto tra il non colore della ruggine dei vagoni e i colori accesi dei boschi e delle città che il treno impazzito attraversa, Unstoppable si segnala anche per una notevolissima sequenza di derapage del mastodonte vagonato su un misero binario a mezz'aria.
Mentre nel precedente ferroviario di Tony Scott, Pelham 123,l'azione stagnava per dare spazio ai duetti isterici Travolta/Washington, qui invece regna sovrana limitando al massimo il rischio di ridicolo involontario che spesso si corre in questo tipo di film in cui i dialoghi sono spesso un corollario maldestro alla bellezza di sequenze tecnicamente entusiasmanti.
Unstoppable diverte quanto basta e quindi raggiunge il suo scopo pur abbozzando solo i personaggi principali (Washington e Pine, comunque efficaci nelle rispettive parti ) e ignorando totalmente gli altri che fanno parte del coro.
Ma in fondo il protagonista indiscusso è il treno 777.
( VOTO : 7 / 10 )
venerdì 27 dicembre 2013
Le dernier combat ( 1983 )
Il pianeta è una distesa semidesertica devastata da una catastrofe imprecisata. I superstiti si sono rifugiati in luoghi che hanno visto decisamente tempi migliori e lottano tra di loro per la sopravvivenza. Un veleno sparso nell'aria rende impossibile il parlare e le risorse per il sostentamento sono rare. Rarissime sono anche le donne che addirittura vengono tenute segregate, chiuse sotto chiave per toglierle dalle mire altrui. Un pugno di personaggi combatte per la sopravvivenza. Non c'è un prima , probabilmente non ci sarà neanche un dopo.
Esiste solo un presente che definire precario è un eufemismo.
L'uomo è in missione per guadagnarsi un futuro da vivere.
Diciamolo subito: Le dernier combat è un filmetto di poche pretese che non se lo sarebbe filato nessuno se non fosse stato l'esordio nel lungometraggio di Luc Besson, ex talent prodige del nuovo cinema francese.
Riprende scenari funesti post apocalittici già narrati altrimenti al cinema ( a quei tempi stava imperando la saga del Mad Max Mel Gibson di cui riprende le fila ) ma con meno budget.
Solo un gruppetto di attori a cui si è tolto l'uso della parola e un ambientazione devastata in cui sono stati inseriti, per il resto c'è poco altro a parte la spasmodica ricerca della sopravvivenza che esita in lotte tra i vari protagonisti in scena.
Tolto il curioso espediente di aver eliminato tutti i dialoghi e tolto il commento originale musicale di genere jazz rock ad opera di Eric Serra, non c'è molto di cui parlare.
Si fa fatica anche a cercare sottotesti in questa opera prima dell'allora 23 enne Besson, forse proprio perchè non ce ne sono.
Le dernier combat è un'anticipazione del cinema di Besson a venire, un esercizio di stile in cui si vede che il giovanotto ci sa fare con la macchina da presa ma che rappresenta in sedicesimo anche i difetti endemici del suo cinema , molto attento al lato visivo e meno forse a quello della scrittura.
E per uno che scrive sceneggiature a getto continuo come lui non è una bella cosa: spesso i suoi film partono da un'idea brillante, uno spunto forte che però viene perso durante il tragitto e questo forse ha impedito a Besson di sedere nell'empireo dei grandi registi.
Gli è sempre mancato quello scatto finale per fare il salto di qualità definitivo.
Le dernier combat è un film più di forma che di contenuto come spesso è accaduto nella carriera di Luc Besson girato in un bianco e nero stiloso: un'ambientazione calata in un futuro che somiglia tanto al Medio Evo, grande suggestione di locations asfissianti per il loro realismo post atomico, pochi personaggi caratterizzati per sommi capi per esprimere al meglio la loro regressione allo stato bestiale ( gli unici che ancora sembrano più umani che bestie sono il protagonista e il dottore che si è barricato nella sua clinica assieme alla ragazza che tiene segregata come fosse una reliquia preziosa), una vicenda rapsodica in cui è evidenziata la lotta tra l'umanità rimasta del dottore e del protagonista contro la bestialità diffusa e ben simboleggiata dal bruto animato da Jean Reno.
Qualche trovata scenica ripresa poi nel cinema tutto ingranaggi di Jeunet ( vedere per credere Delicatessen o L'esplosivo piano di Bazil ) , qualche momento di tenerezza in mezzo a tanta furia beluina ( l'abnegazione del dottore verso la ragazza , le cautele che prende bendando il protagonista perchè non sappia dove lei è nascosta), due attori che si elevano su tutti ; Jean Reno nella parte del bruto e Jean Bouise in quella del medico.
Le dernier combat è un recupero non imprescindibile ma sicuramente curioso per vedere la genesi dell'autore Besson.
( VOTO : 6 / 10 )
Esiste solo un presente che definire precario è un eufemismo.
L'uomo è in missione per guadagnarsi un futuro da vivere.
Diciamolo subito: Le dernier combat è un filmetto di poche pretese che non se lo sarebbe filato nessuno se non fosse stato l'esordio nel lungometraggio di Luc Besson, ex talent prodige del nuovo cinema francese.
Riprende scenari funesti post apocalittici già narrati altrimenti al cinema ( a quei tempi stava imperando la saga del Mad Max Mel Gibson di cui riprende le fila ) ma con meno budget.
Solo un gruppetto di attori a cui si è tolto l'uso della parola e un ambientazione devastata in cui sono stati inseriti, per il resto c'è poco altro a parte la spasmodica ricerca della sopravvivenza che esita in lotte tra i vari protagonisti in scena.
Tolto il curioso espediente di aver eliminato tutti i dialoghi e tolto il commento originale musicale di genere jazz rock ad opera di Eric Serra, non c'è molto di cui parlare.
Si fa fatica anche a cercare sottotesti in questa opera prima dell'allora 23 enne Besson, forse proprio perchè non ce ne sono.
Le dernier combat è un'anticipazione del cinema di Besson a venire, un esercizio di stile in cui si vede che il giovanotto ci sa fare con la macchina da presa ma che rappresenta in sedicesimo anche i difetti endemici del suo cinema , molto attento al lato visivo e meno forse a quello della scrittura.
E per uno che scrive sceneggiature a getto continuo come lui non è una bella cosa: spesso i suoi film partono da un'idea brillante, uno spunto forte che però viene perso durante il tragitto e questo forse ha impedito a Besson di sedere nell'empireo dei grandi registi.
Gli è sempre mancato quello scatto finale per fare il salto di qualità definitivo.
Le dernier combat è un film più di forma che di contenuto come spesso è accaduto nella carriera di Luc Besson girato in un bianco e nero stiloso: un'ambientazione calata in un futuro che somiglia tanto al Medio Evo, grande suggestione di locations asfissianti per il loro realismo post atomico, pochi personaggi caratterizzati per sommi capi per esprimere al meglio la loro regressione allo stato bestiale ( gli unici che ancora sembrano più umani che bestie sono il protagonista e il dottore che si è barricato nella sua clinica assieme alla ragazza che tiene segregata come fosse una reliquia preziosa), una vicenda rapsodica in cui è evidenziata la lotta tra l'umanità rimasta del dottore e del protagonista contro la bestialità diffusa e ben simboleggiata dal bruto animato da Jean Reno.
Qualche trovata scenica ripresa poi nel cinema tutto ingranaggi di Jeunet ( vedere per credere Delicatessen o L'esplosivo piano di Bazil ) , qualche momento di tenerezza in mezzo a tanta furia beluina ( l'abnegazione del dottore verso la ragazza , le cautele che prende bendando il protagonista perchè non sappia dove lei è nascosta), due attori che si elevano su tutti ; Jean Reno nella parte del bruto e Jean Bouise in quella del medico.
Le dernier combat è un recupero non imprescindibile ma sicuramente curioso per vedere la genesi dell'autore Besson.
( VOTO : 6 / 10 )
giovedì 26 dicembre 2013
MIschief night ( 2013 )
La giovane Emily, rimasta cieca in seguito ad un incidente d'auto in cui ha perso la vita la madre, conduce una vita apparentemente normale se non fosse per le sedute che fa dalla psicoterapeuta per superare il trauma della perdita della madre , trauma che le ha lasciato in eredità una cecità di tipo nervoso, lei non vede a causa della sua psiche , non a causa di alterazioni dell'anatomia del suo apparato visivo. Accompagnata dal padre a casa di ritorno da una seduta dal medico, si appresta a trascorrere da sola la Mischief Night, la notte dello scherzo, quella immediatamente precedente alla notte di Halloween, una notte in cui tutto è permesso. Il padre è fuori per un appuntamento galante e lei si trova a fronteggiare un intruso che non ha intenzioni molto amichevoli, anzi ...
Apprendo da fonti americane che esiste anche una notte pre Halloween in cui tutti gli scherzi sono permessi, cosa che francamente ignoravo ed è curioso che questo film parta all'incirca dallo stesso spunto che animava il recente La notte del giudizio in cui in un futuro molto prossimo si organizzava una notte senza legge , dodici ore all'interno delle quali tutti potevano dare libero sfogo a tutta la violenza repressa nelle altre 364 notti dell'anno.
Quindi ci troviamo di fronte al più classico thriller / horror che tratta di home invasion e non lo fa neanche nel più brillante dei modi, anzi di brillante qui c'è poco o nulla.
Intendiamoci la confezione è professionale, è ben girato e fotografato anche se a tratti ha un'aria un po' televisiva , ma di nuovo sotto il sole si trova il niente.
Tutto già raccontato meglio in altri film del passato recente ma anche molto meno recente.
L'handicap della protagonista non può non far pensare a capisaldi del genere come Gli occhi della notte e Terrore cieco, film datati tra la fine degli anni '60 e gli inizi degli anni '70 e con tutto il rispetto la protagonista di Mischief Night , Noell Coet, pur brava e comunque una delle cose migliori del film, ha ben poco da spartire con due attrici favolose come Audrey Hepburn e Mia Farrow.
E poi abbiamo il colpo di grazia: il maniaco ha l'impermeabilino giallo che fa tanto Funny Games di Haneke , altro film che ha detto qualcosa di molto prossimo all'essere definitivo nel campo delle home invasions.
Una citazione talmente sfacciata che risulta impossibile da non notare: si vuole creare appositamente un corto circuito che vada da La notte del giudizio e arrivi a Gli occhi della notte passando per tanto cinema intermedio, da Strangers a Funny games e chi più ne ha , più ne metta.
Si comprende bene che partendo da questi presupposti una produzione come Mischief night non possa andare troppo lontano: tutto derivativo, la sensazione di deja vu divora impietosamente tutto quello che vediamo, anche se animato dalle migliori intenzioni e realizzato con quel minimo di competenza professionale necessaria.
Noell Coet è anche brava ad animare un personaggio di polso, deciso, con il giusto grado di sfrontatezza, ma il maniaco con l'impermeabile giallo, pur nascondendo la sorpresina ( -ina ina ma derivata da un'altra serie di film horror molto famosa e seminale a suo modo meglio non spoilerare altrimenti ci si arriva subito a questo colpetto di scena ) è letteralmente insostenibile: stupido e assolutamente inefficiente, si perde in quisquilie per amor dello spettacolo risultando solo totalmente privo di credibilità.
Pellicole come Mischief night vivono della luce riflessa portata loro dal villain che riescono a mettere in scena: se il cattivo della situazione è ai limiti del ridicolo involontario, della macchietta caricaturale come in questo caso, tutte le buone intenzioni vanno a male nonostante l'impegno profuso.
E rendono Mischief night un film come tanti, anzi anche un po' peggio di tanti altri.
Nonostante le migliori intenzioni.
( VOTO : 4 / 10 )
Apprendo da fonti americane che esiste anche una notte pre Halloween in cui tutti gli scherzi sono permessi, cosa che francamente ignoravo ed è curioso che questo film parta all'incirca dallo stesso spunto che animava il recente La notte del giudizio in cui in un futuro molto prossimo si organizzava una notte senza legge , dodici ore all'interno delle quali tutti potevano dare libero sfogo a tutta la violenza repressa nelle altre 364 notti dell'anno.
Quindi ci troviamo di fronte al più classico thriller / horror che tratta di home invasion e non lo fa neanche nel più brillante dei modi, anzi di brillante qui c'è poco o nulla.
Intendiamoci la confezione è professionale, è ben girato e fotografato anche se a tratti ha un'aria un po' televisiva , ma di nuovo sotto il sole si trova il niente.
Tutto già raccontato meglio in altri film del passato recente ma anche molto meno recente.
L'handicap della protagonista non può non far pensare a capisaldi del genere come Gli occhi della notte e Terrore cieco, film datati tra la fine degli anni '60 e gli inizi degli anni '70 e con tutto il rispetto la protagonista di Mischief Night , Noell Coet, pur brava e comunque una delle cose migliori del film, ha ben poco da spartire con due attrici favolose come Audrey Hepburn e Mia Farrow.
E poi abbiamo il colpo di grazia: il maniaco ha l'impermeabilino giallo che fa tanto Funny Games di Haneke , altro film che ha detto qualcosa di molto prossimo all'essere definitivo nel campo delle home invasions.
Una citazione talmente sfacciata che risulta impossibile da non notare: si vuole creare appositamente un corto circuito che vada da La notte del giudizio e arrivi a Gli occhi della notte passando per tanto cinema intermedio, da Strangers a Funny games e chi più ne ha , più ne metta.
Si comprende bene che partendo da questi presupposti una produzione come Mischief night non possa andare troppo lontano: tutto derivativo, la sensazione di deja vu divora impietosamente tutto quello che vediamo, anche se animato dalle migliori intenzioni e realizzato con quel minimo di competenza professionale necessaria.
Noell Coet è anche brava ad animare un personaggio di polso, deciso, con il giusto grado di sfrontatezza, ma il maniaco con l'impermeabile giallo, pur nascondendo la sorpresina ( -ina ina ma derivata da un'altra serie di film horror molto famosa e seminale a suo modo meglio non spoilerare altrimenti ci si arriva subito a questo colpetto di scena ) è letteralmente insostenibile: stupido e assolutamente inefficiente, si perde in quisquilie per amor dello spettacolo risultando solo totalmente privo di credibilità.
Pellicole come Mischief night vivono della luce riflessa portata loro dal villain che riescono a mettere in scena: se il cattivo della situazione è ai limiti del ridicolo involontario, della macchietta caricaturale come in questo caso, tutte le buone intenzioni vanno a male nonostante l'impegno profuso.
E rendono Mischief night un film come tanti, anzi anche un po' peggio di tanti altri.
Nonostante le migliori intenzioni.
( VOTO : 4 / 10 )
mercoledì 25 dicembre 2013
Buon Natale per tutti quelli che....
Stanotte è stata la notte di Natale, il cenone tradizionale di famiglia tutto di pesce con pesci spada , gamberi e chi più ne ha più ne metta, un goccio di buon vino e poi la telefonata. "Dottore , dottore ! Un'emergenza , ho il mio cucciolo che si gratta in continuazione da due giorni!" Azz...e te lo ricordi proprio la notte di Natale. Con la spada del pesce spada che ti si piazza di traverso nell'esofago proprio a fianco dello spiedino di pesce sei costretto a lasciare gli ospiti e ti metti in macchina alle dieci e mezzo di sera, della Sera delle Sere, per andare al lavoro. Non c'è quasi nessuno in giro eppure quelli che come me stanno in giro in auto a quell'ora fanno un po' la figura degli sfigati o di quelli che sono costretti a lavorare anche in quella che considerano la festa più grande dell'anno.
Minchia , c'è anche gente al Sushi wok qualcosa che mi ha aperto vicino casa...ma chi caz..va a fare il cenone di Natale al ristorante cinese? Saranno tutti cinesi?
In macchina il buio aiuta l'affollarsi di ricordi e quelle sporadiche luci che incontro mi riportano ai Natali di quando ero piccolo, di quando da gran paraculo facevo la scena che credevo a Babbo Natale ma sotto sotto riconoscevo la panza di mio padre. E accanto a questo mi ritorna in mente la mia fissa attuale per gli anni '70, siano film italiani ,oppure siano sceneggiati, quei mitici sceneggiati che raccoglievano milioni e milioni di spettatori la sera davanti al televisore.
Forse perchè non c'era nulla altro da vedere in tv. E il mio buon Natale si estende a tutti quelli nostalgici un po' come me che ripensano a quella stagione perduta.
Per tutti quelli che Gloria Guida e Silvia Dionisio erano il sogno erotico proibito e che fremevano appena le vedevano. Per tutti quelli che compravano Blitz che millantava come new sensation erotica il film La cicala di Lattuada sparando in prima pagina le foto di Barbara De Rossi e Clio Goldsmith.
Per tutti quelli che erano di pelle corta.
Per tutti quelli che vorrebbero essere parenti di Tomas Milian o vorrebbero avere come migliore amico Bombolo. Per tutti quelli che ora non si vergognano più a dire che Lino Banfi li ha sempre fatti piegare in due dal ridere. Per tutte le liceali che facevano l'occhiolino al preside, per tutte le classi miste e ripetenti, per tutte le insegnanti al mare o in montagna che poi insegnavano una sola materia a quelli che le vedevano.
Per tutti quelli che avevano un culto per le infermiere o le dottoresse nelle corsie dei militari. Per tutti quelli che sono cresciuti con Alvaro Vitali, Gianfranco D'Angelo, Renzo Montagnani e che all'epoca non conoscevano che il cinema sarebbe peggiorato con l'avvento dei cinepanettoni.
Per tutti quelli che avevano il poster della Edvige nazionale appeso in camera e che speravano che non avesse mai cambiato genere. Per tutti quelli che ignoravano cose fosse il neorealismo ma sapevano tutto sulle misure di Carmen Russo o sulle acrobazie talamiche di Lilli Carati. Per tutti quelli che conoscevano a memoria le battute de L'esorciccio ma non sapevano neanche che esistesse un film che si chiamava L'esorcista.Per tutti quelli che erano appassionati di città a mano armata, violente o che si incazzavano. Per tutti quelli che si facevano l'Alfa solo per gli inseguimenti visti al cinema. Per tutti quelli che vedendo quanto era bello Franco Gasparri pensavano che era talmente bello che avrebbe potuto fare anche dei fotoromanzi. Per tutti quelli che vedendo che era anche bravo pensavano che era troppo bravo per fare fotoromanzi.
Per tutti quelli che pensavano che Maurizio Merli era meglio di Paul Newman perchè Paul l'americano senza controfigura 'ngoppa alla funicolare di Napoli non ci sarebbe mai salito.
Per tutti quelli che sceglievano il film in base al titolo. Per tutti quelli che credevano che Il padrino fosse il remake apocrifo di Da Corleone a Brooklyn.Per tutti quelli che cercavano nei film sempre i gobbi,i cinici,gli infami e i violenti.
Per tutti quelli che bevevano J&B o Glen Grant solo perchè lo vedevano sullo schermo e non hanno mai confessato che gli ha sempre fatto schifo. Per quelli che fumavano sempre a favore di camera, che avevano i posaceneri con su scritto Punt e Mes o Rosso Antico. Per tutte quelle cariatidi americane, star di seconda o terza grandezza che venivano a lavorare in Italia lautamente pagati e diventavano miti della cinematografia italiana di genere.
Per tutti quelli che di questi film si accorgono solo oggi dopo che Tarantino li ha rumorosamente sdoganati.
Per tutti quelli che hanno la escort parcheggiata in seconda fila.
Per tutti quelli che fino a poco tempo fa la escort era solo un automobile.
Per tutti quelli che parlano di cinema sui telegiornali ma non ci capiscono nulla.
Per tutti quelli che hanno finalmente capito che farsi la Fiat Duna e metterci l'alettone di plaastica è stato un errore.Per tutti quelli che avevano il volante con la pelliccia leopardata o i cagnolini con la testa snodabile.
A tutti loro e anche a tutti gli altri Buon Natale!
Minchia , c'è anche gente al Sushi wok qualcosa che mi ha aperto vicino casa...ma chi caz..va a fare il cenone di Natale al ristorante cinese? Saranno tutti cinesi?
In macchina il buio aiuta l'affollarsi di ricordi e quelle sporadiche luci che incontro mi riportano ai Natali di quando ero piccolo, di quando da gran paraculo facevo la scena che credevo a Babbo Natale ma sotto sotto riconoscevo la panza di mio padre. E accanto a questo mi ritorna in mente la mia fissa attuale per gli anni '70, siano film italiani ,oppure siano sceneggiati, quei mitici sceneggiati che raccoglievano milioni e milioni di spettatori la sera davanti al televisore.
Forse perchè non c'era nulla altro da vedere in tv. E il mio buon Natale si estende a tutti quelli nostalgici un po' come me che ripensano a quella stagione perduta.
Per tutti quelli che Gloria Guida e Silvia Dionisio erano il sogno erotico proibito e che fremevano appena le vedevano. Per tutti quelli che compravano Blitz che millantava come new sensation erotica il film La cicala di Lattuada sparando in prima pagina le foto di Barbara De Rossi e Clio Goldsmith.
Per tutti quelli che erano di pelle corta.
Per tutti quelli che vorrebbero essere parenti di Tomas Milian o vorrebbero avere come migliore amico Bombolo. Per tutti quelli che ora non si vergognano più a dire che Lino Banfi li ha sempre fatti piegare in due dal ridere. Per tutte le liceali che facevano l'occhiolino al preside, per tutte le classi miste e ripetenti, per tutte le insegnanti al mare o in montagna che poi insegnavano una sola materia a quelli che le vedevano.
Per tutti quelli che avevano un culto per le infermiere o le dottoresse nelle corsie dei militari. Per tutti quelli che sono cresciuti con Alvaro Vitali, Gianfranco D'Angelo, Renzo Montagnani e che all'epoca non conoscevano che il cinema sarebbe peggiorato con l'avvento dei cinepanettoni.
Per tutti quelli che avevano il poster della Edvige nazionale appeso in camera e che speravano che non avesse mai cambiato genere. Per tutti quelli che ignoravano cose fosse il neorealismo ma sapevano tutto sulle misure di Carmen Russo o sulle acrobazie talamiche di Lilli Carati. Per tutti quelli che conoscevano a memoria le battute de L'esorciccio ma non sapevano neanche che esistesse un film che si chiamava L'esorcista.Per tutti quelli che erano appassionati di città a mano armata, violente o che si incazzavano. Per tutti quelli che si facevano l'Alfa solo per gli inseguimenti visti al cinema. Per tutti quelli che vedendo quanto era bello Franco Gasparri pensavano che era talmente bello che avrebbe potuto fare anche dei fotoromanzi. Per tutti quelli che vedendo che era anche bravo pensavano che era troppo bravo per fare fotoromanzi.
Per tutti quelli che pensavano che Maurizio Merli era meglio di Paul Newman perchè Paul l'americano senza controfigura 'ngoppa alla funicolare di Napoli non ci sarebbe mai salito.
Per tutti quelli che sceglievano il film in base al titolo. Per tutti quelli che credevano che Il padrino fosse il remake apocrifo di Da Corleone a Brooklyn.Per tutti quelli che cercavano nei film sempre i gobbi,i cinici,gli infami e i violenti.
Per tutti quelli che bevevano J&B o Glen Grant solo perchè lo vedevano sullo schermo e non hanno mai confessato che gli ha sempre fatto schifo. Per quelli che fumavano sempre a favore di camera, che avevano i posaceneri con su scritto Punt e Mes o Rosso Antico. Per tutte quelle cariatidi americane, star di seconda o terza grandezza che venivano a lavorare in Italia lautamente pagati e diventavano miti della cinematografia italiana di genere.
Per tutti quelli che di questi film si accorgono solo oggi dopo che Tarantino li ha rumorosamente sdoganati.
Per tutti quelli che hanno la escort parcheggiata in seconda fila.
Per tutti quelli che fino a poco tempo fa la escort era solo un automobile.
Per tutti quelli che parlano di cinema sui telegiornali ma non ci capiscono nulla.
Per tutti quelli che hanno finalmente capito che farsi la Fiat Duna e metterci l'alettone di plaastica è stato un errore.Per tutti quelli che avevano il volante con la pelliccia leopardata o i cagnolini con la testa snodabile.
A tutti loro e anche a tutti gli altri Buon Natale!
martedì 24 dicembre 2013
Facciamola finita ( 2013 )
Jay Baruchel, canadese, arriva a Los Angeles dal suo amico Seth Rogen per stare assieme a lui e rivangare i bei tempi che furono a furia di canne e videogames. La sera del suo arrivo, un po' di malavoglia è costretto a seguire Seth al megaparty indetto da James Franco per inaugurare la sua nuova casa, un gigantesco, ipertecnologizzato open space in cui c'è tutto il jet set hollywoodiano e dove ci si sfonda di alcol e di droghe. Mentre dentro accade di tutto , fuori accade di più; le colline vanno a fuoco e si aprono gigantesche voragini nel terreno, inoltre luci azzurre provenienti dal cielo si portano dietro umani in gran quantità. L'apocalisse è arrivata e i pochi superstiti all'interno della casa la devono fronteggiare non avendo la minima idea di come fare e da che parte cominciare. Naturalmente tireranno fuori il peggio di loro stessi.
Il nuovo glamourama hollywoodiano tutto presente in fila ordinata, tutti che interpretano loro stessi ( in realtà una versione anfetaminizzata di loro stessi, una specie di alter ego caricato a pallettoni), un'apocalisse che arriva improvvisa proprio come se ci si trovasse in 2012 di Roland Emmerich.
Ma rispetto ai film catastrofici del regista tedesco , qui c'è una grande volontà di ridersi addosso.
Facciamola finita entra nel metacinema usando l'arma del metacazzeggio elevato a forma d'arte.
Un canovaccio esile esile su cui disegnare parodie su parodie in cui ognuno dei presenti è protagonista alternandosi agli altri: una cosa alla Kevin Smith, camp fin nel profondo dell'anima, apparentemente stupida ma illuminata da inaspettati bagliori di intelligenza.
Jay Baruchel, canadese come Seth Rogen detesta Los Angeles e tutto il casino che ne anima il sottobosco mentre il suo amico Seth , una volta come lui, ora perfettamente inserito nel tritacarne mediatico hollywoodiano, ne rappresenta l'ideale cartina di tornasole.
Non tutto brilla sotto il sole della valle degli Angeli, l'erba gira vorticosamente e così gli eccessi a cui nessuno pare immune. E quando devono organizzarsi per la sopravvivenza tirano fuori tutto il peggio che è dentro loro stessi: pusillanimi, egoisti, insofferenti alle regole, vanesi e chi più e ha più ne metta.
Facciamola finita è un film rapsodico che vive di momenti fulminanti, vale molto più per i flash accecanti in esso contenuti più che per il suo insieme, a tratti irresistibile ma un po' come tutte le parodie, a volte sfilacciato, altre volte con picchi che rasentano la genialità.
Tutto nasce dall'inaspettato successo su internet di un corto di qualche anno fa Jay and Seth vs the Apocalypse che narrava di due amici all'interno di una stanza che fronteggiavano l'apocalisse.
Facciamola finita è quindi la dilatazione di quella idea, il suo ampliamento, perchè da due amici ci ritroviamo sei protagonisti e un attenzione maggiore a quello che avviene fuori dalla megacasa di James Franco con effetti abbastanza artigianali e creaturone in CGI che fanno quasi sorridere per quanto brutte e animate male, ma probabilmente rientra tutto nell'ottica della presa di culo estrema del genere apocalittico.
Gli attori stanno al gioco, soprattutto quelli che vengono impiegati come personaggi usa e getta , inghiottiti subito dall'apocalisse senza quasi proferire verbo ( vedi i vari Paul Rudd, Jason Spiegel,Rihanna e tanti altri) .
Gli altri si esibiscono in una comicità dozzinale ma di indubbio appeal con l'apice raggiunto dalla versione indemoniata di Jonah Hill e dal tentativo degli altri di riportarlo indietro dagli inferi usando le stesse battute usate nel film L'esorcista.
Il team di Strafumati e di Suxbad a braccetto quindi con la comicità di Apatow incontra l'apocalisse in un film che è qualcosa di diverso nell'alveo della commedia hollywoodiana, quasi un curioso contraltare all'inglesissimo La fine del mondo degli amiconi Pegg/Frost and Wright.
Becero ma non stupido : si vede che loro si sono divertiti parecchio a girarlo, immagino che bailamme sia stato questo set, ma almeno stavolta il divertimento tracima anche al di qua dello schermo....
Si ride sguaiatamente e se poi nel paradiso ci sono i Backstreet Boys cha cantano e ballano...
Beh allora il Paradiso può (ancora) attendere....
( VOTO : 7 / 10 )
Il nuovo glamourama hollywoodiano tutto presente in fila ordinata, tutti che interpretano loro stessi ( in realtà una versione anfetaminizzata di loro stessi, una specie di alter ego caricato a pallettoni), un'apocalisse che arriva improvvisa proprio come se ci si trovasse in 2012 di Roland Emmerich.
Ma rispetto ai film catastrofici del regista tedesco , qui c'è una grande volontà di ridersi addosso.
Facciamola finita entra nel metacinema usando l'arma del metacazzeggio elevato a forma d'arte.
Un canovaccio esile esile su cui disegnare parodie su parodie in cui ognuno dei presenti è protagonista alternandosi agli altri: una cosa alla Kevin Smith, camp fin nel profondo dell'anima, apparentemente stupida ma illuminata da inaspettati bagliori di intelligenza.
Jay Baruchel, canadese come Seth Rogen detesta Los Angeles e tutto il casino che ne anima il sottobosco mentre il suo amico Seth , una volta come lui, ora perfettamente inserito nel tritacarne mediatico hollywoodiano, ne rappresenta l'ideale cartina di tornasole.
Non tutto brilla sotto il sole della valle degli Angeli, l'erba gira vorticosamente e così gli eccessi a cui nessuno pare immune. E quando devono organizzarsi per la sopravvivenza tirano fuori tutto il peggio che è dentro loro stessi: pusillanimi, egoisti, insofferenti alle regole, vanesi e chi più e ha più ne metta.
Facciamola finita è un film rapsodico che vive di momenti fulminanti, vale molto più per i flash accecanti in esso contenuti più che per il suo insieme, a tratti irresistibile ma un po' come tutte le parodie, a volte sfilacciato, altre volte con picchi che rasentano la genialità.
Tutto nasce dall'inaspettato successo su internet di un corto di qualche anno fa Jay and Seth vs the Apocalypse che narrava di due amici all'interno di una stanza che fronteggiavano l'apocalisse.
Facciamola finita è quindi la dilatazione di quella idea, il suo ampliamento, perchè da due amici ci ritroviamo sei protagonisti e un attenzione maggiore a quello che avviene fuori dalla megacasa di James Franco con effetti abbastanza artigianali e creaturone in CGI che fanno quasi sorridere per quanto brutte e animate male, ma probabilmente rientra tutto nell'ottica della presa di culo estrema del genere apocalittico.
Gli attori stanno al gioco, soprattutto quelli che vengono impiegati come personaggi usa e getta , inghiottiti subito dall'apocalisse senza quasi proferire verbo ( vedi i vari Paul Rudd, Jason Spiegel,Rihanna e tanti altri) .
Gli altri si esibiscono in una comicità dozzinale ma di indubbio appeal con l'apice raggiunto dalla versione indemoniata di Jonah Hill e dal tentativo degli altri di riportarlo indietro dagli inferi usando le stesse battute usate nel film L'esorcista.
Il team di Strafumati e di Suxbad a braccetto quindi con la comicità di Apatow incontra l'apocalisse in un film che è qualcosa di diverso nell'alveo della commedia hollywoodiana, quasi un curioso contraltare all'inglesissimo La fine del mondo degli amiconi Pegg/Frost and Wright.
Becero ma non stupido : si vede che loro si sono divertiti parecchio a girarlo, immagino che bailamme sia stato questo set, ma almeno stavolta il divertimento tracima anche al di qua dello schermo....
Si ride sguaiatamente e se poi nel paradiso ci sono i Backstreet Boys cha cantano e ballano...
Beh allora il Paradiso può (ancora) attendere....
( VOTO : 7 / 10 )
lunedì 23 dicembre 2013
Freelancers ( 2012 )
Jonas " Malo" Maldonado è appena entrato in polizia sotto gli ordini del capitano Vic Sarcone, ex partner di suo padre ucciso quindici anni prima in circostanze ancora da chiarire, omicidio a cui l'allora bambino Jonas aveva assistito. Malo si ritrova affondato fino alla ginocchia in un distretto di polizia in cui delinquenza e corruzione la fanno da padroni e la legge da far rispettare è solo quella del profitto per gli agenti in campo. Decide allora di far luce sull'omicidio del padre scoprendo verità sconvolgenti....
Training day continua a fare proseliti anche a più di 10 anni di distanza. La polizia è sempre marcia, si drogano tutti, si fanno i gargarismi con la cocaina ogni mattina , si pettinano con le bombe a mano,i bianchi sono razzisti, i neri sono più intelligenti in una sorta di razzismo nel verso contrario rispetto a quello a cui si è più abituati ( ma naturalmente se il film lo finanzia il gangstarapperfuckaqualcosa nero se lo sistema come meglio crede perchè lui ci mette i soldini e lui detta le regole del giochini), insomma questi poliziotti sono brutti cattivi , inkazzati e molto più delinquenti di quelli che dovrebbero andare ad arrestare. E se i più pericolosi per la comunità sono quelli che dovrebbero far rispettare la legge allora si entra in un circolo vizioso da cui non se ne esce più.
Però un giorno arriva il poliziotto 50 Cent che il suo mascellone squadrato e la sua faccia da bravo ragazzo adornata, si fa per dire, da un'orrida barba disegnata col pennarello nella seconda parte di film( la cosa più sconvolgente di tutta la pellicola, ancora di più del morto appena ammazzato che si muove appena dopo essere stato riempito di piombo ben caldo) ,ripulisce tutta la monnezza che giace nella polizia di New York.
Che poi questo film è stato girato a New Orleans , avevano paura che nella Grande Mela venivano picchiati mentre lo giravano?
Ora parlare male di questo film è come sparare sulla Croce Rossa, mi fa quasi sentire come uno stupratore di Candy Candy: è talmente brutto da rasentare lo squallore ma non di quel brutto geniale che rende Sharknado una perla a suo modo, ma un qualcosa di veramente triste.
E fa ancora più tristezza vedere nei panni degli antagonisti di 50 Cent gente come Forest Whitaker o Robert De Niro che anche non volendo sono molto più bravi del rapper attore di cui sopra, anche se si limitassero a leggere in pubblico la guida telefonica, ma che qui fanno ormai la figura dei marchettari senza speranza, partecipazioni alimentari solo per puro amore della pagnotta con grande dispregio della qualità artistica.
Che in questo film è stata bandita.
Ora io non bazzico il rap e non conosco questo signor 50 Cent, ma dico solo che se rappa come recita allora è messo veramente male.
Perchè davanti alla macchina da presa arriva a livelli di cagneria veramente cosmica.
Ma leggo che come rapper ha venduto 50 milioni di dischi quindi sicuramente sarà meglio e allora , come diceva qualcuno, la domanda sorge spontanea,
Ma benedetto figliolo perchè , visto che hai un lavoro redditizio e una brillante carriera nel settore della vendita dei dischi, ti vuoi mettere a fare l'attore?
Inutile mettersi a parlare di regia , di fotografia , di montaggio in un film che difetta proprio in quella che dovrebbe essere la sua arma principale: il protagonista , insostenibile fonte di monosillabi, legnoso più di un mobile dell' IKEA montato a cazzo di cane seguendo le istruzioni in svedese tradotte da Google translate, con la stessa espressione del polpo congelato che mi sta aspettando per gli antipasti della notte della vigilia di Natale e poi quella barba, sconvolgente che sembra davvero che gliela hanno disegnata sulla faccia col pennarello a spirito, una cosa degna del peggior fumetto.
Non mancano morti violente, soliti percorsi catartici pagando il solito altissimo prezzo e la consueta tediosa moralina spicciola familista a cui appellarsi.
Freelancers è un film veramente brutto ed è azzoppato ulteriormente da un doppiaggio italiano da codice penale: gli unici impostati e credibili sono i doppiatori di De Niro ( che nel suo personaggio gioca a fare il De Niro ) e Whitaker , forse perchè sono gli unici che hanno un nome e una reputazione da difendere, anche se è messa a dura prova da partecipazioni ben remunerate come queste.
Gli altri sono doppiati in modo osceno, piatto con voci assurde degne di una puntata di Beautiful.
Anzi , Beautiful è doppiato meglio.....
Il consiglio di evitare come la peste bubbonica questo film è un ottimo regalo natalizio, anche se lo trovaste in superoffertona nei cesti di dvd del centro commerciale....
( VOTO : 3 / 10 )
Training day continua a fare proseliti anche a più di 10 anni di distanza. La polizia è sempre marcia, si drogano tutti, si fanno i gargarismi con la cocaina ogni mattina , si pettinano con le bombe a mano,i bianchi sono razzisti, i neri sono più intelligenti in una sorta di razzismo nel verso contrario rispetto a quello a cui si è più abituati ( ma naturalmente se il film lo finanzia il gangstarapperfuckaqualcosa nero se lo sistema come meglio crede perchè lui ci mette i soldini e lui detta le regole del giochini), insomma questi poliziotti sono brutti cattivi , inkazzati e molto più delinquenti di quelli che dovrebbero andare ad arrestare. E se i più pericolosi per la comunità sono quelli che dovrebbero far rispettare la legge allora si entra in un circolo vizioso da cui non se ne esce più.
Però un giorno arriva il poliziotto 50 Cent che il suo mascellone squadrato e la sua faccia da bravo ragazzo adornata, si fa per dire, da un'orrida barba disegnata col pennarello nella seconda parte di film( la cosa più sconvolgente di tutta la pellicola, ancora di più del morto appena ammazzato che si muove appena dopo essere stato riempito di piombo ben caldo) ,ripulisce tutta la monnezza che giace nella polizia di New York.
Che poi questo film è stato girato a New Orleans , avevano paura che nella Grande Mela venivano picchiati mentre lo giravano?
Ora parlare male di questo film è come sparare sulla Croce Rossa, mi fa quasi sentire come uno stupratore di Candy Candy: è talmente brutto da rasentare lo squallore ma non di quel brutto geniale che rende Sharknado una perla a suo modo, ma un qualcosa di veramente triste.
E fa ancora più tristezza vedere nei panni degli antagonisti di 50 Cent gente come Forest Whitaker o Robert De Niro che anche non volendo sono molto più bravi del rapper attore di cui sopra, anche se si limitassero a leggere in pubblico la guida telefonica, ma che qui fanno ormai la figura dei marchettari senza speranza, partecipazioni alimentari solo per puro amore della pagnotta con grande dispregio della qualità artistica.
Che in questo film è stata bandita.
Ora io non bazzico il rap e non conosco questo signor 50 Cent, ma dico solo che se rappa come recita allora è messo veramente male.
Perchè davanti alla macchina da presa arriva a livelli di cagneria veramente cosmica.
Ma leggo che come rapper ha venduto 50 milioni di dischi quindi sicuramente sarà meglio e allora , come diceva qualcuno, la domanda sorge spontanea,
Ma benedetto figliolo perchè , visto che hai un lavoro redditizio e una brillante carriera nel settore della vendita dei dischi, ti vuoi mettere a fare l'attore?
Inutile mettersi a parlare di regia , di fotografia , di montaggio in un film che difetta proprio in quella che dovrebbe essere la sua arma principale: il protagonista , insostenibile fonte di monosillabi, legnoso più di un mobile dell' IKEA montato a cazzo di cane seguendo le istruzioni in svedese tradotte da Google translate, con la stessa espressione del polpo congelato che mi sta aspettando per gli antipasti della notte della vigilia di Natale e poi quella barba, sconvolgente che sembra davvero che gliela hanno disegnata sulla faccia col pennarello a spirito, una cosa degna del peggior fumetto.
Non mancano morti violente, soliti percorsi catartici pagando il solito altissimo prezzo e la consueta tediosa moralina spicciola familista a cui appellarsi.
Freelancers è un film veramente brutto ed è azzoppato ulteriormente da un doppiaggio italiano da codice penale: gli unici impostati e credibili sono i doppiatori di De Niro ( che nel suo personaggio gioca a fare il De Niro ) e Whitaker , forse perchè sono gli unici che hanno un nome e una reputazione da difendere, anche se è messa a dura prova da partecipazioni ben remunerate come queste.
Gli altri sono doppiati in modo osceno, piatto con voci assurde degne di una puntata di Beautiful.
Anzi , Beautiful è doppiato meglio.....
Il consiglio di evitare come la peste bubbonica questo film è un ottimo regalo natalizio, anche se lo trovaste in superoffertona nei cesti di dvd del centro commerciale....
( VOTO : 3 / 10 )
domenica 22 dicembre 2013
Italia anni '70 - Novecento atto primo ( 1976 )
Il 27 gennaio del 1901 , giorno della morte di Giuseppe Verdi , in una grande fattoria della Bassa Padana, nascono Alfredo, figlio dei ricchi possidenti della fattoria e Olmo, figlio di Rosina ,una delle contadine asservite alla famiglia di cui sopra,e di un uomo di cui solo lei conosce l'identità. I due crescono insieme , nello stesso ambiente, sono amici per la pelle ma è chiaro sin da subito che le loro differenze di estrazione sociale determineranno il loro futuro. Sullo sfondo gli avvenimenti storici che cambieranno l'Italia del XX secolo:la Prima Guerra Mondiale e l'avvento del fascismo sono lo sfondo della loro crescita e di tutto quello che accade nella loro vita.
Novecento è un affresco epocale struggente e che genera rimpianto.
Rimpianto per un cinema di respiro e di statura internazionale, finanziato da capitali americani, un cinema da esportazione grazie anche a un cast internazionale di grido.
Quasi un ossimoro parlare di cinema internazionale riguardo a un film che parla di provincia eppure guardando Novecento non ci si accorge della sua forte impronta fortemente provinciale senza per questo diventare una macchietta regionale.
Praticamente fantascienza per il nostro triste cinema odierno, ridotto a dimensioni condominiali tranne che in qualche raro caso.
Bertolucci è ideologicamente schierato senza ambiguità, si confronta con le proprie memorie sulle rive del Po, ma riesce a orchestrare un racconto polifonico di grande bellezza e capace di regalare emozioni in grande quantità.
L'incipit è al cardiopalma: la resa dei conti, il parallelismo tra dittatori che furono e uomini assetati di giustizia che la cercano magari anche nel modo sbagliato diventando simili a quelli che li hanno repressi per tanti anni.
Nel 1900 nascono i due protagonisti Olmo e Alfredo, amici d'infanzia e di giovinezza ma allo stesso tempo ben consapevoli che la diversa estrazione sociale li dividerà comunque.
L'Italia cambia, le lotte sociali dividono i due nonostante le promesse d'amicizie fino ad arrivare all'avvento del fascismo. E per uno simpatizzante le idee socialiste l'aria non è così respirabile.
La Storia che fungeva da sfondo diventa protagonista a condizionare le scelte di Olmo e Alfredo, divisi dalla stessa barriera che esiste tra padrone e operaio.In più a spezzare un equilibrio già molto precario per definizione, il personaggio mefistofelico del fattore Attila il quale abbraccia la causa fascista rendendosi colpevole di atti criminali irripetibili.
Nel primo atto (ma ricordiamo che Novecento è un film da concepire come un unica entità di più di 5 ore di durata) lo slancio politico ideologico è frenato dalla limpidezza dello sguardo di Bertolucci prezioso cesellatore di sequenze, probabilmente in questa prima parte sono da rintracciare alcune tra le pagine più belle dell'intera opera dell'autore italiano.
I due personaggi ,quello di Alfredo e quello di Olmo sono mirabilmente descritti e analizzandoli si vede che la figura che dovrebbe essere la più stereotipata, cioè quella del padrone è in realtà quella tratteggiata in modo più sottile e sfuggente.
Alfredo è un padrone che rifugge dalle ideologie ma spesso vi si deve adeguare mentre Olmo è più radicale nelle sue posizioni e nelle sue scelte.
Merito va anche alla recitazione sfumata di De Niro che è un perfetto contrappunto a quella più sanguigna e vigorosa di Depardieu.
Onore anche ai grandi vecchi Lancaster ed Hayden che contribuiscono dall'alto della loro esperienza a rendere ancora più intenso ed emozionante questo film...
( VOTO : 8,5 / 10 )
Novecento è un affresco epocale struggente e che genera rimpianto.
Rimpianto per un cinema di respiro e di statura internazionale, finanziato da capitali americani, un cinema da esportazione grazie anche a un cast internazionale di grido.
Quasi un ossimoro parlare di cinema internazionale riguardo a un film che parla di provincia eppure guardando Novecento non ci si accorge della sua forte impronta fortemente provinciale senza per questo diventare una macchietta regionale.
Praticamente fantascienza per il nostro triste cinema odierno, ridotto a dimensioni condominiali tranne che in qualche raro caso.
Bertolucci è ideologicamente schierato senza ambiguità, si confronta con le proprie memorie sulle rive del Po, ma riesce a orchestrare un racconto polifonico di grande bellezza e capace di regalare emozioni in grande quantità.
L'incipit è al cardiopalma: la resa dei conti, il parallelismo tra dittatori che furono e uomini assetati di giustizia che la cercano magari anche nel modo sbagliato diventando simili a quelli che li hanno repressi per tanti anni.
Nel 1900 nascono i due protagonisti Olmo e Alfredo, amici d'infanzia e di giovinezza ma allo stesso tempo ben consapevoli che la diversa estrazione sociale li dividerà comunque.
L'Italia cambia, le lotte sociali dividono i due nonostante le promesse d'amicizie fino ad arrivare all'avvento del fascismo. E per uno simpatizzante le idee socialiste l'aria non è così respirabile.
La Storia che fungeva da sfondo diventa protagonista a condizionare le scelte di Olmo e Alfredo, divisi dalla stessa barriera che esiste tra padrone e operaio.In più a spezzare un equilibrio già molto precario per definizione, il personaggio mefistofelico del fattore Attila il quale abbraccia la causa fascista rendendosi colpevole di atti criminali irripetibili.
Nel primo atto (ma ricordiamo che Novecento è un film da concepire come un unica entità di più di 5 ore di durata) lo slancio politico ideologico è frenato dalla limpidezza dello sguardo di Bertolucci prezioso cesellatore di sequenze, probabilmente in questa prima parte sono da rintracciare alcune tra le pagine più belle dell'intera opera dell'autore italiano.
I due personaggi ,quello di Alfredo e quello di Olmo sono mirabilmente descritti e analizzandoli si vede che la figura che dovrebbe essere la più stereotipata, cioè quella del padrone è in realtà quella tratteggiata in modo più sottile e sfuggente.
Alfredo è un padrone che rifugge dalle ideologie ma spesso vi si deve adeguare mentre Olmo è più radicale nelle sue posizioni e nelle sue scelte.
Merito va anche alla recitazione sfumata di De Niro che è un perfetto contrappunto a quella più sanguigna e vigorosa di Depardieu.
Onore anche ai grandi vecchi Lancaster ed Hayden che contribuiscono dall'alto della loro esperienza a rendere ancora più intenso ed emozionante questo film...
( VOTO : 8,5 / 10 )
sabato 21 dicembre 2013
Padroni di casa ( 2012 )
Elia e Cosimo sono due muratori romani che hanno ricevuto una commessa di lavoro da una star in declino della musica pop italiana, tale Fausto Mieli, da anni ritiratosi nella sua villa in un paesino di poche anime da qualche parte dell'Appennino emiliano, a causa della malattia invalidante della moglie Moira a cui si dedica ( poco) grazie all'ausilio di una badante straniera. Una serie di eventi determineranno una diffidenza sempre più accentuata verso i due romani da parte degli abitanti del paese fino a un precipitare della situazione in un modo che più tragico non si può...
Edoardo Gabbriellini è un aficionado dei film di Virzì, protagonista di Ovosodo e presente in altri film del regista toscano e a dir la verità non ha la faccia molto sveglia. O meglio, senza giudicare le persone dalla copertina ( e probabilmente l'espressione di Edoardo non è delle più intelligenti per esigenze di scena, facendo perdere il suo sguardo in una terra di nessuno tra assenza e stupidità vera e propria ) non è che uno si aspetta il massimo da punto di vista registico da un ex ragazzo, ora quasi quarantenne che ha recitato in qualche commedia. E che ha fatto da regista un altro film quasi dieci anni prima, un esordio passato direttamente nel dimenticatoio.
Eppure Padroni di casa è un qualcosa che ha pochi analoghi nel cinema italiano d'oggi: immergendosi nelle logiche pure del genere scevro da qualsiasi tentazione autoriale Edoardo Gabbriellini dirige un thriller rurale che assume ben presto le cadenze di un Cane di paglia padano, una storia di azioni e di reazioni che sfocia nella tragedia.
Non tutto funziona nel migliore dei modi ma il concatenarsi di eventi che poi sfociano in un finale nichilista e senza speranza è orchestrato con diligenza da Gabbriellini a cui sfugge però il controllo di uno dei personaggi cardine della vicenda, quello di Fausto Mieli, interpretato da un Gianni Morandi che sostanzialmente rifà se stesso, lasciato un po' troppo nell'ombra forse per aumentarne la carica di inquietudine da recare alla spettatore al di qua dello schermo.
Il suo Mieli è un personaggio che resta nel limbo tra ambiguità e sgradevolezza e che poi nel finale viene un po' perso di vista....
Sono invece centrati i personaggi di Elia e Cosimo , romani de' Roma, interpretati da due romani che più romani non si può, Mastandrea e Germano, alle prese con personaggi genuini, il classico romano da esportazione che cerca di nascondere come meglio può, anche maldestramente, il suo essere coatto e ignorante dentro, più che fuori, tendenza accentuata dallo scontro con una comunità chiusa e con un razzismo sottile ma viscerale che la percorre trasversalmente ( più che razzismo è il rifiuto ottuso del confronto con la diversità ).
Centrati anche i personaggi secondari , i figuranti del paese, la fauna da bar , i ragazzotti del luogo che hanno passatempi un po' strani per i tempi che corrono, tipo quello di ammazzare lupi su e giù per l'Appennino, mentre Valeria Bruni Tedeschi è praticamente buttata alle ortiche nel personaggio della moglie gravemente malata, costretta a fare versacci per tutto il tempo che è in scena.
Forte anche di un minutaggio che non va oltre gli 80 minuti, Padroni di casa dimostra tutta la sua compattezza fin da subito con notazioni d'ambiente precise e circostanziate e un lento ma progressivo crescere dell'insofferenza dei locali, i padroni di casa appunto, verso due borgatari romani un po' coatti che hanno l'ardire di rubare loro lavoro e soprattutto le donne.
Un crescendo esemplificato alla perfezione dalla partita a ping pong tra Mastandrea e uno dei ragazzi del posto che diventa idealmente l'incontro /scontro di due civiltà o più semplicemente la rappresentazione scenica di due mufloni che fanno a cornate per stabilire chi ha la testa più dura.
Da qui in poi l'abisso....
( VOTO : 6,5 / 10 )
Edoardo Gabbriellini è un aficionado dei film di Virzì, protagonista di Ovosodo e presente in altri film del regista toscano e a dir la verità non ha la faccia molto sveglia. O meglio, senza giudicare le persone dalla copertina ( e probabilmente l'espressione di Edoardo non è delle più intelligenti per esigenze di scena, facendo perdere il suo sguardo in una terra di nessuno tra assenza e stupidità vera e propria ) non è che uno si aspetta il massimo da punto di vista registico da un ex ragazzo, ora quasi quarantenne che ha recitato in qualche commedia. E che ha fatto da regista un altro film quasi dieci anni prima, un esordio passato direttamente nel dimenticatoio.
Eppure Padroni di casa è un qualcosa che ha pochi analoghi nel cinema italiano d'oggi: immergendosi nelle logiche pure del genere scevro da qualsiasi tentazione autoriale Edoardo Gabbriellini dirige un thriller rurale che assume ben presto le cadenze di un Cane di paglia padano, una storia di azioni e di reazioni che sfocia nella tragedia.
Non tutto funziona nel migliore dei modi ma il concatenarsi di eventi che poi sfociano in un finale nichilista e senza speranza è orchestrato con diligenza da Gabbriellini a cui sfugge però il controllo di uno dei personaggi cardine della vicenda, quello di Fausto Mieli, interpretato da un Gianni Morandi che sostanzialmente rifà se stesso, lasciato un po' troppo nell'ombra forse per aumentarne la carica di inquietudine da recare alla spettatore al di qua dello schermo.
Il suo Mieli è un personaggio che resta nel limbo tra ambiguità e sgradevolezza e che poi nel finale viene un po' perso di vista....
Sono invece centrati i personaggi di Elia e Cosimo , romani de' Roma, interpretati da due romani che più romani non si può, Mastandrea e Germano, alle prese con personaggi genuini, il classico romano da esportazione che cerca di nascondere come meglio può, anche maldestramente, il suo essere coatto e ignorante dentro, più che fuori, tendenza accentuata dallo scontro con una comunità chiusa e con un razzismo sottile ma viscerale che la percorre trasversalmente ( più che razzismo è il rifiuto ottuso del confronto con la diversità ).
Centrati anche i personaggi secondari , i figuranti del paese, la fauna da bar , i ragazzotti del luogo che hanno passatempi un po' strani per i tempi che corrono, tipo quello di ammazzare lupi su e giù per l'Appennino, mentre Valeria Bruni Tedeschi è praticamente buttata alle ortiche nel personaggio della moglie gravemente malata, costretta a fare versacci per tutto il tempo che è in scena.
Forte anche di un minutaggio che non va oltre gli 80 minuti, Padroni di casa dimostra tutta la sua compattezza fin da subito con notazioni d'ambiente precise e circostanziate e un lento ma progressivo crescere dell'insofferenza dei locali, i padroni di casa appunto, verso due borgatari romani un po' coatti che hanno l'ardire di rubare loro lavoro e soprattutto le donne.
Un crescendo esemplificato alla perfezione dalla partita a ping pong tra Mastandrea e uno dei ragazzi del posto che diventa idealmente l'incontro /scontro di due civiltà o più semplicemente la rappresentazione scenica di due mufloni che fanno a cornate per stabilire chi ha la testa più dura.
Da qui in poi l'abisso....
( VOTO : 6,5 / 10 )
venerdì 20 dicembre 2013
Polytechnique ( 2009 )
Il 6 dicembre del 1989 un uomo armato fa irruzione nel Politecnico di Montreal, Facoltà di Ingegneria, cominciando a fare fuoco su tutte le ragazze presenti facendo una strage. Il tutto è visto attraverso tre punti di vista: quello dell'attentatore , un misogino patologico che pianificava il massacro da molti anni nel delirio della sua follia, quello di Valerie , un futuro ingegnere meccanico che è disturbato dallo scetticismo che circonda il suo essere donna in una professione ritenuta più adatta agli uomini e infine quello di Jean Francois, amico di Valerie e studente un tempo anche lui , che cerca di aiutare come può coloro che sono stati feriti.
" Se avrò un bambino gli insegnerò ad amare. Se avrò una bambina le dirò che il mondo è suo"
Queste le parole di Valerie, una delle sopravvissute alla strage dell'Ecole Polytechinique di Montreal avvenuta il 6 dicembre 1989 quando un pazzo entrò armato di fucile all'interno dell'affollatissima Facoltà di ingegneria e sparò moltissime volte uccidendo 14 studentesse. Tutte donne in nome di un tentativo preventivo di difendersi dal femminismo imperante.
Queste più o meno le parole del giovane folle che prima di suicidarsi con un colpo in fronte ha sparato e ucciso solo individui di sesso femminile.
Il film è in uno squillante bianco e nero ed esamina tutta la vicenda da diversi punti di vista,seguendo da vicino sia il percorso del futuro assassino , sia quello di alcuni personaggi.E di Valerie seguirà anche il dopo, così come tratteggerà la figura di Jean Francois (i nomi dei veri ragazzi sono stati comunque cambiati) l'unico che, in una facoltà universitaria svuotata in un sol attimo dagli spari, cerca di aiutare una ragazza ferita mentre non riesce ad aiutare la sua amica Valerie.
La messa in scena è minimalista improntata al massimo realismo, la violenza irrompe improvvisa, squarcia lo schermo, lacera l'apparente tranquillità di una giornata ordinaria tra la sala delle fotocopie e un aula di lezione sull'entropia. Le studentesse vengono abbattute freddamente, quasi giustiziate, i corpi cadono senza un lamento.
Il sangue, nero seppia, sgorga e invade i pavimenti.
Il film si apre introducendo la figura del killer e si viene subito a contatto con i suoi discorsi deliranti. In filigrana soprattutto all'inizio si avverte che effettivamente la facoltà di Ingegneria è ritenuta un posto più per uomini che per donne e anche alla fine si nota che la ragazza sopravvissuta ora ingegnere aeronautico si ritrova a essere l'unica donna in una professione da uomini.
Ma da qui a imbracciare il fucile e sterminare le studentesse della facoltà ce ne passa.
Più volte in nome del racconto da varie prospettive vengono riproposti i momenti shock,l e esecuzioni sommarie senza un motivo, i brevi inseguimenti per poi prendere a fucilate la "preda".
La macchina da presa è ferma quasi facendosi sfuggire quello che accade. Il tutto senza enfasi.
E anche la storia di Jean Francois, trattata con estrema misura mi fa recedere da questo pensiero.
Il film che viene subito in mente guardando Polytechinique è senza dubbio Elephant di Gus Van Sant. Come in quello qui c'è una strage inspiegabile, gratuita vista da varie prospettive.
Ma mentre in Van Sant c'era una critica neanche tanto velata alla violenza che impera nella società americana, alla libera circolazione delle armi, ai nuovi teenagers cresciuti a torta di mele e videogames sparatutto, qui siamo in un contesto diverso.
Siamo in una facolta universitaria e non in un liceo e soprattutto siamo in Canada e non negli USA.
Questo è importante sottolinearlo perchè mentre negli USA stragi scolastiche come quella di Elephant purtroppo sono avvenute diverse volte (e qui la memoria va subito al documentario di Michael Moore Bowling a Columbine) in Canada una strage come quella di Montreal del 6 dicembre 1989 è stato come un fulmine a ciel sereno. Del resto pur confinando le statistiche sui morti da arma da fuoco sono decisamente diverse tra USA e Canada anche considerando il diverso numero di abitanti:il numero medio annuale di morti per arma da fuoco in Canada è sotto i 200, negli USA supera gli 11 mila individui (citando il Michael Moore di Bowling a Columbine).
Villeneuve non ci mostra le radici a cui ancorare il male che divora da dentro il futuro giovane assassino. Ci mostra il suo punto di vista così come quello di Valerie e quello di Jean Francois.
Semplicemente.
Il resto è come la riproduzione del quadro Guernica che viene guardata a lungo da uno dei personaggi: una strage ingiustificata, un grido di dolore che si strozza in gola.
Avviene tutto nel silenzio più assoluto:neanche un urlo.
Appena una parola spezzata da una pallottola.
( VOTO : 8,5 / 10 )
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