I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

giovedì 2 gennaio 2014

Camille Claudel 1915 ( 2012 )

Subito dopo la morte del padre, la scultrice Camille Claudel , artista, musa e compagna di Rodin per quindici anni, una storia finita perchè lui ha rifiutato di sposarla gettandola in una crisi profonda, viene internata dalla madre e dalla sorella in un manicomio nei dintorni di Avignone , nel sud della Francia.E' l'inverno del 1915 e troviamo una donna stanca, delusa dalla vita, con la psicosi che qualcuno possa avvelenarla col cibo e un rapporto contrastato, tra rigetto e umana compassione, per le altre ricoverate.Camille aspetta impaziente la preannunciata visita del fratello, fervente cattolico che la adora ma allo stesso tempo pensa che per lei sia meglio soggiornare in quell'ospedale psichiatrico, che lei vede erroneamente come sua unica speranza di uscire da quella prigionia.
Ma così non sarà. 
Camille morirà in quella struttura nel 1943.
Non ho spoilerato il finale in quanto all'inizio del film compare in una didascalia tutta la storia della protagonista, morte compresa.
Camille Claudel, artista promettente e figura di spicco della scena culturale francese a cavallo del Novecento, è una figura già portata al cinema nel 1988 e allora aveva il volto diafano di Isabelle Adjani.
I due film raccontano però periodi diversi della sua vita: il film di Dumont comincia proprio dove finiva l'altro.
E l'incipit già chiarisce tutto o quasi di quello che vedremo: c'è una scena in cui Camille, che ha il volto segnato dal tempo di Juliette Binoche che in una sorta di narcisismo attoriale al contrario mostra orgogliosamente a favore di camera tutti segni dei suoi anni, viene denudata e viene lavata in una stanza dove ci sono altre degenti sottoposte allo stesso trattamento.
Camille è diversa da loro, addirittura collabora con le infermiere per accompagnare altre pazienti e compie altre piccole commissioni, eppure è uguale perchè la sua psiche ha dei coni d'ombra troppo evidenti per non essere notati. E' una donna in crisi emotiva profonda, che ha paura di essere avvelenata dal compagno di un tempo, Rodin, che qualcuno si impadronisca della sua arte , ormai abbandonata in qualche atelier polveroso di Parigi, chiuso a doppia mandata e proibito agli occhi di tutti.
Ha la consapevolezza di essere prigioniera ma è come svuotata di energia, non riesce a lottare per avere la sua indipendenza che tanto vagheggia, quando ha colloqui col medico della struttura ospedaliera riesce a malapena a farfugliare qualcosa con poco senso.
E' annientata al solo pensiero di essere reclusa in un mondo a parte, assieme a pazienti che hanno smarrito il dono dell'intelletto  o che forse non l'hanno mai avuto, compagne di sventura con le quali ha un rapporto ondivago che scivola continuamente tra la repulsione ( che le provoca anche alcune crisi isteriche incontrollabili ) e quel po' di umana comprensione che si è adagiato sul fondo del suo cuore affranto.
E poi c'è il rapporto col fratello, unica (falsa) speranza di uscire da quel carcere prima emotivo che fisico in cui è rinchiusa. In realtà nel colloquio col fratello lei è come se si andasse a schiantare contro un muro di ortodossia cristiana cieca e sorda alle sue esigenze.
Si amano ma sono troppo differenti per stare assieme , anche solo per pochi attimi all'interno della stessa stanza.
Camille Claudel 1915 è essenzialmente questo: un ritratto di una donna sfiancata e delusa all'interno di una cornice che ha i muri candidi di un ospedale per malati psichiatrici, la fredda cronaca dell'inverno del 1915 composto di giornate sempre uguali a se stesse, vissute nel fremito di un' attesa, nella speranza che qualcosa succeda.
E invece no, le giornate di Camille si succedono le une alle altre, con pochi scossoni.
L'ultimo film di Bruno Dumont pur attenendosi alla sua rigida estetica da alfiere bressoniano dei nostri tempi, denota una cambiamento di direzione artistica nella carriera del grande regista francese: se Hadewijch e Hors Satan erano film profondamente stratificati, estremamente complessi dal punto di vista etico e religioso, la biografia parziale della Claudel si rivela semplicemente una successione di avvenimenti,una sorta di compilazione affidata alla mostruosa bravura di una Juliette Binoche che riesce a far sgorgare a fiotti l'emozione grazie a un'interpretazione magistrale, intensa, mai sovraccarica e tenendo nascosta la perfezione immacolata della sua tecnica recitativa che spesso ha "raffreddato", nel mio parere, alcune delle sue interpretazioni.
Camille Claudel 1915 a differenza di altri film di Dumont, è perfettamente intellegibile, non necessita di seconde o terze letture e forse questo rappresenta un piccolo passo indietro rispetto ai magmatici film precedenti .
Altra cosa che mi ha lasciato un po' perplesso è stato l'utilizzo ( inconsapevole da parte loro ?) di veri pazienti psichiatrici nei panni delle compagne di manicomio di Camille.
Dumont ha difeso questa scelta nel nome della ricerca del totale realismo.
Il dubbio però permane: anelito a filmare la realtà o provocatoria scelta di facciata?
A parte questi piccoli dubbi, Camille Claudel 1915 è film da vedere: sarà un passo indietro nella carriera di Dumont ma questo piccolo arretramento ha le sue giustificazioni come  l'essere ingabbiato dal punto di vista creativo in un genere abbastanza rigido per definizione come il biopic, oppure lavorare con una diva di valore internazionale come la Binoche e non con attori non professionisti, da sempre privilegiati dal regista.
Eppure l'emozione e il dolore riescono a sgorgare lo stesso attraverso i lunghi pianosequenza....

( VOTO : 7,5 / 10 )

  Camille Claudel 1915 (2013) on IMDb

7 commenti:

  1. E' vero, e concordo che CC non raggiunge le potenzialità dei film precedenti (soprattutto rispetto agli ultimi, con "Hors Satan" in testa), nonostante si riscontrino comunque certe caratteristiche fondamentali del suo cinema (tipo l'insistito attaccamento alla terra). Ma non lo vedrei però come un passo indietro; io credo invece che con HS, Dumont abbia voluto chiudere un cerchio e come avevo scritto da me, si stia rinnovando, indirizzandosi piuttosto verso un cinema di stampo prettamente bergmaniano, un cinema da camera, essenzialmente intenzionato ad esplorare profondamente la psiche, più che l'anima. A ogni modo, hai fatto benissimo a parlarne, qualsiasi opera di Dumont merita assolutamente visibilità!

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    1. Concordo con ViS, però mi suona strana quella frase sul passo indietro: "non necessita di seconde o terze letture e forse questo rappresenta un piccolo passo indietro rispetto ai magmatici film precedenti", cioè siccome è meno ermetico degli altri allora è meno potente, meno qualcosa (credo sia una valutazione estetica, la tua, perché questo cinema da camera, Dumont, non l'aveva sperimentato mai con i film precedenti l'ultimo trittico - H, F, HS - ma forse ho capito male io) rispetto agli altri?

      Comunque sia, non credo che Dumont faccia il provocatore, cioè, visto il suo cinema, conoscendo un po' lui (attraverso il suo cinema) e vedendo che pubblico si tira dietro, dubito fortemente che quella di girare con veri pazienti psichiatrici sia stata una scelta provocatoria. Cioè, non credo proprio che Dumont sia un provocatore - non è mica Carax :p

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    2. Secondo me Dumont con Camille Claudel 1915 è tornato in territori più vicini al mainstream: sarà il budget importante per lui ( oltre 3 milioni di euro), sarà la presenza ingombrante della Binoche che comunque non è un'attrice facile da dirigere e da indirizzare perchè talmente brava che sicuramente decide autonomamente la direzione da prendere riguardo le tonalità della sua recitazione, Sull'uso dei pazienti psichiatrici , beh non sono così convinto della sua scelta,io non li avrei utilizzati...La minore potenza filmica di Camille Claudel 1915 secondo me non risiede nella sua maggior linearità ma proprio nel fatto che Dumont viri verso territori battuti anche da altri come il cosiddetto cinema da camera , almeno secondo il mio modesto parere....

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    3. Scusa la domanda, ma secondo te quindi "Eyes wild shut" è un film commerciale?

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  2. più che a Eyes wide shut ho pensato al Polanski più recente che ha portato il suo cinema da camera a un pubblico piuttosto consistente. Anche Eyes wide shut fu un successo commerciale discreto , ma quando lo vidi in sala registrai il malcontento generale quindi sinceramente non so rispondere alla tua domanda....

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    1. Io non credo che la presenza di un'attrice o un budget consistente facciano di un film un film commerciale: conta molto di più il modo in cui è girato, il pensiero che ne sta alla base e, se vuoi, anche l'ingerenza della produzione. Un film commerciale è un film accomodante, che piace a molti perché fondamentalmente non disturba nessuno e ha in sé dei dispositivi tipici di certo cinema; onestamente io questo non ce lo vedo in CC1915, e basta vedere come Dumont svolge la trama, che fondamentalmente è assente o, meglio, difetta di molte convenzioni narrative del cinema "convenzionale"-commerciale (non c'è uno sviluppo, non ci sono buoni e cattivi, non c'è una vera e propria fine etc.). Del resto il successo e la distribuzione che ha avuto CC1915 parlano da sé.

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    2. non ho detto che Camille Claudel 1915 sia un film commerciale ma qualcosa di più vicino al mainstream, un film d'autore in cui Dumont non mostra pienamente quella sua diversità, quel suo essere oltre venuto fuori con i suoi film precedenti...e avere una Binoche secondo me cambia molto le cose, ha sicuramente molta più voce in capitolo nel suo modo in intendere il personaggio rispetto ai protagonisti di Hadewijch e Hors Satan...

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