I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.
venerdì 16 marzo 2012
Post mortem ( 2010 )
L'orrore nasce dalla Storia.
Mario ( Alfredo Castro,attore favoloso) è un moderno amanuense: trascrive i referti delle autopsie.
Uno scriba totalmente svuotato di personalità e di sentimenti, almeno all'apparenza.
Ma si sa che l'apparenza inganna: questo misero ometto di mezza età, una specie di Jean Pierre Leaud in acido con tanto di similcaschetto biondo,si invaghisce della sua vicina, ballerina in un locale di quarto ordine, di impressionante magrezza.
E lei sembra gradire la corte di questo Don Giovanni avvizzito dagli anni e dalla solitudine.
Mario ama Nancy ma lei non lo ama. Lo usa e basta. E questo le costerà caro.
Siamo in Cile nel 1973, la rivoluzione gentile di Allende è stata appena soffocata nel sangue, i militari hanno preso il potere e l'ospedale dove lavora Mario si sta riempiendo sempre più di cadaveri.
Ma ora Mario ha una posizione.
Dopo il marciume morale del Cile del '78 descritto nell'ossessivo Tony Manero, Larrain ritorna ancora più indietro e si ferma alla radice di tutto il male della storia recente del Cile: l'avvento di Pinochet.
Idealmente sul tavolo anatomopatologico porta tutta una nazione dando una lezione di cinema politico dal basso della sua giovanissima età.
Lui nel '73 non era ancora nato.
Nessuna tesi scomposta da dimostrare, nessuna vendetta politica da consumare, la sua cinepresa come bisturi affonda nel ventre marcio di un tessuto sociale scompaginato, fatto di martiri del regime militare, di una ferocissima dittatura amministrata da un esercito sanguinario e di molti fiancheggiatori rimasti nascosti per paura o per convenienza.
Mario è il volto di questo popolo connivente che è laterale al potere.
Post mortem è il dietro le quinte della genesi di una dittatura, la storia di un misero funzionario si congiunge con la Storia scritta nei libri e affidata ai posteri, il privato che si congiunge con il pubblico.
Mario assiste anche all'autopsia di Salvador Allende, un omicidio derubricato a suicidio, una sequenza magistrale in cui l'anatomopatologo lotta con la propria coscienza così come Mario che non riesce neanche a scrivere quello che sta dicendo il medico.
La cinepresa di Larrain non arretra neanche di fronte ai cadaveri impilati gli uni sugli altri che vengono portati via con un carrello. Il suo è un cinema che ha una cifra stilistica immediatamente riconoscibile, livido, senza colore come il mondo inospitale di Tony Manero o come la sala necroscopica che vediamo in questo film.
In Post mortem allo spettatore è sottratto anche il momento della rivoluzione, della violenza, degli omicidi ad opera dei militari.
Solo grida e rumori soffocati sentiti da dentro una doccia.
Non una goccia di sangue.
Perchè i cadaveri non sanguinano.
( VOTO : 8,5 / 10 )
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La scena finale, ossessiva, interminabile, tutta su un piano sequenza, è una delle più angosciose che abbia mai visto in vita mia...
RispondiEliminaVerissimo,degna conclusione di un film che ti trasmette un'angoscia che non se ne va nemmeno dopo i titoli di coda...
RispondiEliminaGrande rece Emidio.
RispondiEliminaS', credo anche io che l'identità tra la materia trattata, la morte e le autopsie (anche metaforiche) e lo stile del film, asettico e senza coinvolgimento emotivo, siano il punto di forza del film.
Forse hai esagerato in quel "omicidio derubricato a suicidio", dovresti almeno lasciare il dubbio perchè leggendo più fonti sembra proprio che sia stato riconosciuto ufficialmente come suicidio (anche dopo recente riesumazione), la stessa famiglia pare averlo accettato.
Certo non c'è sicurezza ma sei stato troppo complottista :) :)
Comunque sempre di suicidio indotto, simile all'omicidio bisognerebbe parlare