Mark, giornalista e scrittore 38 enne costretto a vivere la maggior parte della sua grama esistenza in un polmone d'acciaio e con un'aspettativa di vita a breve scadenza decide di non voler essere più vergine. Consigliandosi con il suo prete che dimostra un'invidiabile apertura mentale e con il suo psicoterapeuta riesce a ottenere di incontrare una terapista sessuale che in 6 soli incontri educherà Mark alle gioie che può riservargli il suo corpo e il sesso.Il tutto senza alcun coinvolgimento emozionale, pagato in busta chiusa e senza stupide complicazioni sentimentali. Sembra facile. E invece non lo è
Per niente.
Che cosa è The Sessions? Una commedia incentrata sul tema altrove assai spinoso del rapporto tra i disabili e il sesso? Un film pruriginoso in cui una MILF con famiglia al seguito per un pugno di dollari assicura le sue prestazioni a un poliomielitico con il corpo paralizzato ? O il solito film edificante che tratta un tema a cui molti sono allergici sforzandosi di essere il più politically correct possibile?
Fortunatamente il film di Lewin, regista anche lui poliomielitico ma colpito in maniera assai meno invalidante dalla malattia rispetto al protagonista Mark, è qualcosa di diverso.
E' equiparabile al percorso di crescita e di formazione di un classico nerd saputello scansato un po' da tutta la metà femminile dell'universo.
Però il tutto visto con l'ironia, l'intelligenza e il disincanto di Mark che vuole dare e vuole ricevere amore . Il problema è che l'amore che riceve dalle donne che premurosamente gli stanno intorno non è del tipo che interessa a lui. Colpisce la sua visione del sentimento amoroso e del sesso che coincidono con quella di un adolescente in preda ai primi stravasi ormonali. Rendono il suo personaggio ancora più tenero e vulenrabile, nonostante la corazza d'acciaio che lo circonda ogni giorno.
Ed ecco che quindi entra in scena la terapista sessuale, Cheryl.
Ecco , ora bisogna armarsi anche di benevolenza per leggere questo personaggio e per riuscire a cogliere le lievi sfumature che distinguono una terapista sessuale da una prostituta ottimamente pagata. Lei cerca di spiegarlo in modo anche convincente ma non è che ci riesca molto, alla fine uno l'idea che si fa è che Cheryl sia una specie di prostituta di lusso che abbia anche cognizioni di fisioterapia.
Esilaranti le varie tappe di avvicinamento di Mark a quello che può arrivare ad essere un rapporto completo: si va dal fantozziano alla tenerezza condita sempre dalla sua visione della vita ricca di humour e di disillusione.
E' il classico ragazzino preda dell'ansia da prestazione.
E qui la memoria corre a un fatto successo a una persona che conoscevo, con lo stesso problema di verginità patologica di Mark, che al primo appuntamento con una "terapista sessuale" si comportò più o meno come il protagonista di questo film al primo incontro: lei gli mette fraternamente una mano sulla spalla per farlo entrare in camera da letto e lui letteralmente fa "esplodere" la sua gioia.
A parte gli scherzi: The sessions è un film tutt'altro che pruriginoso nonostante Helen Hunt si immoli anima ma soprattutto corpo ( mostrato più che generosamente , epperò che fisichetto che c'ha la quasi cinquantenne Helen , candidata al premio Marisa Tomei per il 2013), è una commedia sentimentale in cui una voce fuoricampo sottolinea umoristicamente i vari passaggi che portano Mark a non essere più vergine e a sbandierarlo orgogliosamente, un quadro efficace per leggerezza di quanto sia difficile trattare un argomento da molti considerato tabù come quello della sessualità di disabili.
Invece qui sembra la cosa più normale del mondo, senza tanti pietismi ed ipocrisie e questo rientra tra i grandi meriti di un film che tuttavia mantiene meno di quello che promette.
Presto si incanala in un qualcosa di abbastanza prevedibile non mostrando di avere quello scatto in più che hanno mostrato altri film sull'argomento . La regia si dimostra poco più che scolastica affidandosi alla verve di due ottimi protagonisti ( ma perchè candidare all'Oscar l'ottima Helen Hunt e ignorare la prova splendida di John Hawkes?) e a un comprimario di classe come il lungocrinito William H. Macy.
The Sessions col passare dei minuti tende sempre più a somigliare a quelle linguacciute commedie da cinema indipendente americano ( chi ha detto Sundance?) che sono ormai un genere a parte nel panorama cinematografico d'oltreoceano.
E anche la potenziale lacrimogenicità del finale appare smorzata proprio perchè non ci si allontana da uno spartito già scritto e visto e altrove.
( VOTO : 6,5 / 10 )
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il finale è commovente non tanto per quello che succede, giù prevedibile,
RispondiEliminama per la poesia, davvero meravigliosa e struggente.
si, è vero quanto dici ma ho provato la sensazione di deja vu che mi ha impedito di empatizzarlo totalmente...
Eliminain giornata lo recupero e ti faccio sapere! ;)
RispondiEliminaè una buona visione rilassata e non banale ma mi aspettavo qualcosa in più...
EliminaUn film che ha i suoi punti di forza più nell'ironia e nelle interpretazioni, che non nella parte più sentimentale.
RispondiEliminaIo non l'ho amato particolarmente, ma mi aspettavo decisamente di peggio!
la parte sentimentale effettivamente è un po' telefonata , a me comunque non è dispiaciuto ma a differenza tua mi aspettavo di meglio...
EliminaGrazie, lo recupero. Sono curioso di vedere se la Hunt merita davvero il premio Marisa Tomei 2013 :)
RispondiEliminala Tomei è tirata come una corda di violino ma la Hunt dimostra di essere un bel donnino , con un fisico invidiabile...ma Marisa è Marisa!
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