A che ora era la fine del mondo?
Alle 4 e 44 ? alle 5 e 55 ? o alle 6 e 66?
No, forse l'ultimo numero vuol dire un'altra cosa , come lo chiamavano gli Iron Maiden, il numero della bestia?
Ordunque se siamo belli svegli in questo sabato di fine dicembre che ispira più aria di Quaresima che di Natale( 'tacci dell'IMU! ), se ancora ce l'abbiamo con il mondo intero, se la caponata di melanzane messicane ci è rimasta sullo stomaco da cui partono bruciori inenarrabili, se improvvisamente la nostra pelle ci sembra corta perchè il meteorismo intestinale impazza, allora vuol dire che siamo tutti qua a sentirci un po' più imbecilli di ieri perchè tutti si parlava di questa famigerata profezia dei Maya...
E se ora trovassero un'iscrizione in uno dei loro templi che dicesse:
" Oh...amo scherzato! che c'avete creduto davero?"
chissà perchè l'accento Maya che mi butta un po' troppo sul romanesco...
Del resto se anche Gerard Depardieu prenota per la sera del 21 un tavolo per 6 a Rennes Le Chateau, villaggio di meno di cento anime che la leggenda vuole che non possa essere distrutto da nessuna fine del mondo...noi non possiamo attrezzarci con tapas e cervezas per aspettare che tutto finisca?
Ci sentiamo un po' bruchi, vero?Si, quelli di cui parlava Lao Tse, il tizio che aforizzava " Quello che il bruco chiama fine del mondo il resto del mondo chiama farfalla".
oggi invece le farfalle ce l'abbiamo nello stomaco: ma sono al peperoncino di Cayenna, altro che fungo atomico, al massimo allucinogeno.
Allora veniamo al film di oggi, visto che qui ci piace parlare di cinema, anche se molto a pene di veltro: scelta puramente simbolica visto che il giorno del risveglio dopo essersi sfondati il fegato con la cucina messicana in onore alla profezia dei Maya ( che chissà, da qualche parte si staranno facendo quattro grasse risate per averci preso per il culo..) sarà con la spiacevole sensazione di essersi pappati un rattus norevegicus compreso di coda e che si sia fermato tutto di traverso nell'esofago.
The day after è il classico filmone paratelevisivo didattico/educativo che all'epoca fu anche proiettato nelle scuole, mondato delle parti più "forti" ( a dire il vero anche un po' ridicole a rivederle dopo quasi trenta anni).
Addirittura dalle mie parti fu l'ultimo film proiettato da un cinema prima della sua chiusura definitiva . Insomma un The day before.
Il film di Nicholas Meyer parla di una catastrofe atomica che si abbatte sugli USA e in particolare su un piccola parte del Missouri vicino Kansas City ( credevate che Kansas City era nel Kansas, eh ? e invece no,è divisa in due dal fiume Missouri e il pezzo più grande della città non sta in Kansas, anzi esistono due Kansas City divise da un fiume, verba volant, wikipedias manent).
L'effetto, credo voluto, è quello della soap, c'è un collage di varie storie , da buon patito di Romero c'è da dire che l'ultima parte del film è molto romeriana, sul post apocalittico andante e a distanza di anni sembra ancora la più efficace.
The day after ricostruisce un dopo bomba atomica in modo realistico e per questo sembra molto più vicino a noi di quanto possano essere le storie vere delle bombe di Hiroshima e Nagasaki che abbiamo sempre sentito raccontare ma forse visto poco.
Invece quel fungo atomico che campeggia sulla locandina dice molto di più di tutto il sentito dire.
Alla faccia delle duemiladodiciate emmerichiane nonostante effetti speciali che cominciano a mostrare i segni del tempo che passa, The day after è un film che ha raccontato un qualcosa che all'epoca sembrava che stesse lì lì per accadere.
Altro che profezia dei Maya.
Altro che cena messicana superpiccante per andarsene da questo mondo infame almeno con la panza piena.
Oggi riso in bianco.
Nessun commento:
Posta un commento