I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

giovedì 14 giugno 2012

Le nevi del Kilimangiaro ( 2011 )

Adoro Guédiguian.
Lo adoro fin da prima che riuscissi a pronunciare correttamente il suo nome.
Il ricordo è quello di un film visto a una rassegna un po'sfigata ( che infatti dopo qualche anno ha chiuso i battenti assieme al cinema in cui era programmata), una storia d'amore sui generis, Marius et Jeannette, sullo sfondo per me inedito dei vicoli e del porto di Marsiglia .
E poi ho ancora nel cuore quello che per me è il suo film più bello, La ville est tranquille  con ancora Marsiglia a fare da sfondo a storie di umana disperazione.
Molti accostano Guédiguian a Loach e sarà pure vero che ci sono alcuni punti di contatto: raccontano entrambi il proletariato, la lotta di classe , il disagio sociale ma mentre il regista inglese non ha un punto di riferimento geografico fisso nella sua Inghilterra, il cineasta francese racconta soprattutto Marsiglia, il suo porto, le sue contraddizioni.
Cosa che succede anche in questo Le nevi del Kilimangiaro, storia del sindacalista Michel che estrae dal bussolotto il suo nome assieme a quello di altri suoi 19 compagni di lavoro al porto che devono essere messi sotto cassa integrazione. Gli è parso il metodo più giusto stabilire tutto a sorte.
Michel è una figura di proletario idealista, incapace di prendere vantaggio dalla sua posizione, vive una vita serena nonostante tutto (anche la mancanza del lavoro) con la moglie Marie Claire e circondato dai suoi nipotini.
Parenti e amici alla festa del loro anniversario regalano loro due biglietti per un viaggio in Kenya e una cassettina piena di soldi per le spese accessorie. Michel ha invitato i colleghi di lavoro, soprattutto quelli che lo hanno perso come lui, anche se qualcuno lo conosce a malapena. La solidarietà, suppongo.
Una brutta sera Michel e Marie Claire vengono rapinati da due figuri che sanno benissimo dell'esistenza della cassetta coi soldi.
E qui cominciano i dubbi di Michel : perchè scopre chi ha fatto il furto, lo denuncia ma poi scoprendone la condizione sociale disagiata cerca di fermare tutto.
Però la macchina della giustizia è già partita.
I dubbi vengono al vecchio socialista di stampo ottocentesco ( non a caso il film è ispirato a Les pauvres gens di Victor Hugo) quando vede le conseguenze del suo gesto: se le colpe dei padri ( o dei fratelli maggiori) non devono ricadere sui figli o sui bambini che compongono un nucleo familiare, allora Michel ha sbagliato nel tirare a sorte chi doveva andare in cassa integrazione.
Il proletariato del resto è incapace di farsi classe sociale e lui con la sua casetta, i suoi nipoti e una certa tranquillità economica visto che è alle soglie della pensione, è diventato un piccolo borghese rammollito e non più un lavoratore pronto alla lotta.
Stavolta Guédiguian  parla nuovamente  di lavoro ( e di Marsiglia) ma forse lo fa con toni meno accesi, il suo realismo si tinge di favola in una finale consolatorio ma non ruffiano , rispolverando il vecchio concetto di solidarietà umana prima che sociale.
Il suo cinema sempre orgogliosamente uguale a se stesso (e sintomatica in questo senso il voler lavorare sempre con lo stesso cast di volti familiari e sempre con la stessa troupe)  stavolta sembra più riconciliato, la fotografia privilegia i toni caldi quasi a voler avvicinare la vicenda raccontata a una bella favola da raccontare.
In questo senso possiamo addirittura avvicinare questo film  alla fiaba di Miracolo a Le Havre .
Guédiguian e Kaurismaki, due cineasti agli antipodi per tante cose, probabilmente non sono mai stati così vicini.
Le nevi del Kilimangiaro è la storia del proletario vecchio stampo Michel che cerca di adeguarsi ai mala tempora che stanno arrivando.
Il regista marsigliese come al solito si proietta amorosamente nei suoi personaggi , probabilmente anche lui e il suo cinema vecchio stampo si sentono inadeguati al tempo che sta scivolando via.
Tra le tante sequenze da ricordare mi piace indicarne due: la scoperta, dolorosa, da parte di Michel dell'identità del suo rapinatore (e della sua situazione familiare) complessa e quella al bar in cui un giovane barista gioca con Marie Claire a suon di cocktail, long drinks e citazioni letterarie.
Jean Pierre Darroussin (presente anche nel film di Kaurismaki nei panni del commissario che aiuta il protagonista) e Ariane Ascaride sono due attori fantastici.

( VOTO 8 / 10 ) The Snows of Kilimanjaro (2011) on IMDb

4 commenti:

  1. questo mi manca, i precedenti sono film che all'uscita del cinema sei contento di non essere rimasto a casa.

    questo lo recupero:)

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  2. Sono di parte con Guediguian ma credo che questo film debba essere recuperato un po' da tutti. E' un film che imbocca la strada del realismo gentile e non così arrabbiato ma mi sembra uno specchio abbastanza fedele dei nostri tempi...

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  3. Hai ragione in pieno, Guédiguian è un grande regista, e questo, forse, è uno dei suoi film meglio riusciti. Complesso, appena appena un po' buonista (perché, credo, Guédiguian ami i suoi personaggi alla follia), ma è anche una autocritica, un rendersi conto che la sua generazione ha fallito. Come sono votate al fallimento le nuove generazioni, ciniche e materialiste.
    Peccato che le sue opere in Italia incassino una miseria. Non me ne spiego la ragione.

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  4. Purtroppo in Italia tutti i film che escano fuori dal mainstream incassano una miseria, non solo lui. Manca il coraggio alla distribuzione, manca il coraggio agli esercenti per non dire dei multiplex che preferiscono ripetere i film della settimana precedente piuttosto che investire in nuovi titoli magari un po' più di nicchia...

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