I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

giovedì 2 agosto 2012

The Way Back ( 2010)

A Peter  Weir  va riconosciuta  l'indubbia dote del senso dello spettacolo anche da parte del detrattore più accanito.
E' capace di essere epico ma non retorico, sublime narratore dallo stile classico che si è sempre ben districato tra storie eteree sospese tra realtà e leggenda e vicende ben più terragne con personaggi che fanno del machismo la loro cifra dominante( vedi Master & Commander).
Per dirla in una frase sola Weir è uno dei pochi registi attuali capace di sfornare opere che raccontino storie larger than life, uno che dirige film che nascono già classici e che hanno poco in comune con il resto del tetro panorama cinematografico odierno.
Insomma uno dei pochi oggi in grado di fare uno di quei filmoni che si facevano una volta.
Magari è meglio non scomodare un Lean o un C.B. de Mille che facevano della grandeur la cifra stilistica dominante ma lo accosterei  al Franklin J. Shaffner di Papillon o perchè no, al John Huston de L'uomo che volle farsi re o Il vento e il leone, registi  che, pur presi da esigenze commerciali hanno saputo conferire afflato epico al loro cinema.
Ecco magari Weir ha avuto una carriera differente ma il paragone era giusto per rendere l'idea.
The Way Back è la storia di una (grande) fuga da un gulag siberiano, un percorso di molte migliaia di kilometri in direzione sud fino ad oltrepassare l'Himalaya e arrivare finalmente in India.
Il tutto passando attraverso condizioni climatiche proibitive e stando ben attenti a non farsi scoprire dalle popolazioni locali che li consegnerebbero ai comunisti.
Vedendo il logo National Geographic campeggiare sui titoli di testa ho avuto paura di vedere il solito documentario anche un po'stucchevole in cui la cura formale nel riprendere paesaggi e scenari naturali selvaggi oltre che levigatezza della fotografia si sarebbero abbattute con furia distruttiva sul film, radendo al suolo l'idea di cinema di Weir.
E invece non è così: sopratutto nella prima parte, quella del terribile inverno siberiano i paesaggi maestosi sono un corollario importante ma mai dominante sulle storie dei vari personaggi che ci vengono raccontate cammin facendo: la statura dei personaggi vien fuori così come lo sguardo curioso di Weir che dà sempre l'idea del pellegrino errante alla ricerca di nuovi mondi, lui che si era fatto conoscere per una descrizione nitida e inquietante allo stesso tempo del misterioso outback australiano.
Tratto dal romanzo autobiografico The Long Walk di Slawomir Rawicz ( che pare non fosse così aderente a fatti realmente accaduti ) Weir racconta la storia di uomini veri in cerca del bene più prezioso: la loro libertà.
E per arrivarci si dimostrano più duri delle privazioni che affrontano, capaci di vincere allo stesso modo il gelo siberiano e il deserto mongolo.
Si scivola nell'esotismo cartolinesco solo nel finale in cui si avverte una certa fretta nel portare a termine questa passeggiata di oltre 6 mila kilometri, dopo quasi due ore e un quarto di film.
Una cosa che non mi ha convinto è il casting: non tanto il lavoro degli attori perchè sono stati tutti notevoli nelle loro rispettive parti con una nota di merito per il misterioso Mr Smith di Harris.
Avrei però preferito facce sconosciute per un film come questo in cui bisogna avere una sorta di empatia per quello che si vede per non parlare di immedesimazione: ecco vedere attori così conosciuti ( Farrell, Harris, Sturgess ecc ecc ) impedisce di fatto la chiusura di questo circuito ( corto ) che permetta di abbandonarsi senza remore a quello che si sta vedendo.
Quelle sono facce viste in troppe altre occasioni ( e ruoli) per essere totalmente credibili nei panni dei prigionieri di un gulag siberiano.
Notazione triste: The Way Back è un film del 2010 che ha vagato a lungo tra festival di ogni sorta prima di trovare una distribuzione decente ( in Italia da luglio di quest'anno mandato al massacro in poche , volenterose sale ) . Se ne deduce che il classicismo militante di Weir ( e di altri) al cinema sta passando di moda, sostituito dal nulla imperante.

The Way Back è comunque un film orgogliosamente anacronistico in questi tempi di commedie usa e getta.
Anche  solo per questo la visione è consigliatissima.

( VOTO : 7,5 / 10 )  The Way Back (2010) on IMDb

4 commenti:

  1. Concordo in pieno.
    Su Weir e su questo ottimo film.

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  2. sempre in sintonia...o quasi! Weir è un grande regista!

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  3. Neanche una parola su Saoirse Ronan? Per me è la sua interpretazione migliore.

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  4. mi è sembrata un po' troppo bellina per essere una profuga ma per lei vale il discorso fatto per gli altri: per il mio gusto erano facce un po'troppo note per immedesimarsi fino in fondo nella storia...

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