I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

lunedì 20 febbraio 2012

The Foul King ( 2000 )


Dae Ho è un grigio bancario dalla vita modesta che è abituato a essere prevaricato sia nella vita privata che al lavoro.
Il capufficio lo tiranneggia con la sua presa headlock, i colleghi lo considerano poco più di tappezzeria, è innamorato naturalmente non ricambiato di una bellissima collega.
Il suo destino è quello di essere un perdente sempre e comunque.
E lui è tranquillo nella sua mediocrità, comunque rispettoso delle regole ,privo di quella personalità che gli permetterebbe di emergere in una società votata alla sfrenata competizione come quella coreana.
Finchè una sera per riuscire a evadere dalla presa headlock del suo nerboruto capufficio, decide di riprendere una sua vecchia passione di gioventù , il wrestling, in una palestra un pò sfigata della periferia in cui ha la possibilità di mettersi in luce più per caso che per propria bravura.
Perchè al suo maestro per combinazione serve un wrestler che sia bravo a usare trucchi e imbrogli per vincere. Come l'idolo di Dae Ho.
Ed ecco creato The Foul Kingil re delle scorrettezze ma anche il re immondo, un'ambivalenza perfetta per spiegare il personaggio mascherato dietro cui si nasconde il tenero ed inesperto Dae Ho.
Forse è proprio quella maschera che gli permette di essere un altro uomo, infinitamente più coraggioso di quello a volto scoperto( si veda la dichiarazione abortita d'amore alla collega che neanche lo vede, non casualmente fatta indossando la maschera ma non celando la propria identità).
E sul ring se ne vedranno delle belle.

The Foul King è un film veramente esilarante a una lettura immediata la cui storia riecheggia anche nello sbilenco  Super Nacho di Jared Hess, pellicola divorata letteralmente dalla fisicità debordante di Jack Black.
Se si ha l'ardire di leggere che cosa c'è appena dietro la facciata comica di uno spettacolo veramente ben congegnato, in filigrana  traspare una forte critica politica per l'arrivismo della società coreana improntata all'individualismo più selvaggio che se non altro smaschera quel senso di solitudine alienante che caratterizza la competizione in cui l'unica cosa importante è vincere e non partecipare.
Quindi il ring come palestra di vita , strumento di crescita ma stavolta siamo dalle parti della burla perchè non si parla di noble art ma di un qualcosa che è la caricatura di uno sport: il wrestling, sublime arte del tarocco, a cui serve addirittura una sorta di sceneggiatura concordata tra i manager degli sfidanti per far andare a buon fine lo spettacolo.
Dae Ho dopo il primo attimo di sbandamento accetterà di buon grado il suo ruolo in un combattimento in cui finalmente acquisterà la consapevolezza di quello che vale.
Ma solo per prepararsi all'ultimo sberleffo da perdente cronico.

La regia di Kim Ji Woon è funambolica nei combattimenti e riesce sempre nel tenere la comicità un passo indietro rispetto alla demenzialità pura.
In tutto questo è aiutato dal grande lavoro dell'allora 23enne e asciuttissimo Song Kang-ho, qui al suo primo ruolo da protagonista, ottimo nel tratteggiare il suo personaggio di perdente e incredibilmente a suo agio come wrestler anche nelle mosse più ardite girate rigorosamente senza stunt.
The Foul King è stato un grande successo al box office coreano e ha permesso di far decollare le carriere di Song Kang-ho, oggi forse IL divo del cinema coreano e di Kim Ji Woon, uno dei registi più dotati della new wave coreana.
Con The Foul King è nata una stella. Anzi ne sono nate due.

( VOTO : 7, 5 / 10 )

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