Inizi anni '80: un ragazzino prova sulla sua pelle l'esperienza dell'anestesia cosciente, cioè è perfettamente consapevole di tutto quello che gli stanno facendo durante un intervento chirurgico a cuore aperto: sente tutto , ha un dolore indescrivibile eppure non riesce a muovere un muscolo o a proferire parola. Anzi le grida che emette rimangono solo nella sua testa. Esce traumatizzato da questa terribile esperienza e reagisce uccidendo una ragazzina all'incirca della sua età ( una decina d'anni). Nessuno riesce a intuire che quello è solo il tassello iniziale di una tremenda vendetta che cercherà di portare a compimento nei decenni successivi, vestendo i panni dell'insospettabile. Anche perchè circ venticinque anni dopo quella tremenda esperienza i medici che parteciparono a quell'operazione disgraziata cominciano a morire a uno a uno.....
Da una trama simile all'anodino Awake-Anestesia cosciente che poi virava ben presto verso sentieri horror/fantasy in modo del tutto gratuito, l'esordiente Kyu- maan Lee ( che ha poi diretto come opera seconda l'inquietante Children... di cui abbiamo parlato qui ), tira invece fuori un thriller di tutto rispetto che mescola continuamente le carte in tavola servendo allo spettatore un piatto ben speziato come di consuetudine ormai nel cinema coreano di genere ( lo ripeterò fino allo sfinimento. a Seul e dintorni si girano i migliori thriller al mondo, in barba a tutte le maestranze e rimostranze hollywoodiane).
Se all'inizio non è semplice approcciarsi per un osservatore occasionale di cinema orientale per il solito florilegio di nomi impossibili e di facce abbastanza somiglianti, poi una volta entrati nel vivo del film non si riesce più ad abbandonarlo in virtù di un ritmo elevato, di un regia precisa che non lesina in eleganza formale e di un paio di colpi di scena veramente ben assestati i quali danno la misura della distanza tra il cinema hollywoodiano ( il cui manuale Cencelli del film che deve incassare prescrive storie d'amore e lieto fine obbligatorio) e quello coreano che per certi versi sembra seguire la legge di Murphy, espressamente quella che cita " Se una cosa ti deve andare male allora stai sicuro che ti andrà anche peggio".
In Return stiamo a mezza strada perchè il senso lirico della tragedia tipico di certo cinema coreano è stemperato da un qualcosa che potrebbe somigliare a una speranza.
Return è un revenge movie dall'ambientazione per lo più medico ospedaliera in cui il regista dissemina false piste e riesce ad orchestrare un cast veramente all'altezza.
Non ci si chiede se quello che vediamo può accadere, siamo portati semplicemente dal flusso delle immagini e dalla storia narrata in una spirale di violenza e vendetta in cui la perplessità dei protagonisti è anche quella dello spettatore che vede attraverso i loro occhi confusi e ingannati.
Alla fine chissenefrega della verosimiglianza se un film del genere fa passare due orette senza pensieri, con i neuroni a riposo ( perchè tanto è impossibile indovinare chi è l'assassino data la cortina fumogena alzata per tenere alta la tensione dal primo all'ultimo minuto) e i nervi pronti a sobbalzare a ogni colpo di scena.
Ottime anche le scene action e un plauso al bambino protagonista della prima parte del film, quello sottoposto a un'esperienza di anestesia cosciente: è veramente inquietante e un giochetto macabro che fa con i pulcini gli guadagnerà sicuramente le grazie degli animalisti di tutto il mondo.
Meglio non svelare altro....
( VOTO : 6,5 / 10 )
Questo film mi ispira parecchio, non tanto per la trama ma perché quella locandina è bellissima. Lo so che non si giudica un libro dalla copertina ma credo sempre che una locandina sia parte integrante di un film. Poi ne parli abbastanza bene anche se non sembra nulla di che.
RispondiEliminasicuramente ne ho visti di meglio di thriller coreani ma questo assolve perfettamente il suo scopo di intrattenere e assestare qualche buon colpo di scena!
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