I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
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Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

domenica 24 novembre 2013

Italia anni '70 - Strategia del ragno ( 1970 )

Quante volte , io per primo, ci lamentiamo che il nostro cinema non è più quello di una volta? Tantissime e purtroppo a ragione. Ecco lo spunto per questa nuova rubrichetta , a cadenza settimanale, spero , in cui ricorderemo il cinema che facevamo una volta e che ora non facciamo più.
Perchè gli anni '70 allora? A mio parere perchè sintetizzano al meglio il respiro internazionale di certo nostro cinema contrapponendolo a un tipo di cinema assolutamente popolare, anzi nazional popolare. Al tramonto dei cinema di seconda e terza visione ( i pinocchietti che avevano fatto le fortune di tanti esponenti del nostro cinema considerato più "basso", vedi i film di Franco e Ciccio che arrivavano a produrne anche più di dieci l'anno) le sale si riempivano di thriller , di gialli, di poliziotteschi, di commedie scollacciate e per l'appunto di cinema d'autore.
Quindi cinema "alto" ma anche e forse soprattutto cinema "basso", perchè in fondo ce piace tanto. E , come al solito, andremo alla ricerca di titoli non tanto noti.
Spero vi piacerà....
Cominciamo con uno dei titoli più  misconosciuti della filmografia di Bernardo Bertolucci, l'oscuro Strategia del ragno, un film originariamente prodotto per la televisione da parte della RAI, presentato a Venezia nello stesso anno e che poi ebbe una distribuzione nelle sale d'essai nel 1973. E' tratto liberamente da un racconto di Borges, Tema del traditore e dell'eroe.

Athos Magnani, trentacinquenne ritorna al paese natio, Tara , nel parmense. E' stato chiamato da Draifa, amante del padre , famoso partigiano, che morì prima della nascita del figlio, ucciso nel 1936 dai fascisti. Draifa vuole che lui faccia luce sul mistero che si nasconde dietro quell'assassinio.A Tara vivono tutti nel culto del padre di Athos, considerato da tutti un eroe e un martire dei fascisti ma quando vuole indagare un po' più a fondo sulla morte del padre si scontra con l'ostilità degli abitanti del paesino.
Eppure nonostante tutto, Athos scoprirà una verità sconvolgente....
Qual'è la strategia del ragno?
Intrappolare le proprie vittime nella sua tela vischiosa e indebolirle piano piano prima di digerirle enzimaticamente.
Ed è quello che succede al giovane Athos che ritorna a Tara (paese immaginario della Bassa Padana,il film è stato girato in realtà a Sabbioneta) per sapere qualcosa di più sulla dipartita di suo padre che reca il suo stesso nome.
A parole tutti favorevoli, conosce la sua vecchia amante, i tre amici più stretti del padre si complimentano per lui e parlano del loro vecchio compagno in termini più che lusinghieri, addirittura c'è un busto che commemorare la morte del padre, però poi quando l'Athos giovane vuole sapere qualosa di più cominciano i primi problemi e le prime stranezze.
II film di Bertolucci è uno squisito intarsio psicologico sfalsato su due piani: quello storico e quello psicanalitico.
Se da una parte l'Athos giovane si confronta con la Storia, con la concezione di antifascismo del padre e si pone domande dolorose sulle circostanze della sua morte, d'altra parte possiamo leggere il travaglio di Athos come una manifestazone chiara di un complesso d'Edipo che lo lacera da dentro e lo schiaccia inesorabilmente.
Stesso nome, Bertolucci ne sottolinea anche l'estrema rassomiglianza (nei flashback è lo stesso Giulio Brogi che intepreta la parte), il giovane è lacerato dal mito (e non dai fatti storici) che accompagna la figura del padre.
A questo punto c'è l'interrogativo cardine attorno al quale ruota tutto il film: Athos ha scoperto che forse la morte del padre non è stata così gloriosa come sembrava, forse non era neanche antifascista, forse era un codardo: forse.
Tenendo come punto fermo che la Storia non si costruisce con i forse, è meglio conservare l'aura mitologica costruita attorno al padre o bisogna  sempre rapportarsi alla verità storica (che qui comunque è parecchio confusa)?
La risposta che si dà l'Athos giovane non sorprende più di tanto.

A questo punto la vicenda di Athos può anche essere vista come una personalissima disamina della propria storia intellettuale da parte dello stesso Bertolucci alle prese con la Storia e il Mito. 
Le incertezze della prima e l'incrollabilità del secondo.
A livello visivo è uno dei film più incisivi della coppia Bertolucci/Storaro.
Abbondano i riferimenti pittorici, dalla pittura metafisica di De Chirico (le geometrie delle piazze di Sabbioneta citano la sua Piazza d'Italia ) agli impressionisti ,a Van Gogh  fino a un ultima parte in cui pare di assistere a una successione di quadri di Magritte.
Per non parlare delle tavole di Ligabue mostrate durante i titoli di testa. Molto spesso si assiste a sequenze che sembrano quadri animati.
E i riferimenti pittorici cambiano col procedere del film 
Nella seconda parte anche il tono del cambia decisamente: Athos comincia a capire che c'è qualcosa di strano attorno a lui e vorrebbe fuggire ma si trova invischiato come in una dimensione onirica che lo trattiene e lo immobilizza.
La stazione di Tara sembra non aver visto treni negli ultimi tempi, la voce dell'altoparlante elenca tutti i ritardi dei treni immancabilmente in aumento.
Questo treno non arriverà mai.
Tara è uno stato mentale.
Il ragno ha vinto anche questa volta.

(VOTO : 8 / 10 ) 

The Spider's Stratagem (1970) on IMDb

8 commenti:

  1. Quando "playlisteggi" me piaci un sacco... ;)

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  2. Questo è un Bertolucci che mi manca, ma mi pare proprio valga la pena di recuperarlo!

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    1. lo devi assolutamente recuperare...è uno dei suoi film migliori...

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  3. Film molto bello, per me uno dei migliori di Bertolucci (che quasi contemporaneamente girò anche "Il conformista"!). Rimane nella memoria soprattutto l'ambientazione, un paese pigro e vuoto, reso ancor più desolato dalla calura estiva, che vive nel passato ("Ma non ci sono giovani in questo paese?", si chiede Athos) e nei ricordi, dove ognuno custodisce gelosamente segreti e misteri, fra sagre rurali, l'onnipresente musica di Verdi, il culatello e la trippa, il vino, le biciclette, i giochi dei bambini: è lo stesso scenario che in seguito, spogliandolo in parte dall'atmosfera sospesa e surreale, Pupi Avati virerà in chiave horror con "La casa delle finestre che ridono", ma che qui – dietro la patina del giallo – prefigura in parte "Novecento", benché su scala ridotta.

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    1. direi che il nostro parere coincide al 100 % anche per me è uno dei migliori di Bertolucci , una specie di precursore degli horror padani firmati poi da Avati....

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    1. ma sono stati ricchi anche di cinema basso, bassissimo....

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