I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

venerdì 31 ottobre 2014

Ghosts of Halloween - The Sentinel ( 1977 )

Alison Parker è una bellissima modella realizzata nel suo lavoro e fidanzata ad un giovane avvocato di successo. Non sentendosi pronta per il matrimonio decide di andare a vivere per conto suo a Brooklyn e trova un bellissimo appartamento ad un affitto stracciato.

Ci va ad abitare ma comincia ad avere strane allucinazioni su un tentativo di suicidio mentre era adolescente e il prete cieco che sta perennemente davanti alla finestra nell'appartamento dell'ultimo piano non contribuisce certo alla sua tranquillità.
Con suo grande sgomento scopre che lei e il prete sono gli unici abitanti del palazzo.
C'è qualcuno che ha un preciso disegno per lei...
Ma come un horror anni '70?
Si
Addirittura girato da Michael Winner, quello de Il giusitiziere della notte?
Ancora si.
E con mucho gusto.
Ne avevo sentito parlare ma non l'avevo mai visto e finalmente sono riuscito a colmare questa lacuna.
The Sentinel (chissà perché nel titolo italiano sparisce l'articolo) è un piccolo cult orrorifico che non si sa perchè sia nel dimenticatoio e  nell'empireo dei grandi del genere di quel decennio.
O meglio, facendo un po' di dietrologia forse un perché riusciamo a trovarlo.
Diciamo che parla in modo non propriamente gentile della Chiesa Cattolica , ha in sè quel mix di cospirazionismo, misticismo pagano e anticlericalesimo conclamato che lo può rendere indigesto ad alcuni.
Sempre se si voglia prendere sul serio...ma si sa , abbiamo un regista accusato di simpatie fasciste come Winner, forse a pensare male ci si prende.
Non nel senso che possa essere fascista , sinceramente mi interessa poco, ma quanto per questo suo attaccare a testa bassa  la Chiesa Cattolica, vista come un nido di vipere velenosissime, né più , né meno.
Passiamo al film, che è meglio.
Divertente, molto divertente.
Winner non è un regista horror e si vede, direi, come spesso gli è successo nella sua carriera di onesto mestierante, solido ma privo di guizzi di genialità, usa la sciabola e non il fioretto.
Usare il fioretto non gli viene bene, suggerire l'orrore non è roba per lui.
Lo deve spiattellare in faccia allo spettatore e qui gli spiattella cose che negli anni '70 erano al limite della censura come sedute orgiastiche, cannibali, lesbiche impegnate in violente pratiche di autoerotismo, un finale con veri freaks e chi più ne ha più ne metta.
Materiale non propriamente adatto al classico pubblico puritano benpensante e bigotto che spesso affollava i cinema dall'altra parte dell'Oceano.
Cinematograficamente parlando The Sentinel non è certamente immune da difetti ma è paragonabile ai classici in quanto ne ripropone alla grande le atmosfere, ha uno spunto direi molto buono e un finale che fa accapponare la pelle.
Tanta roba , insomma e tutta insieme.
Dicevamo di Michael Winner regista sciabolatore: in effetti non perde tanto tempo nelle boo sequences, ma va subito al punto,senza stare tanto a girarci intorno.
Lo spettatore deve essere randellato, deve essere preso a mazzate nelle gengive e Winner sembra si diverta un mondo.
Addirittura si prende la libertà di avere due protagonisti abbastanza mediocri ( Cristina Raines a recitare è una cagna maledetta ma è davvero tanto tanto tanto top...ehm una bella figliola e Sarandon con quei due baffetti da sparviero sembra più un magnaccia che un avvocato di successo ) e li contorna di un cast all stars da leccarsi i baffi : si va dal leggendario John Carradine a Josè Ferrer, si passa per Ava Gardner e si arriva a Eli Wallach , Burgess Meredith, Arthur Kennedy e Jerry Orbach , star di Law and Order.
Per non parlare poi di giovani che si faranno le ossa negli anni come Jeff Goldblum, Tom Berenger, Beverly D'Angelo, Christopher Walken e sicuramente mi sarò dimenticato qualcuno.
Insomma ci doveva essere un bel traffico sul set.
The Sentinel è indubbiamente invecchiato un po' come tutto il cinema di Michael Winner ma ha discrete frecce al suo arco.
E paradossalmente i mostri funzionano più degli umani, la galleria degli orrori nel finale lascia decisamente il segno.
Anche fosse solo per quella , il film è da vedere e beccami gallina se Yuzna nel suo The Society non si sia ispirato al finale di questo film....

PERCHE' SI :  grande cast di supporto, ottima atmosfera, una galleria di eccessi degna di visione
PERCHE' NO : due protagonisti mediocri, Winner non è regista di finezza e di horror.

(VOTO : 7 / 10 ) 

The Sentinel (1977) on IMDb

Questo post fa parte di un gruppo di recensioni in festeggiamento di Halloween ad opera dei soliti bloggers fancazzisti  impegnatissimi.
Passate, leggete e commentate , commentate, commentate!!!!!
Bollalmanacco
White Russian
Scrivenny
The Obsidian Mirror
Cinquecentofilminsieme
Combinazione casuale
Pensieri Cannibali
In Central Perk
Non c'è paragone
Director's Cult
Mari's Red Room
La fabbrica dei sogni
Delicatamente Perfido
Il Leone di Oscar e....

giovedì 30 ottobre 2014

Intervista con Luna Gualano

E' con grande piacere che ospito qui sul blog la regista Luna Gualano, giovane virgulto che ha esordito nel lungometraggio con un film che ha fatto girare la testa a diverse persone, me compreso, quello Psychomentary che sta facendo molto parlare di sè.
Un vero piacere parlare con una persona di gentilezza squisita come lei, disponibile e simpatica, mai banale nelle risposte.
E finalmente una regista che ci può far onore anche all'estero.
Bando alle ciance e cominciamo subito:

1) Dicci chi è Luna Gualano e che cosa ha fatto fino a questo momento.
Ho sempre avuto una grande passione per la recitazione ma a 26 anni ho capito che la mia vera vocazione era quella di stare dietro la telecamera. Ho cominciato girando videoclip musicali e spot e ho avuto il piacere di collaborare con grossi nomi, facendo tantissima esperienza. Nel 2013, poi, ho finalmente esordito con la mia opera prima in ambito cinematografico.
2) Ho visto che hai curato, tra le altre cose, uno speciale su una serie di film per la tv in cui erano impegnati numerosi figli d'arte: ma davvero il cinema italiano sta diventando una cosa per figli e parenti d'arte?
Purtroppo l'Italia ha sempre strizzato l'occhio ai legami parentali. Comunque non credo sia sempre necessariamente un male: conosco dei "figli d'arte" con tantissimo talento (giusto per fare un esempio Cesare Rascel e Adelmo Togliani) che possono addirittura essere sottovalutati a causa del cognome che portano. Insomma, non generalizzerei: se ti dai da fare, sgomitando qua e là c'è posto per tutti.
3) Parlaci del progetto Psychomentary di come è nato e di come è cresciuto.

Il film nasce dalla mia collaborazione con Giorgio Amato, che, oltre ad essere un bravissimo sceneggiatore, è anche un collega e grandissimo amico e Andrea Iervolino, che in quel momento era alla ricerca di un progetto di questo genere. Io avevo un vecchio soggetto che Giorgio ha completamente reinterpretato dandogli nuova vita. Per esigenze produttive abbiamo dovuto fare tutto molto in fretta: dalla stesura della sceneggiatura alla consegna del film in duplice lingua non sono passati neanche otto mesi.
4) Esordisci con un horror ( anche se forse la definizione è un po' restrittiva riguardo al tuo film): sei una delle poche registe in questo genere: ma l'horror è un genere per soli uomini?
Più che Horror in questo caso parlerei di thriller sociale. In generale, io amo il genere horror (la mia seconda opera sarà un horror vero e proprio) e credo che la poca presenza femminile, nel genere, dipenda dalle scelte delle stesse registe. Spesso molte mie colleghe sentono la necessità di dover rimarcare il loro impegno nel sociale (spesso proprio trattando tematiche "femminili") o dare sfoggio di un intellettualismo non necessario. Credo che spesso derivi da un'insicurezza non ancora completamente superata. A me, al contrario, interessa solo raccontare una storia, indipendentemente dalla mia appartenenza al genere femminile.
5) Una cosa che mi ha colpito del tuo film è la scelta delle musiche, veramente anticonvenzionali : ce ne puoi parlare?
La selezione musicale è stata fatta assieme ad Emiliano Ra-B, produttore della scena indipendente romana e mio compagno di vita. Grazie a lui, ho avuto modo di scoprire tantissimi artisti della realtà capitolina. In italia spesso non ci si rende conto di essere circondati da veri e propri talenti, che meriterebbero palcoscenici più vasti ed una notorietà molto maggiore di quella che spesso hanno.
6) Quali sono le tue ispirazioni in campo registico?
Ho veramente troppi "miti", sarebbe veramente dura citarli tutti.. In generale adoro l'"eccesso", se proprio dovessi citarne solo un paio. direi Tarantino e Rodriguez.
7) Hai una certa esperienza nel campo del videoclip, in futuro ti vedi più regista di cinema e televisione o di video musicali?
Amo la musica, ma credo che, ad un certo punto, qualsiasi regista finisca per sentirsi un po' stretto nei panni del "regista di videoclip". Adesso sto guardando verso il cinema, ma il mio vero sogno sarebbe produrre e dirigere una serie horror italiana.
8) Quali sono i tuoi progetti futuri e a che cosa stai lavorando adesso?
Attualmente sto lavorando alla pre-produzione del mio secondo lungometraggio, un horror (in questo caso mai definizione fu più "azzeccata") intitolato "Confiteor". Si tratta di un progetto un po' inusuale per l'attuale panorama italiano.
9) Come vedi la scena horror italiana?
In realtà sono molto ottimista. Vedo un sacco di nuovi nomi affacciarsi a questo genere. L'unica "nota dolente" è che spesso questi registi vengono considerati maggiormente all'estero che in patria. Purtroppo il pubblico italiano è estremamente critico nei confronti dei propri connazionali e dimentica che, spesso, pur di tenere "vivo" il genere, molti registi sono disposti a lavorare con pochissimi mezzi o adirittura ad autoprodurre i propri film.
10) Perché in Italia si investe solo in commedie e non in altri generi come si fa altrove?
Le commedie si rivolgono ad un pubblico molto più vasto rispetto ai film di genere. Se investi su un prodotto di nicchia devi necessariamente rivolgerti anche al mercato estero per poterci guadagnare e generare un profitto. Purtroppo la maggior parte dei produttori nostrani è ancora molto "diffidente" verso il mercato globale, che richiede altri accorgimenti rispetto a quelli che bisognerebbe avere in una produzione rivolta esclusivamente al circuito italiano. Fortunatamente sto constatando che molti produttori stanno cambiando mentalità, anche spronati dalle nuove leve.
11) Film, disco e libro preferiti, anche più di uno se vuoi!
Non riesco proprio a fare una classifica di tutto ciò che mi piace, davvero. Posso adorare lo sci-fi, l'horror o il Fantasy, ma anche la commedia, così come il blues o il punk. Ci sono opere che adoro che sono talmente diverse tra loro che mi risulta impossibile stilare una classifica!
12) Ultima domanda...siamo ai saluti: puoi dire quello che vuoi....

Ti ringrazio tantissimo per questa intervista, avere la possibilità di parlare del proprio lavoro è importantissimo, specialmente per quei progetti che nascono "dal basso" per poi evolversi. Spero di aggiornarti presto circa il mio prossimo film!

Un grazie va a Luna e a tutto lo staff che ha permesso la realizzazione di Psychomentary, un film da vedere assolutamente!

mercoledì 29 ottobre 2014

V / H / S : Viral ( 2014 )

In questa settimana di Halloween tutta dedicata all'horror ( non l'avevate notato, vero?) non poteva mancare il franchise in risposta all'ABCs of Death 2 di cui abbiamo parlato ieri ( qui ).
Si tratta del brand Viral, arrivato al terzo film e che a differenza dell'altro si segnala per una minore libertà creativa , confinando The collective ( il nome che firma complessivamente il film) al genere del mockumentary e del found footage, criticatissimi qui a bottega ma alla fine non ce ne perdiamo mai uno.
In questo terzo film ci sono tre corti più un episodio a fare da cornice.
In realtà dovevano essere quattro con l'episodio firmato da Todd Lincoln , intitolato Gorgeous Vortex ma per ragioni misteriose questo ultimo segmento ( 17 minuti) è sparito del tutto anche nelle previews e ha ridotto il film al curioso minutaggio di 81 minuti titoli di testa e di coda compresi.
Analizziamo i singoli segmenti :
1) VICIOUS CIRCLES ( di Marcel Sarmiento ) : un tizio ha l'ossessione di creare un video che diventi virale su internet e per fare questo calpesta tutto quello che gli sta attorno, compresi i sentimenti della sua ragazza. Una brutta sera si mette in testa di girare un video su uno spericolato inseguimento di polizia e si accorge presto che ci sono modi ben più dolorosi per essere la new sensation su internet.
E' l'episodio che fa da cornice agli altri e si ripresenta tra un segmento e l'altro.
Il primo aggettivo che mi viene da attribuirgli è irritante sia per come è girato e montato ( la nuova frontiera del montaggio ipersincopato, il mare a forza 7 vi sembrerà in bonaccia a confronto) sia per quel sottotesto moralista che vien fuori senza che sia richiesto.
Veramente brutto e introduce male il film. Curioso che Sarmiento abbia girato un corto per il primo ABC of Death , D for Dogfight. ( VOTO :  3 / 10 )
2 ) DANTE THE GREAT  ( di Gregg Bishop ) : racconta invece di un mago che trova un mantello magico appartenuto a Harry Houdini. Ha la capacità di far sparire la gente, animali od oggetti e farli ricomparire in altri posti. Il mantello gli fa avere il successo ma non sono tutte rose e fiori, anzi si ritrova con un sacco di nemici eliminati ( in modo brutale) attraverso il mantello. Ma chi la fa l'aspetti.
Ora dicevamo che in V / H / S : Viral  c'erano solo mockumentaries o found footages.
Ecco questo corto, per altro piuttosto divertente, con begli effetti speciali molto splatterosi, ha anche quel briciolo di ironia bastarda che non guasta, ebbene dicevo che questo corto faccio molta fatica a catalogarlo nel genere imposto dal brand.
Chi la tiene la telecamera? chi gira le magie e gli spettacoli? Boh....però mi sono divertito molto a vedere questo episodio ( VOTO : 7 / 10 ) .
3) PARALLEL MONSTERS ( di Nacho Vigalondo ) : un inventore ha creato una porta che permette il passaggio in un universo parallelo in cui c'è un altro lui. Per un quarto d'ora si scambiano i rispettivi universi ma entrambi scoprono che non è tutto oro quello che luccica. Sono entrambi abbacinati dalla possibilità di fare sesso diversamente e questo mal gliene incoglierà ad entrambi.
All'inizio questo episodio mi ha fatto quasi sobbalzare perché ci ho rivisto il Nacho Vigalondo del mio cult assoluto Los Cronocrimenes. Il vedere un altro se stesso, quello sbalzo di 15 minuti.
Poi sembra che lo spunto non partorisca altre idee vincenti perché anche qui una certa punta di moralismo prende il sopravvento ( ma davvero siamo tutti mossi esclusivamente dall'avidità sessuale?) per poi risollevarsi in un finale che ti fa salire il cuore in gola.
Comunque si resta discretamente soddisfatti anche se da Nacho Vigalondo ci si aspetta sempre di più. Curioso che anche lui abbia partecipato al primo ABCs of Death ( A for Apocalypse )( VOTO : 7 / 10 )
4 ) BONESTORM ( di Justin Benson e Aaron Moorhead)  un gruppo di skaters di Los Angeles che ha montato le telecamere nei caschetti per ammirare le proprie evoluzioni sconfina in Messico per trovare nuove piste da skate e si trovano nel mezzo di un culto religioso messicano in cui vengono attaccati da zombie e da scheletri.
Ecco questo è veramente un found footage girato quasi totalmente in soggettiva.
Curioso lo spunto ma il tutto si risolve in una lotta estenuante , per lo spettatore, tra skaters e scheletri. Anche questo soffre di un montaggio aggressivo che provoca mal di mare.
Dai registi del bel Resolution mi aspettavo di più, in questo episodio è buono l'attacco ma poi diventa tutto abbastanza monotono. Peccato ( VOTO  : 5 / 10 )

PERCHE' SI :  continua un brand che ha regalato diverse soddisfazioni, due episodi su quattro all'altezza
PERCHE' NO : paradossalmente uno degli episodi che funziona meglio non è un found footage o un mockumentary, un episodio cornice inguardabile, letteralmente e uno deludente per i nomi coinvolti...

( VOTO  : 5, 5 / 10 ) 

martedì 28 ottobre 2014

ABCs of Death 2 ( 2014 )

Torna l'antologia horror ispirata alle lettere dell'alfabeto. 26 e più modi per morire o semplicemente per soffrire. Ma tanto tanto.

Dopo un primo film che aveva dettato le coordinate del genere ( ispirarsi a una lettera che rappresenta l'iniziale del titolo, un budget di 5000 dollari e un film al massimo di 4 minuti o giù di lì) tornano i terroristi dell'alfabeto che declinano la morte e la sofferenza in meno di cinque minuti.
C'è un cambio totale del cast registico rispetto al primo episodio , si pesca un po' in tutto il mondo, addirittura c'è un episodio diretto da un regista nigeriano, Lancelot Oduwa Imasuen, ma non c'è nessun regista italiano convocato per l'occasione.
Insomma continuiamo ad essere oltre il terzomondo cinematografico.
Se l'intento di questa antologia è quello di rappresentare un po' il termometro della scena horror mondiale contemporanea, direi che stiamo messi abbastanza bene, ma sinceramente non so se possiamo prendere questo ABCs of Death 2 come pietra di paragone per quello che sta vivendo il genere horror in questi ultimi tempi, non giurerei sulla sua attendibilità.
Pur avendo un minutaggio praticamente uguale a quello del primo film , personalmente ho trovato questa seconda antologia di corti meno sfiancante della precedente, forse nel frattempo ho fatto un certo allenamento o molto più probabilmente ho avuto meno la sensazione di andare sulle montagne russe in quanto a qualità.
Diciamo che questo secondo capitolo appare qualitativamente molto più omogeneo del primo e questo lo rende decisamente più fruibile.
Altra cosa che me lo ha reso un po' più leggero da vedere è la quasi assenza di corti d'animazione ( l'animazione in campo horror la digerisco poco) e di riempitivi che qua e là affioravano nel primo film.
D'altra parte forse non c'è la vetta assoluta che faccia ombra agli altri episodi, forse anche perché sono quasi tutti di buonissima qualità. 
Nell'altra antologia era XXL di Xavier Gens che si stagliava nettamente sopra gli altri.
Qui è più difficile trovarlo a tutto vantaggio dello spettatore.
Scorriamo velocemente gli episodi che mi hanno più colpito.
Il primo segmento che colpisce è B for Badger, gioiello di humour inglese nerissimo in cui una troupe televisiva ha un incontro un po' troppo ravvicinato con un tasso che fa letteralmente a pezzi la star del documentario.Diretto da Julian Barratt,soprattutto attore e  specialista in commedie.
Fa salire il cuore in gola C for Capital Punishment di Julian GIlbey ( A Lonely place to die qui a bottega è stato molto apprezzato), più thriller che horror , da prendere come un accorato apologo contro la pena di morte ibridato beffardamente con la legge di Murphy perchè all'incolpevole protagonista le cose non vanno male, vanno malissimo.
Arriviamo quindi a uno dei pesi massimi di questa antologia , F for Falling , diretto dagli israeliani Aharon Keshales e Navot Papushado ( l'acclamato Big Bad Wolves), un modo originale di rileggere il sempiterno conflitto israelopalestinese condito di sarcasmo feroce per come il destino disegni traiettorie beffarde.
I for Invincible di Erik Matti è uno dei più vivaci con una matrona che non ne vuol sapere di trapassare, J for Jesus del brasiliano Ramalho farà tremare le vene nei polsi dei bigotti benpensanti ultrareligiosi .
Bello anche K for Knell di due registi lituani ( Bruno Samper e Kristina Buozyte ) un episodio che oltre all'horror mette dentro tanta sci fi vintage e che in meno di cinque minuti mette una discreta angoscia addosso.
 L for Legacy , l'episodio del succitato nigeriano Lancelot Oduwa Imasuen ( uno che a poco più di 40 anni ha già più di 70 titoli all'attivo) si segnala più a livello folkloristico che altro. 
Mi è piaciuto anche N for Nexus di Larry Fessenden ma lui non è certo una scoperta, così come il beffardo Q for Questonnaire di Rodney Ascher.
R for Roulette di Marvin Kren ( discretamente considerato qui a bottega dopo Rammbock e Blood Glacier ) è girato in un elegantissimo bianco e nero , quasi un abito da sera, ma soffre di una tremenda sensazione di deja vù.
Il miglior episodio del lotto è S for Split  del madrileno ( ma trapiantato a Los Angeles) Juan Martinez Moreno che, tenendo fede al titolo gira tutto in split screen anche multiplo raccontando una storia che sembra ordinaria ma che nasconde in realtà risvolti del tutto inaspettati.
Quasi dispiace che finisca così presto.
Bello anche X for Xylophone dei miei amati Maury e Bustillo che rispolverano per l'occasione Beatrice Dalle e il suo diastema per regalarci cinque minuti veramente inquietanti, mentre l'apoteosi dello schifo la raggiunge senza dubbio Z for Zygote di Chris Nash , un tecnico degli effetti speciali passato dietro la macchina da presa  e direi che la cosa si nota.
Ci sono ahimè anche due delusioni piuttosto cocenti in questa antologia: la prima è T for Torture Porn delle Soska Sisters che a cotanto titolo non fa seguire uno svolgimento adeguato perdendosi dietro alle solite rivendicazioni veterofemministe , la seconda è U for Utopia di Vincenzo Natali che è un'episodio sostanzialmente vuoto, un bel contenitore con il nulla dentro.
A parte questo per gli appassionati c'è veramente tanta roba da vedere....

PERCHE' SI : abbuffata pantagruelica, qualità livellata verso l'alto, alcuni episodi notevoli
PERCHE' NO  : frastornante per chi non è abituato, un paio di episodi deludenti per i nomi coinvolti

( VOTO : 7 + / 10 ) 

ABCs of Death 2 (2014) on IMDb

lunedì 27 ottobre 2014

Housebound ( 2014 )

Kyle Bucknell è catturata mentre tenta di forzare un bancomat assieme a un complice e viene condannata dal giudice a otto mesi di arresti domiciliari presso la casa in cui vive la madre.
Tutto bene quindi...e invece no.
Lei non sopporta la madre, non ha comunicazione col taciturno patrigno, Graeme, mal sopporta il braccialetto elettronico che ha attorno alla caviglia e tollera poco anche Amos, il tizio della compagnia di sicurezza che ne controlla i movimenti e il funzionamento.
I primi giorni trascorrono nella noia assoluta , la madre di Kyle è occupata solo in pettegolezzi di bassa lega e crede che la casa in cui abitano, in verità dall'aspetto poco rassicurante, sia infestata da qualche spirito maligno.
E strani rumori notturni arrivano a suggestionare anche Kyle.
Lo spirito che abita la casa sembra gradire poco la nuova ospite.
E tutto assume una luce nuova quando Kyle scopre che sono venuti ad abitare in quello che era una specie di ospedale e che nella camera dove lei dorme si verificò un gravissimo fatto di sangue....

Un giorno accade che girelli per internet alla ricerca di new sensations in campo horror e quasi di soppiatto arrivi attraverso il consiglio di un amico di un amico, al titolo di un film che per essere un horror porta con sè un carico di recensioni stranamente entusiastiche da un po' tutte le parti del mondo.
E accade anche che te lo vedi questo film che arriva dall'altra parte del mondo, la Nuova Zelanda, terra che fino a ieri pensavi che ci fosse solo nato per sbaglio Peter Jackson e che sapessero solo giocare a rugby,  e che scopri un piccolo gioiellino dark e divertente allo stesso tempo.
Definire horror un film come Housebound è assolutamente riduttivo: per dirla in poche parole è un gigantesco frullatore di generi in cui vengono immessi l'horror, sottogenere case infestate, lo splatter più selvaggio, il dramma familiare ( un rapporto madre figlia totalmente irrisolto), il thriller , il giallo, il mystery, la commedia e chi più ne ha , più ne metta.
E' una miscela esplosiva di risate e spaventi in cui a ogni sequenza non sai veramente che cosa aspettarti.
E le avvisaglie c'erano fin dalle prime sequenza , quelle della rapina al bancomat che venivano subito stemperate in una sorta di comicità dagli accenti grotteschi.
Gerard Johnstone , regista. montatore e sceneggiatore proveniente dal successo di una sit com neozelandese, maneggia il tutto con estrema perizia con un tocco che va dalla trasversalità demenziale dei migliori Coen all'elegante impronta dark che Tim Burton una volta riusciva a dare ai suoi film.
I 105 minuti del film scorrono veloci, velocissimi in una continua oscillazione tra i vari generi proposti e con colpi di scena bene assestati.
Oltre a Morgana O' Reilly nella parte di Kyle e a Rima Te Wiata nella parte della madre ( veramente esilarante, un personaggio da sit com trasportato di peso in una horror comedy) , anche il resto del cast funziona alla perfezione, attori tutti sconosciuti alle nostre latitudini ma perfetti per i rispettivi ruoli.
La vera protagonista della pellicola è però la casa in cui è celato un terribile mistero dal passato che presto tornerà a presentare il suo conto: una casa spettrale, un po' stile famiglia Addams, buia e piena di anfratti nascosti , una casa che presto mostrerà quel che nasconde un po' come succedeva in The Pact o in The Seasoning House, due film totalmente alieni a quanto visto qui.
C'è un altro mondo nelle intercapedini.
Una cosa è sicura : visto con aspettative bassissime, Housebound  è il classico film girato con un pugnetto di dollari ( 350 mila dollari neozelandesi, circa 200 mila euro al cambio) che si è trasformato quasi all'istante in uno dei personali cult dell'anno.
Da vedere assolutamente.

PERCHE' SI : uno dei miei personali cult dell'anno, trasversale come pochi , tra i Coen e il Tim  Burton dei bei tempi, cast perfetto
PERCHE' NO : forse troppo trasversale per alcuni, altrimenti non riesco a trovargli difetti....

( VOTO : 8 / 10 )

 Housebound (2014) on IMDb

domenica 26 ottobre 2014

Honeymoon ( 2014 )

Bea e Paul si sono appena sposati e decidono di passare una super romantica luna di miele in una casetta tra i boschi, di proprietà dei genitori di lei,  in perfetta solitudine in mezzo alla natura incontaminata o quasi, in riva a un lago..
Un giorno vanno al ristorante del paese e vengono accolti con diffidenza finché Bea non riconosce nel ristoratore un suo vecchio amico d'infanzia. 
La stessa notte Paul, svegliato da strani rumori e insospettito dall'assenza di Bea , perlustra i boschi attorno casa e scopre la moglie nuda e in stato confusionale.
Da allora le cose prendono una strana piega: Bea non è più la stessa....
E qua bisogna fermarsi altrimenti a coloro che si appresteranno alla solluccherosa visione verrà estirpato almeno metà del divertimento.
Vediamo, facciamo un po' di pregresso: Leigh Janiak regista e cosceneggiatrice è al suo esordio assoluto dietro la macchina da presa, così come l'altro sceneggiatore Phil Graziadei.
Non so come , ma siccome le vie del cinema sono infinite quasi quanto quelle del Signore, un bel giorno a questi due viene in mente di fare un film con un paio di locations in tutto, quattro attori , di cui due vengono convocati giusto per due/tre pose e una storia di quelle un po' assurde da raccontare.
E loro se ne escono con questo Honeymoon, un curioso ibrido di commedia sentimentale, di fantascienza ( ma quella buona, quella d'annata) e di horror.
Partendo da uno spunto che è mutuato da millemila altri horror riescono a costruire un piccolo gioiello di tensione che arriva ad avere una sua personalità ben precisa e una sua originalità.
La cosa che colpisce è che la solita mezz'ora accademica di ritardo con cui partono moltissimi horror qui è sfruttata alla grande per dipingere con pennellate leggere una bella storia d'amore tra due ragazzi che dimostrano una complicità che ha pochi eguali.
Che sia il tocco femminile della regista?
E di questo va dato atto ai due protagonisti , Harry Treadaway, il Victor Frankenstein di Penny Dreadful e Rose Leslie, l'Ygritte de Il trono di spade che riescono a creare un'alchimia pressoché perfetta.
Sono credibili, non sembra neanche che stiano recitando.
Ma a questo punto occorre aprire il capitolo Rose Leslie : ma quanto m'attizza 'sta donna?
Non è maggiorata, non ha una bellezza di quelle statuarie che ti fanno girare la testa, fisicamente è una normolinea che sembra non avere nulla di speciale.
E invece ha uno sguardo, un sorriso, un modo di camminare e di muoversi che intriga , il tutto contornato da una splendida cascata di capelli rossi che le incornicia il viso .
Chiuso il capitolo Rose Leslie.
Altra considerazione da fare è di come negli ultimi tempi ci sia uno stravaso continuo di talenti attoriali da importanti serie tv al cinema e viceversa, assottigliando ancora di più il gap tra fare televisione fare cinema, due modi comunque diversi di intendere questa arte sequenziale che a noi piace tanto.
E abbondano sempre di più serie tv che hanno tempi di lavorazione cinematografici ( e la confezione ne guadagna notevolmente) e con loro il passaggio, quasi per osmosi , di maestranze attoriali dall'uno all'altro mondo.
Diciamo che è diminuita di parecchio la distanza.
Ma torniamo al film  che merita: dicevamo della prima mezz'ora in cui Leigh Janiak riesce a regalare momenti di complicità rari da trovare anche in una commedia sentimentale.
E qui che dimostra il suo essere bastardissima dentro ( in senso buono, naturalmente) . in questo quadro idilliaco comincia a inserire dei piccoli segni perturbanti, delle crepe nel rapporto tra i due che diventano sempre più larghe, un labirinto di sospetti e deduzioni che inganna anche lo spettatore più smaliziato che vede tutto con gli occhi di Paul.
La sua sorpresa è la nostra sorpresa , un taccuino in cui scrivere nomi , avvenimenti e le varie sciocchezze che compongono una routine quotidiana diventa la chiave per aprire una porta sull'abisso.
L'abisso del non so come, del non so dove, del non so perché.
Lasciate ogni speranza di spiegazione voi che entrate in questo film, perché di spiegazioni non ce ne saranno e tutto questo si infilerà come uno stiletto appuntito nel vostro cuore oltre che nel vostro cervello e per qualche tempo non vi abbandonerà.
Rimangono i gesti spensierati di Rose, il suo modo di guardare Paul e di mangiarselo di baci, la sua sensualità sbarazzina nascosta dietro abitini floreali e abbigliamento sportivo tra i più ordinari.
Rimane lo smarrimento di Paul, i suoi sospetti che deflagrano in un crescendo impossibile da arginare e alla fine lo smarrimento per qualcosa non capisce, che sta perdendo e che non tornerà più.
La Janiak orchestra con perizia un horror che si tinge progressivamente di sci fi minuto dopo minuto.
O forse è solo un racconto di un matrimonio che sta finendo nell'oblio della patologia mentale ( e se fosse tutto una metafora che racconta delle perdità di identità che si ha con le malattie neurodegenerative come l'Alzheimer?).
Honeymoon torna all'horror, alla scultura di carne cronenberghiana, almeno per un attimo.
Poi spazio all'ignoto, tra L'invasione degli ultracorpi, Funny Games ( l'ultima gita in barca) e Incontri ravvicinati del terzo tipo.
Ultraconsigliato.

PERCHE' SI : intrigante ibrido tra horror e sci fi, crescendo inarrestabile, Rose Leslie, ottima commistione di generi ( anche commedia sentimentale)
PERCHE' NO : astenersi fanatici degli spiegoni e delle megaproduzioni hollywoodiane.

( VOTO : 7,5 / 10 ) 

Honeymoon (2014) on IMDb

sabato 25 ottobre 2014

Seria(l)mente : This is England '86 ( 2010 )

Provenienza : UK
Produzione e distribuzione :Warp films, Channel 4
Puntate : 4 da 50 minuti cadauna

Shaun e  Combo dividono le loro strade, dopo che il secondo ha massacrato di botte Milky.
Sono passati tre anni da quel momento , Shaun deve dare gli ultimi esami scolastici , mentre Woody e Lol stanno organizzando le loro nozze che però non si terranno: Woody si tira indietro proprio nel momento fatidico e poi scoprono che nei bagni Mergy ha avuto un attacco di cuore.
Lol torna a casa e ci trova il padre ( che ha abusato di lei e della sorella quando erano più piccole), Gadget va a vivere da Trudy, che per età potrebbe essere sua madre, Shaun viene ripreso nella vecchia banda.
Ormai sono arrivati i quarti di finale ai Mondiali del Messico e c'è l'Argentina da battere: torna Combo dopo tre anni e mezzo di prigione e torna proprio nel momento in cui Lol ha lo scontro finale col padre, dopo che è stata lasciata da Woody e dopo che anche la relazione con Milky si è interrotta bruscamente....
Meadows aveva lasciato un po' tutto sospeso nel finale del suo film del 2006 This is England e avendo molto materiale da sviluppare, d'accordo con Channel 4 decise di sviluppare una serie televisiva che rappresentasse il continuum del film. E per produrne ancora un seguito, This is England '88 ( di cui parleremo a breve), mentre per il 2015 è schedulata la trasmissione di This is England '90
Serie televisiva più di nome che di fatto perché a livello estetico e sostanziale siamo di fronte a un Meadows che più cinematografico non si può, ha dalla sua solo il tempo maggiore per raccontare le varie storie che andranno a comporre questo affresco composito e variegato di un Inghilterra sfiancata dal thatcherismo e che si attacca alla squadra di calcio ai Mondiali come se fosse un'ancora di salvezza.
Il gruppo di protagonisti che dà vita a This is England '86 è formato perlopiù da giovani che al
massimo sono degli sciagurati perdigiorno ( e l'unico che appare inserito nella società con un posto di lavoro fisso e possibilità di far carriera, Woody, non è il massimo della simpatia), ma anche quelli più in là con l'età non brillano certo per moralismo o equilibrio.
Il film del 2006 era focalizzato sulle gesta di Shaun e sul suo tentativo di crescere sullo sfondo del sottoproletariato inglese, questo This is England '86 allarga la sua prospettiva su tutto il gruppo , trattato come un unica entità (quasi) indivisibile. Shaun è solo uno dei componenti.
Se nel film Meadows si dimostrava essere un Loach ancora più massiccio,incazzato e pessimista, qui , almeno per la prima metà , si respira quasi un'aria gioviale, goliardica.
Sono proletari, non hanno il becco di una sterlina in tasca ma sono felici, si divertono, bevono fino a sfondarsi il fegato  ma poco importa tanto del doman non v'è certezza.
Ognuno vive alla giornata nel modo più indolore possibile, ridendo, scherzando e cercando di sbarcare il lunario.
Ma questo modo di andare avanti, nascondendo la polvere sotto il tappeto non può durare per sempre e i nodi verranno fatalmente al pettine.
Il passato torna per presentare il conto e il tono della serie col passare dei minuti diventa sempre più dark , quasi da tragedia shakespeariana.
E la tragedia ci sarà.
Al centro della scena viene posta Lol e il suo passato tremendo , da dimenticare.
Meadows torna all'antico furore e disegna due episodi finali ( quelli in cui oltre ad esserne lo sceneggiatore è anche regista) carichi di dolore , intensi come pochi, che mineranno definitivamente le certezze di tutti.
Le crepe nei muri si allargheranno così come le divisioni tra i vari componenti del gruppo eppure il cerchio troverà un suo modo di chiudersi.
Sono 200 minuti da godersi tutti di un fiato, con un gruppo di attori fantastico catturato al massimo della potenzialità.
Sono personaggi a cui non ci si può fare a meno di affezionarsi e c'è anche un villain da odiare con tutte le forze.
C'è tutto in This is England '86 : amore, odio, ironia, goliardia, relazioni clandestine, sentimenti improbabili, vestiti e acconciature oltre la frontiera del buon gusto, un pregresso familiare terribile che presto bisognerà risolvere in un modo o nell'altro.
E Meadows lo risolve nell'altro.
Arrivederci a This is England '88, presto su queste pagine.

PERCHE' SI :  irresistibile gruppo di protagonisti, attori favolosi, uno sguardo disincantato su un Inghilterra sottoproletaria sfiancata da thatcherismo e crisi economica.
PERCHE' NO  : non piacerà a chi non piace l'iperrealismo, troppo breve...

( VOTO : 8 / 10 )

 This Is England '86 (2010) on IMDb

venerdì 24 ottobre 2014

Il giovane favoloso ( 2014 )

Tempo di novità grosse qui a Le maratone di un bradipo cinefilo: per la prima volta in mille e passa posts, ho deciso di lasciare l'onere della scrittura a due persone a me molto care che non lo avevano mai fatto prima, Anna Maria e Giulia a cui ho chiesto di vedere , per me , l'ultimo film di Martone.
Mi interessava parecchio il loro punto di vista perché Anna Maria è una professoressa di storia e letteratura che Leopardi lo insegna per professione ( e qui ci dona quella che è vera passione , perchè , conoscendola bene, so quanto adori Leopardi), mentre Giulia, studentessa universitaria , Leopardi l'ha studiato da poco e a sentire lei con molto gradimento.
Assieme hanno scritto questa recensione a quattro mani, molto bella a parer mio e non perché voglio tirare acqua al mio mulino o per piaggeria nei loro confronti,  ci hanno regalato una chiave di lettura del film che io personalmente non avrei potuto dare dal basso dei miei studi lontani dall'ambito letterario.
Il mio ringraziamento più sincero va quindi ad Anna Maria e a Giulia per la loro recensione di oggi, la prima che abbiano mai scritto.
E spero che anche in futuro vogliano rimettersi in gioco per parlare di altri film in questa maniera illuminata.
Anzi , e qui faccio come il mio amico Giuseppe de IL BUIO IN SALA, chi fosse interessato a scrivere delle recensioni per il blog, come ospite , può contattarmi alla mia mail (landru@live.it), chissà che escano cose molto belle come quella di oggi.
Altra piccola considerazione personale: sono molto critico col cinema italiano che ultimamente sembra interessato solo a commedie di facile consumo e si segnala per il poco coraggio nel proporre qualcosa di alternativo.
Mi fa piacere che un autore come Martone riesca a trovare i finanziamenti per proporre un film ricco ma non sfarzoso come questo e soprattutto ottenga un successo di pubblico insperato alla vigilia, un successo che è valso il secondo posto assoluto al box office italiano a pochissima distanza dalla solita commedia alimentare ma con una media sala nettamente superiore.
E in questa seconda settimana sono aumentate anche le copie a disposizione: evidentemente il passaparola sta facendo il suo dovere.


Giacomo Leopardi è un bambino di rara intelligenza che cresce nella casa natia di Recanati chiuso il più delle volte in biblioteca a leggere di tutto sotto l'occhio severo del padre Monaldo, nobile conservatore ed autoritario e della madre Adelaide che mal sopporta le ristrettezze economiche e l'ambiente provinciale in cui sono immersi.
La stessa cosa che succede al giovane Giacomo che si sente prigioniero in quel mondo e tiene una fitta corrispondenza con i suoi amici letterati.
A 24 anni finalmente riesce a lasciare Recanati: a Firenze conosce quello che sarà il suo miglior amico di sempre, Antonio Ranieri, si innamorerà , non ricambiato di Fanny Torgioni Tozzetti.
Sarà costretto a trasferirsi per ristrettezze economiche prima a Roma e poi a Napoli.
La sua salute cagionevole è minata definitivamente: in una villa alle pendici del Vesuvio, dopo un'eruzione, Giacomo, sul letto di morte, troverà l'ispirazione per scrivere La Ginestra.

Il giovane favoloso riesce a cogliere con estrema umiltà quella che, probabilmente, fu la vita dei uno dei poeti più amati della nostra letteratura, e, allo stesso tempo, sa mettere in luce le note più profonde del suo animo, un animo tanto grande quanto inquieto, lui stesso si dichiara “infelicissimo” e lo grida a gran voce agli intellettuali che gli rimproverano di essere un eterno” pessimista”. 

Cosa sono in fondo il pessimismo, o l'ottimismo? Solo parole vuote......per Leopardi l'unica verità è nel dubbio. 
Elio Germano dà un'ulteriore prova del suo grandissimo talento, è diventato Giacomo Leopardi, si è talmente calato nel personaggio da assumerne le caratteristiche fisiche ed emotive, da oggi in poi quando leggeremo i versi del poeta, quando cercheremo di immaginarlo, vedremo il suo volto.
La ricostruzione storica è di certo stata favorita dalla possibilità che il regista ha avuto di sistemare le macchine da presa nella biblioteca di casa Leopardi, riportando alla vita i polverosi volumi sui quali si consumò lo “studio matto e disperatissimo” del poeta recanatense. Splendida la colonna sonora, e coraggiosa, di sicuro uno dei punti di forza del film, fatta eccezione per il pezzo che sottolinea il dolore di Leopardi quando vede infrangersi ogni speranza di essere corrisposto dall'affascinante Fanny, perché stridente è il contrasto con il contesto della storia, sembra quasi che Martone qui abbia osato troppo.
Di questo film ci resterà soprattutto una scena: l'abbraccio struggente con cui il giovane Leopardi accoglie Pietro Giordani nella sua Recanati. 
In quell'abbraccio c'è tutto: la sofferenza fisica per una malattia che, inesorabile, minava il suo corpo, il desiderio di fuggire via dal natìo borgo selvaggio”, la profonda empatia che lo accomunava all'amico, conosciuto profondamente attraverso una fitta corrispondenza... Pietro è (o sembra essere) il padre che Giacomo avrebbe voluto. 

Lo ritroveremo a Firenze dove si consumerà l'amore non corrisposto per la bella e, quasi “figlia dei fiori”, Fanny Targioni Tozzetti. Quello con il Giordani non è l'unico abbraccio, vi è quello con la sorella Paolina quando si salutano prima della partenza clandestina per Roma e l'altro con il suo amico fraterno Ranieri.....un modo per il regista di sottolineare il rapporto del “giovane favoloso” con le persone, senza distinzioni.
Leopardi si intrattiene con gli intellettuali fiorentini allo stesso modo in cui conversa nei bassi napoletani con i più umili tra gli umili.
Certo, chi si aspetta di ritrovare nel film il precursore del pensiero del '900, resterà deluso, non perché questa dimensione manchi, ma perché Martone ha privilegiato l'aspetto emotivo, affettivo della vita di Leopardi.
Un Leopardi “eterno fanciullo”, goloso di dolci e gelati, quasi a voler sostituire quell'affetto che la madre Adelaide (fredda, distante, simbolo della Natura matrigna del pessimismo cosmico leopardiano, rappresentata da un' immensa statua di argilla, memoria del “Dialogo della Natura e di un islandese”) e il padre Monaldo ( morbosamente legato al figlio, così come ostinatamente attaccato ad un secolo spazzato via dalla Rivoluzione Francese) gli avevano negato. Meno convincente la figura di Antonio Ranieri, impersonato da Michele Riondino, anche se il regista è stato bravo nel rendere l'ambiguità del rapporto che lo legava al poeta. Il giovane favoloso è un film da vedere assolutamente, magari sgombrando la mente dai ricordi scolastici, di certo non vi è alcun tentativo di compiacere il pubblico, né tanto meno di giudicare o beatificare la figura di Giacomo Leopardi: un uomo che ha lasciato, attraverso i suoi pensieri, le sue emozioni, i suoi turbamenti, le sue paure, un grande segno nella storia della letteratura italiana e non solo.

( VOTO : 8 / 10 )  

Il giovane favoloso (2014) on IMDb

giovedì 23 ottobre 2014

Annabelle ( 2014 )

California 1969 . John e Mia sono una giovane coppia in attesa del primo figlio. Lui è un medico specializzando, lei sta a casa ed è appassionata di taglio, di cucito e di bambole antiche.
Un giorno John trova il regalo perfetto per Mia: una bambola antica, perfettamente conservata vestita con un bellissimo abito da sposa.
E da qui in avanti la vita di Mia diventa un incubo ; viene aggredita in casa da una coppia di satanisti che vengono uccisi dalla polizia ( anzi la donna, identificata come Annabelle Haggis, la figlia dei vicini già orrendamente massacrati,  muore nella stanza della bambina dopo aver tracciato strani simboli sul muro e tenendo in braccia la bambola) , un incendio distrugge la loro casa ( e nel mentre Mia dà alla luce la figlia Lia) e vengono avvertite strane presenze anche nella loro nuova casa di Pasadena.
Si fanno aiutare da un prete, padre Perez , che fa capire loro quale sia l'intento del demone: ottenere un'anima , preferibilmente quella di Lia.
Arriva in soccorso la loro amica Evelyn che propone uno scambio.....
Dopo il successo di The Conjuring dell'anno passato ( film da 20 milioni di dollari di budget che aveva incassato quasi 140 milioni di dollari) sono stati messi in cantiere un sequel, annunciato per il 2016 con al timone sempre James Wan, e uno spin off a basso costo, Annabelle ,uscito qualche settimana fa,  film con un budget da 6,5 milioni di dollari e che si è rivelato una piccola miniera d'oro per i produttori incassando più di 75 milioni di dollari.
Della serie battere il ferro finché è caldo.
E Annabelle ci è riuscito benissimo sul piano commerciale , meno su quello qualitativo.
Intendiamoci , è un prodotto di un esperto artigiano che ha dato il meglio di sé come direttore della fotografia e sicuramente non come regista visto che i suoi lavori precedenti sono tutti piuttosto trascurabili per essere gentili.
Quindi è confezionato con perizia, non ci sono grossi strafalcioni, si riesce a bypassare anche una certa, diffusa cagneria attoriale.
Il problema di Annabelle è che è un qualcosa di realmente già visto e non una volta sola.
Usa gli stessi ingredienti di The Conjuring ( e stavolta repetita non juvant) citandolo a più riprese ma se quello poteva essere salutato come un apprezzabile  ritorno stilistico a un horror di stampo vintage, questo appare come una pallida imitazione, sembra veramente girato con gli scarti e le sequenze tagliate dell'altro.
Tutto ampiamente prevedibile, telefonato fin dalle prime boo sequences che pur si segnalano per la buona fattura.
Ma poi andando avanti, tra una citazione e l'altra ( vogliamo parlare di Rosemary's baby? e della protagonista che sia chiama Mia?), si abusa troppo dei trucchetti tipici dell'horror per far aumentare la tensione e si compie l'errore di sbattere tutto in faccia allo spettatore senza troppi segreti e questo diminuisce col passare dei minuti il potere di suggestione.
Il troppo storpia e Annabelle rivela subito la sua natura di compilation di spaventi che non di film vero e proprio mandando a far benedire quel minimo di coerenza narrativa che sarebbe lecito attendersi e poi , cavolo, in certi tratti sembra davvero una copia fotostatica di The Conjuring.
A questo punto meglio riguardarsi l'originale e non questo presunto prequel.
Occorre inoltre sottolineare che Annabelle non è una clone di Chucky e non le serve fare cose incredibili per seminare terrore.
A differenza del bambolotto assassino lei non si muove, non affetta gente selvaggiamente.
A questo punto forse meglio se lo avesse fatto.
Avrebbe regalato un'emozione in più....

PERCHE' SI : confezione più che decente, le prime boo sequences costruite con cura
PERCHE' NO  : la coerenza narrativa non è il forte del film, col passare dei minuti gli spaventi diventano routine e non fanno saltare più sulla poltrona, tutto è sbattuto in faccia lasciando poco spazio alla suggestione.

( VOTO : 5 / 10 ) 

Annabelle (2014) on IMDb

mercoledì 22 ottobre 2014

Tutto può cambiare ( 2013 )

Gretta e il suo fidanzato Dave, musicisti in pectore,  partono per New York dove lui riesce a ottenere un contratto discografico da una major. Con il successo cominciano le incomprensioni, Gretta è spesso da sola e trascurata e il rapporto inevitabilmente fallisce.
Una sera mentre è in un locale, immalinconita dalla solitudine e dall'alcool, spinta da un amico musicista Gretta imbraccia la chitarra e suona una sua canzone, alla quale è molto legata.
La vede Dan, produttore discografico in una fase un po' complicata della sua vita, visto che ha appena perso il suo lavoro , è divorziato e con qualche problema di alcolismo.
La porta dal suo ex socio perché colpito dal talento della ragazza ma l'altro non sembra molto colpito.
L'accordo è quello di registrare un cd demo per poi farlo distribuire dalla casa discografica.
Assemblata una band grazie a vecchie conoscenze e nuove amicizie cominciano a registrare ma non avendo i soldi per lo studio perché non suonare dal vivo sfruttando alcune locations inconsuete di New York?
Personalmente guardo con estrema diffidenza, quando non sospetto se non aperta ostilità le commedie sentimentali made in Hollywood perché sono allergico al lieto fine sempre e comunque, alle ovvietà snocciolate in serie e alla mitragliata di melassa e di buoni sentimenti che di solito le caratterizzano.
Con Tutto può cambiare il sospetto si è tramutato in una sorta di apertura di credito perché al timone, sceneggiatura e regia, c'è quel John Carney che era al timone di uno dei film più amati qua a bottega, quel Once che per il sottoscritto aveva rappresentato un vero e proprio colpo al cuore e di cui avevamo parlato a suo tempo qui.
E questa sorta di apertura di credito è almeno in parte giustificata.
L'impressione è che John Carney abbia voluto ricreare una sorta di versione riveduta e aggiornata di Once, trasferendosi da Dublino a New York.
La ricetta è la stessa: una sorta di commedia sentimentale che cerca di affrancarsi dalle regole hollywoodiane del genere , non scritte ma codificate in moltissimi film, la musica a fare da collante, ma non solo, alle vicende dei protagonisti e tutta una serie di crampi sentimentali e di personaggi accessori (  ad esempio la figlia e la moglie di Dan e il loro rapporto complicato )che costituiscono l'unica , parziale novità rispetto a Once.
Il problema del film è che le schermaglie sentimentali tra Gretta e Dave sono la parte meno interessante mentre coinvolge di più l'incontro tra le due solitudini ostinate e contrarie di Dan e della stessa Gretta.
Due individui in caduta libera, che stanno precipitando in un abisso di infelicità e mancanza di prospettive, trovano l'uno nell'altra una ragione per risollevarsi.
Ma siamo ben lontani dal livello di coinvolgimento emotivo che garantiva Once, il paragone in questo senso è abbastanza impietoso.
E anche l'originalità latita, manca l'effetto sorpresa.
Quello che garantisce quel minimo di benevolenza che permette di sostenere il film è una seconda parte in cui si sfrutta New York in maniera molto diversa dal solito: non il consueto, stanco, risaputo turismo sentimentale con sfondi da cartolina che fanno da corollario alle schermaglie sentimentali di due protagonisti sempre al centro della scena, ma una città che diventa protagonista con i suoi angoli meno noti e meno nobili, trasformata dalla band di Dan e Gretta in una sorta di studio di registrazione all'aperto, il teatro di musica dal vivo suonata clandestinamente e anche un po' di fretta, stando attenti a non farsi prendere dalla polizia.
Carney, ex batterista di una band indie irlandese, cerca di fondere musica e cinema un po' come aveva fatto magicamente con Once ma qui il connubio riesce parzialmente perché Tutto può cambiare racconta alti e bassi sentimentali che non brillano per originalità o per particolare calore e anche le musiche sembrano inferiori a quelle emotivamente intense dell'altra pellicola ( Falling Slowly ancora è qui che risuona nelle orecchie).
Keira Knightley è volenterosa ma appare un po' spaesata ( e quei denti non si possono vedere...), Mark Ruffalo è decisamente più in parte.
E meno male che almeno sullo schermo non si veda quello che è sempre il solito "lieto " fine da commedia sentimentale.
L'importante è ripartire...anche se cambiano le prospettive.
Non più due cuori e una capanna ma due cuori e una cuffietta.....

PERCHE' SI : seconda parte del film frizzante e piacevole, New York vista da un prospettiva abbastanza nuova
PERCHE' NO  : le schermaglie sentimentali sono risapute e non originali, la Knightley è un po' spaesata, le canzoni di Once erano un'altra cosa....

( VOTO : 6 + / 10 )

 Begin Again (2013) on IMDb

martedì 21 ottobre 2014

At the devil's door ( aka Home , 2014 )

Hannah viene convinta dal suo ragazzo a fare un giochetto con un vecchio messicano, per guadagnarsi velocemente 500 dollari, senza colpo ferire. Purtroppo per lei nella vincita c'è anche un altro regaluccio non voluto : la possibilità che il Diavolo, ebbene sì il Gran Cornuto in persona, possa entrare dentro di lei quando meglio gli aggrada.
Leigh è una giovane agente immobiliare sorella di Vera, una famosa pittrice.
Leigh non può avere figli e per questo vorrebbe che Vera ne avesse.
Mentre sta vendendo una casa vi rimane imprigionata e le appare Hannah che la uccide istantaneamente.
Vera indaga sulla misteriosa morte della sorella e arriva a quella casa dove fa lo stesso incontro.
Ma il Diavolo ha altri progetti per lei e Vera li conoscerà a tempo debito....
Due anni fa il regista e sceneggiatore Nicholas McCarthy aveva bene impressionato qui a bottega con The Pact ( se ne volete leggere ne parlammo a suo tempo qua ) , suo esordio nel lungometraggio ed espansione di un corto risalente all'anno prima, ottima variazione sul tema delle case infestate , un tentativo abbastanza riuscito di essere originale in un panorama parecchio inflazionato del genere in questione.
At the devil's door ( in giro si trova anche col titolo alternativo di Home, più allusivo) rappresenta un po' l'ideale continuazione delle tematiche già trattate in The Pact.
Due sorelle , i legami familiari, un passato che fa sentire la sua voce assordante in un presente nebuloso, tutto questo accomuna due film che hanno il pregio di avere una stessa connotazione stilistica, hanno la stessa mano ferma alle spalle che permette loro di non sbracare nel solito filmetto di paura o nel solito horrorazzo urlante.
Sia chiaro McCarthy dal punto di vista stilistico non è un innovatore: usa un armamentario iconografico che ha poco di originale ma ha una capacità e una sensibilità non comune di creare un clima ansiogeno come pochi rinunciando praticamente quasi del tutto alle boo sequences che hanno fatto la fortuna di film di successo come The Conjuring e del recentissimo Annabelle.
Diciamo che sono tre film che rappresentano le due facce di una stessa medaglia: da una parte At the devil's door con quel suo andamento sinuoso e perturbante che punta tutto sull'atmosfera e sulla suggestione di un qualcosa che non si vede e che non ha spiegazioni, dall'altra The Conjuring e Annabelle puntano tutto allo spavento improvviso, alla sequenza che ti gela all'istante il sangue nelle vene, che ti fa sentire il tuffo al cuore per la scarica d'adrenalina che lo colpisce.
Ti viene sbattuto tutto in faccia, senza tanti riguardi.
Entrambi usano un'iconografia ben riconoscibile ma in modo differente e hanno modi diversi per "colpire" lo spettatore.
Uno lo prende lentamente alla gola soffocandolo a poco a poco, gli altri due lo prendono letteralmente a pattoni, ceffoni fortissimi che lo lasciano esausto, come appena dopo essere uscito da una sera trascorsa al Luna Park.
In At the devil's door non ci sono i pattoni, c'è lo zolfo che il Gran Cornuto solleva in quantità industriale, ci sono poche terribili sequenze di violenza inaudita nascoste bene nei meandri di una narrazione non così scontata o banale.
La cosa che possiamo imputare però a questo film è una certa mancanza di coraggio , di evoluzione stilistica tenendo in considerazione il notevole exploit di The Pact.
E' come se McCarthy avesse avuto paura di rischiare e ha costruito due film che trattano tematiche superinflazionate nel genere horror ( case infestate nel primo caso, case infestate e possessioni demoniache nel secondo caso), ma che in un certo senso arrivano a specchiarsi tra di loro , è vero che hanno una continuità stilistica apprezzabile ma d'altra parte è innegabile che il regista non ha mostrato una grande evoluzione rispetto a The Pact, magari più acerbo stilisticamente ma anche più di impatto.
At the devil's door a tratti dà l'impressione di bearsi della propria costruzione, piuttosto complessa per trattarsi di un horror, quasi volesse aspirare a essere cinema altro, ma è apprezzabile comunque il non mostrare mai ( o quasi, ridicola la sequenza dell'ecografia, già vista per altro), il vero protagonista di tutto il film.
Il Diavolo.
McCarthy comunque ha un modo di girare che ha poco da spartire con quello dei colleghi di genere;: il ritmo non subisce mai impennate, le sequenze non sono martoriate da un montaggio triturante, mostra sempre un certo interesse nel tratteggiare e la quotidianità nuda e cruda, per evidenziare meglio le sue perturbazioni.
Non ha bisogno di ragazzini decerebrati che vanno nella casa tra i boschi o di bambolotti assassini.
Gli bastano anche una donna e una bambina che parlano all'interno della loro automobile.
Per fare paura basta anche far recitare qualche versetto dell'Apocalisse a quella bambina....

PERCHE' SI : apprezzabile continuità stilistica con The Pact, capacità nel creare un clima ansiogeno come pochi, non ci sono spiegoni trituranti,,,
PERCHE' NO : struttura narrativa insolitamente complessa che potrebbe allontanare qualche fan indefesso del genere horror, mancanza di evoluzione rispetto al primo film, impressione di un certo autocompiacimento..

( VOTO : 6,5 / 10 )

 At the Devil's Door (2014) on IMDb