I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

lunedì 30 settembre 2013

La fine del mondo ( 2013 )

20 anni dopo aver tentato il "Miglio Dorato", ovvero il tour di tutti i pub di Newton Heaven , posto in cui sono cresciuti, che doveva finire con la pinta finale al The World's end ( nomen omen), cinque amici si riuniscono per ritentare l'impresa assecondando l'impulso di Gary King, che forse è quello messo più male in arnese tra tutti loro, senza un lavoro fisso e ben lontano da una qualsiasi forma di realizzazione professionale e affettiva pur essendo molto vicino ai 40. Cominciano il giro dei pub più che altro per assecondare Gary e si ritrovano tutti in mezzo a una lotta epica umani contro alieni perchè nel paesino della loro infanzia ed adolescenza gli extraterrestri si sono sostituiti agli umani e pianificano un'invasione planetaria.
Ma non hanno fatto i conti con i cinque "moschettieri", o meglio tre....
Squadra vincente non si cambia e così dopo l'incursione sbilenca nell'horror romeriano con Shaun of the Dead, il volo a planare sui generi che vanno dal poliziesco all'action fatto in Hot Fuzz, come chiudere meglio la cosiddetta Trilogia del Cornetto con un bella rievocazione , sempre transgenere, di tanta sci fi d'annata?
Una chiusura magnifica, a scanso di equivoci, un cocktail micidiale di amicizia, malinconia, fiumi di birra e alieni che sembrano tanto gli ultracorpi del celeberrimo film di Don Siegel, magari rivisitati guardando al remake Terrore dallo spazio profondo di Kaufman ( la gestualità con quel braccio proteso in avanti o quella bocca aperta a disarticolare quella specie di urlo sgradevole , memoria dell'ultima sequenza di quel film )  e perchè no? alla gioventù screanzata di The Faculty di Rodriguez, altro film sugli ultracorpi con forti richiami alla sci fi anni 50.
Ma sarebbe ingiusto catalogare quest'ennesimo gioieillino targato Wright/ Pegg / Frost solo come fantascienza vintage.
A parte la modernità degli effetti speciali, che non rubano l'occhio come nei blockbusters hollywoodiani ma sono decisamente funzionali alla narrazione non andandosi mai a sostituire ad essa per mascherare magagne di sceneggiatura ( che non ci sono), La fine del mondo, come detto prima, è un cocktail di generi in cui la malinconia al ricordo del tempo passato, il coming of age ( ma qui parliamo di arrivare ai 40...), l'epica di una bevuta mitica , 12 pinte , mica pizze e fichi, circa di 7 litri di birra procapite o meglio propanza, si mescolano brillantemente senza mai perdere d'occhio l'ironia con il classico film sci fi vintage.
Fa uno strano effetto vedere Simon Pegg tinto di scuro come i vestiti da darkettone fuori tempo massimo che indossa , con quelle rughe profonde come canyons a contornargli il viso scarno quasi a far da contrappunto a degli occhi vivacissimi e sempre giovani, che interpreta un personaggio che dietro le battute , i sorrisi e le bugie  di circostanza nasconde il disastro di una vita senza prospettive, senza un passato e senza un futuro in cui il "Miglio Dorato" rappresenta un ideale punto di ripartenza da zero, o quasi, alla luce del passato mai dimenticato.
E lo stesso fa strano vedere Frost nei panni di un perfettino (forse) realizzato  senza problemi economici e con un passato da ex alcolista che non riesce a nascondere la sua solitudine.
La fine del mondo è un film sull'amicizia virile che nasconde sotto sotto anche un messaggio un filo destabilizzante perchè il matrimonio oltre a essere la tomba dell'amore ( o era la tromba?) è anche quella dell'amicizia per sopraggiunti impegni o per semplice volontà muliebre e il lavoro contribuisce ad allontanare dagli affetti .
Ma forse è semplicemente la vita: ognuno è portato a prendere strade diverse.
E dietro una facciata ironica nasconde tutta la tristezza di chi disperatamente non vuole essere "inquadrato" nè dalla società degli uomini, in un qualche ruolo che comunque gli andrà stretto e nè dagli alieni, ultracorpi non troppo moderni latori di un ordine planetario disumanizzante.
Gary e i suoi amici vogliono rimanere orgogliosamente diversi e non omologati e credo che il rifiutare di confondersi nella massa, di spersonalizzarsi sia il messaggio di speranza e di ribellione che si nasconde dietro ai fuochi d'artificio che offre il film in tutta la sua durata, senza un attimo di sosta.
Naturalmente La fine del mondo è anche un delizioso gioco cinefilo in cui cercare di indovinare tutte le citazioni, giochino che parte dai due precedenti film della trilogia .
Una bevuta salverà il mondo come succedeva in Grabbers, delizioso sci fi irlandese.
Fa brillare gli occhi quella ultima birra, decisiva per completare il Miglio Dorato che sembra il Sacro Graal in attesa di Re Artù .
E non ha prezzo vedere Nick Frost che maltratta gli alieni con mosse da wrestling , chiudendo tutto con una schiacciata californiana...
Diavoli di inglesi! Questa trilogia non può finire qui.
Sarebbe un delitto.....

( VOTO : 8 / 10 )

  The World's End (2013) on IMDb

domenica 29 settembre 2013

I migliori film dai miei anni in poi....# 2

Dopo una prima puntata d'assaggio che mi ha creato diversi problemi di scelta , con la seconda puntata arriviamo dritti dritti nel bel mezzo di diverse crisi esistenziali in quanto ci sono dei film tra i quali non potrei mai scegliere ma , non potendo neanche mettere ex aequo ( per principio) per alcuni anni ho deciso di chiudere gli occhi e far sgorgare la scelta direttamente dal cuore, dalla memoria.
Questi sono gli anni anche dei miei primi ricordi di cinema al cinema ed è per questo che magari alcune scelte sembreranno un filo sorprendenti ma come ho detto...ho lasciato scegliere solo il cuore....
Vabbè, bando alle ciance e cominciamo.


1975 : QUALCUNO VOLO' SUL NIDO DEL CUCULO

Primo anno e prima crisi esistenziale: il 1975 è anche l'anno di Barry Lyndon, uno dei film più belli che abbia mai visto, il grande sconfitto alla notte degli Oscar proprio dal film di Forman.
Qualcuno volò sul nido del cuculo è un ricordo magnifico, uno dei film che ancora mi commuove nonostante lo conosca praticamente a memoria. Il film di Kubrick è magnificenza visiva senza eguali, un'epopea antieroica appena illuminata dalle luci fioche delle candele. Probabilmente il film con la migliore fotografia che abbia mai visto, ma il mio cuore gonfio di lacrime e di memorie appassionata fa pendere la bilancia dalla parte dell'altro. Impossibile poi per me dimenticare altri titoli che fanno parte della mia mitologia personale come  l'immenso Adele H. di Truffaut, una delle storie d'amore più belle e disperate mai raccontate al cinema, I 3 giorni del condor, thriller cospirazionista di Pollack , uno dei film più amati da mio padre o Picnic ad Hanging Rock, un film intenso e misterioso che conserva immutato il suo fascino nonostante gli anni.
Detto per inciso sono tutti film che mi porterei sull'isola deserta ....


1976 : GLI ANNI IN TASCA

Forse uno dei film meno blasonati di Truffaut ma uno dei miei preferiti in assoluto se dovessi fare una ristrettissima playlist personale. Bambini incantevoli descritti in una quotidianità poetica, un film che ho visto e rivisto ogni volta con piacere immutato, per me è la testimonianza di come l'indimenticabile regista francese sapesse cogliere la poesia nei bambini e nelle piccole cose che compongono la vita di tutti i giorni...Paradossalmente, ma neanche tanto, la scelta per quest'anno è stata piuttosto facile nonostante ci fossero pesi massimi nelle mie preferenze come Taxi driver, uno dei miei Scorsese preferiti e io adoro Scorsese, Police Python 357 un bellissimo polar ante litteram targato Alain Corneau ( uno dei miei ammmori registici più nascosti) con un Yves Montand eccellente, Distretto 13: le brigate della morte di Carpenter oltre a Novecento di Bertolucci, uno dei film che in quegli anni riempivano di orgoglio gli appassionati italiani. Eravamo capaci di fare cinema ad altissimi livelli e all'estero si accorgevano ancora della nostra presenza.
Piccola segnalazione per un film indegno di stare su questa lista : Oh Serafina di Lattuada. Dicevo non un gran film ma la Di Lazzaro di questa pellicola mi ha accompagnato per lunghi anni nei miei sogni di adolescente. Una delle donne più belle mai viste, al cinema e non....

1977 UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO

Anche qui la concorrenza era agguerritissima ma questo film di Monicelli è troppo grande per non essere ricordato. Il 1977 è per esempio l'anno di Guerre Stellari, film che ha stravolto i canoni estetici del film di fantascienza, uno dei miei primi ricordi di cinema al cinema, quasi non volevo più uscire dalla sala per come ero stato travolto da quell'universo di creature aliene, effetti speciali ed epica da cavaliere jedi, di quello che ritengo il miglior Allen, cioè Io e Annie, di un altro ricordo intensissimo vissuto al cinema da bambino come Incontri ravvicinati del terzo tipo ( quelle cinque note hanno risuonato a lungo nella mia testa) di un cult personalissimo come L'orca assassina, altro ricordo immarcescibile di cinema al cinema con mio padre e di altri due film che non posso omettere: due titoli agli antipodi che rendono bene l'idea di quanto io sia onnivoro cinematograficamente parlando: Ridere per ridere di John Landis, ogni volta che lo vedo mi salgono le lacrime agli occhi per troppo ridere  e Padre padrone, che mi fa salire lo stesso le lacrime ma non per ridere, per indignazione. Quella era realtà pura.
Altra segnalazione riguarda un film piccolo piccolo ma che è entrato nei miei cult personali sin da subito: L'amante tascabile di Bernard Queysanne con Pascal Sellier e Mimsy Farmer. La storia di un liceale nerd che ha una relazione d'amore, ma soprattutto di sesso con una squillo di alto lignaggio che lo inizia alle gioie del talamo. Praticamente il sogno di ogni adolescente quello di venirsi a far prendere a scuola da una donna bellissima con un automobile se possibile ancora più bella di lei...
Film sconosciuto che in tv non va da oltre 20 anni, io ho la mia bella vhs registrata....

1978 : L'ALBERO DEGLI ZOCCOLI

Avevo solo dieci anni ma evidentemente mio padre mi riteneva maturo per affrontare le tre ore piene di questo film di Olmi, visto con lui al cinema in versione sottotitolata.La scena che più mi è rimasta impressa? La macellazione del maiale.
 Mi ricordo anche che ne parlammo a lungo una volta tornati a casa. Di fronte ai miei occhi da bambino non era apparso mai nulla di simile ma forse neanche di fronte ai suoi che erano molto più esperti e scafati dei miei. Il 1978 è anche l'anno de Il cacciatore, una delle visioni più sconvolgenti dei miei anni adolescenziali, di Animal House , altro film che adoro rivedere di tanto in tanto per ridere fino alle lacrime e di Fedora, uno dei film meno conosciuti di Billy Wilder ( altro mio ammmmore cinematografico che però purtroppo per ragioni anagrafiche è fuori del tutto da questa classifica).
Citazione particolare per Un mercoledì da leoni: per tutti quelli che cercano ancora l'onda giusta.....

1979 IL FASCINO DEL DELITTO

Ovvero il capolavoro di Corneau , per quanto mi riguarda. Non ho veramente parole per descrivere quanto adori questo film , titolo che in Italia è sconosciuto ai più ma che assicuro vale una visione e anche molto di più. Scelta che sgorga dal cuore per evitare le crisi esistenziali di cui ho parlato all'inizio: questo è l'anno di Fuga da Alcatraz ( il film che ha creato in me il mito di Clint), di Apocalypse now( servono parole?), di Stalker di Tarkovskij e di altri due pesi supermassimi delle mie preferenze come Zombi di Romero e Alien di Ridley Scott, anche questi , come gli altri, film che mi porterei sull'isola deserta o in un viaggio interplanetario solo per spiegare a un abitante di un'altra galassia che cosa è il cinema.
E'anche l'anno di un altro superfilm come I guerrieri della notte che non mi stancherei mai di rivedere,  di Nosferatu di Herzog e di un mio piccolo feticcio personale: Il cavaliere elettrico di Pollack.
Un anno veramente mitico al cinema, scegliere è stato veramente duro.

1980  SHINING

Da un romanzo non certamente memorabile Kubrick trae orrore puro dicendo la parola definitiva sul genere. L'Overlook Hotel è il luogo dove risiedono i miei peggiori incubi, dai corridoi a quel mattino che ha sempre l'oro in bocca, dallo sguardo di Shelley Duvall ( che pare fosse sistematicamente vessata da Kubrick) al labirinto in mezzo alla bufera di neve. Un film che non piacque a Stephen King che lo definì una bellissima macchina senza motore ( a Stephen... ma va' va'...).
 Il 1980 è anche l'anno di un altro capolavoro immortale nelle mie preferenze come The Elephant man di Lynch ( il Lynch che mi piace) ma anche di quello che ritengo il western migliore che abbia mai visto: I cancelli del cielo di Michael Cimino, visto nella versione da 219 minuti e non in quella mutilata che talvolta passa in televisione.
E non posso dimenticare altri due film molto in alto nelle mie classifiche personali come The Blues Brothers ( basta la parola!! come diceva una famosa pubblicità) e Toro Scatenato che contiene una delle più stupefacenti prove d'attore che abbia mai visto al cinema, quella di Robert De Niro capace di ingrassare trenta kili solo per interpretare il Jake La Motta debordante dell'ultima fase della sua vita.
Smisurato...in tutti i sensi, anche al costo di trasformarsi letteralmente in un'altra persona , senza l'ausilio di troppi trucchi cinematografici.

1981 EXCALIBUR

E con questo concludiamo questa seconda puntata: altro anno che mi ha dato non pochi problemi ma per uno appassionato di Medioevo e castelli come me era obbligatorio immettere nella lista un film magnifico come questo che riscrive la mitologia annessa e connessa col Medioevo al cinema.
I cavalieri sono seppelliti letteralmente sotto armature pesantissime e quasi non riescono a brandire i loro pesanti spadoni in interminabili battaglie in mezzo al fango.
Il 1981 è l'anno di Guardato a vista di Claude Miller, un film bellissimo che vede il confronto serratissimo tra due attori che adoro come Lino Ventura e Michel Serrault , de La signora della porta accanto di Truffaut con una magnifica coppia di protagonisti formata da Gerard Depardieu e Fanny Ardant, è anche l'anno di un altro film che ha riscritto le coordinate del genere horror come Un lupo mannaro americano a Londra.
Infine il ricordo di un cultissimo personale: Chiamami aquila, una delicatissima storia d'amore ecologista in cui John Belushi dimostrava ai detrattori quanto in realtà fosse un attore magnifico.
Ci ha lasciato troppo presto.

Per oggi mi sono dilungato abbastanza .
ALLA PROSSIMA SETTIMANA!!!!


sabato 28 settembre 2013

Magic Magic ( 2013 )

Alicia va in vacanza in Cile con sua cugina Sarah. A causa di impegni improvvisi Sarah è costretta ad abbandonare la vacanza ma convince la cugina a proseguire.Alicia con gli amici di Sarah si reca allora in un'isola piuttosto appartata ma qui la situazione peggiora : non riesce a dormire, ha un rapporto controverso con i compagni di viaggio (soprattutto Brink) e tutto precipita quando è sottoposta a una specie di seduta ipnotica da parte di Agustin, appassionato di psicologia ed esoterismo. La visioni aumentano fino a che non riesce a distinguere la realtà dalla fantasia.
La sua psiche già fragile crolla come un castello di carte al vento e di mezzo ci si mettono anche riti sciamanici....
Sebastian Silva, il regista di Magic Magic , è un giovane appena 34enne che ha già un curriculum piuttosto nutrito.Naturalmente da noi è stato distribuita solo una piccola parte del suo lavoro e specificatamente il suo unico film che ha raccolto successo internazionale, quell' Affetti e dispetti ( La nana) che ha fatto girare la testa a più di un critico.
Un film di difficile codificazione per quanto mi riguarda, orgogliosamente transgenere e che lasciava numerosi interrogativi dopo la fine dei titoli di coda.
La stessa cosa succede per questo Magic Magic: un film di catalogazione impossibile perchè non è horror, non è thriller, non è semplicemente un film di genere drammatico, non è il classico film che racconta un percorso di crescita e di formazione, quel coming of age narrato già tante volte al cinema.
Per riassumere e in modo anche superficiale si può dire che racconta una personalità disturbata che arranca per giungere a una normalità agognata disperatamente ma che poi crolla , implode con effetti catastrofici.
In Magic Magic domina incontrastata l'ambiguità perchè se è vero che Alicia ( una Juno Temple sempre più specializzata in ruoli disturbati e disturbanti a cui si immola anima ma soprattutto corpo)  ha bisogno come dell'aria che respira di una seduta da uno psicoterapeuta, uno bravo però, i suoi amici, tutti a lei sconosciuti prima dell'inizio della gita in quanto il suo unico gancio, la cugina, sparisce a tempo di record, non è che brillino per simpatia particolare e hanno un comportamento strano, a volte ingiustificabile.
O forse sono tutti film proiettati nella menta di Alicia.
Sebastian Silva è bravo a calare il film in un'atmosfera da perfetta simulazione di slasher, la classica casa isolata, lontana da tutto e da tutti, con i telefoni che non prendono, ma non viene versata una goccia di sangue, non viene speso neanche un centesimo di dollaro in effettacci speciali riguardanti sangue e frattaglie varie.
Anzi sembra succedere proprio poco in Magic Magic, per la maggior parte degli spettatori sembrerà che non accada proprio nulla.
In realtà c'è uno slittamento continuo della percezione in Alicia, la sua mente è un puzzle impossibile da ricomporre, un mosaico impazzito in cui le tessere compongono figure mostruose.
E poi c'è il fattore curiosità : vedere come si comportano icone del cinema indie / giovane americano come Juno Temple, Emily Browning o Michael Cera (nei panni di Brink, forse il personaggio più ambiguo di tutti a partire da una dubbia identità sessuale, il vero artefice di questo film, anche coproduttore e amico di Sebastian Silva) in un film ambientato nella Patagonia cilena in modo molto suggestivo.
Magic Magic è un film volutamente oscuro in determinati passaggi ( anche il finale lo è) ma non sente l'ansia di fornire spiegoni circostanziati allo spettatore.
Resta tutto indeterminato un po' come se ci trovassimo tutti ad un party nella mente di Alicia.
Nel bel mezzo di un incubo senza fine....

( VOTO : 7 / 10 )

Magic Magic (2013) on IMDb

venerdì 27 settembre 2013

Rush ( 2013 )

L'accesa rivalità tra il pilota austriaco Niki Lauda e l'inglese James Hunt lungo i circuiti di mezzo mondo dalla Formula 3 fino alla Formula uno. Più che due nemici, due diversi modi di interpretare lo sport e la vita, due diverse filosofie che si scontreranno sempre e comunque. Soprattutto nel campionato mondiale di Formula Uno del 1976, anno del grave incidente a Lauda, un incidente che lo lascerà sfigurato a causa delle ustioni riportate e del suo ritorno alle corse dopo soli 42 giorni con le bende ancora fresche e le ferite sanguinanti solo per cercare di impedire la vittoria finale al rivale. Fino a quel Gran Premio del Giappone e al "gran rifiuto" di Lauda che non se la sente di correre in condizioni così' pericolose....
Pur non essendo una grande appassionato di Formula Uno ho dei ricordi abbastanza netti sulle figure del circus di quegli anni: ricordo Lauda e il suo incidente, la figura quasi paciosa di Regazzoni e tante altre figure che hanno travalicato il ruolo del semplice pilota di macchine da corsa per arrivare a lambire il mito, quali Gilles Villenueve o Ayrton Senna ( dei suoi duelli con Alain Prost il ricordo è assai vivido e dopo aver visto Rush sembra quasi che siano semplicemente una riproposizione con altri interpreti, forse anche migliori,  della rivalità Lauda/Hunt).
Di Hunt il ricordo è invece assai sfocato: ha avuto più il physique du role della meteora con quell'unico campionato mondiale vinto e quel suo essere così sfacciatamente libertino.
Ero quindi molto curioso di vedere Rush giusto per vedere come il classico regista hollywoodiano ( e al giorno d'oggi Ron Howard è il più classico dei registi hollywoodiani) trattasse una mitologia squisitamente europea come quella della Formula Uno, sport che negli USA non ha mai sfondato a livello mediatico e di pubblico.
A scanso di equivoci c'è da dire subito che Rush è un buon film: confezionato alla grandissima con una ricostruzione degli anni '70 che quasi mozza il fiato, fotografato benissimo, recitato in maniera ottimale da due attori che, seppur antropometricamente poco adatti ( sono degli omaccioni a confronto degli scriccioli che erano e sono i piloti di Formula Uno), cercano di mimetizzarsi all'interno dei loro personaggi proprio per rievocare la mitologia di quegli anni e con una sceneggiatura, scritta dall'inglesissimo Peter Morgan che complessivamente funziona, accattivante e appassionante nei momenti giusti.
Siamo però ben lontani da qualcosa di epico, qualcosa che ci spieghi veramente l'aria che si respirava in quegli anni in quanto Rush presenta tutti i pregi e i difetti del cinema hollywoodiano.
Perfetto dal punto di vista formale ma assolutamente privo del pathos che si conviene e questo perchè al di là dell'Oceano hanno sempre la tendenza a ritenere lo spettatore molto meno intelligente di quello che è, appiattendo personaggi e vicende in modo da renderle comprensibili il più possibile al grande pubblico.
In questo il disegno dei protagonisti è abbastanza manicheo: da una parte abbiamo lo sfacciato edonista, tutto fumo, alcool, donne e acceleratore sempre premuto a tavoletta, costi quel che costi e dall'altra parte abbiamo una specie di ragioniere delle quattro ruote, freddissimo, calcolatore, tutto casa e officina che dopo l'incidente diventa una specie di Freddie Krueger ad alto numero di ottani e che non se la sente più di rischiare la vita per un semplice Gran Premio di Formula Uno.
Personaggi disegnati in modo se vogliamo grossolano proprio per evidenziare il loro essere opposti e contrari in tutto e per tutto e per creare a tavolino una rivalità probabilmente molto più accesa di quanto fosse in realtà. Lauda e Hunt non erano nemici: erano solo due interpreti diametralmente opposti dello sport che praticavano, in fondo sentivano la solidarietà tra colleghi e forse anche qualcosa in più perchè in un mondo in cui di amici veri ce ne sono pochi, l'uno era il punto di riferimento dell'altro, anche solo per andare più veloce con la macchina per semplice spirito competitivo.
Perchè il rispetto tra i due era qualcosa di ben tangibile.
A Ron Howard non interessa la corsa, interessano gli uomini che sono dentro quelle bare con le ruote, cercare di capire il perchè rischiano la vita ad ogni corsa, che cosa li spinge a fare quello, cerca di individuare l'adrenalina che gonfia il cuore e fa scorrere il sangue nelle vene di questi piloti che si votano volontariamente a un possibile martirio nel bel mezzo della pista.
Perchè all'epoca la Formula Uno uccideva e anche parecchio.
Il problema di Howard è che non riesce ad arrivare a tutto questo, come quasi sempre gli è successo in tutta la sua carriera, perchè pur prediligendo uno stile che più classico non si può , la sua statura registica è nettamente inferiore a quella dei grandi della Settima Arte.
Howard si ferma alla superficie, confeziona un film impeccabile che però arriva più agli occhi e al cervello che non al cuore, mette al centro due personaggi a loro modo esplicativi di quel mondo e li racconta a modo suo con tutti i pregi e i limiti del cinema hollywoodiano odierno.
L'immagine che ho del Niki Lauda di quegli anni non è tanto il suo volto sfigurato quanto quegli incisivi molto sporgenti e quel suo strano modo di sorridere, un ghigno più che un sorriso.
Ron Howard mi ha tolto anche questo ricordo.
Anche se mi ha regalato nel finale le immagini vere di Hunt e Lauda , un vero tuffo al cuore.
Ecco , forse si....tardi, ma l'emozione alla fine, è proprio il caso di dirlo, è arrivata....

( VOTO : 7 / 10 ) 

Rush (2013) on IMDb

giovedì 26 settembre 2013

Quartet ( 2012 )

La vita scorre placida e tranquilla nella casa di riposo per musicisti dove risiedono vecchie glorie della musica lirica come Cecily, Reggie e Wilfred. Ogni anno il 10 ottobre i tre sono in prima fila per organizzare un concerto in memoria del compleanno di Giuseppe Verdi e quest'anno il concerto è ancora più importante perchè deve raccogliere fondi per garantire la sopravvivenza della casa di riposo.La serenità viene turbata dall'arrivo di Jean, diva poco rassegnata all'età che avanza e che è stata sposata tempo prima con Reggie.
La loro separazione è stata uno shock per Reggie da cui ancora non si è ripreso ed inevitabilmente i loro rapporti all'inizio sono traumatici. Ne risente anche l'organizzazione del concerto.
Concerto vitale per gli occupanti della casa di riposo altrimenti costretti a trasferirsi altrove....
A dir la verità non amo molto le commedie geriatriche: ho paura di trovare troppa malinconia e di essere come quel turista fai-da-te-no-Alpitour che si fa un giro nel museo delle cere, museo che pare sia inevitabile in ogni località turistica che si rispetti. Un po' come visitare un cimitero di vecchi elefanti o come trovarsi in mezzo alla sagra della balena spiaggiata.
Le vecchie glorie sono un'arma a doppio taglio da usare al cinema, soprattutto se si vuole confezionare una commedia come questa ambientata in una casa di riposo, chiamarla ospizio mi pare fuori luogo sia per la bellezza degli ambienti , sia perchè i vecchietti che abitano questa dimora gentilizia con qualche secolo sul groppone non sembrano così male in arnese. Anzi uno si chiede anche il perchè si siano ritirati in una sorta di esilio volontario pur non soffrendo eccessivamente dei mali legati all'età.
Però devo dire che in questo caso gli attori funzionano tutti egregiamente.
Il motivo principale che mi ha spinto alla visione è stato la presenza di Dustin Hoffman dietro la macchina da presa, cioè uno dei più grandi attori cinematografici viventi, qui praticamente al suo esordio ( anche se , non accreditato, collaborò molto attivamente alla regia di Vigilato Speciale assieme a Ulu Grosbard).
Ora vedere uno come lui , che ha lavorato praticamente con tutti i migliori registi del firmamento hollywoodiano, in cabina di regia, scatena inevitabilmente la curiosità per riuscire a capire a quale dei grandi con cui ha lavorato si è richiamato in qualche modo.
Curiosità mal appagata perchè sinceramente Quartet , tratto da una piece teatrale , ha dalla sua una discreta dose di personalità. La cosa strana, paradossale se vogliamo è che da un attore hollywoodiano che si sposta dietro alla macchina da presa uno non si aspetta una commedia che si richiama parecchio alla più recente tradizione della commedia all british, cose come Svegliati Ned! o anche roba tipo L'erba di Grace o Calendar girls.
Non che Quartet somigli in modo specifico ai film succitati ma l'aria che si respira è proprio quella.
La regia è morbida e sinuosa, fa quasi dimenticare che il film è tratto da una piece teatrale e il lavoro fatto con gli attori è di alto livello.
E su questo avevo pochi dubbi perchè credo che ci si capisca bene da grande attore a grande attore e in questa pellicola ce ne sono tanti.
La malinconia è lasciata in seconda fila in favore di una visione disincantata all'insegna del carpe diem, del vivere giorno per giorno e cercare di coglierne i frutti migliori.
Complessivamente Quartet è una visione estremamente piacevole ambientata in una location assai suggestiva, niente per cui strapparsi i capelli ma sono 100 minuti che passano velocemente con il sorriso che spesso va a increspare le labbra.
E Dustin lascia fuori anche la retorica legata alla politica della lacrima facile in un finale molto più sobrio del preventivato.
Un'ultima nota: il film si chiude con in sottofondo il brano Bella figlia dell'amore tratto dal Rigoletto di Giuseppe Verdi.
Brano nobile, di effetto ma che a un bischero come me ha fatto pensare intensamente ad Amici miei e ai Cinque Madrigalisti guidati dal prof Sassaroli e dal conte Mascetti....

( VOTO : 6,5 / 10 ) 


Quartet (2012) on IMDb

mercoledì 25 settembre 2013

The Imposter ( 2012 )

San Antonio, Texas, 1994 : Nicholas, un tredicenne come tanti altri, scompare nel nulla dopo una partitella a basket con gli amici. Dopo tre anni e mezzo un ragazzo messo in una specie di orfanotrofio a Linares, Spagna, afferma di essere Nicholas e si mette in contatto con i parenti. Ma ci sono parecchie cose strane: è moro, ha gli occhi di colore diverso e pur avendo gli stessi tatuaggi, più o meno, si esprime in un accento diverso. Eppure la sorella venuta in Spagna a recuperarlo e gli altri familiari in Texas non si accorgono di nulla e riconoscono in lui Nicholas.
Le autorità non sono convinte e cercano di andare in fondo alla faccenda...
Raccontato così sembra essere un  thriller , in realtà The Imposter esordio cinematografico del documentarista Bart Layton , attivo in televisione, è un documentario incentrato sullla figura di Frederic Bourdin, ragazzo francese che nella sua vita si è reso protagonista nell'assumere più di 500 identità diverse. Uno al cui confronto Frank Abagnale jr, l'uomo alla cui storia vera è ispirato Prova a prendermi, storia di un ragazzo  che ha interpretato la filosofia del Sogno Americano in modo decisamente personale, sembra una novizio del furto di identità.
E' subito chiaro che non ci troviamo di fronte al ragazzo scomparso ma lo stesso il film ha una capacità magnetica di attrazione perchè , centellinando rivelazioni su rivelazioni, riesce a creare una suspense che si taglia col coltello, cosa rara in questo tipo di film.
Perchè al solito la realtà supera sempre , e di parecchio , la più fervida delle immaginazioni.
Impossibile spiegarsi meglio , altrimenti incorrerei in fastidiosi spoilers che toglierebbero un po' di sapore alla visione ma la storia di Frederic Bourdin ha un suo fascino forse più ingenuo che maligno, si è calamitati a cercare di capire come questo ragazzo francese di intelligenza normale, di livello culturale non particolarmente eccelso, riesca mano mano a mettere mattoni sulla sua storia per renderla credibile agli occhi dei più.
Le bugie hanno le gambe corte e il castello di carte alla fine diventa un po' troppo complesso per non crollare ma non succede quanto uno ci si attende.
Anzi vien fuori l'orrore che si può celare dietro a un mistero di questo tipo.
E non posso dire altro.
Interessante la tecnica spuria con cui è costruito questo documentario: accanto alle interviste realizzate con i veri protagonisti della storia ci sono scene di raccordo girate per confezionare meglio il tutto e ci sono attori che interpretano personaggi che hanno avuto un ruolo nella vicenda, come ad esempio l'investigatore Charlie Parker alle prese con scene puramente fiction che riproducono la realtà dei fatti.
Inoltre c'è l'esordiente Adam O'Brian che recita la parte di Frederic Bourdin.
Presentato con successo al Sundance e vincitore di numerosi premi in festival  internazionali, The Imposter è un qualcosa di anomalo nel panorama cinematografico.
Un documentario ibrido appassionante come un thriller , confezionato con grandissima cura e con un montaggio che garantisce un ritmo molto sostenuto.
Tutto ciò inevitabilmente calamita l'attenzione dello spettatore.
Altra cosa che colpisce  in questo film che racconta  una storia ancora piena di lati oscuri è che il regista non assume nessun punto di vista, osservando tutto come fosse un entomologo alle prese con la sua teca piena di insetti.
E riesce a descrivere compiutamente una personalità patologica come quella di Bourdin, furfante matricolato ma che sorprende grazie a improvvisi lampi di genialità estemporanea.
Visione caldamente consigliata.

( VOTO : 7+ / 10 ) 

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martedì 24 settembre 2013

L'Anticristo (1974 )

Ippolita Oderisi , rampolla di nobile famiglia, è rimasta paralizzata in seguito ad un incidente automobilistico in cui perse la vita la madre. In realtà la sua è una paralisi del tutto psicologica in quanto non è giustificata da lesioni anatomiche.Il padre, appartenente a una famiglia molto religiosa ( il fratello è un arcivescovo) cerca ardentemente un miracolo che possa far ricamminare Ippolita e la porta a cerimonie in cui la religione spesso sfocia nel folklore e nella credulità popolare ma non succede nulla. Qualcosa cambia quando Ippolita viene presa in cura da uno psichiatra che la cura con l'ipnosi, il dottor Sinibaldi, amico del fratello Filippo. Le sedute di ipnosi portano alla luce una vita precedente di Ippolita , nei panni di una strega bruciata in un rogo, ma soprattutto rendono evidente che la ragazza è posseduta dal demonio ...
L'Anticristo è uno di quei film che probabilmente non sarebbe mai esistito se non ci fosse stato il successo mondiale de L'esorcista di Friedkin con il suo nuovo modo di esplorare nuove frontiere dell'orrore cinematografico.
Da certa critica è stato catalogato semplicemente come un rip off del film americano ed in un certo senso è anche vero perchè il film di De Martino non brilla certo per inventiva o per originalità, ma ci troviamo di fronte a una produzione di ottimo livello, brillantemente confezionata, con musiche di Morricone, la fotografia di Aristide Massaccesi ( Joe D'Amato), i pochi effetti speciali sono ad opera di un giovane Carlo Rambaldi e last but not least c'è un cast di attori internazionali come Mel Ferrer e Arthur Kennedy oltre a un pugno di ottimi attori italiani tra cui la protagonista Carla Gravina che si immola anima ma soprattutto corpo nella parte di Ippolita e gli allora giovani Remo Girone, nella parte di Filippo e Umberto Orsini nella parte del dottor Sinibaldi.
Ora, sarà un semplice rip off de L'esorcista ma questo film è legato a parecchi spaventi genuini legati alla prima volta che l'ho visto, quando ero poco più che adolescente e avevo letto da poco il romanzo di William Peter Blatty, da cui poi Friedkin trasse il film, che mi aveva garantito non poche notte insonni.
Ai tempi una lettura quasi clandestina, avendo praticamente sottratto di nascosto il libro alla biblioteca di mio padre contro il suo parere.
L'Anticristo rivisto oggi non fa più paura come allora ma contiene ancora sequenze non proprio facili da mandare giù come la prima parte, quasi semidocumentaristica in cui vengono mostrati alcuni posseduti, un'immaginetta di un Cristo blasfemo tenuta in mano da Ippolita che viene mostrata a favore di camera per pochissimi secondi, poco più di un frame, gli insulti pesantissimi che Ippolita rivolge a chi le sta vicino, il tentativo di esorcismo da parte di un folkloristico guaritore di cui Ippolita si prende gioco vomitando anche verde. Cosa che potrà apparire normale e soprattutto già vista ma obbligare il presunto guaritore a leccare quel vomito verde è un qualcosa che a distanza di quasi quaranta anni fa ancora discretamente schifo.
Ambientato in una Roma oscura e spettrale e questo marca una differenza abissale con l'originale americano, il film di De Martino si segnala anche per qualche scivolata nell'exploitation pura con la presenza di un incesto, malamente tagliato in sede di censura e di qualche virata sul morbosetto più che sull'orrorifico giusto per richiamarsi alla "gloriosa" tradizione del thriller erotico all'italiana.
A parte qualche ingenuità narrativa ( ma come fa la possessione demoniaca a essere legata alla guarigione di Ippolita?) e qualche effetto speciale realizzato in modo alquanto approssimativo ( gli effetti della levitazione) quello che colpisce del film, allora come ora, è l'atmosfera maligna che lo permea e che si fonde con un realismo di fondo sottolineato dalla parte iniziale del film.
Il ricordo più forte che ho dalla prima visione in anni ormai lontani è quel corridoio con pareti rosso cardinale e quelle nicchie con busti di personaggi che sembrano guardarti e che quasi ti aspetti che si animino, un corridoio opprimente  e che soffoca , instillando una cospicua dose di inquietudine, senza l'ausilio di alcun effetto speciale.
Finale sbrigativo e non particolarmente memorabile ma per quanto mi riguarda questo film rimane un cult della mia adolescenza cinematografica.
Oggi apparirà un po' invecchiato ma val sempre una visione...

( VOTO : 6,5 / 10 ) 

The Antichrist (1974) on IMDb

lunedì 23 settembre 2013

The Dyatlov pass incident ( 2013 )

Un gruppo di studenti americani, coadiuvato da un addetto alle immagini e una microfonista, parte per la Russia per cercare di scoprire che cosa si nasconde dietro il mistero dell'incidente al passo Dyatlov, avvenuto nel febbraio del 1959 in cui nove giovani russi persero la vita in circostanze ancora misteriose. Cercano di rifare lo stesso percorso nonostante i ripetuti avvertimenti e consigli a non continuare, documentandolo con una telecamera.
E naturalmente la cosa sfuggirà loro di mano, sia per le avverse condizioni metereologiche, sia per qualcosa che alcuni di loro scoprono. 
Ma mal gliene incoglierà...
Dico sempre che sono stufo dei mockumentaries horror però ogni volta che ne esce uno , sono lì in prima fila a vederlo, forse per un lieve istinto masochistico che ogni tanto mi spinge ad autofustigarmi, cinematograficamente parlando.
Ma qui sono ampiamente giustificato: c'è un tipetto tosto come Renny Harlin alla regia, uno caduto un po' nel dimenticatoio ma che se gli date una cinepresa in mano può sempre cavarne qualcosa di buono ma soprattutto c'è una storia vera ( quella dell'incidente al passo Dyatlov, una storia raccontata nei particolari in una succosissima pagina di Wikipedia, per i pigroni potete leggerla qui ) ancora gravida di mistero che ha il potenziale di tenerti incollato alla poltrona.
The Dyatlov pass incident non è un mockumentary puro , anzi è abbastanza spurio nel mescolare le varie tecniche e soprattutto evita quel fastidioso effetto mal di mare che in genere viene provocato dalle immagini girate da una telecamera tremolante.
Serve subito su un piatto d'argento un pugno di personaggi non particolarmente simpatico che ha dal primo minuto il physique du role della carne da macello e per quanto riguarda le riprese in esterni, in Russia, si avvale di locations veramente splendide.
Ha il solito problema manifestato dalla maggior parte dei film appartenenti al genere mockumentary: per un' ora non succede praticamente nulla, ci sono chiacchiere e pruriti vari, qualche piccola solecitazione per aumentare , ma di poco, l'inquietudine, non si riesce a memorizzare neanche il nome di tutti i personaggi, almeno io non sono riuscito a farlo e questo per dire che a Renny Harlin non interessava più di tanto far affezionare lo spettatore a questi personaggi, i classici sborroncelli americani che si sentono superiori e in grado di risolvere tutti i problemi, anche un mistero che resiste da oltre 50 anni.
Dopo la prima ora di acclimatamento , si fa per dire, finalmente The Dyatlov pass incident decolla e fa una specie di decollo verticale come un aereo ultramoderno.
Il livello di tensione si alza di parecchio, la vicenda prende una piega inaspettata tra sci fi e complottismo vintage da guerra fredda, il ritmo aumenta in modo vertiginoso e Harlin  muove la sua cinepresa nel buio e in corridoi strettissimi come se non avesse mai fatto altro nella sua vita, marcando la differenza tra la regia di uno che sa fare cinema come lui e i carneadi che spesso si trovano dietro operazioni fallimentari artisticamente come The Chernobyl diaries.
Un certo parallelismo si potrebbe anche fare tra i due film ma è proprio Harlin a marcare la differenza : nonostante abbia poco budget e abbia la necessita più di nascondere che di mostrare proprio per l'esiguità dei fondi a disposizione. Se la parte finale di The Chernobyl diaries era un'accozzaglia senza senso di sequenze in cui si capiva poco o nulla  in The Dyatlov pass incident è tutto molto chiaro , non ci si perde proprio nulla.
Un po' come succedeva in The Descent, film che mi è tornato in mente durante la visione,  poteva essere stato girato anche nel salotto di casa Marshall, eppure in grado di far tremare le vene dentro ai polsi.
Ho dovuto fare i salti mortali  per evitare fastidiosi spoiler ma l'ultima mezz'ora di The Dyatlov pass incident è veramente un bel vedere.
Peccato per un'introduzione troppo lunga che potrebbe scoraggiare qualcuno.
Ma poi l'attesa viene ben ripagata....

( VOTO : 6 + / 10 ) 

Devil's Pass (2013) on IMDb

domenica 22 settembre 2013

I migliori film dai miei anni in poi....# 1

Da un'idea del blogger più spiccio del web, Frank Manila, che ha voluto che gli facessimo questo regaluccio di compleanno, ecco un post antologico per sfruculiare nei gusti cinematografici e nelle memorie soprattutto di quelli un po' più vecchietti come il sottoscritto.
Il primo motore è stato il regalo da fare all'amico Frank, ma poi tutto questo viaggio a ritroso ho pensato fosse un'ottima occasione per stabilire qualche punto fermo nel cinema che preferisco e parlare brevemente di alcuni film che probabilmente non recensirò mai sul blog...
Premetto che odio le classifiche e mi scuso anticipatamente per le dimenticanze che sicuramente avrò.
Visto che gli anni cominciano a essere tantini ho deciso di fare un post a puntate...se possibile a cadenza domenicale...Spero gradirete. SI COMINCIA!!!

                                                            1968 : LA SPOSA IN NERO

Il 1968 è l'anno di tanti film fondamentali per la mia formazione da appassionato: è l'anno di 2001 :Odissea nello spazio, uno spartiacque nel cinema di fantascienza, un film da vedere e rivedere, è l'anno di Rosemary's baby, uno dei capolavori di Polanski, film che amo follemente, è l'anno di Hollywood party, il mio antidepressivo preferito, ogni volta che sto un po' giù metto il dvd nel lettore e premo play per dimenticare la giornata più ricca di downs rispetto agli ups, ma il mio cuore batte per questo film di Truffaut, un archetipo del revenge movie che si muove su coordinate hitchcockiane con una Moreau veramente memorabile. Thriller si , ma mediato dall'immensa sensibilità di Truffaut che racconta a suo modo un amore andato male....




1969: NON SI UCCIDONO COSI'ANCHE I CAVALLI?


Anche qui esclusioni eccellenti, probabilmente nella bibbia del cinefilo non ci sarebbe gara tra giganti come Il mucchio selvaggio o C'era una volta il west , Butch Cassidy oppure anche Dillinger è morto, per me uno dei capolavori della cinematografia italiana ma le scelte si fanno col cuore e il cuore mi indica il film di Pollack, un racconto straziante di un periodo buio della storia americana. Narra  in termini quasi grotteschi di come per molti il Sogno Americano si tramuti in incubo. Claustrofobico e asfissiante, non dimenticherò mai lo sguardo di Sarrazin nè l'energia di una Jane Fonda nel fiore degli anni. Film indimenticabile.
1970 : LA FIGLIA DI RYAN
 Qui il cuore conta più di ogni altro fattore nella mia scelta: il film di Lean è ben infisso tra le fibre muscolari del mio cuoricino e da un po' di anni a questa parte lo è ancora di più perchè io su quella spiaggia dove c'è la scena clou del film ( l'incontro tra i due amanti , tra sogno e realtà con Gregory Peck che sbircia da dietro una roccia e fissa muto con rassegnazione le orme sulla sabbia) ci sono stato. Ci ho passeggiato, ne ho respirato l'aria, ho sentito l'odore dell'Oceano che mi ha quasi lambito i piedi. Difficile per me escludere dal posto più alto del podio film che ritengo veri e propri capolavori ( tra tanti altri di quell'anno) come Piccolo grande uomo, film per me legato a ricordi straordinari ( uno dei film preferiti di mio padre, colui che mi ha contagiato con la sua passione per il cinema) o Cane di paglia, forse il mio film preferito di Peckinpah, film che in tanti anni non è invecchiato nemmeno di mezzo secondo....Come è dura fare queste classifiche...


1971: ARANCIA MECCANICA


Qui quello che dicono cuore e cervello quasi coincidono. Dico quasi perchè un angolino nel mio cuore è dedicato a un film delicato e terribile come Il commissario Pellissier di Sautet, uno dei registi che amo di più , un altro angolino è consacrato a L'ultimo spettacolo di Bogdanovich, ritratto spietato di una provincia americana senza futuro ( di cui abbiamo parlato nel blog, esattamente qui ) e non posso dimenticare altri pesi massimi come Il braccio violento della legge o Duel ma Arancia Meccanica è qualcosa che trascende il cinema , è arte tout court e non solo cinema, un qualcosa da vedere e rivedere come stessimo in un museo. Ha segnato un epoca ed è ancora sorprendentemente attuale, perchè l'arte vera non risente del passare degli anni...



1972. SOLARIS
Alcuni lo datano al 1971, altri, tra cui imdb.com, credo la bibbia più autorevole a cui appoggiarsi, lo mettono nel 1972. Meglio così altrimenti non avrei saputo scegliere tra il film di Tarkovskij, uno dei più grandi registi mai apparsi su questo misero pianeta, e quello di Kubrick, idem con patate. Due registi inarrivabili, due film inarrivabili ( come tanti altri partoriti dalle loro menti e dalle loro cineprese) con l'avvertenza di vedere Solaris nella versione originale con circa 40 minuti in più rispetto alla versione tagliata, è il caso di dirlo anche se mutilata rende meglio l'idea dello scempio perpetrato  per il mercato occidentale. Frettolosamente catalogato da certa critica superficiale come la risposta russa a 2001 Odissea nello spazio, in realtà Solaris è qualcosa di altro, di oltre oserei dire. Un film che mi fa relegare in posizioni arretrate film capolavoro come Il padrino di Coppola o Ultimo tango a Parigi di Bertolucci, due opere che , per inciso, amo alla follia e rivedrei in ogni istante.



1973 : THE WICKER MAN
Se c'è un film  che risponde perfettamente alla definizione di cult ebbene questo è The Wicker man, film di un misconosciuto regista poco attivo al cinema,Robin Hardy, e che mi ha regalato emozioni indescrivibili con questo piccolo film , tardissimo prodotto Hammer che è circondato da un'aura di leggenda. Non credo che sia neanche mai stato doppiato in italiano. Evitare il loffio remake americano con Cage e anche l'autoremake/ sequel del 2010, The wicker tree di cui abbiamo parlato qui ad opera di un Robin Hardy ultraottuagenario. In posizioni di rincalzo assolute leggende come L'esorcista, Paper Moon ( un ricordo di infanzia ancora forte) o Effetto notte. Una menzione particolare per un altro cultissimo di quell'anno che amo alla follia : Oscar Insanguinato con un Vincent Price smisurato, non ho altri termini per definirlo...



1974 : FRANKENSTEIN JUNIOR
Anche qui ci troviamo di fronte a una vera e propria leggenda. Non potrei definire altrimenti un film che parte come parodia e fa diventare parodia di se stesso l'originale perchè entrato talmente in profondità nell'immaginario collettivo da estrometterne un'originale assolutamente mitico. Cinema popolare, quello di Mel Brooks che diventa arte . E pensare che il 1974 è l'anno di un film da cineteca come Il padrino parte 2 , Professione reporter ( recensione qui) o C'eravamo tanto amati ( di cui ho parlato qua ), assoluti pesi massimi nelle mie preferenze.
Ma Frankenstein Junior non si tocca, forse è uno dei film che ho visto più volte e qualche anno fa ho avuto anche la fortuna di vederlo al cinema in una rassegna.

Ecco , credo che per oggi vi ho procurato abbastanza tedio addentrandomi nel labirinto dei miei millemila film preferiti....A  domenica prossima....

sabato 21 settembre 2013

Chi sei ? ( 1974 )

Dimitri, occultista , fa un patto col diavolo che gli concede altri dieci anni di vita proprio mentre sta per lasciare il mondo terreno a causa di un incidente d'auto. L'unica cosa che il Maligno chiede è di avere in cambio un erede. Dimitri come madre dell'erede sceglie la sua ex fidanzata Jessica, già sfuggita a un rito satanico, che vive a San Francisco, è sposata a un discografico e ha già due figli.
Il seme del diavolo attecchisce e inizia la gravidanza , un qualcosa di anomalo fin da subito come stabiliscono tutti gli esami medici. Ben presto ci si accorge che c'è qualcosa che non va in Jessica .
Dimitri entra nella vita della famiglia resa instabile dalla malattia di Jessica e cerca di adoperarsi per adempiere al suo patto....
Ma naturalmente col diavolo di mezzo non si sa mai che cosa aspettarsi....
C'era una volta ( e per fortuna sua c'è ancora ma presumo si stia godendo una pensione dorata) un produttore greco di origine egiziana, di stanza in Italia , Ovidio Assonitis, che, ispirandosi ai grandi successi cinematografici internazionali , cercava sempre di riproporne una sua versione, più o meno originale.
La leggenda narra che nel 1973 cercasse di aggiudicarsi i diritti del romanzo di William Peter Blatty, L'esorcista, ma fu battuto, come da più classica filosofia dell'ubi maior minor cessat, dalla Warner Bros.
Il nostro non si perse d'animo e cominciò a scrivere una sceneggiatura assieme a un suo team di scrittori e da questa sceneggiatura nacque Chi sei ? che non nega un evidente cordone omblicale che lo tiene unito a film come il succitato L'esorcista ma soprattutto il capolavoro Rosemary's Baby di Polanski.
Continua a narrare la leggenda che la Warner non fu molto contenta del film di Oliver Hellman ( l'uomo dell'inferno così si firmava Assonitis ) e visto il successo che il film stava riscuotendo negli USA intentasse una causa per plagio al produttore / regista. Il quale scelse di pagare un obolo alla major americana solo per garantire al suo film una libera circolazione nelle sale degli States.
Quindi furono contenti tutti.
Chi sei ?( ma negli USA circolava col titolo Beyond The Door) effettivamente ha molti punti di contatto col film di Friedkin e con quello di Polanski ma , pur latitando in originalità, ha dalla sua una confezione non disprezzabile, cosa affatto scontata per una produzione italiana, Italia all'epoca molto attiva sul versante erotico, thriller ed horror.
C'è addirittura il diavolo che parla in voce off all'inizio del film, ma al contrario di quello che succedeva all'epoca non ci sono sguardi morbosi da soddisfare o parodie esorcicciche da rinverdire ( per chi scrive L'esorciccio è pellicola assolutamente di culto nel suo essere trash all'ultimo stadio) .
Solo un sano , onesto lavoro di suggestione che fa da contorno al leit motiv della posseduta dal demonio che fa le vocine ( o anche vocione), vomita verde, ha i denti giallo paglierino, la testa che ruota praticamente di 360 gradi e altre amenità assortite ( efficaci comunque la sequenza della bambole nella stanza dei bambini o anche l'occhio della Mills che di punto in bianco decide di muoversi per i fatti suoi rispetto all'altro).
Però almeno c'è lo sforzo di costruire attorno a tutto questo un 'atmosfera che prescinda dagli spaventi facili ad uso e consumo del botteghino, ma che insinui inquietudine anche a costo di rallentare il ritmo.
La grossa differenza che c'è con L'esorcista o con Rosemary's baby è che nel film di Hellman / Assonitis la Chiesa e le tensioni religiose non entrano neanche di striscio: tutto è lasciato fuori.
Ci si interessa alle reazioni umane all'irruzione del Maligno nella propria quotidianità in un crescendo continuo di dubbi e rivelazioni.
E il Maligno troverà comunque il modo di lasciare il suo segno.
Interessante il cast anche se non sfruttato al meglio delle rispettive potenzialità , Lavia è un po'sacrificato all'altare della Mills e anche Richard Johnson fa vedere solo sprazzi della bravura, sparatissimo il Technicolor con tonalità caldissime e ottime  le musiche di Franco Micalizzi nel suo mix di rock, folk a psichedelia.
Chi sei? è un film assolutamente datato, poco originale ma risulta lo stesso un interessante horror d'epoca, confezionato con più cura rispetto alla media degli epigoni del periodo, documento di un periodo in cui il cinema italiano osava e veniva confezionato per l'esportazione, riscuotendo anche un certo successo.
Cosa che sembra assolutamente preclusa al nostro cinema odierno.

( VOTO : 6 / 10 ) 

Beyond the Door (1974) on IMDb

venerdì 20 settembre 2013

The Baytown Outlaws ( 2012 )

Profondo sud della provincia americana: tre tizi assaltano una casa piena di spacciatori e fanno una strage appena prima di  scoprire che hanno sbagliato indirizzo. Sono i tre fratelli Oodie, scapestrati , redneck fino al midollo, utilizzati dallo sceriffo della loro contea , un padre putativo che li protegge da eventuali problemi con la giustizia, per fare i lavoretti sporchi, leggasi eliminare criminali, e mantenere artificiosamente basso il tasso di criminalità. Quando la chicana Celeste li ingaggia per recuperare il figlio Rob che a breve incasserà un cospicuo fondo di investimento e che è stato rapito dall'ex marito Carlos, gli Oodie partono per fare il solito lavoretto ad alto spargimento di sangue. Ma inavvertitamente non uccidono Carlos che cerca in tutti i modi di recuperare Rob. Intanto un agente federale ha scoperto il rapporto esistente tra di loro e lo sceriffo della contea e visto che loro continuano a fare notizia, stavolta lo sceriffo non potrà far molto per non farli arrestare.
Intanto c'è da mettere in salvo Rob ma soprattutto se stessi....
Ammetto, non ero preparato a vedere questo tipo di film e anche l'inizio con sangue da tutte le parti e pallottole che fischiavano per ogni dove non deponeva certo a suo favore. Mi sembrava di essere stato catapultato nel bel mezzo di una tarantinata senza senso di quelle in cui i morti ammazzati superano in quantità le battute di dialogo.
E invece subito qualcosa si è smosso in maniera diversa da quanto preventivato: certo il senso ha latitato praticamente per tutto il tempo della proiezione, il body count ha raggiunto cifre ragguardevoli, ma è scattata l'empatia per questi tre protagonisti, sporchi, sanguinari ma in fondo con un loro codice d'onore, non propriamente intelligenti e che sanno far cantare meglio le armi che azionare le corde vocali.
E se fino al recupero di Rob il film seguiva coordinate alla Rodriguez prima era, poi nella seconda parte c'è lo scatto in avanti che permette al film di guadagnarsi la benevolenza.
O meglio è uno scatto all'indietro, a fine anni '70, inizio anni '80 per la precisione.
I tre Oodie si trasformano in ideali eredi de I guerrieri della notte di Walter Hill, solo che qui siamo in pieno giorno, da qualche parte nel polveroso sud degli States, costretti a sterminare bande rivali che hanno una connotazione che più vintage non si può: dalle troie assassine ( citazione dal film, così le chiama Carlos) che fanno avere un certo sapore di deja vu facendo pensare al bordello de L'uomo dai pugni di ferro di RZA, altro tuffo nel passato, che vengono eliminate nel bar in una strepitosa sequenza che fa tanto Dal tramonto all'alba, ai pirati che vanno in giro con un autoblindo customizzato con tanto di teschio con le ossa incrociate e che sembrano estratti di peso da un Mad Max, per arrivare ai nativi americani che sono protagonisti dello scontro finale dal sapore spiccatamente western.
The Baytown Outlaws, esordio nel lungometraggio di Barry Battles ( che lo ha anche cosceneggiato) assolve perfettamente al suo dovere di intrattenimento a neuroni spenti,. Cita a piene mani dal passato, come già sottilineato, ma è tutto confezionato in maniera piuttosto ironica, insomma non ci si prende troppo sul serio e questa è l'arma vincente di un film che scorre veloce, tutto di un fiato.
Altro fattore che scatena approvazione è che le due presunte star del cast, Billy Bob Thornton che sfoggia una nuova idea in testa e una Eva Longoria molto più cicciosa e dimessa del solito, sono di fatto ridotti a comprimari di lusso perchè la scena è rubata dai tre fratelli Oodie: Brick, il capo, quello che aziona al meglio quei due tre neuroni non bruciati da alcool e sparatorie, McQueen ( Saetta o Steve) con il quoziente intellettivo di un polpo decongelato e Lincoln, una bestione di oltre due metri e tutto muscoli, che parla con un Grillo Parlante della Clementoni ( sic!) dopo aver subito lo schiacciamento della laringe in un incontro di wrestling.
In definitiva una visione tamarra di cui alla fine non ci si pente assolutamente....

( VOTO : 6,5 / 10 )

  The Baytown Outlaws (2012) on IMDb

giovedì 19 settembre 2013

A Royal Affair ( 2012 )

1767: la giovane principessa inglese Caroline Matilda va in sposa quindicenne , come da promessa, al cugino, re Christian di Danimarca di appena due anni più grande. Il suo matrimonio si rivelerà presto un inferno: il re è fragile psichicamente , se non squilibrato e preferisce la compagnia delle matrone del bordello a quella della regina. Ma riescono lo stesso a procreare un erede. Christian è praticamente prigioniero del Consiglio di Corte che lo tratta come un minus habens e lo esclude da tutte le decisioni politiche finchè non conosce un medico tedesco,Johann Friedrich Struensee, seguace delle nuove idee illuministe che stanno prendendo piede in Europa.Il medico grazie a terapie oculate fa migliorare lo stato mentale del giovane re, diventa suo buon amico e  riesce ad instillargli idee nuove in politica attuando riforme impensabili fino a pochi anni prima.
Ma il dottor Struensee commette un tragico errore: si invaghisce , ricambiato, della regina Caroline Matilda e questa diventa un'arma formidabile nelle mani di quel Consiglio di Corte, fatto di nobili conservatori fomentati dalla matrigna del re Christian, per metterlo in cattiva luce anche a  causa delle sue idee illuministe e riprendersi il potere mandando in esilio la regina.
A Royal Affair di Nikolaj Arcel, già cosceneggiatore della serie tv scandinava Millennium e, tra gli altri,  del film Uomini che odiano le donne, tratti dai fluviali romanzi di Stieg Larsson, racconta un pezzo di storia danese che è ignorato dai più, soprattutto alle nostre latitudini.
C'era il rischio di fare qualcosa di polpettonesco, la durata ampiamente sopra le due ore in questo senso predispone e magari ci si accorge che , specie nella parte centrale , il passo è quello lungo della fiction televisiva. Ma stavolta non è un male: il tempo che Arcel si prende per raccontare la sua storia è ben impiegato nel comporre un quadro variegato ed esaustivo delle personalità complesse dei tre protagonisti in campo tutti alle prese con le proprie debolezze e contraddizioni.
Christian VII di Danimarca è un re solo di facciata, pusillanime prigioniero dei suoi dignitari, interessato più ai suoi giochi e scherzi che alle sorti del suo popolo.
La regina Caroline Matilda è prigioniera di una vita consacrata all'opulenza e al lusso sfrenato ma senza neanche un barlume di felicità e per questo è quasi portata a cedere le sue grazie al dottor Stuensee, di idee illuministe ( quasi socialiste ) ma allo stesso tempo assiduo frequentatore di bordelli e dedito al libertinaggio come pochi.
Eppure dalla sinergia di queste tre personalità differenti e uniche venne fuori una stagione di riforme irripetibile per la Danimarca.
A Royal Affair è fondamentalmente la storia dell'ascesa e della caduta del dottr Struensee a cui Mads Mikkelsen dona fascino e fisicità e proprio la passione che lega tra di loro i protagonisti è un qualcosa che gli permette di andare a un livello superiore rispetto ai soliti film ricchi visivamente, curati sotto ogni aspetto formale, ma fondamentalmente senza anima.
Il film di Nikolaj Arcel oltre a offrire particolare ricchezza nelle ricostruzioni d'epoca e uno sfarzo raramente riscontrabile in una produzione europea ( per di più scandinava, non proprio la cinematografia più ricca) regala una storia di amore, di passione in vorticoso crescendo e con delle pagine assolutamente vigorose in cui il fuoco che arde dentro i cuori dei personaggi viene efficacemente contrappuntato dal gelido clima danese, con il ghiaccio che avvolge tutto e tutti.
E poi ci sono delle prove d'attore assolutamente straordinarie: detto della prova eccellente di Mads Mikkelsen, ormai una garanzia anche a livello internazionale, la vera scoperta di questo film è Mikkel Boe Folsgaard nella parte di Christian che disegna un personaggio memorabile  afflitto da problemi di paranoia e di schizofrenia, vittima delle proprie pulsioni e insicurezze senza mai scivolare nell'eccesso dell'overacting o nella caricatura.
A Royal Affair ha anche concorso come miglior film straniero agli Oscar del 2013.
Continua a esserci del marcio in Danimarca.

( VOTO : 7,5 / 10 ) 


A Royal Affair (2012) on IMDb

mercoledì 18 settembre 2013

Stupidario veterinario # 4

Ormai questi post "veterinari " stanno diventano una consuetudine all'incirca mensile , una buona abitudine devo dire. Mi diverto a raccontare quello che succede al lavoro e devo riconoscere ancora una volta di essere molto fortunato a fare il lavoro che faccio, un qualcosa che mi piace e che talvolta è molto, molto divertente e sono sicuro che questa cosa non se la possono permettere in tantissimi ( avere un lavoro che piace molto e durante il quale succedono tante cose buffe e/o esilaranti).
Per prima cosa devo dare il benvenuto a una new entry dell'ambulatorio: sempre di piccoli quadrupedi si parla. Stavolta è il caso di questa gattina con una pezzatura più tipica di una mucca frisona che di una gatta( e che per questo è stata ribattezzata prontamente Macchia dai bradipini) che ho recuperato nel parcheggio qui fuori appena prima di Ferragosto. Quando l'ho trovata era uno scarabocchietto pieno di acari, pulci e di parassiti di ogni genere che se la stavano letteralmente divorando ( era praticamente una gattina attaccata ad acari, pulci, zecche e pidocchi non il contrario come succede solitamente). Ora da rospetto bruttarello a forza di baci e di carezze si sta trasformando in una principessa,
pettegola come poche e ha preso possesso di alcune locations dell'ambulatorio, tipo lo spazietto vicino alla stampante del computer, le sedie della sala d'attesa , oppure sopra la mia borsa da visita domiciliare su cui allegramente si fa le unghie. A proposito di unghie: mi vuole talmente bene che cerca sempre di venirmi in braccio. Ma per salire usa una tecnica molto particolare: invece di scalare dal basso ancorandosi ai pantaloni lei che cosa fa? Salta più in alto che può e poi usa le unghie come ramponi da alpinista affondandole all'altezza delle mie ginocchia. Risultato? Un dolore semprevivo e due ginocchia letteralmente massacrate dalla piccola felina arrampicatrice.
Chiusa la parentesi Macchia che vedete immortalata ( non è che le piace tanto mettersi in posa e ho notato che ha una passione particolare per il computer) veniamo al racconto di cose buffe.
Allora vi dovevo il racconto della signora che mi ha confessato di avere un gatto gay: questa confessione è scaturita dal fatto che la stessa signora mi aveva portato tre gatte tutte piuttosto incinta e alla mia osservazione sul fatto che avesse un maschio e che praticamente questo gattone avesse un luna park dotato di tutte le giostre e le attrazioni varie praticamente sotto casa ( tradotto un vero e proprio harem) lei se ne esce con questa cosa del gatto gay e mi dice che lui sta sempre con un altro gatto maschio , suo probabile compagnuccio di merende di ogni tipo, e che insieme felici saltano per i prati e i campi che stanno intorno casa. Ora, questa immagine bucolica mi ha fatto venire subito in mente Heidi e le caprette che salterellano felici tra i monti, anzi per dirla tutta mi ha fatto venire in mente un qualcosa tipo Peter e Remi che se la spassano allegramente lassù tra i monti....troppo becero?
Allora continuiamo con argomenti delicati: che dire di quel signore anziano molto distinto che ha in cura una cagnetta con l'epilessia e che è venuto per la prima volta da solo ( di solito è accompagnato dalla sua signora distintissima anche lei) e dopo aver avuto la prescrizione mi si avvicina confidenzialmente e mi dice :
" Dotto' io c'ho 79 anni ( alla buona salute!) e ho cominciato a perdere qualche colpo" Senza che gli chiedessi nulla continua nello spiegare meglio questa sua affermazione" Ringraziando Iddio funziona ancora tutto ma non è che mi potresti prescrivere qualcosa per funzionare meglio a letto con mia moglie?"
Giuro che ho mantenuto una faccia marmorea nonostante pensassi a quella povera donna e alle insidie  portate dal  madrillone ma dentro di me stavo morendo per cercare di non ridere...eh eh eh si vergognano di rivolgersi al loro medico e chiedono al veterinario...
A proposito di chiedere al veterinario invece che al medico: una signora si presenta con fare parecchio circospetto perchè a suo dire il suo è un problema parecchio imbarazzante. Esordisce con un " Dottore sono vari giorni che soffro di un fastidiosissimo prurito anale" e nella mia testa erano già partiti i Prophilax con il loro pezzo " Sono preda del raptus anale"( se lo volete ascoltare eccolo qua con l'avvertenza che potrebbe urtare i più suscettibili).
Prima che facessi in tempo a rispondere alcunchè mi spiattella sulla scrivania in un fazzoletto di carta un po' della sua cacca da analizzare ...ecco non ho vomitato solo perchè avendo trascorso all'Università quattro anni nell'Istituto di  Anatomia Patologica ( traduzione: autopsie a pranzo , cena e colazione) ho lo stomaco foderato di cemento armato...dalla parte di dentro però....
Per oggi sono scivolato troppo nel becero...
Buona giornata!

martedì 17 settembre 2013

Intruder ( 1989 )

In un supermercato di periferia si sta facendo la chiusura serale quando alle casse si presenta con fare bellicoso Craig, ex di Jennifer , una delle cassiere. E' un tipo poco raccomandabile e una cattiva nomea, oltre all'atteggiamento aggressivo.Viene cacciato grazie all'aiuto degli altri dipendenti ma promette vendetta. Intanto i dipendenti del supermarket apprendono da uno dei proprietari che saranno licenziati a breve in quanto l'attività è stata venduta. E in sovrappiù un maniaco senza volto comincia a ucciderli a uno a uno  nei modi più disparati...
Intruder è un tardo slasher arrivato quasi alle soglie degli anni '90 , quando lo slasher stava scemando ormai nell'immaginario collettivo e che negli anni si è guadagnato , a ragione, una discreta fama sia al di là che al di qua dell'oceano.
Al di qua dell'oceano soprattutto perchè lo hanno visto in pochissimi trasformandolo in oggetto di culto, praticamente mitologia cinematografica.
Il perchè di questa fama è presto detto: per prima cosa le firme presenti dietro questo progetto.
Scott Spiegel, il regista, qui praticamente al suo esordio è un amicone di Sam Raimi, presente in Intruder in uno dei ruoli principali , è presente anche Bruce Campbell in un gustoso cameo oltre a Ted Raimi e  gli effetti speciali, molto curati e splatterosi senza compromessi, sono della ditta Kurzman , Nicotero e Burger responsabili dei migliori effetti negli horror di quegli anni e oltre
Intruder è uno slasher dall'intelaiatura abbastanza standard per non dire poco originale: un pugno di personaggi in un ambiente chiuso e circoscritto, un supermarket che ha tanto il sapore di archetipo romeriano , una sceneggiatura scritta su uno scontrino per quanto povera ( siamo ai limiti del porno per come certe situazioni sono create in modo imbarazzante e ingiustificato, tipo all'inizio tutti si mettono a picchiare Craig senza manco sapere chi è ), una capacità particolare di isolarsi e di accorgersi tutto con il solito, classico attimo di ritardo, un maniaco senza volto che solo all'ultimo svelerà la sua identita ( e il finale ha molto il sapore di una beffa anche per gli stilemi consolidati del genere).
Quello che distingue Intruder dalla paccottiglia slasher di quegli anni è la regia molto raimiana ( e chissà che il giovane Sam, una faccia che non gli daresti un centesimo, non abbia avuto influenza su Spiegel o abbia direttamente imbracciato lui la cinepresa) con prospettive inedite e deformanti date da una camera che spunta un po' da tutte le parti, compreso un carrello della spesa o inquadra tutto attraverso una bottiglia che filtra e modifica tutto, ma soprattutto la violenza che lo caratterizza con omicidi violentissimi, splatter come se piovesse e qualche sequenza assolutamente memorabile ( tipo una testa affettata in senso orizzontale).
Distribuito in Italia in dvd con il titolo alternativo di Terrore senza volto.
Datato , poco originale ma una visione magari nostalgica, la merita.

( VOTO : 6 / 10 ) 


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