I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

venerdì 31 agosto 2012

The sitter- Lo spaventapassere ( 2011 )

Stavolta il titolista italiano ha fatto il suo capolavoro : un titolo ributtante, insensato che non c'entra proprio nulla con quello che accade nel film. Un titolo in grado di affossare qualsiasi capolavoro dell'arte cinematografica.
Chiaramente The sitter non è un capolavoro, nè aspira ad essere tale. E' una commedia abbastanza cattivella,  cinica e abrasiva che narra la notte di un babysitter di riserva, Noah, nerd fuori dall'università e senza posto di lavoro, e dei tre bambini a lui affidati che sono un trio veramente da far accapponare la pelle.
C'è Blithe una little Miss Sunshine ossessionata dal sembrare più grande del soldo di cacio che è : il risultato è che si concia in maniera ridicola, come una battona di strada, però nana.
C'è Slater che a tredici anni si impasticca con antidepressivi perchè non riesce a rapportarsi con la sua omosessualità e c'è Rodrigo, bimbo salvadoregno adottato da poco che si diverte a distruggere tutto con ordigni dinamitardi manco fosse il figlio di Unabomber.
Noah che in questo teatrino degli orrori forse è il più normale ha però anche lui il suo scheletrone nell'armadio ansioso di uscire a prendere aria: la sua pseudoragazza vuole che lui le compri un po' di cocaina e gliela porti al party in cui si sta divertendo.
The sitter è il racconto per filo e per segno di questa odissea notturna in cui si incontrano talmente tanti personaggi pittoreschi per non dire svitati che si esce letteralmente frastornati.
Nonostante le apparenze più che dalle parti del Fuori Orario di Scorsese o del Tutto in una notte di Landis, questo film è in pratica il remake dell'esordio alla regia di Chris Columbus, quel Tutto quella notte datato 1987 in cui però la protagonista era Elizabeth Shue.
Un cambiamento mica da poco perchè la Shue era la classica brava ragazza senza tanti grilli per la testa che assieme ai bambini si trovava a vivere da provinciale una notte pericolosa nei pericolosi meandri della Chicago notturna, mentre in The sitter la compagnia sembra decisamente meno ortodossa.
Inoltre la pellicola di Columbus aveva un target di riferimento più basso per quanto riguarda il pubblico essendo un film per ragazzi , The sitter partendo dallo stesso canovaccio lo frulla con tutte le cattiverie, sgradevolezze e amenità politicamente scorrette tipiche della Apatow factory.
Del resto David Gordon Green fa parte della banda e ha già diretto già un piccolo cult rovinato anch'esso da un titolo italiano mortificante: Strafumati.
Jonah Hill piace parecchio qui a bottega: qui è in versione extralarge appena prima di girare in  versione slim 21 Jump street.
Le battute che escono dalla sua bocca sono talmente abrasive che stupiscono che vengano da un tipo all'apparenza così pacifico ma forse è proprio questo contrasto che piace.
Da collassare il personaggio dello spacciatore schizzato, fissato con la cultura del corpo, abbigliato con dei mutandoni da boxe tutti da ridere , circondato da omaccioni muscolosissimi vestiti da donna e alla perenne ricerca di un migliore amico.
Dopo aver infilato una sfilza di cattiverie durante tutto il percorso il film poi rientra nel classico edificante lieto fine , di quelli che fa sembrare un percorso di crescita  la notte di avventure appena trascorsa.
Ma noi sappiamo benissimo che non è così.

( VOTO : 6 + / 10 ) The Sitter (2011) on IMDb

giovedì 30 agosto 2012

Solstafir - Svartir Sandar ( Season of mist 2011)

In Islanda non si vive di soli Sigur Ros.
Esistono anche i Solstafir, quartetto nato lo stesso anno ma con una musica se possibile diametralmente opposta.
E'una sensazione personale ma quando ascolto i Sigur Ros mi sembra di stare in mezzo a una natura verde, lussureggiante, piena di vita, di colori vivaci. Il loro sound così variegato, etereo , sempre in punta di plettro o di tasto mi ispira il rifiorire di una stagione primaverile bella ancor più della precedente.
La complessità propria della musica dei Sigur Ros non fa parte del mondo dei Solstafir che a differenza dei cugini sembrano nati in una delle peggiori rhumerie di Reykjavik.
Svartir Sandar ispira l'opposto: le partiture semplici assumono un carattere quasi spettrale e disperato,  è come se fossi al centro di un paesaggio lunare, appena atterrato con Curiosity in mezzo a quella distesa di rocce e sabbia che si sta rivelando Marte.
Eppure ci sono quegli squarci melodici che danno speranza ,colore e calore .
La voce graffiante di Addy Triggvason lascia trasparire dolore, sofferenza eppure si adagia con grazia su un tappeto sonoro che non è facile etichettare.
Se i Sigur Ros sono post rock o post-chissachecosa, i Solstafir sono post metal o forse post progressive metal. Sono comunque post -tutto. Eppure in filigrana si sentono anche echi grunge, Alice in Chains e Nirvana.
Ma ancora non rende l'idea della peculiarità della loro musica.
Svartir Sandar è il disco che li ha sdoganati all'inizio di quest'anno facendoli conoscere oltre i confini islandesi.Anche se è cantato rigorosamente in lingua madre.
Un viaggio di quasi 80 minuti diviso in due dischi ( Andvari e Gola ma non sono molte le differenze stilistiche) in cui perdersi e poi ritrovarsi, un nuovo concetto di musica estrema tra virulente accelerazioni  colorate dall'ugola abrasa di Addy Triggvason e inaspettate aperture melodiche in cui fermarsi quasi per riprendere fiato.

Svartir Sandar è un disco che va oltre, supera il concetto stesso di heavy metal per porsi in una dimensione altra fatta di rock'n' roll, psichedelia, indie rock, progressive , doom e appunto metal.
Una miscela esplosiva eppure raffreddata dalla dilatazione dei brani quasi tutti di minutaggio molto consistente.
Difficile trovare un brano che risalti sugli altri ma se ne dovessi scegliere uno all'ascoltatore ignaro della musica dei Solstafir gli proporrei Fjara.
Svartir Sandar è il classico disco che cresce con gli ascolti e che tra qualche anno sarà considerato un vero e proprio must dagli aficionados.
Una delle migliori scoperte di questo 2012.

Viva l'Islanda!

( VOTO : 9 / 10 )

The cottage ( 2008 )

Due fratelli abbastanza male in arnese rapiscono la bionda maggiorata figlia di un piccolo bosso locale per ottenere un riscatto. La nascondono nel loro cottage di campagna senza sapere che andranno incontro a un sacco di guai.
Per prima cosa la bionda a suon di craniate rompe il naso a uno dei due, addirittura riesce a fuggire e va a finire nella fattoria vicina. I due la inseguono ma mal gliene incoglie e non solo a loro ma anche al gruppetto di personaggi che si è accodato a loro come  il fratello della bionda che fa parte della banda di balordi  pure un paio di killer ( coreani, giapponesi boh?) al servizio del padre della rapita.
Per la prima metà The cottage è uno di quei film inglesi un po' isterici alla Guy Ritchie incentrato sulla bassa manovalanza criminale, condotto sul filo del classico feroce humour tipicamente british a base di dialoghi non propriamente oxfordiani e situazioni paradossali in senso comico.
Una specie di romanzetto pulp d'appendice in cui i protagonisti fanno a gara a chi è più fesso.
Nella seconda metà si assiste invece a uno slasher in piena regola , figlio degenere del Non aprite quella porta di Tobe Hooper.
Un gigantesco maniaco che ha una botola in cucina da cui è meglio stare alla larga e un frigo pieno di mani umane, comincia a fare a tranci di tutti quelli che sono venuti a disturbarlo alla sua fattoria.
Il tutto però senza perdere di vista quell'ironia di grana grossa che aveva caratterizzato anche la prima parte.
Il film di Paul Andrew Williams cerca di fondere in una cosa sola l'horror e la commedia , alla Shaun of the dead per intenderci o alla Peter Jackson degli esordi ( Bad Taste e Splatters-Gli schizzacervelli per esempio).
 La sua non vuole essere una parodia alla Scary Movie ma una rilettura del genere horror  attraverso una lente deformante che renda tutto ancora più grottesco.
Se tutto questo in Shaun of the dead era reso quasi alla perfezione, in The cottage abbiamo la sensazione che non sempre i vari elementi siano ben bilanciati.
Il gore è forse troppo esplicito per far ridere veramente e anche se ci sono trovate brillanti ( tipo la biondona logorroica che investe con una sequela di insulti da camionista il maniaco e viene da lui zittita con una specie di vanga che le apre la testa in due come un melone, ma a partire dalla sua bocca di rosa) non possiamo affermare che ci si ammazzi dal ridere nella seconda parte.
Anzi, questo voler filtrare tutto attraverso una vena ironica è abbastanza inquietante.
The cottage è un film senza particolari sottotesti, di lettura immediata , uno di quei film che assicurano un certo divertimento epidermico che tende a svanire però troppo presto.
Non imprescindibile ma è da considerare un brillante esempio di scrittura trasversale tra la black comedy britannica e lo slasher americano.

( VOTO : 6,5 / 10 ) 


The Cottage (2008) on IMDb

mercoledì 29 agosto 2012

Young adult ( 2011 )


Mavis è una donna sola.
Bella , ma alla sua bellezza occorre sempre più "manutenzione" col tempo che passa, emancipata con la vita piena di uomini ampiamente dimenticabili dopo la loro brava notte di sesso, anaffettiva se non fosse per un piccolo volpino papillon, Sweet, che assume più le fattezze di un martire che di un compagno di vita per come viene trattato dall'altera signora.
Ogni mattina con la faccia all'ingiù sul letto sfatto è un eterno doposbornia perchè la signora per dimenticare ( che cosa ancora non lo sappiamo) trangugia superalcolici in dosi massicce. E le occhiaie mattutine profonde come canyons stanno lì a dimostrarlo.
Al computer le arriva la notizia che al suo ex del liceo Buddy è nata una figlia. E' la molla che aspettava per dare una resettata a una vita piena di solitudine e avara di soddisfazioni. Lei, ghost writer di una collana di libri per bambini che ormai non vende più nemmeno nello scatolone delle offerte del supermercato, vuole fuggire dalla sua ghost life che vive in quel di Minneapolis dopo che è fuggita dalla natia Mercury che le stava troppo stretta.
Purtroppo per lei Minneapolis( MinnyApple come la chiama lei , praticamente un surrogato mal riuscito di New York) le sta troppo grande.
Ritorna a Mercury per incontrare Buddy , ora sposato felicemente e cercare di attuare un'idea balzana, al limite della follia.
Il solo che riuscirà a farle capire che razza di errore stia facendo è Matt, reso invalido da un'aggressione omofoba ai tempi del liceo che sembra essere la sua immagine speculare: un freak come lei che risalta per la sua disabilità fisica mentre lei risalta per la sua bellezza (finta) intatta.
Young adult è un'altra commedia al singolare di Jason Reitman , stavolta un ritratto femminile d'amara intensità , disarmante nella sua schiettezza.
Storia di un ritorno alle radici solo per scoprire quanto è putrida la sensazione di nostalgia che ti azzanna alla gola.
Mavis è bella, ben vestita, all'apparenza molto più giovane rispetto ai suoi ex compagni di scuola che ostentano tutti più o meno il peso degli anni e non solo dal punto di vista fisico.
Sembra l'unica che non sia cambiata sotto il peso degli anni.
Eppure nonostante il suo aspetto invidiabile, la sua fama di emancipazione, è "sbagliata" in rapporto a quello che la circonda. Stride inevitabilmente con i suoi coetanei che hanno tutti famiglia e che ora nella vita hanno altre prospettive.
Inevitabilmente le crepe della sua vita verranno alla luce: Mavis è il dietro le quinte del sogno americano, una donna emancipata ma in realtà afflitta da un mostruoso vuoto esistenziale , trattata più o meno come una malata anche dai suoi genitori che ha cercato in tutti i modi di evitare una volta tornata a Mercury.
Lei vuole rivivere la sua storia liceale con Buddy ma ormai la vita l'ha masticata e sputata fuori.
Non c'è più posto per lei.
La Theron si immola con grande partecipazione in un personaggio respingente per quanto sgradevole, catturato nella sua spirale autodistruttiva.
Da semplice modella prestata al cinema a ogni film che passa lascia vedere sempre più il suo spessore d'attrice.
Young adult è un ritratto al femminile che non ha nulla di consolante : Mavis, nè young , nè  adult , una volta smascherata ritorna alla sua MinnyApple ammaccata come la sua Mini Cooper.
Sperando che anche le ammaccature dell'anima siano facilmente riparabili.

( VOTO : 8 / 10 ) 

Young Adult (2011) on IMDb

martedì 28 agosto 2012

Tucker and Dale vs Evil ( 2010 )

Come diceva quella pubblicità di un deodorante? C'è baruffa nell'aria? Ecco in questo esordio nel lungometraggio di Eli Craig c'è molto di più.
C'è un ribaltamento sistematico dei tòpoi di tutti gli ingredienti dello slasher movie che viene disintegrato alle fondamenta in un clima di allegra anarchia.
Gli ingredienti del classico horror per teenagers ci sono tutti: una casa nel bosco, un gruppo di ragazzotti  cresciuti con la torta di mele, belli come il sole ma anche non particolarmente intelligenti e poi ci sono loro, i due protagonisti Tucker e Dale, due esponenti nella media(bassa) della profonda provincia americana, tutti pesca e birra in ghiacciaia che vanno al cottage del primo per ripararlo. 
A vederli non è che siano particolarmente raccomandabili e proprio per questo il gruppetto di universitari fighetti   crede che siano due maniaci assassini in libera uscita da qualche film dell'orrore.
Il classico l'apparenza inganna, insomma .
E da parte loro Tucker e Dale appena vedono che i ragazzi cominciano a morire pensano che appartengano a una setta dedita ai suicidi di massa e fanno di tutto ( o almeno ci provano) per impedire quest'ondata suicida .
Eli Craig fa convivere egregiamente la commedia e l'horror usando dei meccanismi comici semplici ma collaudati e degli efffetti speciali piuttosto rustici e sanguinolenti ma che non hanno però nulla da invidiare ai "mostri sacri" del genere.
Avremo quindi usi alternativi della motosega, di un ventilatore e di tutta una serie di altri oggetti (contundenti) classici del genere.
L'ironia è di grana grossa ma è commisurata alla coppia comica che non è precisamente formata da due bellissimi: anzi sono perfetti come zotici.
Più si va avanti nel film e più si parteggia per loro mentre i ragazzotti WASP muoiono nelle maniere più disparate strappando anche risate.
Tucker and Dale vs Evil è un piccolo gioiello, un film che potrà piacere sia ai fan del cinema comico demenziale che ai fan del cinema horror, un piccolo gioiello in cui le risate si alterneranno sapientemente ad ettolitri di sangue che schizzano per ogni dove.
Solo per la genialata del ribaltamento "culturale" di un genere come quello dello slasher è un film da vedere e rivedere.
A suo modo una pellicola su due tra i  diversi modelli culturali che in America procedono parallelamente senza incontrarsi mai (il mondo WASP e quello dei buzzurri della provincia) e che hanno paura uno dell'altro.
E che per questo non comunicano.

( VOTO : 8 / 10 )  Tucker and Dale vs Evil (2010) on IMDb

lunedì 27 agosto 2012

The children ( 2008 )

Il sottogenere dei bambini indemoniati non ha mai riscosso troppo la mia approvazione se non fosse per quel capolavoro del 1960 che risponde al nome de Il villaggio dei dannati di Wolf Rilla, rifatto anche da Carpenter  a metà anni '90. Un buon remake ma nulla a che vedere con l'originale.
Quei bambini col caschetto biondo, sguardo fisso, apparente assenza di emozioni e poteri sovrumani me li sono sognati per diverse notti dopo che li ho conosciuti.
Ecco, qualcuna di quelle notte insonni ho paura di passarla dopo aver visto questo horror indipendente inglese , girato con un pugnetto di sterline e che riesce veramente a mettere a disagio per quanto si dimostra inquietante.
La storia è semplice, quasi banale: due famiglie legate da vincoli di parentela ( le due mogli sono sorelle) con rispettivi figli si riuniscono nella bellissima casa di campagna di  una delle due per nascondere delle Feste di Natale indimenticabili.
E lo saranno.
Le due famiglie sono diversissime tra di loro, sembrano anche non essere bene assortite con il confronto anche teso tra topi di campagna e di città con tutto il carico di violenza repressa che un genitore frustrato può portarsi dietro.
Ma non c'è troppo tempo per queste quisquilie da adulti.
Una strana malattia colpisce i bambini a partire dal più piccolo : vomito, aspetto febbricitante ma anche deviazioni comportamentali che assumono sempre più l'aspetto di ostilità bella e buona verso gli adulti, fino addirittura all'omicidio. Da questo punto in poi si scatena una lotta selvaggia intergenerazionale ( eh eh ) in cui questi piccoli esseri malvagi tentano di far fuori con ogni mezzo genitori e zii.
Partendo da un canovaccio sicuramente non inedito il regista e sceneggiatore Tom Shankland ( soggetto di quel piccolo genio di Paul Andrew Williams)  compie un piccolo miracolo di scrittura e di regia.
Dopo un'introduzione di circa 30 minuti in cui non succede praticamente nulla ma è necessaria per caratterizzare efficacemente seppur per sommi capi tutti gli adulti in campo, l'orrore arriva improvviso a squassare una normale giornata di festa.
Una sequenza fulminea , una rasoiata improvvisa che fende lo schermo suggerendo più che mostrando all'inizio e poi  dando in pasto allo spettatore un frame che più gore non si può.
C'è una selvaggia contrapposizione tra i bambini della casa, una masnada frignante che pian piano rivela tutta la propria malignità e gli adulti che dimostrano tutta la loro inadeguatezza reagendo a ciò che sta accadendo con incredulità nel migliore dei casi e finendo per essere inconsapevole carne da macello come un qualsiasi branco di teenagers decerebrati in uno slasher movie di quelli idioti.
Non è un caso che l'unica che comprende tutto sia la ragazza adolescente, Casey, che si ritrova in mezzo ai due mondi, tra quello adulto e quello dei bambini.
The children è un film profondamente disturbante: non si riesce a capire come un orrore così grande sia racchiuso in un esserino così piccolo.
C'è un campionario di malvagità da parte di questi pargoli che se lo sognerebbe qualsiasi figlio di Satana.
E vedere la violenza con cui si reagisce alla loro furia omicida scatena quasi un moto di esultanza da parte dello spettatore.
Al contrario di quello che succede quando sullo schermo viene perpetrata violenza sui bambini.
In un'ambientazione innevata che impedisce qualsiasi interferenza esterna Shankland ha buon gioco nel creare con la sua sintassi registica vivace e volitiva un piccolo capolavoro di tensione e crudeltà.
La violenza viene suggerita ellitticamente ( vedi la sequenza dello slittino in cui un normale gioco assume le fattezze di uno strumento di morte ) oppure drammaticamente esibita ( vedi la lotta all'interno della casa in cui poco è lasciato all'immaginazione) in un mix esaltante proprio per la sua imprevedibilità.
Altra cosa a favore del film è che vengono evitati sia gli spiegoni iniziali sulla malattia ( anzi i suoi sintomi vengono praticamente tenuti nascosti e mostrati solo in un bambino) sia finali su quello che accade nel bosco al termine.
Alla fine di The children quello che rimane è soprattutto lo sguardo di questi piccoli serial killer a sangue freddo che sgranano gli occhioni dolci per farsi aiutare  ma lo fanno solo per colpire meglio perchè poi a tradimento cercano di infliggere più dolore possibile.
Insomma un film natalizio diverso dal solito e ultraconsigliato.

( VOTO : 7,5 / 10 )

The Children (2008) on IMDb

domenica 26 agosto 2012

Un anno da leoni ( 2011 )

La prima cosa che ho pensato mentre mi apprestavo a vedere questo film è che narrare la storia di una gara di birdwatching non mi sembra il modo migliore per attrarre la gente al cinema, specialmente dalle nostre parti.
Scopro che negli USA esistono dei professionisti che fanno a gara a chi vede più specie ornitologiche durante l'anno ( The Big Year del titolo originale) spendendo montagne di dollari per viaggiare dietro alle rotte di migrazione.
E chissà perchè in una nazione in cui si effettuano anche dei seguitissimi  campionati di lancio del nano questa cosa non mi stupisce affatto.
Un'altra cosa a cui pensavo mentre vedevo il film è che quando conobbi Steve Martin agli inizi degli anni '80 a prima vista pensai che era un vecchio.
Allora sbagliavo ma adesso l'anagrafe è venuta a presentare il conto. Ora è vecchio davvero e ha perso quella fisicità disarticolata che caratterizzava la sua comicità mai completamente apprezzata da queste parti.
Un anno da leoni racconta la storia di tre birdwatchers più o meno professionisti che cercano di vincere questa gara battendo i record precedenti di avvistamenti di specie ornitologiche.
Non tanto la gara che è uno sfondo importante ma sempre uno sfondo rimane: racconta tre personaggi alla ricerca di quel qualcosa che riempia definitivamente le loro vite.
Brad ( un Jack Black che recita con la sordina tanto è modulata la sua istroneria buffonesca) è un divorziato senza un dollaro che cerca il riscatto con il Big Year, Stu ( Steve Martin) un'infelice magnate d'industria che solo nel birdwatching trova la sua ragione di esistere, Kenny ( Owen Wilson che inanella la sua ennesima parte da stronzetto fighetto), l'unico professionista tra i tre che non esita a sacrificare scientemente i suoi affetti pur di rivincere ancora il Big Year con mezzi più o meno leciti.
La commedia di Frankel si avvale anche di un ottimo cast di supporto in cui si apprezzano  tra gli  Brian Dennehy, JoBeth Williams per non parlare dello straordinario cameo di Anjelica Huston .
In Un anno da leoni non si ride, al massimo si sorride ma non è un difetto in un film dallo spiccata vena malinconica stemperata sempre nell'ironia.
La morale che si legge è piuttosto semplice ma estremamente calzante: per ottenere quello che si vuole bisogna impegnarsi sempre al massimo ed occorre mettere in conto anche sacrifici durissimi.
La domanda a cui ognuno si troverà a rispondere è: fino a che punto è lecito coltivare una passione sapendo che calpesta l'affetto di chi ti sta vicino?
Bel dilemma, soprattutto se si finisce nella perfetta solitudine.
Un anno da leoni sfrutta al massimo (grazie a una magnifica fotografia) una splendida ambientazione nel segno della riscoperta della natura da parte di una società , come quella americana, ormai letteralmente affondata nel ferro e nel cemento delle metropoli.
Pur avendo i suoi fisiologici momenti di lentezza contemplativa è il classico film che è sbagliato giudicare solo dalla copertina( o meglio dal trailer) .
Pensavo che un film sul birdwatching sarebbe stato di una noia mortale e invece sbagliavo.
Non un capolavoro ma una visione ampiamente spendibile.
Naturalmente è meglio stendere un tendone pietoso sull'ammiccante ( ma di che? ) titolo italiano.

( VOTO : 7 / 10 )  The Big Year (2011) on IMDb

sabato 25 agosto 2012

Rammbock: Berlin Undead ( 2010 )

Michael arriva a Berlino perchè  deve rivedere  la sua ex fidanzata Gabi. Arriva nel condominio dove lei abita e non la trova, in compenso c'è un idraulico e il suo apprendista che stanno facendo dei lavori.
Nel frattempo il notiziario comincia a parlare di uno strano morbo che sta rendendo tutti dei pazazi assassini affamati di carne umana. Degli zombie in pratica.
Michael e Harper, l'apprendista idsraulico sono chiusi nell'appartamento di Gabi senza possibilità di uscire, assediati come altri componenti del condominio da un'orda di zombie pronta a vanificare ogni loro tentativo di fuga. E la masnada di azzannatori sta cominciando a salire negli appartamenti.
Occorre trovare una via di fuga.
L'esordio nel lungometraggio ( ma forse è meglio chiamarlo mediometraggio visto che dura in tutto soli 64 minuti )  del giovane poco più che trentenne Marvin Kren si segnala per una prospettiva originale attraverso la quale viene scompaginata  la solita storia di zombie.
Se del mondo fuori e delle orde fameliche vediamo ben poco presumibilmente per ragioni di budget, Rammbock : Berlin Undead si focalizza molto più sugli umani e sulla loro ingegnosità contrappuntandola alla non- ragione degli infetti.
Si azzarda anche una spiegazione di questo morbo e addirittura nelle prime fasi di trasformazione da umano a zombie il processo puà essere rallentato con dosi equine di psicofarmaci e tranquillanti.
Inoltre c'è sempre una soffusa ironia che accompagna il tutto.
Questi zombie raramente fanno paura ( beh forse la vecchia nell'appartamento mette un po' in subbuglio) anche perchè Michael e Harper con le loro trovate continue si prendono spesso gioco di loro.
Altro elemento inedito in una storia come questa è il melodramma amoroso ( sempre stemperato dall'ironia) che vede Michael finalmente trovare la sua Gabi ma lei sta con un altro. E lui si trova perso.
Troverà il modo di coronare il suo sogno di riunione alla sua amata?
Ecco la curiosità a un certo punto verte più su questa sottotrama che non sulla fuga per la sopravvivenza.
Rammbock : Berlin Undead è il classico prototipo del film girato con pochi soldi e molte idee, un'operina leggera ma interessante e che finalmente riesce a dire qualcosa di nuovo in un panorama cinematografico ormai inflazionato da zombie e scenari postapocalittici.
Kren punta parecchio sul suo ottimo protagonista Michael Fuith , un normotipo che in un film americano farebbe solo tappezzeria vista la sua fisicità da tenerone, che con la sua medietà conclamata rende facile l'identificazione da parte dello spettatore.
E poi quando riceve quel brutale due di picche dalla sua Gabi diventa ancora più simpatico, mentre lei verrebbe tranquillamente mandata  a morire azzannata.
Anche il finale si segnala per una certa malata poeticità per alcuni mentre per altri susciterà solamente ribrezzo, comunque non è un finale così ovvio.
Rammbock: Berlin Undead forse farà storcere la bocca ai puristi del genere ma può essere considerato una valida notazione a margine del solito zombie movie.
Nulla di miracoloso ma ha dalla sua un ritmo invidiabile, dovuto anche alla scarsa durata  e un livello di recitazione piuttosto alto per il genere.
Coprodotto dalla  ZDF, secondo canale della Tv di Stato tedesca.
Voi ce la vedreste Rai 2 a produrre un film di zombie?

( VOTO : 7 / 10 ) Rammbock: Berlin Undead (2010) on IMDb

venerdì 24 agosto 2012

(Para) cult of personality

Ieri ho avuto la possibilità di vedere la conferenza stampa promozionale autogestita di tale Conte Antonio condannato a dieci mesi di squalifica dalla Procura Federale per presunta omessa denuncia ecc ecc......meglio mettere anche i puntini sulle i perchè sennò col collegio di avvocati che si ritrova mi ritrovo la Bongiorno davanti alla porta di casa.
Ora non mi interessa se lui e la gatta morta che si porta in testa hanno fatto alcunchè di illecito, non mi interessa leggere le carte ( e non sto parlando di tarocchi ), non mi interessa nulla di nulla.
Eppure quando ho cominciato a vederlo e sentirlo parlare mi è sembrato come di essere seduto al cinema e non nel mio maxidivano davanti al televisore.
Mi è sembrato di assistere a un pianosequenza di quasi un quarto d'ora, in cui questo guitto figlio di quella bellissima terra che è il Salento, declamava la propria innocenza, faceva anche le vocine come se stesse interpretando parti diverse.
Un teatrino di burattini senza fili lo contornava in questo bizarro mausoleo con drappi neri che ha fatto da sfondo a questo one man show in cui tutti si prostravano davanti e di fianco a lui in adorazione perenne.
Novello (para)culto della personalità.
Carmelo Bene si starà rigirando nella tomba.
Cazzarola la Juve aveva in panchina John Malkovich e non se n'era accorta!

L'estate di Giacomo ( 2011 )

Eppure il tanto vituperato cinema italiano odierno riesce ancora e stupire in senso positivo.
Da una parte c'è da essere contenti a vedere un film come L'estate di Giacomo che ti mostra come nascosti da qualche parte esistono nuovi autori con idee valide e con talmente tanta passione da farla esondare dallo schermo quasi in modo contagioso.
D'altro canto stai a chiederti se questa piccola opera girata con tre attori e un pugnetto di euro non sia la solita mosca bianca nel panorama italico in cui sembra che nessuno abbia più voglia di rischiare a livello di produzione e di distribuzione.
L'estate di Giacomo è il racconto di una gita al fiume di due adolescenti: Giacomo, diciottenne che pensa come un bambino, sordo che con un'operazione ha riacquistato la possibilità di parlare e Stefania, sua amica sedicenne che è molto più matura di lui.
Con una cinepresa a mano che li pedina senza asfissiarli la gita inizia in un bosco che da principio sembra senza uscita ( ma quante fiabe abbiamo letto in cui l'incipit sono due bambini che si perdono in un bosco? )  ma che poi alla fine rivela quello spicchio di fiume a cui anelavano fin dall'inizio.
Addirittura sembrano le Maldive , come dicono appena si immergono per fuggire la calura estiva.
La loro giornata prosegue , la loro stagione prosegue tra scherzi, risate , inseguimenti, quasi un placido esplorarsi a vicenda, la loro amicizia diventa più adulta all'apparenza, sembra che tra loro sia scattata una diversa intimità senza  palesare alcunchè di amoroso e poi la svolta in un finale che appare un po' slegato da tutto il resto e che a prima vista non è ben comprensibile.
Il film del trentenne Alessandro Comodin è ricco di spunti autobiografici come lui stesso ha affermato e quindi preferisco pensare che il finale a mo' di postilla che ha inserito sia proprio per raccontare la storia esattamente come è andata.
Altrimenti è assai stridente, direi di tono totalmente diverso rispetto a quello visto nei 70 minuti precedenti.
La cosa che stupisce di questo film è che sembra che descriva un mondo sempre in bilico tra realtà e fiaba, come sospeso a mezz'aria da qualche parte nel tempo e nello spazio, ma lo fa con stile documentaristico.
Detto in questo modo sembra un ossimoro ma non è così.
Camera a mano, assenza di campi e controcampi, immagini rubate alla festa del paese, insomma un piccolo campionario di Nouvelle Vague in riva al Tagliamento, che , diciamolo subito assume presto le fattezze del vero protagonista.
La Natura incontaminata ( o quasi) che circonda Giacomo e Stefania alle prese col loro percorso di crescita è come una membrana amniotica che attutisce tutte le sollecitazioni esterne e che li protegge.
Assistendo a L'estate di Giacomo sembra quasi di trovarsi di fronte a un Rohmer a cui abbiano sfrondato gran parte dei dialoghi.
Il film di Comodin è minimalista e poetico allo stesso tempo, cinema di piccoli gesti , di sguardi e di sorrisi più che di parole.
Impossibile dire se questa sia la nuova strada di un cinema italiano ormai paralizzato in generi preconfezionati : certo è che c'è tutta una serie di nuovi autori che , facendo miracoli con il no-budget a loro disposizione, stanno tirando fuori notevoli brani di cinema.
Nel solco di un realismo poetico.

( VOTO : 7,5 / 10 ) L'estate di Giacomo (2011) on IMDb

giovedì 23 agosto 2012

I mercenari 2 ( The Expendables 2, 2012 )

Se  il primo episodio di questa che , visti gli incassi, si preannuncia come nuova saga action, era votato al recupero di certi volti e soprattutto di certi ex-corpi immolati alla serie B cinematografica di genere, da questo secondo capitolo ci si aspettava come minimo un decollo verso altri lidi che non fossero semplicemente quelli del ricordo e della nostalgia
E invece, al grido di squadra vincente non si cambia, I mercenari 2 sembra una versione extendend cut del primo.
Più budget, più azione, una squadra più fornita con qualcuno che necessariamente deve essere relegato abbastanza ai margini, apparizioni mi(s)tiche come quella del redivivo Schwarzy o quella addirittura dell'imperatore supremo del calcio rotante Chuck Norris che prende e si prende in giro come mai ha fatto in tutta la sua carriera, una storia che è un semplice canovaccio su cui imbastire scontri a fuoco interminabili e lotte furiose all'ultimo sangue.
E resta sempre quell'aria vintage sia per le cariatidi impiegate che sono quasi tutte over 50 ( se non 60 ) sia per il modo in cui è confezionato il tutto.
In questo senso il cambio della regia da Stallone a Simon West non ha sortito gli effetti sperati: se Sly aveva girato un film notturno ( forse anche per ragioni di budget) e con le sue belle punte di malinconia per il tempo andato senza particolari egoismi davanti alla macchina da presa, West lo mette al centro di tutto ( e vedere il suo volto deformato dal botox non è una cosa bellissima ) e si limita a compilare un compitino in cui c'è zero costruzione narrativa .
In compenso affiora chiaramente una vena ironica piuttosto marcata e autoreferenziale con battute continue su tutto e su tutti.
In fondo questi sono supereroi di seconda mano, un po' fasulli e molto ammaccati che non potendo sfoggiare più muscoli d'acciaio ( ma i loro bicipiti gonfi sono sempre ragguardevoli) sfoderano l'arma dell'autoironia.
Ma regalano al fan che è accorso al cinema esattamente quello che voleva. Botte da orbi, sparatorie interminabili, decine e decine di morti ammazzati ( con quel sangue in CGI che fa tanto videogame) , uno sfondamento continuo del muro del suono in decibel non in velocità, autocitazioni continue .
Il necessario per divorare popcorn e bibite gassate in quantità industriale.
Ecco, per quanto riguarda le citazioni direi che il limite ( se vogliamo chiamarlo così)  di questo film è che per funzionare lo spettatore deve conoscere il background dei vari divi d'annata che trovano posto nella narrazione altrimenti si diverte la metà. Se uno non conosce Chuck Norris , che per l'occasione ridiscende sulla Terra dal Paradiso del calcio rotante, non capirebbe perchè racconta la storia del cobra reale, nessuno capirebbe perchè a Schwarzy gli dicono " Il tuo culo è terminato", o perchè a Dolph Lundgren lo fanno scherzare sulla relatività ( ah non lo sapete ? il buon Dolph è un ingegnere con borsa di studio al MIT quindi oltre ai bicipiti anche il cervello è di qualità).
I mercenari 2 a parte la presenza attirafanciulle di Liam Hemsworth, fratello del Thor cinematografico che è l'unica concessione al nuovo rampante e chissà perchè fa subito una brutta fine,è un film ostentamente vecchio, senza patinature inopportune , una palestra per vecchi divi che si vogliono riaffacciare al successo del box office dopo anni e anni di onesta militanza nella serie B cinematografica.
Certo se l'aspirazione era arrivare a Quella sporca dozzina , beh siamo ancora lontani.
Per adesso ci si deve accontentare, si fa per dire, dei milioni di dollari al botteghino che stanno arrivano numerosi.


Difficile dare un voto a questo film: se l'effetto ricordo che scatena gli farebbe meritare un bell'8, d'altra parte  una domanda che mi frullava per la testa mentre vedevo il film: ma se al posto di tutti questi divi e divetti, ci fossero stati degli emeriti sconosciuti, che voto si sarebbe beccato questo film? Da parte mia un bel 4 perchè questo film funziona solo per il cast pantagruelico che vi è impiegato. Senza di loro sarebbe una baracconata senza senso.
Per stavolta il voto finale è una fredda media aritmetica.

( VOTO : 6 / 10 ) 


The Expendables 2 (2012) on IMDb

mercoledì 22 agosto 2012

A Serbian film ( 2009 )

Quando un film destinato per il solo mercato serbo diventa un piccolo caso cinematografico internazionale è normale che incuriosisca.
E questo di curiosità ne mette parecchia soprattutto per gli argomenti trattati che non sono propriamente spendibili in una prima serata televisiva.
A Serbian Film è la storia di un Rocco Siffredi balcanico  che ha appeso lo strumento di lavoro al chiodo (vabbè si fa per dire) e si gode una meritata pensione con  moglie e  figlio piccolo.
Ma le spese aumentano, i soldi finiscono e fare un lavoro del ca..ppero qualunque a Milos, questo il suo nome, non va. Lui sa fare solo una cosa in modo magnifico, è un vero e proprio recordman dell'erezione davanti alla telecamera. Attraverso una sua collega di set viene contattato dal sedicente regista Vukimir che con un assegno a diversi zeri lo convince a ritornare nella mischia (si fa sempre per dire) per girare quello che sarà il suo film migliore. Però non deve saperne nulla.
Il tutto sarà un work in progress in cui lui o meglio quella parte di lui che ben sappiamo, dovrà essere solo lo strumento. E qui cominciano i dolori sia per Milos che per noi che lo vediamo.
Dopo un'inizio vagamente allusivo tra metacinematografia allucinata e suggestioni lynchiane si scende nell'abisso dell'abiezione e del nichilismo senza compromessi.
E qui c'è da precisare una cosa: dal punto di vista della confezione (regia e fotografia) il film è scintillante e si apprezza ancora di più in un campo in cui le sequenze spesso possono sfuggire al controllo totale da parte del regista. E' facile esagerare con sangue e frattaglie in genere così come è semplice valicare la soglia del kitsch involontario quando si voglia arrivare al limite del filmabile. Spasojevic si avvicina sempre pericolosamente a  questo limite ma il film diventa fortemente sospetto di essere studiato a tavolino per provocare scandalo. Per farne parlare anche male ma basta che si sparga la voce.
Il sospetto viene perchè a film in corso viene spostata sempre più in alto l'asticella del filmabile e si ha l'impressione che durante la narrazione ci si trovi di fronte a una sorta di compilazione in bella mostra  dei tabù più aberranti per l'uomo presumibilmente civilizzato in un crescendo torture-pulp.
Si parte con la pornografia (addirittura un bimbo che vede il padre esibirsi in tutta la sua espressione artistica coadiuvato da un'attrice molto conseziente, pure troppo),si passa alla pedopornografia, si arriva sgli snuff movies, fino a giungere all'incesto di gruppo e se non bastasse anche alla necrofilia. E una delle ultime scene sposta l'asticella ancora più su.
Per me va bene, ho visto anche di peggio e non confezionato così bene. Però qui dobbiamo metterci d'accordo su una cosa: se Spasojevic ha intenzione di fare il torture porn  definitivo che mandi a nanna col pollice in bocca Eli Roth e compagnia cantante allora ci siamo.
I vari HostelSaw e gli slasher della new wave sono decisamente sotterrati. Ancora siamo però distanti dal rigore estetico (e anche sostanziale) di opere come Martyrs o Frontiers, pellicole che appaiono se possibile molto più raffinate dal punto di vista cinematografico di A Serbian Film.
Se però il signor Spasojevic afferma che tutto quello che si vede nella parte finale del suo film è una metafora di quella che è la Serbia oggi, allora non siamo più d'accordo. 
Mascherarsi dietro la metafora per mostrare qualcosa di visivamente aberrante è troppo comodo, una scusa preconfezionata che non convince, anzi irrita.
Qui di metafora se ne trova ben poca a parte il denaro che offusca le coscienze e l'arroganza del potere a cui è permesso tutto. Anche di girare uno snuff film estremo con un attore in overdose di testosterone perchè gli hanno somministrato un afrodisiaco per tori (col risultato che utilizza il suo attrezzo di lavoro in maniera anche originale,un'arma letale insomma sotto ai cui colpi crollano i nemici).
Molteplici  i richiami alla famiglia come unica via di salvezza e curioso che l'unico che abbia una codice morale sia Milos, il pornoattore, che non si piegherebbe mai a certi compromessi.
A differenza del fratello poliziotto, quindi espressione del potere, che per eccitarsi guarda innocenti filmati familiari casalinghi di Milos e della sua famiglia.
A Serbian Film voleva essere l'ultima Thule del torture porn, il suo approdo definitivo.
Il problema è che è più porn che torture... 

( VOTO : 5 / 10 )  A Serbian Film (2010) on IMDb

martedì 21 agosto 2012

Enter nowhere ( 2010 )

Ci sono dei film di cui è difficilissimo parlare senza svelare dettagli della loro trama che toglierebbero metà del piacere della visione.
Enter nowhere è uno di questi casi.
Lo spunto potrebbe essere comune a quello di migliaia di altri film , anche non horror o sci -fi e poi si scivola subito in qualcosa di misterioso, di inafferrabile almeno per tutta la prima parte del film.
La prima sequenza vede una coppia di giovani balordi tentare di rapinare un piccolo negozio di alimentari. La ragazza minaccia il proprietario del negozio con la pistola e gli intima di aprire la cassaforte.
Gli dà 3 secondi: 1, 2,  colpo di pistola e dissolvenza in bianco con il titolo del film che appare.
Dopo questo prologo il film sembra cominciare a raccontare un'altra storia: una ragazza con un impermeabile bianco si aggira solitaria tra i boschi. Arriva  in un capanno e ci trova riparo per la notte.
Ma non è sola , c'è un ragazzo che come lei afferma di essersi perso e che non riesce a trovare il modo di uscire da quel bosco.
Poco dopo trovano svenuta vicino alla porta del capanno una giovane: è la ragazza della rapina.
E qui mi devo fermare perchè non posso dire altro senza svelare dettagli troppo importanti.
Una cosa è certa : Enter nowhere sembra fatto apposta per spiazzare continuamente lo spettatore. Mette in tavola situazioni ordinarie magari già viste in decine di altri film ( il bosco in cui perdersi, il capanno ) per poi deviare in modo imprevisto e scardinare accuratamente tutte le certezze che faticosamente lo spettatore aveva costruito nei minuti precedenti.
Nessun mostro nel capanno, nessuna sevizia nonostante uno scenario da torture porn. Solo una situazione tipo usata come base per fare qualcosa di molto diverso.
Enter nowhere sembra una puntatona di Ai confini della realtà per il tema che tratta che è inerente al tempo e al libero arbitrio. Qualcosa tipo che l'uomo è artefice del proprio destino e con le proprie scelte può cambiare il suo futuro.
Qualcosa tra le sliding doors del fato e un avvenire che viene scritto strada facendo, "leggendo" le varie situazioni che si presentano.
Il film di Jack Heller è una produzione low budget ( 500 mila dollari ) che sfrutta al meglio il potenziale della trovata su cui è basato.
Con pochissimi attori e pochi ambienti Enter nowhere funziona egregiamente perchè le rivelazioni sono centellinate per tutta la prima parte e lo smarrimento dei protagonisti in scena è lo stesso dello spettatore dall'altra parte dello schermo.
Poi tutto viene svelato e si incanala in un finale che ha il difetto forse di chiudere tutto bruscamente, senza lasciare quella libertà di interpretazione che spesso rende il ricordo di questi film più dolce e romantico magari immaginando un futuro alternativo in una dimensione altra.
Cast con un paio figli d'arte:  Scott Eastwood ( indovinate di chi è figlio, ma fino a qualche anno fa usava il cognome della madre , Reeves, poi evidentemente ha capito che il cognome del padre apriva diverse porte) che comunque ha physique du role e Katherine Waterston ( figlia di Sam) che riesce a dare profondità al suo personaggio.
Da segnalare inoltre Sarah Paxton che col suo personaggio sopra le righe fa da contrappunto alla recitazione trattenuta della Waterston.
Enter nowhere è una degnissima visione che rifugge i meccanismi della facile stimolazione epidermica in favore della suggestione di temi ben più ampi.
Non una goccia di sangue ma tanti interrogativi a cui dare una risposta.

( VOTO : 7+ / 10 ) 

Enter Nowhere (2011) on IMDb

lunedì 20 agosto 2012

Atrocious ( 2010 )

La polizia spagnola nell'aprile del 2010 ritrova circa 37 ore di materiale girato con videocamera che fa luce sulla misteriosa carneficina di una famiglia spagnola in una dimora gentilizia vicino Sitges.
Atrocious , nella finzione, è una specie di riassunto di quel filmato venuto in possesso della polizia.
Fino a prima di vedere questo film ritenevo la Spagna la nuova frontiera dell'horror europeo, ora mi stanno venendo un sacco di dubbi.
Un film come questo è un'imbarazzante sagra del deja vù: l'escamotage del found footage già utilizzato alla nausea in tanti film qui serve solo per far provare un'oretta abbaondante di noia in cui sfilano ordinatamente leggende metropolitane dal sapore blairwitchesco ( però stavolta non è una strega ,si chiama Melinda e nella miglior tradizione del J-horror indossa un bel vestito rosso, ci mancano solo i capelli nero crvino davanti al viso), citazioni troppo evidenti dei vari Paranormal Activity ( tipo il piazzare le telecamere dentro la casa per avere controllare sempre quello che succede anche in loro assenza), tutta una serie di ridicole incongruenze nelle azioni dei vari protagonisti ( quando sparisce un bambino invece di andarlo a cercare si torna indietro a cercare la telecamera).
Inoltre le scene notturne sono veramente difficoltose da guardare, si distingue poco o nulla e ciò crea abbastanza disappunto.
Dopo quasi un'ora in cui non succede praticamente nulla nell'ultimo quarto d'ora le acque vengono smosse violentemente ma entriamo direttamente nel solco tracciato da The Blair Witch project con tanto di citazione della sua ultima sequenza in mezzo al bailamme scatenato poco prima del finale di Atrocious.
Che perlomeno ripiega su una spiegazione dei fatti accaduti che ha poco di soprannaturale.
Il film dell'esordiente Fernando Barredo Luna è stato al centro di una virulenta campagna promozionale che lo ha fatto etichettare come il " Paranormal activity spagnolo" aprendogli di fatto le porte del Sundance 2011,  festival storicamente un po' restio a proiettare horror.
Atrocious è un film nato vecchio e che non fa nulla per uscire dalle paludi della mediocrità limitandosi alla rimasticatura non creativa di idee già  ampiamente viste e riviste in tanti altri film dello stesso genere.
Sembra quasi un ritorno alle radici del  mockumentary horror dopo ormai un decennio di progresso indubbio di questo particolare tipo di fare cinema.
Non regala sobbalzi sulla sedia , tutto prevedibile con la tecnica del found footage ( che se usata bene garantisce perlomeno una certa quota di spaventi genuini) che sembra aver detto ormai tutto in campo cinematografico.
Naturalmente la speranza è sempre quella di essere smentiti.
Atrocious di nome e di fatto, nomen omen , ha però un pregio indubbio: dura solo 70 minuti compresi titoli di testa e di coda.
E riesce ad annoiare mortalmente per un'oretta buona.
Figuriamoci se fosse arrivato ai 90 minuti canonici.

( VOTO : 4 / 10 )

Atrocious (2010) on IMDb

domenica 19 agosto 2012

Stake land ( 2010 )

Il genere postapocalittico sta vivendo un periodo di fermento in questi ultimi tempi e si stanno accumulando titoli su titoli che hanno decisamente rinvigorito e rimpolpato questa categoria di film.
Per un genere difficile da vendere come questo si sono spese anche major con megaproduzioni come The Road o Codice Genesi andando incontro a un pubblico decisamente  più di nicchia.
Stake Land ( letteralmente "La terra dei paletti") si immette nelle coordinate tracciate dal film di Hillcoat inserendo comunque consistenti varianti horror.
La vita del giovane Martin ricomincia una sera in cui assiste allo sterminio della sua famiglia da parte di un'orda di vampiri assetati di sangue e di carne umana.
Viene salvato da un cacciatore di vampiri che si fa chiamare Mister che si sposta per ucciderne il più possibile e scambiare i loro denti per beni di prima necessità.
Probabilmente vede in Martin chi potrà proseguire la sua opera perchè nei momenti di relax ( relativo) lo addestra alla pratica dell'uccisione di succhiasangue come fosse un novello karate kid.
Una notazione su queste creature: Mister li chiama "vamps" e rivende i loro canini affilati quindi si arguisce che siano vampiri. Ma hanno l'aspetto di zombie pur essendo molto più veloci e atletici di quanto teorizzato da Romero. E alcuni di loro sembrano anche dotati di un'intelligenza superiore ( la lotta con Jebedia Loven, capo di un gruppo di umani dediti a qualsiasi tipo di efferatezza, ora trasformato in vampiro per via di Mister)
Il mondo è devastato dalla piaga dei vampiri, i pochi umani che stanno resistendo si stanno organizzando in piccole città fortificate sforzandosi di ricominciare da capo nell'assoluta normalità in una situazione che non ha nulla di ordinario.
Lo scenario postapocalittico di Stake Land è fatto di locations visibilmente a costo zero ma funzionali alla narrazione tra spettrali scheletri di cemento a ricordare che lì una volta c'era la presenza di un essere civilizzato e scenari naturali incontaminati .
Martin, Mister, una ragazza incinta presa con l'autostop e un ex militare che si è unito a loro sono decisi ad andare verso nord, una terra chiamata New Eden, per un nuovo inizio.
Il problema è che oltre ai vampiri bisogna difendersi da gruppi di umani  stupratori e assassini ( Mister li chiama pentecostali proprio perchè seguono una specie di culto religioso deviato) e che sono più pericolosi dei vampiri stessi.
E naturalmente il gruppetto subità dolorose perdite.
Stake Land è quindi un road movie postapocalittico che racconta questo viaggio ricco di pericoli di ogni sorta per un nuovo inizio.
E sarcasticamente  l'inizio del New Eden e la fine dell'inferno coincidono con il confine tra USA e Canada.
Il film di Jim Mickle , scritto assieme a Nick Damici che interpreta la parte di Mister, non dice nulla di nuovo sul genere ma soprattutto non ha alcuna pretesa di farlo.
Il budget piuttosto limitato ( 4 milioni di dollari ) non permette scene di massa faraoniche ma le sequenze di lotta tra umani e vampiri ( tra l'altro dal design molto efficace) sono molto ben coreografate e sinceramente non si avverte molto lo scarto con film con budget ben più consistente.
Inoltre si  ritrova ancora una volta in una parte di contorno, una ex icona sexy anni '80 come Kelly Mc Gillis in abiti dimessi ( e invecchiatissimi, sembra la nonna di quella che sculettava attaccata come una cozza a Tom Cruise in Top Gun sulle note di Take my breath away...) e che dopo questo film e il successivo The Innkeepers sembra aver ritrovato un suo posticino nel business cinematografico.
Stake Land è tempo libero ben investito: sono poco più di 90 minuti che  si seguono tutti di un fiato, in relax riscoprendo che qualche volta piccolo ( budget) è meglio in quanto aguzza l'ingegno.

( VOTO : 7 / 10 ) 


Stake Land (2010) on IMDb

sabato 18 agosto 2012

Travolti dalla cicogna ( 2012 )

Sarà una mia impressione ma da quando Quasi Amici ha avuto uno straordinario successo planetario mi sembra che si sia aperta una corsia preferenziale per la distribuzione in sala di molta commedia francese che prima avrebbe faticato e non poco per approdare nei cinema nostrani.
Sarà la moda del momento che presto sparirà visti i risultati al botteghino della maggior parte di questi film quasi sempre al di sotto delle aspettative.
E credo che sia il caso di questo Travolti dalla cicogna, ennesima commedia dall'aria radical chic che parla di una coppia di thirtysomething alle prese con un qualcosa di una straordinarietà assoluta, roba accaduta raramente ad altre coppie: la nascita di un figlio e gli sconvolgimenti che questo fatto può portare.
Il tutto è narrato da una duplice prospettiva: quella di due adulti abbastanza immaturi che vedono un figlio come un ostacolo all'espletamento del loro amore e quella di una donna alle prese con la difficoltà di accettare i cambiamenti del proprio corpo e della propria vita in genere in relazione alla gravidanza. Un incomodo insomma che arriva a far vacillare la loro unione.
Ma si sa, siamo in una commedia sentimentale in cui è d'obbligo il concetto dell'amor vincit omnia, anche se c'è presente una piccola succhialatte a tradimento.
Travolti dalla cicogna è abbastanza classico nella struttura: prima la conoscenza tra i due e l'innamoramento ( decisamente la parte migliore del film), poi la crisi legata al terzo incomodo che mette a nudo le insicurezze di una coppia che si sente inadeguata ( e forse anche a ragione) nel portare avanti la crescita di un figlio.
La seconda parte del film , quella in cui sale in cattedra il personaggio femminile alle prese con l'impossibilità di laurearsi  e la perdita di un posto sicuro all'Università causa maternità, ti passa sopra come un TIR : pesantissima dal punto di vista concettuale ( inutile dire che si sfocia nell'antipatia pura verso i due protagonisti alle prese col loro egocentrismo ) e anche dal punto di vista cinematografico forse è tirata un po' per le lunghe arrivando a far sfiorare le due ore al film.
Decisamente troppe.
Il film di Remi Bezancon comincia come una commedia sbarazzina e col proseguire dei minuti abbraccia temi sempre più profondi e universali.
Che cosa vuol dire essere madre al giorno d'oggi?
In questa società maschilista può voler dire un cambiamento delle prospettive di vita, in certe situazioni può diventare un ostacolo ma forse è un discorso troppo ampio per poter essere affrontato in un film. Soprattutto in questo in cui dopo aver toccato temi importanti come questi si fa una bella marcia indietro per non lasciare scorie tossiche alla fine del film.
E invece qualcuna rimane.
Travolti dalla cicogna nella seconda parte dimentica di fatto il protagonista maschile che viene praticamente messo in un cantuccio ad assistere alla crisi fisica, psichica e mistica della sua compagna che prende il centro della scena.
Film di attori più che di sceneggiatura si avvale della presenza di una bella cornice di ottimi caratteristi e della prova di Louise Bourgoin, già vista nel recente L'amore dura tre anni commedia con cui questo film condivide lo spiccato sentimentalismo di fondo (oltre che una forma ostentatamente sbarazzina), che si immola anima ma soprattutto corpo alla riuscita del film.
Non che sia un male perchè la fanciulla è decisamente graziosa.
Travolti dalla cicogna non è un brutto film: i pregi bilanciano i difetti.
Il guaio è che le cose migliori vengono sparate subito in faccia allo spettatore come la deliziosa sequenza iniziale della conoscenza dei due nella videoteca in cui lavora lui. Comunicano attraverso titoli di film e copertine di dvd a noleggio.
C'è un'altra sequenza esilarante ed è quella in cui i due chiedono alla dottoressa che sta eseguendo un'ecografia alla nascitura la pertinenza o meno di un certo alimento, piuttosto particolare a dir la verità; che può passare per via transplacentare.
Per il resto si sorride e talvolta ci si ritrova quasi ad arrabbiarsi con una visione così negativa della maternità o dell'essere genitore.
Ma in fondo questa è solo un'altra ( forse stupida ) commedia sentimentale francese.

( VOTO : 6 / 10 ) 


A Happy Event (2011) on IMDb

venerdì 17 agosto 2012

Sennentuntschi ( 2010 )

Il male può presentarsi attraverso le forme più svariate in questo thriller/horror svizzero che recupera una leggenda antica del folklore locale, quella della Sennenpuppe( bambola dei pastori) altrimenti chiamata Sennentuntschi che narra di un surrogato di donna costruito con una mazza di scopa a fare da scheletro,la saggina a far da capigliatura , vimini e iuta per la testa e il corpo. Pronunciando una formula la bambola prende vita per incantesimo ed è pronta a soddisfare le voglie sessuali dei pastori.
La sua vendetta però sarà tremenda  e  il mattino dopo lei scuoierà i malcapitati pastori.
Sennentuntschi racconta in un lungo flashback una storia di cronaca di metà anni '70, il ritrovamento in un paese di una ragazza apparentemente poco più che adolescente, dai modi selvaggi come se non fosse mai venuta in contatto con la civiltà. E non parla neanche.
Il fatto che associato al suo ritrovamento ci sia il suicidio dell'assistente del parroco e un aborto provocano nella piccola comunità un'accesa ostilità verso di lei. L'unico che cerca di capire e che la protegge è il poliziotto.
Parallelamente a questa viene narrata la storia di tre uomini in una baita in montagna che in preda ai fumi dell'assenzio evocano la Sennentuntschi che con la sola sua presenza determinerà la rovina dei rapporti preesistenti tra i tre che non è giusto rivelare per non intaccare il piacere della visione.
Sono correlate le due storie e come verrà spiegato tutto ( o quasi) ?
Il film di Michael Steiner prende spunto da questa storia propria del folklore delle Alpi Svizzere per un racconto  che descrive la fascinazione che il male può esercitare su una comunità chiusa sia per ragioni geografiche che culturali.
Da oggi la Svizzera non sarà più solo la terra di cioccolata, groviera , orologi a cucù e caprette sui monti che fanno ciao.
Sennentuntschi è un qualcosa di originale ( e ciò è dato anche dall'ambientazione da urlo, tra alta montagna e borghi isolati incantevoli che comunque qui assumono aria estremamente minacciosa ) e stratificato grazie a una sceneggiatura ricca di colpi di scena e che riesce a centellinare le rivelazioni fino all'ultimo in un crescendo rimarchevole.
Addirittura quando si tratta di tirare le fila del racconto , Steiner adotta senza problemi un montaggio alternato che scompagina anche l'unità temporale col risultato di rendere meno immediata la fruizione epidermica ma permette alla storia di mostrare appieno tutte le sue stratificazioni per una visione estremamente appagante.
Le venature horror ci sono e sono anche bene in evidenza in un film sempre in bilico tra realtà e soprannaturale , in cui lo spettatore è portato a empatizzare verso un personaggio di fascino perverso e di insinuante ambiguità come quello della ragazza "selvaggia" che provoca repulsione e attrazione allo stesso tempo. Se all'inizio respinge come un'indemoniata i simboli della cristianità facendo sospettare la sua natura demoniaca , poi questa avversione trova una spiegazione concreta facendo propendere per la giustificazione di tali atti inconsulti.
Ma tutto viene mescolato e rimesso in gioco in un prefinale al calor bianco in cui i dubbi sulla natura della ragazza riaffioreranno in maniera decisa.
Facile immedesimarsi nel poliziotto buono e ragionevole ( forse anche un po' bietolone) che vuole insegnarle a vivere civilmente e nel suo senso di smarrimento quando non riesce a capire quello che sta succedendo attorno a lui.
Sennentuntschi è un film di rottura rispetto alle coordinate stilistiche oramai ben consolidate dell'horror europeo,soprattutto  francese e spagnolo.
L'ambientazione montana gli conferisce unicità e fascino, la tensione si taglia col coltello , il regista è bravo a tenere coperto il proprio gioco fino all'ultimo per una pellicola che è stato un buon successo di botteghino in patria e che non sfigura affatto a livello internazionale. Anzi.
Molto travagliato dal punto di vista produttivo ( ha rischiato anche di non vedere la luce ), Sennentuntschi è un film con una fotografia eccellente  senza ricorrere alle patinature National Geographic vista l'ambientazione  peculiare  ed è ottimamente  recitato da attori perlopiù sconosciuti fuori dai confini patri.
Eccezione è la bravissima Roxane Mesquida, attrice francese con un certo curriculum nonostante la giovane età che è brava a colorare il suo personaggio, quello della ragazza "selvaggia",  recitando praticamente solo con lo sguardo .
L'ultima notazione è per il manifesto del film: una vera e propria opera d'arte realizzata da Ernst Oppliger che sembra riproporre la disperazione di certi quadri di Bosch ma in un bianco e nero che conferisce al tutto un'aria ancora più bruta e misteriosa.

( VOTO : 7,5 / 10 )  Sennentuntschi: Curse of the Alps (2010) on IMDb