The theatre bizarre è la riproposizione nel nuovo millennio di quel particolare genere che era l'horror a episodi, diciamo che rappresenta oggi quello che sono stati i due Creepshow negli anni '80 .
Vari registi della scena impegnati a dare il massimo in poco tempo.Un po' come fare una miniriedizione del televisivo Masters fo Horror.
Gli episodi sono 6 più una cornice che li lega e conclude il film per una durata che sfiora le due ore complessive.
L'episodio che introduce gli altri si chiama Theatre Guignol , è diretto da Jeremy Kasten e come dice il titolo è ispirato al Grand Guignol: una ragazza entra in un teatro spettrale con dei manichini che sembrano provenire dalle viscere dell'inferno e un maestro di cerimonie ( manichino anche lui) che ha le fattezze inquietanti di Udo Kier le mostra le varie fasi dello spettacolo. Atmosfera da incubo perfetta per introdurre gli altri episodi e poi assumere vita propria nel finale ( voto 6,5 /10 ).
Analizziamo gli episodi uno per uno:
1) The Mother of Toads di Richard Stanley: da un regista cult come lui ci si aspetta sempre il meglio ma stavolta purtroppo non è così.
Sarà l'ambientazione europea che è fuori delle sue corde.
Una coppia di giovani turisti americani compra degli orecchini con il simbolo del Necronomicon di Lovecraft da una strana donna(nientepopodimeno che Catrion Maccall, la musa di Lucio Fulci): il ragazzo per saperne di più va a casa sua e viene sedotto da lei che in realtà una strega. Rospi a profusione in una fiaba gotica che in realtà funziona poco perchè scarsamente originale. E stavolta non basta baciare un rospo per farlo diventare un principe. Considerando il pedigree del regista è molto deludente ( voto 5 / 10 ).
I love you di Buddy Giovinazzo è un melò liofilizzato in pochi minuti che gradualmente cambia pelle divenendo prima un gioco al massacro metaforico e poi terribilmente reale sfociando nell'orrore puro. Progressione drammaturgica impeccabile sul filo di dialoghi di violenza psicologica inaudita, regia volitiva pure se costretta in due ambienti, due attori ( Andrè M. Hennicke e Suzan Anben ) che riescono a colorare i loro personaggi con poche, precise pennellate. Forse l'episodio migliore del film ( voto 7+ / 10 ).
Wet dreams di Tom Savini: Il buon Tom non ha bisogno di presentazioni ma diciamo anche se probabilmente è più bravo con gli effetti speciali che in regia . Qui si presta sia dietro che davanti la macchina da presa in un corto onirico in cui il protagonista ha incubi che finiscono sempre con la sua castrazione brutale. Tra incubo e realtà, Savini si regala la parte dello psicoterapeuta presso cui è in cura il protagonista. E se solitamente nei gialli l'assassino è il maggiordomo, negli horror e nei thriller quello meno sano di mente è proprio lo psicoterapeuta che riesce a entrare nei sogni degli altri e a dirigerli a piacimento proprio e di quello della moglie. Dopo Inception i sogni nei sogni non sono stati più gli stessi.
Wet Dreams è un qualcosa che dà l'idea di parecchio potenziale inespresso perchè compresso tutto in pochi minuti. Qualche sequenza piuttosto shockante( una vagina a forbice) ma non brilla particolarmente perchè in realtà le sorprese sono pochine e si capisce subito l'andazzo ( voto 6 / 10 ).
The Accident di Douglas Buck: una bimbetta mette in difficoltà la madre con domande inerenti il concetto di morte: Questo perchè hanno assistito da poco a un incidente mortale tra un cervo e un motociclista terminato con il decesso di entrambi. Episodio evocativo, d'atmosfera ma sostanzialmente un bell'involucro abbastanza vuoto perchè a una bambina di cinque-sei anni non puoi rispondere come vorresti. Più che un horror una meditazione sul concetto di morte. Ecco, se il cervo non fosse sembrato una specie di Trudi animatronico col suo aspetto un po' troppo peluchoso sarebbe stato meglio ( voto 6 + /10 ).
Vision Stains di Karim Hussain: una strana individua si droga mediante le visioni immediatamente prima della morte di vittime solitarie da lei scelte e drogate appositamente per poi prelevare umor acqueo dal loro occhio( che pare sia la sede delle ultime visioni prima di morire) appena prima di iniettarselo nel proprio occhio. Ossessione già piuttosto frequentata al cinema sia sotto forma di paura fissata attraverso una cinepresa appena prima di morire ( L'occhio che uccide) , sia attraverso la tecnica della tanatografia ( Imago mortis). Impressionante quando la siringa perfora la cornea, per un episodio sul filo dell'eccesso e positivo proprio per questo. La regia indugia in ambientazioni squallide che sono il riflesso speculare di quello che si trova nell'animo di questa persona affamata di una droga molto particolare. Soluzione abbastanza scontata ( voto 6,5 / 10 ).
Sweets di David Gregory parla di bulimia: una coppia ormai sul punto di scoppiare ricorda i propri momenti felici in cui più o meno entrano sempre dei dolciumi usati come collanti di coppia. Da Greenaway( Il cuoco, il ladro sua moglie e l'amante) a Society -The horror di Bryan Yuzna passando attraverso La grande abbuffata di Ferreri , il corto di Gregory si segnala oltre che per i riferimenti piuttosto "alti " per il genere soprattutto per una fotografia ipercurata e per un'atmosfera decisamente malata che insiste parecchio sul binomio cibo/ morte. Non male ma lontano dalle fonti ispiratrici ( voto 6,5 / 10 ).
A conti fatti l'unico scivolone è quello di Stanley: la qualità artistica è livellata verso l'alto e stupisce che questo film su imdb.com abbia un voto così basso.
The Theatre bizarre nel suo piccolo è un ottimo esempio di quale sia lo stato dell'arte odierno in un genere che ultimamente piuttosto parco di originalità.
Anche qui di novità ce ne sono pochine, anzi sembra proprio che questo film con la sua aria retrò voglia nascondere la sua epoca di provenienza.
( VOTO : 6 + / 10 )
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