Il cinema orientale per molti è esclusivo sinonimo di autorialità e non sto qui a discutere se questo sia vero o meno: però per quanto mi riguarda mi è già capitato più di una volta che registi da considerare autori tout court si siano misurati con successo con il botteghino, mettendo a frutto le loro indiscutibili capacità non in film destinati alla visione di pochi intimi ma in blockbuster veri e propri. Blockbuster d'autore quindi.
Un ossimoro? Fino a poco tempo fa avrei risposto affermativamente.
Ora non sono più tanto sicuro e una delle ragioni può essere anche questo Let the bullets fly, supersuccesso ai botteghini cinesi(oltre 130 milioni di dollari incassati, il film cinese che ha raccolto i maggiori incassi di sempre ), prodotto ad alto costo ad opera di Jiang Wen, attore famoso e regista coperto di premi anche al di fuori dei patri confini.
Let the bullets fly è la Chinese Way di fare western, un concentrato di influenze kurosawiane filtrate attraverso l'ironia di Leone e di quei western picareschi che crearono un nuovo genere nel nostro cinema nei tardi anni '60 , o spaghetti western, un movimentato balletto di truffatori e pallottole in cui il minimo comune denominatore è che nessuno è che dice di essere. Forse.
Ambientato negli anni '20 narra la lotta per il dominio di una città (la città delle oche) tra un bandito di lungo corso Zhang e il signorotto locale Huang che dal suo maniero controlla dall'alto tutta la città, trafficando in oppio e esseri umani e per questo mal sopporta la presenza di un Governatore che dovrebbe rappresentare il simbolo della legalità nel paese.
Il problema è che Zhang si fa passare per il Governatore, costui si fa passare per il suo assistente, sua moglie si fa passare per la moglie di Zhang, Huang ha un sosia che lo sostituisce nelle situazioni più intricate, la banda di Zhang si camuffa da banda di Huang e il contrario, addirittura Huang cerca di farsi arrestare. E così via.
Questo è un minimo dell'intreccio che caratterizza il film in cui di proiettili in verità ne volano pochini ma le parole circolano all'impazzata rimbalzando per ogni dove e con esse tutti gli intrighi a cui uno spettatore poco allenato farà fatica a stare dietro.
Anche la durata non aiuta: il film non concede un attimo di tregua nei suoi 130 minuti in cui succede veramente di tutto.La regia è di altissima perizia tecnica, visivamente il film è appagante anche perchè la ricchezza della realizzazione è ben evidente nelle scenografie molto curate, nei costumi molto elaborati e anche nella maestosità delle sequenze action.
Zhang (se è veramente lui, perchè rimane sempre il dubbio) e Huang sono due antagonisti di notevole caratura, due "cattivi" in modo diverso,antitetico, uno dai modi più bruschi e sinceri, l'altro più subdolo e "diplomatico".
Non ci sono "buoni" in questo western che anche nelle parti più truculente fa prevalere sempre la sua ironia beffarda.
Jiang Wen oltre a confermarsi ancora una volta ottimo regista, nella parte di Zhang si dimostra attore di razza tenendo testa con innegabile carisma al superdivo d'Oriente Chow Yun-fat qui impegnato in una delle sue prove migliori ( nella parte di Huang e del suo sosia).
Let the bullets fly riesce a sorprendere ad ogni inquadratura, è uno spaghetti western in piena regola però delocalizzato in Estremo Oriente, un omaggio sentito e stilizzato che guarda soprattutto a Occidente in cui al volo delle pallottole è sostituito il rincorrersi delle parole e degli intrighi che continuamente cambiano gli scenari in campo.
Un omaggio di questo genere al nostro cinema del passato non può che far piacere.
( VOTO : 7 / 10 )
( VOTO : 7 / 10 )
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