I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

domenica 12 febbraio 2012

Dolce è la vita ( 1990 )

Il terzo film di Mike Leigh per il cinema è incentrato sulle vicende di una tipica famiglia della middleclass inglese con due genitori che lavorano e due figlie, gemelle ma diverse con tutto il loro bel bagaglio di insoddisfazione. L'asse trainante di tutto è la madre, Wendy, una fabbrica di ottimismo e di sorrisi alla vita, incrollabile nonostante le avversità che mano mano le si presentano. Andy il marito, lavora come un mulo e si lascia trasportare in un impresa donchisciottesca da un suo amico. Compra una roulotte scassata e tutta arrugginita per sistemarla e vendere hot dogs e chips da ambulante. Le figlie sono invece in preda a crisi adolescenziale: Natalie, mascolina fa l'aiuto idraulico e proprio come un maschiaccio va a giocare a biliardo al pub bevendo generose pinte di birra, mentre Nicola ha un aggettivo dispregiativo pronto per tutti quelli che la circondano e butta alle ortiche quella che potrebbe essere una storia d'amore con il suo ragazzo. Del resto ha pratiche sessuali piuttosto particolari e considera tutti gli uomini dei violentatori. Altri personaggi orbitano attorno a questo microcosmo che si segnala per un antithatcherismo militante, per un linguaggio il più delle volte greve, per una descirzione d'ambiente minuziosa così come è da entomologo lo sguardo che ha Leigh su tutto quello che si agita sotto la superficie nella famiglia di cui ci sta amabilmente parlando.
Una famiglia senza soverchi problemi economici che deve essere più unita del solito per superare le traversie che il destino oppone. A mio parere mai il cinema di Mike Leigh è stato così vicino a quello di Ken Loach anche se è maggiormente evidente la rabbia con cui quest'ultimo parla di disagio sociale e di politica (fallimentare) thatcheriana.
Leigh è, per così dire, più riconciliato, con uno sguardo più ottimista, forse meno attento in questo film a quello che  succede attorno alla famiglia rispetto a quello che accade tra le quattro mura domestiche.E', se possibile, più comprensivo e affettuoso per i propri personaggi che quasi sembrano comporre una famiglia da sit com , una famiglia non ristretta o disfunzionale ma se possibile allargata e che fa sorridere perchè , a parte Natalie, sempre ottimista e con la battuta di spirito pronta. Gli attori sono splendidi catturati in tutta la loro spontaneità. La fotografia iperrealista avvinghia al film caratterizzato da ironia sprezzante e qualche trivialità tipica della chiacchiera in libertà al riparo da orecchie indiscrete.Una sorta di slang failiare insomma..
Nel film partecipano in parti più sfumate anche attori che poi avrebbero lavorato ancora con Leigh ( Timothy Spall e David Thewlis) e c'è spazio anche per l'attore feticcio di Neil Jordan ( Stephen Rea).
E'un film scomparso dai palinsesti televisivi, neanche reperibile con i sottotitoli in italiano nonostante io avessi già visto una quindicina d'anni fa una versione doppiata in italiano. Altra curiosità:nel Mereghetti 2011 la scheda critica è totalmente cambiata rispetto al Mereghetti del 2008 passando da due stelle al pallino vuoto della delusione.
E c'è anche un accostamento all'ultimo film di Mike Leigh, quell'Happy-Go-Lucky che non sembra aver poi detestato come sembra che ora detesti questo....(15/12/2010)

( VOTO : 8 / 10 )

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