I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.
domenica 18 marzo 2012
Il cavallo di Torino ( 2011 )
L'apocalisse soffia e sbuffa nascosta nell'occhio della tempesta, impressa nello sguardo atterrito di un cavallo da tiro allo stremo delle forze che cerca di fuggire assieme al suo carro pesante come un macigno e ai suoi padroni da un ultimo avamposto umano alla frontiera del nulla.
Il cavallo di Torino è un posto in prima fila per vedere da vicino l'implosione definitiva del mondo che a malapena conosciamo, è una donna minuta e coperta di stracci che si curva in avanti per resistere alla furia del vento, è un uomo che passa ore e ore davanti a una finestra come per esorcizzare la paura di quello che sente accadere, è il freddo che entra fin dentro le ossa ammuffite vecchie e giovani, è un bicchiere di palinka bevuto per triste consuetudine o forse per esorcizzare solo il gelo che si sente crescere dentro, è il buio appena rischiarato da una luce fioca, una rapsodia in nero destinata fatalmente a ingoiare tutto, anche le ultime parole prima del silenzio definitivo.
Tutto si spegne, sparisce da un giorno all'altro l'acqua, il cavallo non ne vuol sapere di muoversi( forse la sequenza più bella e intensa di questo film ma la scelta è veramente ardua), i gesti quotidiani si ripetono sempre più mestamente ,dalla vestizione al pasto frugale che consiste in una patata cotta sulla stufa.
Se qualcuno pensasse che il cinema è un'arte minore rispetto ad altre espressioni, le opere di Bela Tarr sono la risposta perfetta per scacciare ogni dubbio.
Le sue immagini potenti ed evocative, l'uso di un bianco e nero molto contrastato che acquista quasi colore per la molteplicità di sfumature di grigio che esso racchiude, la dilatazione delle sequenze, il parco utilizzo dei dialoghi fanno di questo e degli altri film del maestro ungherese dei pezzi unici di videoarte sequenziale davanti ai quali non si può che restare strabiliati e ammutoliti allo stesso tempo.
L'apocalisse nel cinema di Bela Tarr è qualcosa in più di una semplice sensazione: incombe in ogni pianosequenza proprio perchè raffigura in modo magistrale, pittorico, un frammento di pianeta inospitale.
Tarr è fuori dal nostro tempo, sembra quasi non accorgersi che tutto sta cambiando attorno a lui.
Il suo cinema (e questo film in particolare) racconta una volta ancora di quel misero essere che è l'uomo, granello di sabbia nel deserto, che deve combattere la furia primigenia degli elementi naturali.
Ed è costretto a soccombere.
Il cavallo di Torino è un disagio da portarsi dentro ben oltre i titoli di coda.
E' la consapevolezza che la fine di tutto è sempre più vicina.
( VOTO : 10 / 10 )
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Sono di corsa, ma un sì grosso come una casa ci sta. Sì, questo film è la fine. Di qualunque cosa si possa pensare.
RispondiEliminaSe ho conosciuto più a fondo Bela Tarr lo devo molto anche a te. Lo conoscevo ma mi faceva parecchia paura, il tuo entusiasmo mi ha contagiato e ho deciso di provare l'esperienza.E ho Satantango che mi aspetta da San Silvestro del 2011 sull'hard disk del videoregistratore...
RispondiEliminaaaah grande, ti sei registrato il passaggio di Fuori Orario... non avere fretta, quando avrai una giornata libera ti metti lì e ti prepari ad entrare in un altrove.
RispondiEliminaeh eh quando l'ho messo a registrare c'era mio cognato e la mattina dopo quando mi sono alzato mi ha chiesto che caz... di film mi ero registrato perchè oltre ai titoli di testa sette ore dopo aveva beccato anche i titoli di coda...la giornata libera la devo assolutamente trovare, mi barrico ermeticamente ed entro nell'altrove.
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