Uno strano virus sta contagiando l'umanità: non sembra un agente biologico ( o forse si , non è chiaro ) ma una strana forma di agorafobia, cioè la paura degli spazi aperti, sta colpendo più o meno tutti. Marc si rifugia nel suo ufficio assieme a colui che era stato chiamato per licenziarlo, Enrique e ad altri colleghi. Marc però deve raggiungere sua moglie, Julia e per farlo può andare a casa sua utilizzando i canali del sistema fognario. Si unisce a lui Enrique per ragioni all'inizio poco chiare e grazie a un GPS rubato a un automobile cercano di arrivare a casa di Marc. Faranno vari incontri , quasi tutti spiacevoli e quando arriveranno a casa di Marc avranno una sgradita sorpresa. Julia non è lì. Occorre ripartire daccapo per la sua ricerca.
Dove sarà?
Sono stato incuriosito da questo film perchè mi piace il cinema postapocalittico, forse perchè incarna una delle principali paure dell'uomo: quella della fine di tutto, della perdita di tutte quelle comodità che il progresso ci ha portato, un ritorno a vivere con molto meno rispetto a quello a cui siamo abituati nei tempi odierni.
Insomma un bel casino se la nostra vita venisse complicata da un'apocalisse incombente.
I fratelli catalani Alex e David Pastor non sono dei novellini del cinema postapocalittico avendo già diretto un film dello stesso genere nel 2009, il misconosciuto Carriers ( di cui , se interessa , abbiamo parlato qui), un piccolo film low budget che tuttavia aveva affrontato il genere con un approccio abbastanza originale, umanistico direi per riassumerlo in una parola sola.
Ed è lo stesso approccio che si ritrova in questo Los ultimos dias, girato con un budget molto più consistente ( si parla di 5 milioni di euro, cifra ridicola per lo standard hollywoodiano ma importante a livello europeo) ma non per questo vittima sacrificale all'altare di ingombranti effetti speciali.
Che ci sono, sia ben chiaro, ma sono usati con intelligenza e anche una certa parsimonia, una computer grafica per nulla invasiva che però regala dei flash inquietanti su una Barcellona vuota ( alla stessa maniera i cui era ansiogena la Londra disabitata delle prime sequenze di 28 giorni dopo) e soprattutto è capace di rendere l'idea del progressivo svuotamento di luoghi ad alta densità di transito umano ( come piazze, stazioni e centri commerciali).
Il punto cardine del film però non è tanto l'apocalisse, che come in Carriers è trattata come uno sfondo, seppur di importanza notevole,quello che è posto in primo piano è il rapporto umano che si viene a creare tra Marc ed Enrique in una sorta di road movie sotterraneo in cui entrambi trovano l'occasione di crescere e per superare il panico che li attanaglia, paura degli spazi aperti che ha colpito un po' tutta la razza umana.
In alcuni frangenti siamo un po' troppo dalle parti del buddy movie, la struttura con flashbacks a incastro rende nella parte centrale un po' blando il ritmo e talvolta si tracima nel melodramma ( non dico quando perchè altrimenti andrei incontro a fastidiosi spoilers ) ma Marc ed Enrique sono due personaggi a tutto spessore, solidi e Los ultimos dias è un film che complessivamente funziona e che si dimostra onesto, non caciarone e sferragliante come una classica produzione hollywoodiana.
Anzi può essere preso ad esempio proprio per la diversità di approccio al genere : meno rumore, meno effetti speciali, più spessore ai personaggi e più spazio alla narrazione.
Los ultimos dias non è un capolavoro e non ha la pretesa di esserlo ma dimostra ancora una volta la vitalità del cinema spagnolo di genere.
E la domanda che sorge spontanea è sempre la stessa: perchè loro si e noi no?
( VOTO : 6,5 / 10 )
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