Un film come questo è la misura aritmetica della distanza enorme che intercorre tra il cinema italiano e quello francese. Soprattutto nella caratterizzazione di un mondo così ricco di sfumature come quello degli adolescenti in mezzo al guado tra essere bambini ed essere qualcosa d'altro.
Nel nostro cinema il guru di questo tipo di descrizoni è il factotum 47enne Federico Moccia .Ripeto 47enne, figlio di cotanto papà , probabilmente un'adolescenza non l'ha mai vissuta e oggi pontifica sui giovani d'oggi con le sue frasette ad effetto (chiamarle aforismi è un sacrilegio) e la sua cinepresa rivolta a un mondo che non c'è con adolescenti di cartone figli di un talent show, ma forse figli più di qualche film di fantascienza.
Un po' come Alberoni che parla ancora di sessualità alla sua veneranda età ultraottugenaria attingendo solamente al suo libro dei ricordi di decenni fa, memorie ormai stinte dal tempo che è trascorso.
Riad Sattouf , 32enne disegnatore di fumetti invece si immerge nel mondo dell'adolescenza vera, quella popolata di sfigatelli in affannosa ricerca della popolarità presso i coetanei e in parallelo della prima esperienza sessuale(che a quell'età contribuisce e molto a fare immagine) .
La scuola è un campo di battaglia sentimentale in cui le storie nascono e muoiono nel corso di una lezione a scuola, un'arena in cui competere gli uni con gli altri, in cui conta più quello che sembri, non quello che sei.
Il protagonista è Hervè, nerd con apparecchio ai denti che ha una pericolosa tendenza a ricevere di continuo due di picche da parte delle ragazze.
Fino a che Aurore, una sua compagna di classe gli mette gli occhi addosso anche a rischio di far finire l'amicizia strettissima tra Hervè e Carmel, arabo metallaro ( sente Satana più vicino di Allah) con cui si parla solamente degli argomenti più scottanti come ragazze, sesso, pornografia, esperienze sessuali(sognate).
Il tutto con assoluta leggerezza, senza morbosità e con un'ironia contagiosa(fenomenale quando Carmel presta a Hervè la sua rivista "proibita", il reparto lingerie di un catalogo francese equiparabile ai nostri Postalmarket o Vestro).
Oltre a descrivere in modo così realistico il mondo adolescenziale da dentro, Sattouf ne ha anche per i genitori: le famiglie sono ristrette e i genitori brillano per assenza oppure quando ci sono ( la madre di Hervè) sfiorano l'invadenza. Sono come degli adolescenti per i quali la carta d'identità mente, hanno i loro problemi di depressione, di solitudine, il bisogno di comunicare con qualcuno.
Come è efficace la galleria dei genitori è addirittura esilarante quella dei professori: una proiezione al futuro dei tipi antropologici presenti tra i banchi di scuola.
In questo film appare facile, quasi ovvio richiamarsi a Truffaut: questi adolescenti mi sembrano i bambini della classe nel film Gli anni in tasca, con un linguaggio aggiornato e modi di fare perfettamente ancorati al nuovo millennio.
Intanto i ragazzi del tempo delle mele ora sono diventati genitori.
Sattouf sicuramente ha guardato il film di Pinoteau ma è andato oltre, stando al passo con i tempi e levando la patinatura di quei tanto bistrattati anni '80.
Inoltre non ha alcuna pretesa sociologica, non vuole pontificare su questi giovani, li racconta semplicemente nel modo più realistico possibile, sorridendo non di loro ma con loro e catturando la loro spontaneità come meglio non si potrebbe.
Esattamente come Truffaut.
Non racconta una vicenda vera e propria(perchè la storia di Hervè è comunque un divenire continuo) ma racconta un'atmosfera, un microcosmo fotografato nelle sue contraddizioni, un gruppo di ragazzini che incanta e tiene incollati allo schermo.
Nulla di patinato.
Lezioni di vita reale.
A scuola. (21/12/2010).
( VOTO : 7,5 / 10 )
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