Hong Kong non è un bel posto per vivere: i palazzoni alitano gli uni sugli altri, tutti uguali tra loro, ideali anche per confondere i titoli di testa di questo film.
Tante cellette di un enorme alveare oppure le finestrelle con sbarre di un carcere, piccole, dal'aspetto povero. Quello che colpisce è che siccome ad Hong Kong hanno finito lo spazio in orizzontale, allora hanno cominciato a usare quello verticale.
Ci si ammassa letteralmente gli uni sugli altri cercando di ottimizzare al massimo gli spazi interni: corridoi stretti, camere da letto in cui se metti l'armadio non c'entra il letto, pareti così strette che incombono su chi abita all'interno di questi soffocati appartamentini, pertinenze comuni ridotte al minimo indispensabile.
E visto che comunque gli appartamenti scarseggiano per la dura legge del mercato pur nella loro angustia costano uno sproposito. Eppure un angolino di una palazzo con vista sul porto( indispensabile per rinvigorire il ricordo della gioventù) è il sogno della giovane (non giovanissima) Cheng Lai Sheng, un paio di lavori part time, un amante da vedere in uno squallido albergo ad ore (e le lascia pure il conto da pagare!),un' assicurazione sanitaria sulla morte del padre da riscuotere per riuscire a comprare ( con mutuo trentennale) il sogno custodito nel suo cassetto.
Ma i signori che la abitano, una rispettabile coppia di mezza età, ha alzato il prezzo di vendita e per la giovane donna ciò ha lo stesso fragore dell'infrangersi del suddetto sogno. Ancora non siamo nei tempi della catastrofe dei mutui subprime americani che porterà a strascico la crisi immobiliare in tuto il mondo per cui bisogna cercare di far scendere il prezzo della casa.
E allora perchè non sterminare il vicinato?
E' questa la soluzione e questa pellicola è la cronaca di un massacro non annunciato.
Il film del brillante Ho-Cheung Pang sarebbe da ascrivere al genere slasher per la violenza efferata che arriva a mostrare. Ma credo che sia riduttivo definirlo solo uno slasher. Dal punto di vista estetico è molto raffinato osando una rappresentazione in tre piani temporali differenti che si intervallano tra di loro. C'è un passato remoto (con Cheng Lai Sheng bambina che parla col nonno, l'importanza del mare tra gli altri argomenti e gioca con altri bambini), c'è un passato prossimo ( in cui si vede il rapporto col padre in preda a gravissimi probemi respiratori piccolo cadeau da parte del lavoro di una vita), infine c'è il presente ingrato a lavorare ad un call center e a un negozio di abbigliamento.
L'unica divagazione, per modo di dire, è rappresentata dalla tristezza degli incontri occasionali con il suo partner, nella scomoda veste di amante titolare di nessun diritto. Altra piccola raffinatezza registica è l'isolamento dei momenti slasher all'interno della narrazione. Siamo immersi nella violenza sin dal fulminante incipit ( la guardia del condominio ucciso con un laccio attorno al collo) per poi precipitare nella calma assoluta di una giornata in ufficio al call center.
I vari piani temporali si succedono in modo variabile e questo assicura una certa suspense. L'impressione è che il regista abbia voluto stemperare la cappa sulfurea di violenza efferata proprio alternando i vari piani narrativi. E anche vedendo le parti più violente i primi due film che mi sono venuti in mente a cui riferire questa sorprendente opera prima sono due opere concettualmente agli antipodi.
Da una parte la cinepresa che non si sottrae di fronte a nulla come succede nell'impressionante Al'interieur di Maury e Bustillo, rilettura annichilente di una notte di Natale a cui viene accomunato anche dalla furia omicida che si abbatte su una donna a cui manca pochissimo per partorire.
Dall'altra parte mi pare di cogliere una certa ironia che lo accomuna a un horror sui generis come il craveniano Scream e relativi epigoni sia perché il modo di uccidere alcuni dei malcapitati assomiglia tremendamente a un contrappasso dantesco sia perché in più di un occasione viene fuori la totale inesperienza di una serial killer per caso la quale sfiora il patatrac (con relativo insuccesso) più di una volta.
Il termine ironia non è da intendere in senso letterale perché parliamo di una messa in scena che non lascia proprio nulla all'immaginazione riuscendo a far compenetrare in modo creativo effetti speciali old style (molto anni '70) e qualche inserto di computer grafica neanche così sofisticato. L'ironia di Dream Home è far morire uno spacciatore uccidendolo col bong che usa per fumare il crack, un marito puttaniere che viene percosso prima con delle mazze da golf (giocare a golf con i cinesi pare che significhi andare con prostitute), un altro mezzo drogato che con tutti i visceri intestinali disposti ordinatamente sopra la sua magliettina cerca una sigaretta da fumare e tante altre amenità ben assortite.
Chiaramente Dream Home non è un film per tutti.
E' un horror che non lascia nulla all'immaginazione ma allo stesso tempo recupera la valenza politica del genere. Viene accennato a una crisi globale che non è solo economica, ma soprattutto sociale con il vile denaro che regola le vite di tutti. E visto che il denaro è così protagonista appare in linea anche il beffardo finale.
C'è gente che per avere un appartamentino vista mare farebbe un iradiddio....
PERCHE' SI : Delirio slasher allo stato puro con ironia bastarda a fare da contrappunto, ritmo infallibile.
PERCHE' NO : a suo modo è old style e a qualcuno potrebbe non piacere, solo per puristi del genere perché non si lascia alcun spazio all'immaginazione.
PERCHE' SI : Delirio slasher allo stato puro con ironia bastarda a fare da contrappunto, ritmo infallibile.
PERCHE' NO : a suo modo è old style e a qualcuno potrebbe non piacere, solo per puristi del genere perché non si lascia alcun spazio all'immaginazione.
( VOTO : 8 / 10 )
Altro voto alto, altro recupero che segno.
RispondiEliminaAmbientazione e genere mi ispirano parecchio!