I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

venerdì 19 settembre 2014

One on One ( 2014 )

Una studentessa viene rapita e uccisa per soffocamento da un gruppo di uomini, senza alcun perché.
Qualche tempo dopo, sullo sfondo di una Corea indifferente, un gruppo di uomini in tenuta paramilitare, addestrati all'azione ( si fanno chiamare Shadow), rapisce a uno a uno tutti coloro che sono stati coinvolti nell'assassinio della ragazzina e , con svariati metodi di tortura, estorce loro una confessione completa, facendoli addirittura arrivare al suicidio.
Il primo dei catturati dal gruppo Shadow dopo aver firmato la propria confessione è salvo ma comincia con sgomento a vedere che i suoi complici stanno seguendo tutti la sua sorte.
Seguendoli arriva finalmente al capo del gruppo che li ha rapiti e torturati....
Oggi vi racconto una storia.
C'era una volta un cinefilo che , pur guardando centinaia e centinaia di film di ogni genere, scansava scientemente tutto quel cinema che veniva dall'Estremo Oriente, Corea, Cina e Giappone.
Questione di nomi, incomprensibili ( quelli coreani poi te li raccomando), questione di facce, tutte uguali che poi accoppiarle ai nomi era peggio che uscire di notte senza neanche un lanternino.
Ma soprattutto era questione di pigrizia da parte di questo cinefilo ignorante che non voleva sgualcire ulteriormente i suoi neuroni superstiti ( un paio forse o pochi più) per impegnarsi nel seguire un cinema diverso da quello a cui era abituato.
Poi arrivò un certo Kim Ki Duk: caspita ne parlano tutti bene, qui in Occidente è idolatrato come un semidio, forse è tempo che il cinefilo ignorante di cui sopra si decida a guardare qualcosa di suo.
E ne ha visti tanti, quasi tutti. Grazie a lui ha scoperto anche il cinema giapponese e tante altre cose, tipo che in Corea fanno dei thriller coi controcazzi che a Hollywood se li sognano.
E il cinefilo di cui sopra venne assalito da vera e propria passione per il cinema orientale, passione che si porta dietro ancora oggi, inalterata.
Ma Kim Ki Duk?
Ecco , con lui da un po' di tempo si hanno un po' di problemi.
Forse il successo gli ha fatto male, forse è normale una fase di appannamento dopo aver sfornato una serie incessante di capolavori, ma l'amore sbocciato quella volta è stato molto messo in discussione a tal punto da evitare accuratamente i suoi ultimi film.
Come avrete capito questa è la mia storia, la storia di un cinefilo sedotto e abbandonato ( ma a questo punto non so chi ha abbandonato chi ) da Kim Ki Duk, autore al quale sarà comunque sempre grato per avergli dischiuso una porta tenuta sbarrata prima di lui.
Accidenti ho scritto un trattato e ancora non ho parlato del film, del mio ritorno alla visione di un suo film.
Insomma come sarà questo One on One ?
Dalla sinossi è stuzzicante, anche se di vendetta nei film coreani si comincia ad averne un po' le tasche piene e si ha la sensazione che Chan Wook Park abbia detto la parola definitiva sul genere non con uno , ma con addirittura tre film di una trilogia.
In One on One  si vedono solo ombre del Kim Ki Duk che fu, solo ricordi che si perdono in un film smaccatamente a tesi.
L'oggetto è la critica sempiterna alle dinamiche che animano la società della Corea del Sud, una dittatura mascherata , regolata da potere e denaro.
Uno dei personaggi dice : " ma qui siamo meglio della Corea del Nord!"
E grazie al ciufolo, un'ovvietà simile ha del lapalissiano, visto che ci confrontiamo con un regime in cui un caro leader schiattato recentemente è stato sostituito da un altro caro leader molto più giovane ma anche più folle del precedente.
Ecco, Kim Ki Duk sembra dirci che anche al Sud la situazione non è molto migliore e lo fa incanalando i suoi personaggi dentro stilemi specifici, stereotipi che il nostro non si preoccupa neanche di mascherare troppo.
E' come se usasse questi stereotipi come simboli per additare specifiche debolezze della società coreana, marcia fino al midollo.
Non mancano le sequenze di ottimo impatto visivo e anche il finale ricorda molto da vicino la grandezza del cineasta che fu, perso forse nell'autoreferenzialismo più tronfio.
Il film procede meccanicamente inanellando episodi su episodi senza una reale progressione drammaturgica del plot se non in un finale che urla al mondo circostante tutte le domande che rimarranno senza risposta.
Che cosa è la giustizia?
E chi la deve amministrare?
Kim Ki Duk abbandona la metafora, rinfodera il fioretto per sguainare la sciabola ma il suo cinema esasperato diventa didascalico, potente visivamente quanto debole concettualmente..
Non bastano scene di tortura per fare un bel film di vendetta.
Soprattutto se si vuole stolidamente enunciare una tesi.
E al nostro caro Kim interessa soprattutto questo.
Non so se vedrò il prossimo suo film, non so neanche se recupererò i suoi film passati e che ancora non ho visionato.
One on One non mi mette certo quella voglia irrefrenabile....

PERCHE' SI : ombre del bel cinema che fu di Kim Ki Duk, buona la recitazione, bello il finale
PERCHE' NO : film smaccatamente a tesi, ripetitivo, personaggi troppo inclini allo stereotipo

( VOTO : 5,5 / 10 )

 One on One (2014) on IMDb

10 commenti:

  1. Quindi il buon Kim lo abbiamo perso, vero? Perché a mio parere è da "Time" che non ne imbrocca più una, e devo ancora vedermi "Moebius"...

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    1. al momento credo di si....anche se non ho visto Pietà e Moebius...

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  2. a me kim ki-duk faceva andare giù le mutande già prima, figuriamoci adesso... :)

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  3. Mi dispiace che Kim si sia perso, anche perchè fino al suo delirio da "isolamento" aveva realizzato roba davvero grossa.

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    1. non ho visto Pietà e Moebius , questo putroppo mi ha molto deluso...

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  4. Già! Kim Kim Duk ha deluso parecchi appassionati con i suoi ultimi film.
    Me compreso.

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  5. E io invece non condivido il tuo parere, Time a differenza è un film a tratti senza un senso logico, sembra fuori dalla realtà, qui invece parla della sopraffazione che si crea tra esseri umani, più realistica, più vera, e il fatto che centri la vendetta è una visione tipicamente personale di Kim Ki-Duk, non centra Park Chan-Wook, sono due cose differenti, però rispetto a time è un passo avanti - non ho ancora visto dream e arirang per questo mi permetto di dire questo ^_^

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    1. Arwen, a volte succede di non condividere il parere sullo stesso film....io ho trovato questo film abbastanza rozzo e ideologicamente confuso, procede per accumulazione di episodi e non con una linea convincente, per me Kim rimane il regista della suggestione , del fioretto se vuoi, non della sciabola come in questo film....per me anche Time era una mezza vaccata....

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