Primavera 1922:l'aspirante scrittore Nick Carraway lascia il Midwest per trasferirsi a New York in quel tempo culla del vizio e dell'edonismo più sfrenati. Va ad abitare in una piccola casa malmessa che però è vicina all'immensa villa del ricchissimo e misteriosissimo Jay Gatsby, un milionario dagli affari oscuri che è diventato famoso per le affollatissime feste all'insegna dell'eccesso che si tengono nella sua villa. Quasi non volendo gli diventa amico e lui piano piano gli svela chi veramente è Jay Gatsby: un uomo segnato da un passato ingrato: un amore intenso ma impossibilitato dalle sue condizioni economiche di quel tempo per Daisy,pusillanime moglie di un riccone che non la ama e che non perde occasione di maltrattarla. I nodi vengono al pettine, gli incroci amorosi vengono allo scoperto, ma l'ineluttabile tragedia è dietro l'angolo.
Se questa di Luhrmann è la quarta riduzione cinematografica del romanzo di Francis Scott Fitzgerald , credo che un motivo si debba essere e risiede senza dubbio in quell'alone di fascino e di mistero che è racchiuso nel carsmatico personaggio di Jay Gatsby, l'ennesimo declinatore del Sogno Americano, l'uomo fatto da sè, quello apparentemente disonesto e corrotto e che invece svela la sua personalità a suo modo candida, prigioniero di un amore impossibile che per lui è diventato allo stesso tempo ossessione e unica ragione di vita.
L'impressione che ho avuto vedendo Il grande Gatsby di Luhrmann è che il regista australiano abbia usato il romanzo di Scott Fitzgerald come un semplice trampolino per raccontare il proprio universo fatto di eccessi visivi ( i costumi da soli valgono il prezzo del biglietto), scenografie pantagrueliche, musiche dissonanti dal contesto nel tentativo continuo, forse anche pretenzioso di rielaborare , ma soprattutto di dare un'aura di nobiltà al concetto di kitsch applicato al cinema.
La pellicola nelle oltre due ore diventa una sorta di caleidoscopio itinerante della carriera di Luhrmann caratterizzata da riletture sempre al limite, se non oltre , dell'iconoclastia.
E da buon australiano demolisce alla base il Sogno Americano dipingendo la New York degli anni '20 come la culla mondiale della perversione, un piccolo mondo a parte in cui se non infrangi la legge o le regole del buon costume non sei nessuno.
La figura di Jay Gatsby ( un DiCaprio eccellente per misura e carisma) proprio per questo giganteggia, unico personaggio tridimensionale in un mondo di figurine piatte, sfocate e schiacciate da un mondo di sola apparenza e dal carisma del misterioso magnate che affascina e manipola come pochi.
Ma che, ironia della sorte, pur potendo ottenere tutto ( o quasi) con le sue immense ricchezze non riesce a ottenere quello che desidera di più nella vita: la sua amata Daisy, una Carey Mulligan ridotta alla statura infima di una pusillanime bambola di pezza inutilmente ciarliera e incapace di distaccarsi dalle sue sicurezze immanenti per fare un salto nel buio di un nuovo amore.
E proprio questa parte del film, quella che deve raccontare l'amore di Jay e Daisy , sembra quella che interessa di meno a Luhrmann, quasi la maltratta risolvendola in modo abbastanza sbrigativo ( vedi la sequenza alla suite del Plaza a New York in cui Jay finalmente confessa a tutti il suo amore, mentre Daisy mostra una volta ancora la sua codardia, oppure tutta l'affannosa corsa verso il gran finale) e toccando il cuore del melodramma in una sola fugace sequenza in cui non c'entrano Jay e Daisy ma Myrtle che da dietro una finestra versa lacrime amare e silenziose quando finalmente capisce che è solo un sollazzo per Buchanan ( il marito di Daisy) abituato ad avere tutto e subito solo grazie al suo conto in banca.
Ecco se Il grande Gatsby avesse esplorato meglio questo lato melodrammatico della vicenda con lo stile fatto di allusioni e sottintesi di Fitzgerald forse starei qui a parlare di un capolavoro.
E invece manca quel qualcosina in questa storia che non riesce a essere una di quelle vicende larger than life che arrivano a strapparti il cuore dal petto.
Il cinema di Luhrmann si dimostra ancora una volta un unicum nel panorama internazionale: non solo lustrini e pailettes, non solo un 3 D usato poco ma bene, non solo uno stordimento multisensoriale per il bombardamento massiccio con suoni e colori.
C'è invece molto altro che sicuramente dividerà critica e pubblico proprio per il suo rifuggire dal canonico, per la sua volontà di sorprendere sempre e comunque.
Il grande Gatsby è un film bello da vedere che arriva agli occhi, forse un po' meno al cuore. Ma il modo di raccontare di Luhrmann è qualcosa che affabula, anzi affascina proprio per il suo stile postomoderno mediante il quale si sforza a fare un cinema che più classico non si può.
Sotto la patina della tecnologia Il Grande Gatsby è uno di quei classiconi che si facevano una volta e ora non si fanno più, forse anche più della versione del '74, quella con Redford e Mia Farrow che aveva la griffe di Francis Ford Coppola in sede di sceneggiatura che a mio parere soffriva di una certa inerzia soprattutto dovuta a una regia un po' piatta di un calligrafo competente come Jack Clayton che però a parte Suspense non ha mai avuto le stimmate del grande regista.
Più mi perdevo nelle stordenti scene di massa di questo film, nel suo pantagruelismo visivo e più pensavo a come Luhrmann sia avanti rispetto a tutti gli altri in quanto a scrittura e stile, per esempio anni luce avanti rispetto a un Cameron che continua a essere tanto progredito tecnologicamente quanto deteriore( se non vecchio) nel suo modo di scrivere e narrare.
Quello del folle Baz è cinema classico e postmoderno allo stesso tempo.
E ci vuole una bella faccia tosta per proporlo in tempi di cinema usa e getta come quelli odierni.
Perchè l'epopea di Jay Gatsby non finisce con i titoli di coda ma continua.
Gatsby, l'ultimo grande eroe romantico.
Il grande Gatsby.
( VOTO : 7,5 / 10 )
Mah, come ai detto tu, arriva agli occhi ma non al cuore e nell'ultima parte sembra quasi di guardare una soap da due soldi.
RispondiEliminaComunque non si può dire che sia un brutto film, anzi, fino a metà si potrebbe parlare di capolavoro.
io sono un po' boccalone e mi lascio decisamente affascinare dalla componente visiva e tecnica e mi sono sentito come un bambino in gita al Luna Park...e qui di divertimenti ce ne sono parecchi...
RispondiEliminaA me é arrivato al cuore, dalle mie parti l'ho chiamato senza troppi problemi capolavoro.
RispondiEliminaa me è piaciuto ma non mi ha esattamente travolto...passo a leggerti!
EliminaNon so se ce la faccio: odio cordialmente questo regista e la sua estetica barocca.
RispondiEliminabeh questo è puro rococò cinematografico!
EliminaPregi e difetti, non mi ha soddisfatto pienamente. Magari si risolleverà alla seconda visione, o magari potrei soffermermi ancora di più su quello che non ha funzionato. Diciamo che per il momento una seconda visione non se la merita, e non consiglio nemmeno di andare a vederlo al cinema. :D
RispondiEliminaBaingiu
è un film Luhrmaniano al 100 % : si ama o si detesta...poco spazio per le vie di mezzo...io consiglio di andarlo a vedere al cinema perchè l'occhio almeno è decisamente appagato...
EliminaMmm però Moulin Rouge e Romeo+Giulietta mi sono piaciuti, quindi non è il regista, è proprio il film a non avermi convinto del tutto...
EliminaBaingiu
può succedere anche perchè è autore da prendere sempre con le molle: io per esempio ho detestato profondamente Australia!
EliminaSinceramente... du palle!
RispondiEliminaMa conta che ero partito prevenuto perché a me Luhrmann sta sulle balle a prescindere. E qui ho visto tutti i motivi per cui lo odio.
hai cambiato nome? Se Luhrmann ti sta sulle balle questo film non ti farà certo cambiare idea...
EliminaInfatti non l'ha fatto XD dell'australiano però avevo apprezzato "Ballroom"
Eliminaio gli ho dato un'altra possibilità dopo l'insopportabile Australia...e mi è andata bene...
EliminaForse la similitudine l'ho captata solo io, ma a me questo film ha ricordato molto 'Aurora' di Murnau. La città vista come 'paese di balocchi', il trionfo dell'effimero, il luogo dove fingere di vivere una vita da nababbi, illudendosi di essere felici. Salvo poi tornare nelle tetre dimore di periferia dove si affilano i lunghi coltelli... a me è arrivato anche al cuore, non fosse altro per l'interpretazione di DiCaprio. D'accordo comunque con la tua valutazione.
RispondiEliminaSinceramente non l'ho colta questa similitudine su DiCaprio siamo d'accordo: raramente è stato così magnetico.
EliminaOmonero dice:
RispondiEliminaFuori Tema: Ho visto che il prossimo film sulla ghigliottina è "Colour from the Dark"....ti avverto, non azzardarti a trattare male Zuccon!
tranquillo! io Zuccon lo adotterei!
EliminaAspettavo di leggerti: che dire, io l'ho trovato, al contrario, un trionfo del cuore, oltre che degli occhi.
RispondiEliminaUn'opera imperfetta ma proprio per questo splendida, e senza dubbio una delle mie preferite degli ultimi mesi.
è un film bellissimo e che sicuramento rivedrò anche per coglierne gli aspetti che non ho colto alla prima visione perchè il bombardamento sensoriale è stato massiccio!
EliminaConcordo con chi ha detto che gli è arrivato al cuore. Io mi sono commossa moltissimo per questo Gatsby con un DiCaprio favoloso. Stavo riflettendo su queste tue parole "ecco se Il grande Gatsby avesse esplorato meglio questo lato melodrammatico della vicenda con lo stile fatto di allusioni e sottintesi di Fitzgerald forse starei qui a parlare di un capolavoro" e mi accorgo che probabilmente hai ragione ma io credo che non ci fosse volutamente spazio secondo Baz per queste allusioni che restano invece patrimonio incontrastato di Fitzgerald. Insomma io, come scritto anche dalle mie parti, l'ho vissuto tutto di cuore e spero arriverà qualche premio per il buon Gatsby!
RispondiEliminaEcco a me non è arrivato così al cuore e ,credimi, me ne dispiaccio perchè col cinema cerco emozione e storie in grado di emozionarmi...comunque passo a leggerti!
EliminaIo ho trovato più coinvolgente la parte "da soap opera" che la parte "ipertecnologica"... forse un pelo troppo lungo, ma certamente un film di buona fattura. Anche se certe patinature mi hanno fatto pensare un po' allo stile di Zack Snyder, che però fa vorticare lolite agghindate a cosplay, e dunque lo si accusa di essere un merdaiolo... ma la tecnica è sempre quella. Ho pensato forse un'eresia?
RispondiEliminaper me Zack Snyder non è male ma sinceramente non ho notato questa assonanza...no, eresia no perchè se quella è la sensazione che ti dà, anche a me molte volte vengono simili sensazioni eretiche ...il bello del cinema!
RispondiEliminaSPOILERO
EliminaA me in particolare hanno fatto pensare a Snyder il ralenty sulla donna investita col cartellone in profondità e certe sequenze in macchina a dir poco plasticose (sfrecciano come missili ma l'aria non sembra fare attrito).
Comunque era solo una sensazione :)
Visto ieri.mi e' piaciuto molto. Visivamente bellissimo e' riuscito anche ad emozionarmi. Di Caprio magnifico
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