I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

giovedì 31 luglio 2014

Sherlock Holmes ( 2009 )

Dopo aver catturato un serial killer tra i più pericolosi di nome Lord Blackwood , Holmes e il suo fido assistente Watson pensano di aver risolto il caso della vita.
Ma il killer ricompare anche dopo la morte e i due si ritroveranno nel bel mezzo di una lotta all'ultimo sangue in una ragnatela di omicidi, inganni e magia nera.
E Holmes deve fronteggiare con tutte le sue armi anche la fidanzata del suo sodale, i capi di Scotland Yard che capiscono tutto sempre col classico attimo di ritardo e le grazie tentatrici di Irene Adler....
L'investigatore più famoso del mondo in versione deduzione e cazzotti.
Non c'è che dire , l'idea di attualizzare il brand ingessato dell'investigatore vittoriano trasformandolo in una sorta di supereroe campione di arti marziali e pugilato è vincente soprattutto perché a parer mio intercetta tutta una fascia di pubblico che Holmes lo conosce solo per sentito dire.
La fascia dei cultori di fumetti e dei blockbusters.
Anzi il rischio è che la maggiori parte conoscerà Holmes come è illustrato in questo film e se avrà l'azzardo di aprire libri con i racconti di sir Arthur  Conan Doyle (ma forse conoscendo il target questo pericolo è alquanto remoto) sarà irrimediabilmente deluso.
Perché è indubbio che l'Holmes di questo film è altra cosa rispetto a quello letterario.
Bypassato questo aspetto non posso dire di essere rimasto deluso dal film: è esattamente quello che mi aspettavo.
E credo che fatto uscire in mezzo ai cinepanettoni nostrani sia stato un bel lusso da concedere agli spettatori.
E'un film visibilmente ad alto budget,confezionato con cura, con ottimi effetti speciali ,con scenografie raffinate e un uso neanche troppo invasivo della computer grafica.

Bisogna poi ammettere che la coppia di protagonisti è decisamente ben assortita con un Downey tiratissimo (a meno che gli addominali a tartaruga siano un effetto speciale) e un Jude Law decisamente a suo agio nel fargli da spalla.
A vedere le evoluzioni di Downey quasi mi veniva il dubbio che stessero proiettando una preview di Iron Man 2 o qualche film di un altro supereroe a me sconosciuto.
Un Holmes cyber punk aggiornato all'era della realtà virtuale che segue il canovaccio brevettato dell'azione con intermezzi ironici. 
Guy Ritchie,ex Mr Madonna, regista muscolare da risse al pub letteralmente sguazza in un mondo così caratterizzato.
E sia Downey che Law dal punto vista sia fisico che dell'ironia mi sembrano sufficientemente attrezzati.
Ci si può divertire,l'occhio è appagato da una Londra livida, brulicante e minacciosa, tra esoterismo finto d'accatto e supercattivi con la solita brama di dominio del mondo.
Dal punto di vista formale è tutto inattaccabile.
Dal punto di vista dei contenuti si latita ma credo che sia parzialmente giustificabile.
Mi sono posto a lungo una domanda durante la visione del film:ma dove è il professor Moriarty?
Colui che racchiude in sè tutta la tenebra che c'è nel mondo letterario di Holmes,la sua nemesi?
Qui non c'è....o meglio non appare..ci sarà la prossima volta.
Bellissimi i titoli di coda,terminati i quali si comincia a dimenticare quello che si è appena visto.
Ma è un pedaggio minimo,forse necessario.
La fotografia malsana e  terrificante nei suoi toni plumbei e desaturati del grande Rousselot,ecco quella si fa fatica a dimenticarla.
Senza ombra di dubbio la cosa migliore del film...

( VOTO : 6,5 / 10 ) 

Sherlock Holmes (2009) on IMDb

mercoledì 30 luglio 2014

Il mio quattrozampe e io - Ciccola e GattoSandro


Eccoci qua, dopo i problemini della settimana scorsa , brillantemente superati, spero, pronta una nuova puntata della rubrica più amata dai gatti che frequentano la blogosfera ( provate a smentire se siete capaci ), ma anche dai cani , anche loro protagonisti anche se piuttosto in ombra.
Sembra che la blogosfera sia colma soprattutto di gattofili.
Oggi più che con un gatto abbiamo a che fare con una creatura mitologica , il GattoSandro, accudito amorevolmente dalla sua padrona Ciccola con cui forma un binomio praticamente indissolubile.
GattoSandro è anche l'unico, credo, gatto che gestisca un blog ( gattosandro-viaggiatore.blogspot.it) che dovete assolutamente sommergere di visite.
Si parla un po' di tutto , di gatti di viaggi e di porzioni di scibile provenienti da tutto l'universo.
Con lo stile leggiadro di Ciccola, una padrona di casa veramente incantevole.
Ma cominciamo con l'intervista che di chiacchiere ne abbiamo fatte fin troppe.
1) Presentati e presenta il tuo amico a quattrozampe

Quando ero piccola avrei tanto voluto un cane, ma il massimo che mi era concesso era di tenere un uccellino. Ho avuto Cip, il canarino che mi faceva delle serenate pazzesche e Federico, un bellissimo cocorito. 
Alla fine però mio papà ha ceduto e mi ha portata a prendere un cucciolo. Solo che appena ho visto tutte quelle zampette non ci ho più visto e, morale della favola, sono tornata a casa con un gattino. Max (diminutivo di Massimiliano) era un bel gattone tigrato, il mio migliore amico. Quando aveva circa 4 anni si è ammalato, e da quando è morto mia madre non mi ha più permesso di avere altri animali.

Quando sono andata a vivere da sola ho iniziato subito a pensare a un gatto, e c'era giusto una gatta di un'amica che aveva appena fatto i cuccioli. Dei quattro micetti Sandro non è stato la prima scelta, diciamo che tra i due disponibili era evidentemente il più vivace (non è vero, si vedeva lontano un miglio che era il più stronzo) e proprio per questo è diventato il mio gatto. Potevo mica scegliere il più timido e gracilino, no?

Fin da piccolo si è rivelato una furia. Sandro non corre sui pavimenti, lui fa il giro completo camminando sui muri. E' riuscito a saltare da fermo ad altezze incredibili e da quando c'è lui a casa (quasi 13 anni) non ho mai più passato una notte a dormire le mie ore di filato. A lui piace da morire darci il tormento quando siamo a letto e finché non ci svegliamo non smette di ululare. A volte per svegliarmi mi tira un cazzotto dritto nell'occhio, e non è niente rispetto alle cicatrici che mi hanno lasciato i suoi canini.

Sa essere un coccolone e con gli estranei fa il gatto di pezza (anche se adora spaventare un amico che ha paura di lui), ma fa anche cose assurde visto il soggetto tipo farsi tagliare le unghie e farsi dare un bacio sul naso e non può dormire senza starmi appiccicato. Però ogni tanto mozzica, senza motivo o preavviso. E' fatto così.

Ha passato 5 o 6 anni sul balcone a prendere le misure con la squadretta e il compasso, ad elaborare la formula giusta per riuscire ad acchiappare i rondoni che ogni anno tornano nel nido sul tetto. E alla fine ce l'ha fatta, perché vince sempre lui. Un anno in un paio di mesi ne ha catturati una decina, di cui sono riuscita a salvare tutti tranne uno (assassino di un felino!).

Qualche volta inciampa, si ribalta, prende male le misure e sbatte, allora rido tantissimo perché è proprio buffo ma devo fare attenzione perché è anche permaloso. Ogni tanto mi fa arrabbiare e lo sgrido, ma non posso resistere a quei bottoncini che ha al posto degli occhi.

Visto il suo carattere particolare, il suo attaccamento a noi (mi duole ammetterlo ma ama il mio compagno molto più di me, io sono la sua ruota di scorta sigh!) e il suo essere contemporaneamente folle e tenerone abbiamo iniziato a parlare del "gattosandro" come se fosse una razza o un modo di essere. Che ne so, un'amica racconta che il gatto si è lanciato in testa a qualcuno e ha dato di matto? Ecco un altro gattosandro. Il gatto della vicina ha portato in casa una bestia con mirabolanti e pericolosissime piroette sul davanzale? Un gattosandro anche lui.

Il mio blog è dedicato al lui nel titolo e nel senso di libertà e "vagabondaggio" che lo caratterizza. Io me lo immagino sempre, con la ciotola in testa tipo cappello e il fagotto che vaga di paese in paese alla ricerca di una nuova avventura. Un po' come quando torno a casa e trovo casino in giro "Hai fatto un festino e invitato gli amici stasera?". Invento storie, situazioni. Forse la vera folle sono io!

2) Quasi un personaggio mitologico il GattoSandro: lo hai mai portato con te in uno dei tuoi numerosi viaggi?

Magari! No purtroppo Sandro è con me solo con la fantasia. Da quando c'è lui evito di stare troppo fuori casa, perché non è vero che i gatti sono indipendenti e stanno bene da soli. Lui è un compagnone e la solitudine non gli pace per niente. 

3) Da dove nasce la tua passione per i gatti e per i viaggi? 

Non saprei, sono una gattara da sempre. C'è stato un periodo in cui mi prendevo cura di tre gatte randage che vivevano sotto casa mia. Adesso non ci sono più, il mio quartiere non ama molto i gatti.
La passione per i viaggi nasce invece in età adulta. Appena ho avuto un minimo di stabilità economica ho iniziato a viaggiare, e non ho più smesso. La famiglia del mio compagno ha influito molto, a cena si finiva sempre col parlare dei loro viaggi, tra fotografie, ricordi e racconti. La verità è che avevo paura di volare, ma una volta superata la mia voglia di esplorare luoghi lontani è esplosa.

4) Sono tutti uguali i gatti nel mondo oppure quelli italiani sono diversi?

Sono diversissimi! I gatti giapponesi sono rotondi, quelli cinesi sono piccoli, gli egiziani hanno la faccia appuntita... Mi piace fotografare i gatti di tutto il mondo, sono degli esseri bellissimi e affascinanti. 

5) Ho letto sul tuo blog che ti piace viaggiare da sola: è cambiata questa abitudine e non ti manca condividere al momento , con qualcuno lì con te , le esperienze del tuo viaggio?

In realtà io viaggio in coppia, anche se prima o poi vorrei coinvolgere qualche amico. Io in viaggio sono una macchina da guerra, è dura starmi dietro e per qualcuno potrebbe essere un tour de force troppo faticoso. Lore (la mia dolce metà) mi asseconda sempre ma qualche volta chiede pietà, io ho sempre troppe cose da vedere e da fare, lui qualche volta vorrebbe un po' più di relax. Mi piace condividere le mie esperienze sul blog, e la più bella soddisfazione è sapere che c'è qualcuno che prende spunto dai miei itinerari per fare viaggi simili ai miei. 
6) Come ti accoglie GattoSandro quando manchi per diversi giorni?

Lui è un coccolone, quando torno mi fa tantissime feste! Poi fa un po' l'offeso, mi snobba, ma è sempre felice di vederci. Quando era piccolo andava dai nonni, e per lui era una festa, dicevamo che andava al Club Med perché passava dai nostri 50 mq ad una casa enorme, piena di balconi e addirittura su due piani. Una pacchia. Purtroppo il Club Med non è più disponibile e abbiamo tentato la carta degli altri nonni (i miei) ma se l'è giocata malissimo. Li ha messi in croce, ha dato davvero il meglio (peggio) di sè. Ti dico solo che mia mamma aveva così paura dei risvegli sandreschi che ha dormito per tre settimane sul divano, mentre Sandro dormiva sul letto con mio papà! Dopo quell'unica esperienza mia madre ha detto un categorico "il mio nome è MAI PIU'" e ho dovuto trovare un'altra soluzione. Per fortuna ho un amico con cui va molto d'accordo che me lo tiene volentieri. Lo scorso anno si sono trovati bene e quest'anno ripetiamo l'esperienza. 

7) Qual è il posto in cui vorresti abitare assieme a Sandro ( e al tuo compagno, se vuole)?

Io sono felice di quel poco che ho. Casa mia è piccola, ma basterebbe un balcone un po' più profondo per essere perfetta. Potremmo avere tutte le stanze del mondo e ci troveremmo comunque tutti e tre nella stessa stanza. Sandro è appiccicoso, non ci molla neanche quando andiamo in bagno ^_^
Però se potessi scegliere io vorrei abitare al mare, in una casa magari col giardino dove dare sfogo ad un'altra mia passione: le piante.

8) Il tuo viaggio più bello fino ad ora o meglio , presumo che siano tutti belli, quello a cui sei più legata?

Il viaggio più bello è il primo in Giappone, perché è stato un sogno che ho potuto avverare. Il mio blog nasce proprio per raccontare quell'esperienza.
Però quello a cui sono più legata è il secondo viaggio in Cina, perché è stato il più difficile ma anche il più sorprendente. Mi è sembrato un grandissimo azzardo, ed è stata un'esperienza davvero molto gratificante.

9) Il viaggio che hai sempre sognato e che non sei mai riuscita a fare?

Ho la fortuna di aver realizzato molti desideri, l'unico viaggio che avrei voluto tanto fare è il classico interrail che hanno fatto i miei amici dopo la maturità. Ormai non ho più 18 anni da un bel pezzo, ma vorrei farlo prima o poi.

10)Siamo alla domanda marzulliana: se GattoSandro fosse un film, una canzone o un libro?

Un film: Dragon trainer. Sandro è IDENTICO al protagonista (un draghetto nero come lui). Una canzone in particolare non saprei, noi storpiamo sempre le parole quando cantiamo, ci infiliamo un Sandro in tutte le strofe. La nostra preferita è "...solo un Sandrino al limone...". Il libro che mi viene in mente è "Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve", primo perché ormai sta diventando un vecchietto (ha 13 anni), secondo perché me lo immagino perso in mille avventure, se potesse parlare si inventerebbe un sacco di storie!

11) Se fosse un personaggio letterario, televisivo o cinematografico?

Sandro sarebbe senza dubbio una rock star, bello e maledetto, con un caratteraccio ma gran carisma. Farebbe strage di cuori e si farebbe cacciare dai salotti della tv.

12 ) E se fosse un viaggio?

L'esplorazione del deserto del Sahara. Sarebbe un perfetto Tuareg, nomade avventuriero, con un profondo sentimento di libertà.

13) Hai assaggiato cibo praticamente da tutto il mondo: la tua cucina preferita e se ce l'hai il tuo piatto preferito?

I piatti più buoni del mondo li ho assaggiati in Tunisia. Adoro il brick, che è una specie di crespella croccante con un fantastico ripieno, e il cous cous.
Ho una grande nostalgia del ramen giapponese e dei ravioli cinesi.
Tutte cose che è difficile trovare in Italia nella ricetta originale (per lo meno a Torino).

14) Titoli di coda: puoi dire tutto quello che vuoi a chi leggerà questa intervista....


Chi non ha un gatto penserà che non sono normale, dato che metto Sandro al centro della mia vita e gli dedico addirittura il titolo del mio blog! 
Sono in partenza, vado in Corea del Sud. Questa meta ha suscitato molte perplessità, più di quante ne aspettavo per la Cina. Sono per le mete "non convenzionali", ma forse le informazioni che raccoglierò per il blog potranno essere utili a qualcuno (lo spero).
Mi ha fatto davvero piacere rispondere alle domande di questa intervista, e sono onorata d'essere sul tuo blog. Pure Sandro ringrazia, anche se tutte queste domande lo hanno stancato. Lui si ritira nella sua cuccia, io vado a fare la valigia.
Buona estate a tutti.

Purtroppo siamo giunti al termine dell'intervista, Cic cola con tutti i suoi viaggi ci ha fatto sognare, e , visto che siamo in tempo in ferie , ci ha fatto volare con la fantasia anche un po' di più...
LA prossima settimana è il turno de La Folle.
Con questo nick mi aspetto grandi cose.
Che ve lo dico a fare? Le iscrizioni sono ancora aperte, basta lasciare un commento e spargete la voce...
Alla prossima!

martedì 29 luglio 2014

All Cheerleaders die ( 2013)

In un mondo competitivo come quello della high school e in quello ancora più selvaggio che gravita attorno alla squadra di football e alla pletora di cheerleaders che le fanno da coreografia, quattro di queste ragazze si trovano a far gruppo contro il capitano della squadra di football e i suoi accoliti in una sorta di guerra tra i sessi.
In una sera ad alto numero di ottani e di bevande alcoliche ingerite i maschietti provocano un incidente in cui le ragazze più o meno muoiono( insomma lo spoiler del titolo).
Più o meno perché vengono riportate in vita dalla streghetta del gruppo , criptolesbica, grazie a delle pietre magiche.
Però sono zombie e hanno bisogno di carne umana per mantenersi belle e non decomporsi.
Indovinate dove vanno a cercarla?
Da dove partiamo?
Dall'inizio.
C'erano una volta due giovanotti con la passione della regia, Chris Siverston e Lucky McKee che un po' per gioco , un po' perché ci credevano veramente fecero un horror da quattro soldi, letteralmente girato con un pugno di centesimi di dollaro, che però fece circolare il loro nome al punto di consentire loro di partire per una carriera in horror e affini.
Tra i due il più noto è senza dubbio Lucky McKee che ha messo su una serie di regie niente male intervallate da qualche ciofeca.
Ora dopo 12 anni i due si riuniscono assieme alle loro cheerleaders e girano una specie di remake ( in realtà non so neanche se lo sia, io il primo film non l'ho visto) fatto con qualche soldino in più e radunando un discreto numero di belle gnoc...ehm pulzelle.
E così nasce All Cheerleaders Die .
Che dire del film?
Ecco, bisogna vederlo con lo spirito giusto: cinematograficamente è un gradino appena più su della spazzatura cinematografica per come sfruculia negli avanzi del genere horror cercando di farne una parodia, però direi che visto con gli occhi adatti risulta essere anche piuttosto divertente.
Ha un look molto anni '80, abbozza un sacco di temi senza svilupparne manco mezzo, ammassa tutti gli stereotipi possibili e immaginabili sui giovani e sulle high schools, divide il mondo in donne ( oggetto) buone e uomini cattivi, mette insieme anche abbastanza alla rinfusa stregoneria, film di zombie, vampirismo,slasher e chi più ne ha più ne metta ma ha dalla sua la capacità di non prendersi affatto sul serio.
Questo lo rende di fatto una visione piuttosto divertente e che travalica il puro genere horror anche perché gli spaventi non ci sono e se anche ci fossero sarebbero gestiti con ignava noncuranza, i due registi sembrano quasi disinteressati a tutti i trucchetti che si usano di solito nei film de paura, e il sangue , talvolta abbondante, non disturba più di tanto.
Quello che disturba è il rumore di ossa rotte che si sente nell'incidente della prima cheerleader.
Siamo insomma nella goliardia pura con annesso finalone al cimitero in cui qualcuno che riposa in pace avrà , come dire , un sussulto e nel marasma totale c'è anche una didascalia che dice che quella è la fine della prima parte.
Quindi vuol dire che ce ne sarà una seconda....
Bene.
O male a seconda che questo film  vi sia piaciuto o meno.
La cosa che mi ha lasciato un po' basito è che uno come McKee che ha diretto film con al centro protagoniste di sesso femminile sorprendenti ed originali per certi versi, sicuramente non banali ( parlo di May ma anche di The Woman) ora torni a una rappresentazione sessista della donna incarnata dalla figura di questo gruppetto di cheerleaders che pensano solo a limonare, entrare nel party giusto e che tra loro si chiamano l'una l'altra con l'appellativo gentile di "bitch".
Insomma la banalità con tette e culi annessi.
Ma si ritorna al discorso della parodia a cui avevamo accennato prima.
Parodia che risulta anche divertente ma poi sembra che i due nel finale si facciano prendere un po' la mano....
Comunque un ottimo dissetante per l'estate...

( VOTO : 6 / 10 )

 All Cheerleaders Die (2013) on IMDb

lunedì 28 luglio 2014

Transformers 4 - L'era dell'estinzione ( 2014 )

Cinque anni dopo la battaglia definitiva di Chicago, la CIA ha deciso di eliminare in gran segreto tutti i robottoni che ancora vagano sotto mentite spoglie per tutto il globo terracqueo.
Optimus Prime si nasconde in un cinema abbandonato, in mezzo a tanti simboli dell'America eroica di una volta e qui viene recuperato da Cade Yeager, inventore scapestrato e squattrinato con una figlia da mandare al college che sembra avere molto più sale in zucca di lui.
La CIA trova Optimus Prime, Cade glielo nega e scatena un lungo inseguimento in cui muore il fratello di Cade.
Ma non è finita: la ricerca della KSI ha prodotto un metallo, il transformio, che può essere programmato come meglio si crede perché instabile dal punto di vista chimico.
Optimus Prime intanto chiama a raccolta tutti gli Autobot rimasti e combatte contro Lockdown, cacciatore di taglie al soldo della CIA e contro la sua creazione al transformio.
E nella sua astronave che volteggia sui cieli di Hong Kong ci sono tante altre sorprese che vengono dal passato.
Lo ammetto : dopo Pain & Gain- Muscoli e denaro ( di cui abbiamo sparlato qui ) mi aveva sorpreso, quasi illuso che Maicolbei, il terrore della Settima Arte, si fosse affrancato dal modello bang bang bang del suo cinema fracassone.
Quello messo a punto con la saga dei Transformers, un robivecchi cinematografico mica di ridere con tutto il frastuono provocato in tre film che si segnalavano per una qualità costantemente in discesa della proposta e per un aumento progressivo del numero di decibel.
Un primo film quasi accettabile, per via di una prima parte sul filo dell'ironia, un secondo francamente brutto, un terzo veramente osceno.
Dopo il terzo mi aspettavo il diluvio e invece Maicolbei da gran furbone quale è sempre stato, gira un paio di viti qua e là, azzera tutto e cerca di salvare il salvabile.
Tradotto: nuovo cast di umani, il tentativo di dare una storia dietro le battaglie tra robottoni e anche un ritorno al passato nel senso di non prendersi troppo sul serio.
Ma non tutte le ciambelle riescono col buco e questo Transformers 4 - L'era dell'estinzione è una ciambella non perfettamente riuscita.
Però perlomeno è una ciambella, almeno le assomiglia.
Il frastuono della seconda parte è meno accentuato che nei film precedenti, diciamo anche che le varie lotte tra robottoni sono meglio intellegibili rispetto al passato, riesci a capire senza tante complicazioni chi combatte contro chi, i robot sono meglio caratterizzati e anche resi più espressivi a differenza delle pellicole precedenti in cui lo spettatore veniva letteralmente bombardato di rumore e di sequenze talmente veloci grazie a un montaggio ipersincopato e frammentato che quasi non ti rendevi conto di quello che stavi vedendo.
Ti rendevi conto solo che ti alzavi dalla poltroncina con una gran mal di testa e una sensazione di mal di mare che passava solo quando si usciva all'aria aperta.
In Transformers 4 - L'era dell'estinzione tutto questo accade un po' meno....ma accade lo stesso.
Un po' di stress per le sollecitazioni audiovisive c'è sempre, del resto se non ci fosse non sarebbe il cinema di Maicolbei,uno che sta diventando sempre più il braccio armato di Spielberg che si è ritagliato il ruolo di produttore sin dall'inizio della serie.
Cerca di sollecitare memorie e coscienze con quell'inizio in un cinema abbandonato ( metacinema? nooo sarebbe troppo per il nostro amico) ma soprattutto con quei simboli di americanitudine( mi passate il neologismo?) sparsi a piene mani.
E del resto il personaggio di Cade Yeager non è il classico personaggio americano, patriota , individualista e idealista oltre l'autolesionismo e non racchiude in sè tuti i dettami di quanto sia figo andare avanti con l'iniziativa privata?
Tanto, troppo per un personaggio solo che ostentatamente deve piacere al pubblico medio che ci si deve identificare un minimo, non troppo.
Se un ferale terzo capitolo della saga per quanto mi riguarda aveva messo una pietra tombale sui Transformers, questo quarto film qualche speranza per il futuro ce la regala.
Magari sarebbe il caso anche di non arrivare sempre oltre le due ore e mezza di durata: la vescica potrebbe non reggere a tanti minuti.
E comunque a me i Transformers sono sempre stati un po' sulle palle anche da prima che esistessero i film.
Non sarà Transformers 4 - L'era dell'estinzione a farmi cambiare idea.
Però , devo dire che mi aspettavo molto peggio...qui quasi ci si avvicina alla decenza cinematografica e non l'avrei mai detto....

( VOTO : 5,5 / 10 ) 

Transformers: Age of Extinction (2014) on IMDb

domenica 27 luglio 2014

La città ideale ( 2012 )

Michele Grassadonia è un architetto palermitano che ha lasciato la Sicilia per trasferirsi a Siena che per lui è la città ideale. Ecologista convinto , non propriamente simpatico ai colleghi di lavoro, abita in una casa in cui cerca di ricavare energia elettrica da strani e antiquati macchinari .
Una sera per andare a prendere una collega da portare a una riunione si fa prestare una macchina ( ibrida , perché lui non guida macchine da 8 anni visto che inquinano) ma ha un piccolo incidente.
Nella pioggia la sua macchina viene urtata da qualcosa di indefinito ( un animale?) e lui ne perde il controllo andando a sbattere contro della macchine parcheggiate.
Lascia un biglietto per farsi rintracciare e subito dopo, percorse poche centinaia di metri, vede qualcosa adagiato in mezzo alla strada.
E' un uomo, appena investito. Chiama la polizia per soccorrerlo ma si ritrova ben presto ad essere il principale sospettato dell'investimento del malcapitato.

Che non è una persona qualunque.
Michele Grassadonia per colpa della propria dabbenaggine e per circostanze sfortunate subisce le angherie di una giustizia tentacolare, sorda, cieca e stupida,
Quella della città ideale.
Dovrà tornare a Palermo per sistemare le cose. 
Forse.
La città ideale è l'opera prima di Luigi Lo Cascio, attore di valore nel panorama cinematografico italiano che qui oltre a ritagliarsi il ruolo di protagonista , ha scritto la sceneggiatura e firmato la regia.
Come non sono sempre ovvie le scelte del Lo Cascio attore, sempre al di fuori di certi circuiti commerciali, anche il suo primo film da regista e sceneggiatore si segnala per la sua particolarità in uno scenario, come quello italiano, in cui spesso l'intelligenza è considerato un optional a pagamento.
La città ideale è infatti un film complesso, stratificato, preciso, anzi volutamente pedante nella caratterizzazione del personaggio principale, l'architetto ecologista Michele Grassadonia ( interpretato da Lo Cascio) e volutamente sfumato nella definizione dei personaggi secondari, figurine strane e  paradossali che fanno da corollario a un personaggio estremo come quello di Michele.
Un architetto, quindi abituato a progettare e realizzare opere che abbiano impatto ambientale, eppure talmente ingenuo e idealista che cerca di fabbricare corrente elettrica con degli strani aggeggi e una bicicletta collegata a una dinamo, uno che se ne frega delle relazioni umane in nome del suo integralismo ecologista.
Ha eletto Siena sua città ideale. La città ideale.
Eppure quando viene preso nelle spire tentacolari di una giustizia che non lo vede neanche, quando affonda in sabbie mobili da lui stesso approntate con gesti totalmente stupidi, non esita a tornare, in barba a tutti i suoi princìpi e ideali, da dove era venuto, un posto in cui la giustizia funziona solo in base alla bravura e alla retorica dell'avvocato che ti difende.
Un posto in cui tutto si può accomodare.
Il film di Lo Cascio può essere interpretato come curioso apologo su un uomo quasi stritolato da una giustizia kafkiana ma anche , pur con tutta la sua simbologia , come un film di impegno civile in cui l'architetto si trova nel mezzo di una macchinazione degna di un romanzo di Leonardo Sciascia.
Probabilmente ci sono entrambe le cose in un film che non cerca scorciatoie facili o appigli turistici per piacere.
Anzi Siena , la Siena che si vede in questo film , è totalmente svuotata di ogni velleità turistica, città ideale secondo Grassadonia ma tutto tranne che accogliente come un'alma mater, anzi fredda e distante, a tratti oscura e spettrale un po' come succedeva ne Il palio delle contrade morte, romanzo di Fruttero e Lucentini che più volte mi è venuto in mente durante la visione.
Anche perché nella città del palio non manca il cavallo che ha un ruolo fondamentale.
Cinematograficamente parlando siamo dalle parti del cinema civile italiano di una volta: facendo le dovute proporzioni siamo dalle parti di Francesco Rosi  e di Elio Petri soprattutto.
Ma io ci ho visto anche una copiosa dose di Ferreri nell'uso di simbologie non sempre elementari e per un gusto per il paradosso che non è roba da tutti i giorni per il povero cinema italiano.
Il cinema in fieri del Lo Cascio regista ha gusto, talento e ambizione.
Ha la voglia di mettersi in gioco a dispetto degli incassi ( che infatti non ci sono stati. Questo film è stato vergognosamente ignorato al box office italiano).
E' questo il cinema italiano che vogliamo, pur se a tratti irrisolto e con tutti i suoi difetti.

( VOTO : 7 / 10 ) 

The Ideal City (2012) on IMDb

sabato 26 luglio 2014

Noah ( 2014)

Tra tutti coloro che abitano la Terra , Noah ( o Noè che dir si voglia), discendente diretto di Set , è l'unico che cerca di rispettare sempre i dettami del Creatore e cerca di far rispettare tutto anche alla moglie e ai figli.
Sarà per questo che il Creatore gli appare in sogno e gli fa costruire un'arca in cui preservare tutto quanto di buono c'è sulla Terra perché sta arrivando un diluvio universale che spazzerà via totalmente la razza umana.
A scanso di equivoci e solo per guadagnarmi i miei 92 minuti di applausi dirò subito che per me Noah è una cagata pazzesca.
Brutto per essere brutto.
Aiutatemi a dire brutto.
Per fare la battuta dell'anno potrei dire che fa acqua da tutte le parti, oppure che quell'Arca inaffondabile in realtà fa colare a picco il film peggio del Titanic e così via con un rosario di battute marinaresche.
Per quanto mi riguarda Darren Aronofsky è uno stranissimo animale cinematografico .
Mi ha regalato nella sua carriera uno dei film più belli che abbia mai visto, The wrestler, ma anche  uno degli scassamenti di palle più imponenti ai quali ho avuto la (s)fortuna di assistere, L'albero della vita -The fountain.
E qui prevedo il diluvio sopra il mio capo perchè so che questo film ha molti fans agguerriti che lo difendono a spada tratta mentre per me è il peggio del cinema di Aronofsky condensato in due ore di proiezione.
Questo per dire che Aronofsky è autore che guardo sempre con attenzione e anche con ammirazione perché non sceglie mai scorciatoie facili per accaparrarsi il benvolere del pubblico.
Prosegue nel suo percorso autoriale, alla ricerca di una poetica personale e di uno stile che lo contraddistingua immediatamente dal marasma di mestieranti che affollano il panorama cinematografico internazionale.
Il problema è che il nostro nella sua carriera, sempre parere personale , quindi opinabile e insindacabile allo stesso tempo, ha preso delle topiche clamorose, degli intoppi colossali che hanno gettato molti dubbi sul suo talento.
Il primo è stato L'albero della vita- The fountain, già ricordato prima, il secondo è il film di cui stiamo parlando oggi, Noah.
Il peggio del peggio del suo cinema: tronfio polpettone esistenzialista , il film che vede protagonista assoluto Russel Crowe è letteralmente insostenibile.
140 minuti di delirio assoluto, un impasto micidiale di religione e teologia, storia e leggenda, testi sacri e impennate fantasy tolkeniane , una mattonata pesantissima che arriva diretta in faccia all'ignaro spettatore.
Tra scenari post atomici, scene di massa che sembrano prese di peso dalla saga del Signore degli Anelli, declamazioni di battute che oltrepassano spesso la soglia del retorico, Noah procede a tentoni scimmiottando anche la cosmogenesi kubriuckiana ( di 2001 Odissea nello spazio) e malickiana ( di The tree of life).
Curioso anche che sposi il creazionismo e di fatto col procedere delle immagini invece si schieri apertamente dalla parte dell'evoluzionismo.
Insomma , poche idee ma in compenso ben confuse.
Noah cerca di riabilitare il genere biblico con una magniloquenza irrisolta e ripiegata su se stessa che non ha la maestosità di un film di Cecil B. de Mille, uno che di kolossal se ne intendeva e ne riusciva a fabbricare in serie, praticamente senza sbagliare un colpo.
Ad Aronofsky in questo film manca il senso del racconto, l'epica di un personaggio mitico e biblico come Noè, ridotto a una specie di caricatura con la chioma cangiante che mena le mani molto meglio di quanto parli ( della deriva action del personaggio che mena come un ossesso, ne vogliamo parlare?) nasconde anche la sua arca ( chissà perché mi ero fatto l'idea di un'arca un po' come quelle che si vedono sui libri di religiione per bambini, con gli oblò tondi e le teste degli animali che fanno capolino, una specie di nave da crociera) rendendola all'esterno un insieme di assi mal assemblate e dentro una specie di antro buio e sporco in cui consumare le lotte intestine tra i vari uomini che sono costretti a soggiornarci.
C'è anche il cattivone in puro stile hollywoodiano e il figliol prodigo che ritorna dalla parte del padre.
Un vero peccato che vengano buttate via così sequenze e scorci bellissimi in cui si apre soprattutto il finale del film ( ma anche la parte centrale, quella un po' più agitata).
Noah è letteralmente indigeribile anche con un vagone di Maalox a portata di mano.
Si ferma di traverso nello stomaco, ammesso che riesca a passare l'esofago , e se ne sta lì fermo giorni e giorni.
Assumere con cautela e seguendo le istruzioni per l'uso.
Potrebbe avere effetti collaterali anche gravi.
Si declina ogni responsabilità.

( VOTO :  2,5 / 10 )

Noah (2014) on IMDb

venerdì 25 luglio 2014

Capitan Harlock ( 2013 )

Nel 2977 la popolazione di terrestri e di loro discendenti ha raggiunto la ragguardevole cifra di 500 miliardi. Sono sparsi per l'universo e il numero esorbitante impedisce di fatto un loro ritorno a casa nonostante guerre sanguinose ( denominate Coming Home) e il dispiegamento di una potentissima flotta attorno al pianeta azzurro ad opera dell'organizzazione della Gaia Sanction con il compito di distruggere chiunque si avvicini.
Tra coloro che si aggirano per le galassie c'è l'astronave Arcadia ai comandi di Capitan Harlock, uno di quelli che vuole sovvertire i dettami della Gaia Sanction.
Viene così inviato sull'Arcadia un infiltrato di nome Yama, fratello di Ezra , comandante delle forze armate di Gaia.
Yama dovrebbe uccidere Harlock ma si schiera ben presto dalla sua parte e anche i vari tentativi di Ezra di riportarlo dalla parte della Gaia Sanction falliscono miseramente.
Anche quando Ezra racconta al fratello ribelle il passato di Capitan Harlock, gli fa vedere come realmente è ridotta la Terra ( un ammasso di buche e crateri) e in una lotta finale lo ferisce sotto l'occhio destro di cui perderà l'uso.
Una cicatrice identica a quella di Capitan Harlock.
Un ideale passaggio di testimone in nome della libertà in giro per le galassie.
Difficilissimo riassumere in una breve sinossi  tutto quello che succede in questo Capitan Harlock versione 2013, la prima in computer grafica.
Se come si suol dire anche l'occhio vuole la sua parte, qui ne avrà in abbondanza perché l'intelaiatura visiva del film è maestosa, eccezionale, qualcosa in cui perdersi e ritrovarsi, anche al di là di tutte le chiacchiere ( interminabili, a volte estenuanti) che si fanno durante il film.
La complicazione è una sceneggiatura dai dialoghi interminabili e infarcita di tanti, troppi avvenimenti.
Il rischio di perdersi nel film è elevatissimo se non si segue attentamente la vicenda.
Il problema è che questo non è il Capitan Harlock che ho conosciuto quando ero piccolo: è qualcosa di diverso, invece che un eroe romantico, l'ultimo dei romantici, si comporta come un deus ex machina tronfio e che si bea del suo status di leggenda, in grado di intervenire quando e come vuole per cambiare a suo piacimento la storia.
Rimane il suo status di ribelle a tutto tondo, attivista contro tutti i regimi totalitari , umani o alieni che siano, ma ci troviamo di fronte a un'elaborazione profondamente diversa del personaggio che qui diventa ancora più taciturno ed è decisamente meno presente, anzi per la maggior parte del film è relegato sullo sfondo, incombe sulla narrazione ma in realtà in questo Capitan Harlock del 2013 viene narrata soprattutto la storia dei due fratelli contro, Ezra e Yama, dei loro conflitti venuti da lontano e delle loro diverse filosofie di vita.
Altra cosa difficile da mandare giù per un fan della primissima ora del cartone animato ( mi perdoneranno i puristi giapponesi se lo chiamo così ma non sono molto informato sulle varie tecnologie e non voglio sparare cazzate o millantare competenze che non ho abusando di Wikipedia) è tutta questa tridimensionalità di personaggi e di ambienti grazie a una computer grafica che perfeziona tutto ma di riflesso appiattisce anche i tratti nervosi del disegno che erano parte integrante del mondo del vecchio Capitan Harlock.
Questa nuova riscrittura delle avventure del mitico capitano è decisamente complicata da seguire e questo scoraggerà sicuramente i più giovani( ma probabilmente non erano loro il target di riferimento), tanti avvenimenti, tante parole e cambiamenti di sponda, tante cose date per scontate ma che per chi si avvicina per la prima volta al personaggio non lo sono così tanto.
E' duro da seguire però arrivare alla fine dà un senso di estrema soddisfazione, un po' come il ciclista che ha appena finito di scalare lo Stelvio o l'Alpe d'Huez, perché si è riusciti a non abbandonare nonostante tutti i tentativi da parte degli sceneggiatori che hanno condensato in due ore di film , avvenimenti che ne avrebbero occupato una serie intera.
Musica potentissima e che sottolinea al meglio i vari passaggi e una certa aria alla Star Wars completano il quadro di una megaproduzione ( 30 milioni di dollari, per essere un film giapponese , sono una bella cifra) che si occupa del difficile compito di ricreare la leggenda un po' sbiadita dagli anni di Capitan Harlock, uno degli eroi della galassia decisamente più fascinosi.
Sollucchero puro la lotta finale tra i due fratelli e il passaggio di testimone tra Harlock e Yama, forse un passaggio un po' troppo telefonato ma per il fan vedere che c'è una speranza di rivedere ancora su schermo le avventure di uno degli eroi preferiti....
Capitan Harlock in definitiva è un film piuttosto difficile da giudicare: complesso oltre ogni aspettativa , con molti difetti ed esagerazioni , ma affascinante e generoso con lo spettatore come il personaggio che gli dà il titolo.
Ed esteticamente è favoloso.

( VOTO : 7 / 10 ) 

Space Pirate Captain Harlock (2013) on IMDb

giovedì 24 luglio 2014

Sotto una buona stella ( 2014 )

Federico Picchioni è un benestante broker finanziario che convive con un arredatrice di successo. Quando muore improvvisamente l'ex moglie e la Guardia di Finanza chiude la sua attività per colpa delle truffe commesse dal suo capo, Federico, in gravi difficoltà economiche è costretto a prendere i suoi figli in casa, Lia , aspirante poetessa con una figlia di 3 anni di padre ignoto e Niccolò  musicista in cerca di successo.
La compagna di Federico litiga continuamente con i suoi figli e alla fine decide di andarsene, se ne va anche la colf e li lascia nel marasma totale.
Arriva in compenso Luisa che viene ad abitare nell'appartamento a fianco. Lei è una tagliatrice di teste ( licenzia gente per conto delle varie ditte che la chiamano) afflitta da sensi di colpa e ripudiata dalla sua famiglia.
Federico, i suoi figli  e Luisa cominciano a frequentarsi formando una specie di famiglia allargata finché...
Anche Verdone si accoda al cinema della crisi volendo raccontare a modo suo l'Italia di oggi, i problemi economico finanziari, le famiglie allargate e quelle ristrette, le truffe dei furbetti del quartierino e i vari conflitti generazionali.
Ora, era un po' di tempo che avevo perso di vista Verdone e quindi mi può essere sfuggita l'evoluzione del suo cinema negli ultimi anni, ma quello che ho visto in Sotto una buona stella , mette abbastanza tristezza.
Verdone non sarà mai stato un gran regista ma vederlo a un livello di confezionamento così basso mi stupisce assai, azzecca la scelta di Paola Cortellesi con cui ha un'alchimia quasi perfetta ma sbaglia clamorosamente alcuni comprimari come Tea Falco nella parte di Lia che qui appare come una pessima attrice, afflitta da cagneria di proporzioni epiche e mi rifiuto di credere che sia così mediocre e
soprattutto che Verdone , vedendo i giornalieri , non abbia notato quanto fosse sbagliata la performance dell'attrice , oppure come Eleonora Sergio il cui stile recitativo è troppo sopra le righe in un personaggio piuttosto stereotipato.
Stupisce poi la sciatteria con cui è tirato via un po' tutto, c'è un aspetto da sitcom che si intuiva già dal trailer ( mancano solo le risate preregistrate), gli arredi avanguardistici della casa in cui abita Picchioni fanno letteralmente a pugni con un tizio vintage come Verdone che ha due figli che sembrano appena usciti da una comune anni '70.
Due figli che a voler essere generosi non sono il simbolo della nuova generazione, del nuovo che avanza, ma sono solo figurine di cartone indolenti troppo brutte per essere vere o verosimili.
La colpa più grave di Sotto una buona stella è la stessa di cui abbiamo parlato a proposito di Tutta colpa di Freud pochi giorni fa: ha la pretesa di raccontare la realtà ma ne è totalmente avulso, è  come immerso in una bolla spazio temporale che ha pochi contatti col mondo reale.
Probabilmente a Verdone non interessa neanche più di tanto dare una patina di verosimiglianza al suo film , è interessato molto di più alle dinamiche sentimentali tra i vari personaggi che stavolta sono elementari, quasi banali e il film si trasforma in una serie di scene da sit com televisiva che non danno mai l'impressione di arrivare al livello di un racconto globale, organico.
E soprattutto non arrivano mai a sfiorare nemmeno per sbaglio la cattiveria del Verdone di qualche anno fa , tutto è così intriso di melassa e di buonismo che quasi viene una crisi iperglicemica....
Da salvare la Cortellesi , attrice veramente di livello che non inciampa neanche quando è alle prese con un copione zoppicante come quello che le ha consegnato il suo amico Carlo, mentre non riesco a salvare neanche la prova di Verdone , incancrenito nella sua solita macchietta, stavolta imbruttita e invecchiata nonostante sia circondata da glamour e che non esplora mai la sua vena patetica che così brillantemente ha mostrato ne La grande bellezza di Sorrentino.
Sporadiche risate annegate in una mare di noia e di tristezza.
Brutta storia questa del cinema di Verdone....
E a me sta umanamente molto simpatico.
E' anche della Magggica....

( VOTO : 4,5 / 10 )

Sotto una buona stella (2014) on IMDb

mercoledì 23 luglio 2014

Il mio quattrozampe e io - Un riepilogo

Oggi niente intervista.
Una coincidenza fatale di impegni personali e di esami a cui non ci si può sottrarre ( a proposito in bocca al lupo , Ester!) ha fatto in modo che non si riuscisse ad organizzare per oggi l'intervista con la " delicatamente perfida" Ester Moidil.
Purtroppo poi per colpa mia non sono riuscito ad avvertire per tempo la persona successiva e quindi piuttosto che fare una cosa frettolosa ho deciso di rimandare per una settimana.
D'accordo con Ester, visto che le interviste rimaste sono pochine, abbiamo fatto come alle Poste e l'abbiamo fatta scivolare in coda.
Piuttosto che stare senza pubblicare niente a riguardo di una rubrichetta che mi sta dando veramente grosse soddisfazioni ( e non sto parlando di visualizzazioni , ma del piacere impagabile di conoscere un po' più da vicino persone che frequento qui sulla blogosfera e soprattutto quattrozampe amorevolissimi) colgo l'occasione per fare una sorta di post riepilogativo.
Allora per prima cosa devo dire che ormai sono rimasti pochi coraggiosi da intervistare  e quindi nell'arco di un pugnetto di settimane termineremo le interviste.
E io spero tanto che questo non succeda.
La prossima in turno è Ciccola, messa in lista quindi per mercoledì prossimo, appena possibile la contatto nel più breve tempo possibile, poi sarà il turno de La Folle e quindi il turno di Musaghei con il suo Rio, uno dei pochi cagnolini che hanno fatto parte di questa rubrica.
Evidentemente Il mio quattrozampe e io è una rubrichetta seguita soprattutto da gattofili.
L'ultima in lista per adesso è Ester Moidil, così vengo anche incontro alla sua esigenza di far slittare la sua intervista ad agosto, lontana da esami e scadenze varie ( sbagliato perché si cominciano a pagare le tasse).
Ho pubblicato questo post anche per incitarvi ad iscrivervi alle interviste, non voglio far terminare questa buona abitudine del blog.
Allora che aspettate?
Iscrivetevi qui: basta indicarlo in un commento e magari lasciare un contatto.
Che devo fare per convincervi?
Vi devo dire che mi fate fare una figuraccia con l'amico Moz visto che le sue interviste sono schedulate fino al 2015 inoltrato?
VI DEVO PAGARE?
Ecco a quello purtroppo non ci si arriva perché le finanze sono quelle che sono.
Però la mia gratitudine sarà immensa.
Spargete la voce, allertate gli amici e gli amici degli amici, non è necessario essere un blogger.
Fateli passare di qua: può darsi che gradiranno.
ISCRIVETEVI ! ISCRIVETEVI ! ISCRIVETEVI!

martedì 22 luglio 2014

Custodes Bestiae ( 2004 )

Un professore universitario trova in un mercatino dell'antiquariato delle foto , apparentemente di poco valore ma pagate a caro prezzo.
Una sera invita a casa sua un giornalista suo amico per renderlo edotto della straordinaria scoperta che ha fatto, qualcosa di pericoloso visto che viene rapito proprio mentre si sta vedendo col giornalista e scompare nel nulla.
Dal canto suo il giornalista prosegue le ricerche con il materiale che gli ha lasciato il professore: aiutato da uno studente universitario scopre un mistero che perdura da cinque secoli e che non è stato ancora svelato.
La chiave di tutto è in un affresco e in una chiesetta in un piccolo borgo antico nascosto da occhi indiscreti.
Ma questa indagine per lui sarà a carissimo prezzo.
Custodes Bestiae è il secondo lungometraggio realizzato dal giovane regista friulano Lorenzo Bianchini, film realizzato con i contributi regionali forniti dalla regione Friuli.
Contributi per fare un horror?
Ebbene si , la regione Friuli ha finanziato, poco, pochissimo a dir la verità perché il budget di questo film è veramente esiguo un film di genere che non sia la solita commedia italiota.
E ben ha fatto a mettersi nelle mani di un regista capace e di talento come Lorenzo Bianchini, uno che , a vedere questo film e la sua carriera in genere ( che tra mille difficoltà sta proseguendo nel disinteresse generale della scena cinematografica italiana evidentemente intenta a fare altro e non a riconoscere un talento cristallino come quello di Lorenzo) è abituato a fare le nozze coi fichi secchi per come lavora mettendo in campo moltissime idee a dispetto di fondi non esattamente da film hollywoodiano.
Già a leggere la sinossi è subito chiara quale sia la pietra di paragone di questo film: parliamo de La casa delle finestre che ridono di Pupi Avati,un pezzo (quasi ) unico di quel filone che venne all'epoca denominato horror padano.
Naturalmente bisogna fare tutti i distinguo del caso perché quello di Avati era un film confezionato con dovizia di mezzi, qui ci troviamo di fronte a una produzione praticamente amatoriale a causa del budget.
Budget talmente ridotto che ha determinato la scelta di realizzare tutto in digitale, tecnica che riduce moltissimo le spese ma che appiattisce irrimediabilmente la fotografia che è importantissima in prodotti come questo che devono provocare suggestioni orrorifiche.
La luce fredda del digitale non è troppo adatta ma Bianchini dimostra di bypassare anche questo piccolo handicap senza eccessivi problemi.
Altra cosa che mi ha colpito e che mi ha fatto capire il perchè la regione Friuli abbia concesso un finanziamento a un film horror, cosa che avrà sicuramente fatto inorridire qualche stuolo di benpensanti, è il discreto numero di locations, di grande bellezza, che viene utilizzato durante il film.
Se spesso per ridurre il budget si usa l'unità di luogo, qui Bianchini ha moltiplicato scene, personaggi e ambientazioni riuscendo a dare al film un ritmo inaspettato e continui motivi di interesse in un racconto che nel finale si tinge di tonalità lovecraftiane.
Altro fattore non secondario è l'uso della lingua o meglio del dialetto che spesso salta fuori nei dialoghi, un simbolo della preservazione di un'identità, una sorta di certificazione di un senso di appartenenza.
I custodi della Bestia sono tra noi, la Bestia è tra noi e non perde occasione di rimarcare la sua superiorità sull'uomo.
Zero effetti speciali, una regia virtuosistica ma che sa fermarsi sempre nel punto giusto, evitando di cadere nell'arzigogolo fine a se stesso, la sensazione che a causa del budget ci sia qualcosa di inespresso in questo film costretto a nascondere oltre il dovuto , più che a mostrare.
Però i piedi caprini di Satana sono là in bella vista e anche una scena finale con un bel deposito d'angoscia a lento rilascio.
Film realizzato con 3000 euro. Si, avete letto bene :tremila.
Uscito nel 2004 ma distribuito in dvd due anni dopo.

( VOTO : 6,5 / 10 ) 

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lunedì 21 luglio 2014

Stolen ( 2012 )

Will Montgomery è l'unico membro della sua banda di rapinatori ad essere catturato dopo una rapina milionaria il cui bottino però, dieci milioni di dollari, è sparito e solo lui sa che fine ha fatto.
Lui non parla, si fa otto anni di galera cosicchè quando esce ha un po' di occhi puntati addosso in tutto quello che fa perché tutti cercano quei soldi che in realtà sono andati in fumo.
 Lo segue l'FBI ma soprattutto lo contatta il suo vecchio complice Vincent, da tutti creduto morto, che nel Mardi Gras di New Orleans ha rapito Alison, la figlia di Will, e se la porta in giro per le strade trafficate rinchiusa nel bagagliaio della sua automobile.
Chiede a Will i dieci milioni di dollari e gli dà dodici ore di tempo per consegnarglieli altrimenti Alison morirà.
Will contatterà un'altra ex complice per procurarsi il denaro e per presentarsi al rendez vous con il suo vecchio amico....
Leggendo la carriera di Simon West, il regista, uno sa bene che non è lecito aspettarsi chissà che , perché il nostro nelle sue regie ha sempre masticato mediocrità più che altro.
E magari la stessa cosa uno la pensa di Nicolas Cage, una volta attore di belle speranze, ora incancrenito in ruoli ingabbiati in mille stereotipi ed entrato nel mito per quella faccia da figliolone scemo che l'età che avanza ( e la parrucca che diventa man mano sempre più abbondante) gli sta consegnando in dote.
E lui ci mette del suo scegliendo sempre ruoli che confermino questo sacrilego pensiero.
Qui fa il rapinatore superprofessionista, come sempre succede nei film americani, il migliore del suo campo o quasi e si ritaglia anche una specie di codice d'onore che lo fa stare zitto e muto in galera per un bel po' di anni.
E se lui non presenta il conto al suo passato , stavolta è il passato che torna prepotentemente a farsi sentire.
Da qui la sua trasformazione in eroe d'azione , un expendable sotto mentite spoglie tanto per rimanere in tema con l'ultimo film decente che ha fatto West, che deve recuperare una figlia e chiudere i conti con il cattivone di turno.
Il tutto con sullo sfondo la coloratissima New Orleans del Mardi Gras ( ma quanti film si sono svolti durante il Carnevale di New Orleans? ormai ne ho perso il conto), una FBI in vena di dabbenaggini che lo segue e cerca di ostacolarlo e un dolce ritorno di fiamma ( leggasi Malin Ackerman, veramente notevole) che rende più dolce il presente.
West aumenta il ritmo ma rimane prigioniero di tutti gli stereotipi possibili e immaginabili del classico thriller d'azione americano e nonostante infarcisca il suo film di un po' di tutto ( la rapina iniziale girata come se ci trovassimo in un heist movie, sparatorie, scazzottate, qualche barlume di ironia qua e là, un villain disabile ma di cattiveria spropositata, forse pure troppo sopra le righe, amore filiale ecc ecc ) si presenta come un film debole e posticcio (come la capigliatura del suo protagonista) un po' su tutti i fronti, indeciso su quale strada prendere e proprio per questo non riesce mai ad appassionare come sarebbe lecito.
Stolen
Neanche lo spettatore di bocca buona che cerca cinema ad impatto zero sui suoi neuroni devastati dalla canicola estiva.
Perlomeno un minimo e invece no: elettroencefalogramma rigorosamente piatto.
Da ricordare il blasfemo cappellino che sfoggia Danny Huston nel film ( lo stesso tipo che portava Gene Hackman ne Il braccio violento della legge) che te lo fa odiare sin dal primo secondo che lo vedi abbigliato così..
Stolen, film da 35 milioni di dollari di budget è stato una debacle con pochi precedenti al botteghino americano incassando in tutto circa 300 mila dollari, più o meno....
Qualcosa vorrà pur dire....

( VOTO : 4 / 10 ) 

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domenica 20 luglio 2014

The tourist ( 2010 )

Frank Tupelo, insegnante americano sentimentalmente abbastanza in disarmo conosce la bella Elise, donna non propriamente limpida e che è al centro di un intrigo internazionale tra gangsters e interpol.
Sorvegliati dalle polizie di mezzo mondo e cercando di stare lontano dalle grinfie dei malfattori.
In una sarabanda di inseguimenti e situazioni paradossali, a spasso per i canali di Venezia , i due avranno modo di approfondire la loro conoscenza.
O forse si erano già conosciuti.
O forse Frank non è uno sprovveduto come sembra....
Non so neanche da dove cominciare per parlare di questo che nelle intenzioni hollywoodiane doveva essere una sorta di blockbuster d'autore visto il lustro del nome di Florian Henckel Von Donnersmarck dopo il bellissimo Le vite degli altri.
Purtroppo invece che parlare di blockbuster di autore ci troviamo a disquisire , come quasi sempre , di come Hollywood riesca ad asfaltare, nel nome del dio denaro, tutti i migliori talenti registici provenienti dalla vecchia Europa.
E Von Donnersmarck era uno di questi.
Ma se un umile cinefilo pensa e spera che il film sia del regista a Hollywood  la pensano diversamente e decidono di girare uno spot di cento minuti su Angelina Jolie in sfilata di moda perenne, cercando di creare la diva definitiva del nuovo millennio.
E ne creano una caricatura.
Venezia è sfondo mesto e male sfruttato,Johnny Cicciobello Depp è comparsa benissimo pagata in trasferta premio, le maestranze attoriali italiane sfilano in ordine come tanti soldatini pronti solo per  recitare il loro triste copione infarcito di luoghi comuni triti e ritriti, il bandito russo è la solita macchietta che viene dalla Guerra Fredda e dai film degli anni Sessanta.
Al centro c'è solo lei, l'Angelina internazionale, labbra rubate a un gommone, una che vince sempre con il suo poker d'ossi e i suoi abiti griffati, una che si veste sotto Natale con un fiocco rosso pigramente annodato sulle sue spigolose terga invitando consapevolmente ad aprire il pacco regalo.

A un certo punto ti chiedi se The Tourist sia il Cicciobello di cui sopra o il regista invitato a valorizzare la sua diva plastificata.
Lo spettatore è escluso perché si vede poco o nulla di Venezia ( e se ne avessero sfruttato di più gli angoli mozzafiato il film anche non volendo sarebbe venuto fuori migliore) che in più di un'occasione è solo uno sfondo posticcio e ricostruito in studio.
Se penso che questa schifezza (non è possibile chiamarla altrimenti)  in Italia ha incassato oltre 11 milioni di euro mi sento male.
A questo punto "a ridatece er puzzone de cinepanettone".
E rimpiangi quasi che De Sica durante questo film in cui fa il commissario corrotto non se ne esca con un mortacci tua così tanto per gradire, un pernacchia o una scoreggetta. 
The Tourist è solo una flatulenza nauseabonda che scimmiotta la vecchia commedia hollywoodiana mescolandola a tanto jamesbondismo d'accatto.
Timothy Dalton e Bettany (una botta di codicedavincismo) sono lì per quello.

( VOTO : 3 / 10 ) 

The Tourist (2010) on IMDb