I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.
lunedì 23 aprile 2012
May ( 2002 )
May può essere catalogato benissimo come horror ma a mio parere è più un apologo desolato su una solitudine angosciosa che getta le sue radici in un'infanzia chiusa e solitaria. I cui ritmi sono stati dettati da una madre che preferisce darle una bambola come amica piuttosto che farle frequentare amici reali.
Il suo piccolo difetto fisico, lo strabismo dovuto a un occhio "pigro", diventa un muro invalicabile su cui si infrange il suo isolamento.
May è timida, non ha storie sentimentali, agli occhi di chi è contatto con lei appare perlomeno strana. Lavora come infermiera in una clinica veterinaria e costruisce un amore immaginario anche solo vedendo e tampinando un bel ragazzo incontrato per caso e che comincia a frequentare.
Accade che la sua migliore amica, racchiusa in una teca di vetro venga un giorno fatta a pezzi da un gruppo di bambini non vedenti a cui lei fa da insegnante. Una scena resa con assoluto gusto del macabro dato che assimila questi bambini a un'orda zombi famelici. E dopo poco i suoi sogni d'amore colano a picco quando il ragazzo di cui vagheggiava e che è riuscito a conoscere, si tira indietro perchè lei le appare un po'troppo particolare per coltivare una relazione.
A questo punto si scatena la furia di May che cerca di portare a termine il suo folle piano di costruirsi un amico vero in un crescendo horror rosso sangue.
L'esordio al cinema del talentuoso ma allora abbastanza acerbo Lucky McKee è un film piuttosto lineare su un emarginazione fisica ed emotiva dolorosamente volontaria e sui tentativi che fa la giovane May, giovane donna ma di fatto rimasta con la psiche infantile distorta da una madre anaffettiva, di crearsi una vita sociale.
La ragazza di fatto è cresciuta in una sorta di dimensione alternativa e non è in grado di riconoscere quello che la gente prova per lei.
E questo vale sia per la sua collega che sembra innamorata di lei(una stavolta mora Anna Faris) sia per il velleitario film maker di cui si invaghisce.
May non avendo mai avuto esperienza in merito, non è in grado di gestire i suoi rapporti con le persone. E risulta per loro "weird". Cioè strana, ma con connotazioni negative.
Se una cosa possiamo imputare al film di McKee è l'appena abbozzata crescita drammaturgica del personaggio principale la cui follia si abbatte come un ciclone sulla parte finale del film lasciando però diversi interrogativi.
Già dall'inizio vediamo che c'è subito qualcosa che non va in lei, è evidentemente disturbata, una spietata macchina di morte racchiusa in un corpicino fragile. Si presagisce fin dall'inizio che il suo furore distruttivo prima o poi verrà fuori.
May di fatto è caratterizzata solo in base alla sua infanzia e a un presente avaro di soddisfazioni ma il film è sostanzialmente privo di quei segni sottilmente inquietanti che progressivamente creano un'atmosfera malata.
Un altro dubbio che mi è rimasto dopo la visione riguarda il suo feroce piano: era già tutto stabilito nella sua testolina malata o è solo la rottura della bambola che fa precipitare le cose?
Semplificando potremmo dire che May è la sorella che la Carrie di Stephen King non ha mai avuto mentre le figure delle rispettive madri sono abbastanza sovrapponibili facendo la tara alle suggestioni religiose che nel film di McKee non ci sono.
May può essere assimilata anche a un'altra figura dell'immaginario kinghiano, quell'Annie fan compulsiva di romanzetti d'appendice protagonista di Misery non deve morire in cui la follia scoppiava al contatto con il suo scrittore preferito.
E mi piace pensare a lei anche come alla proiezione al femminile del protagonista di The Driller Killer di Abel Ferrara.
Strepitosa la protagonista, Angela Bettis, vero e proprio feticcio della filmografia di McKee e per stomaci forti il finale in cui questa dottoressa Frankenstein apocrifa cerca di portare a termine il suo folle piano, dopo aver perso la sua bambola, usando (letteralmente) le persone con cui è venuta a contatto.
Però ritorna l'ossessione della vista. Il suo nuovo amico non vede, non la può vedere.
Quel dannato occhio pigro da cui è forse scaturito tutto.
Zac!
( VOTO : 7+ / 10 )
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Ce l'ho ancora lì da vedere, e non vedo l'ora.
RispondiEliminaMcKee sta guadagnando sempre più punti in casa Ford.
eh eh anche in casa mia dopo le ultime visioni a raffica ne ha acquistati proprio tanti!
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