I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

lunedì 30 aprile 2012

Miracolo a Le Havre ( 2011 )


Kaurismaki è tornato!  Evviva Kaurismaki!
Quanti anni sono passati? Cinque dal suo ultimo lungometraggio e quasi dieci da quello precedente?
E' troppo anche per un autore fuori del tempo e fuori dello spazio come lui.
Il problema è che il cinema ha bisogno di lui molto più di quanto lui abbia bisogno del cinema.
 Il titolo italiano è uno scempio come al solito( l'originale è un più calibrato e neutro Le Havre) e poi è praticamente una mitragliata di  spoiler, dando però un'interpretazione spiccatamente  religiosa a quello che accade.
Interpretazione nettamente sbagliata perchè Kaurismaki laicamente pur non escludendola, ammanta tutto nel mistero.
Miracolo a Le Havre segna il ritorno del regista finlandese in Francia con una storia di buoni sentimenti, immigrazione clandestina e brutti mali debellati in un battito di ciglia.
Le Havre è uno dei simboli della frontiera francese, la porta verso la terra d'Albione ed è il punto di arrivo di un gruppo di profughi africani tra cui un ragazzo che ha la ventura di incontrare il lustrascarpe Marcel Marx, un bambinone invecchiato che sembra teleguidato da una moglie discreta ma sempre incombente nel regolare la sua esistenza.
La sua è una vita dagli orizzonti limitati: tutto il giorno in giro a lustrar scarpe e ingoiare umiliazioni , le luci della sera sono contrassegnate dal suo arrivo a casa dalla moglie e dalla cagnetta Laika. Inoltre gli è concessa  la sortita al bar con i cinque euro datigli dalla consorte per bere uno o due bicchieri di vino.
Ecco perchè quando conosce il bambino africano si mette in testa di proteggerlo e di salvarlo dalle grinfie della polizia.
E' una scossa benefica alla sua triste routine quotidiana.
Per lui e per tutto il quartiere che si stringe attorno a lui per aiutarlo anche perchè intanto la moglie si ammala gravemente.
Kaurismaki ritorna col suo stile rarefatto con la sua ironia sbilenca e con i suoi colori che sembrano presi in prestito dai quadri di Hopper e di Magritte.
Il suo stile è perfettamente riconoscibile così come il modo surreale in cui racconta la storia che stavolta è meno ellittico del solito, più lineare , con molti più dialoghi e meno sottintesi di quanto è solito fare nei suoi film.
Il suo è sempre stato un cinema focalizzato sull'emarginazione e anche qui non si smentisce con i suoi personaggi che come burattini senza fili si muovono in un mondo che sembra rubato a un libro di favole.
Miracolo a Le Havre mostra ancora una volta l'immane cultura cinefila di Kaurismaki a contatto con una storia di triste attualità. Cerca di farlo estraneandosi dalla realtà tangibile optando per un'atmosfera fiabesca in cui tutti aiutano tutti, in cui vecchi rockers anche un po' patetici accettano di fare concerti, in cui il sano, vecchio , robusto rock'n'roll, risolve vecchie questioni, morali ed economiche.
In cui anche i poliziotti sembrano avere una coscienza cercando di non incrinare l'idillio che li circonda.

Forse troppa grazia , troppi buoni sentimenti rispetto al solito. Però non disturbano più di tanto. Disturba molto di più quel titolo che spazza via l'atmosfera da fiaba.
Miracolo a Le Havre non si colloca certo ai vertici della cinematografia di Kaurismaki. Mi ha dato l'impressione di essere un grimaldello per arrivare a più pubblico possibile, un film più "commerciale " del solito da parte dell'altrove geniale autore finalndese che vi infila molte delle suggestioni del suo cinema che ormai conta troppi titoli per essere riassunti in un film solo.
E' un Kaurismaki for dummies che ha la sfortuna di arrivare in ritardo all'appuntamento.
Di due anni per la precisione perchè la storia che racconta è quasi del tutto sovrapponibile a quella del bellissimo Welcome di Philippe Lioret ambientato nell'altra città che simboleggia la frontiera francese, Calais.
Naturalmente stile diverso, approccio diverso, look diverso ma Miracolo a Le Havre, suo malgrado, incappa nella sensazione del deja vù.
E se a un regista qualunque questa cosa si tende a perdonarla, ciò non può accadere con un genio come Kaurismaki.
Mi duole dirlo da fan della prima ora di Kaurismaki ma Miracolo a le Havre è un passo indietro rispetto ai bellissimi Le luci della sera e L'uomo senza passato.

( VOTO : 7 / 10 )  Le Havre (2011) on IMDb

6 commenti:

  1. Sono d'accordo sul fatto che questo è forse il film più "fruibile" di Kaurismäki, quello meno contorto. Una meravigliosa favola in perfetto stile Kaurismäki, addolcito dall'età che avanza.
    Ma non ci ho trovato molti punti di contatto con Welcome (tranne la necessità impellente del protagonista di attraversare la Manica). Mi sono sembrati due film molto diversi: quello di Lioret di una tristezza immensa, permeato di un pessimismo fatalistico, questo di una lievità e di un ottimismo un po' inaspettato.

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  2. Sicuramente sono film diversi ma in fondo, in modo differente, raccontano la stessa storia, con un finale totalmente ribaltato. Già il fatto di raccontare il tentativo di un immigrato di attraversare la Manica, li avvicina parecchio a mio parere.E l'associazione mi è venuta spontanea.Certo Lioret non ha un minimo dell'ironia stralunata di Kaurismaki...

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  3. Sono d'accordo che non si tratti di uno dei vertici del suo lavoro, ma con Kaurismaki, secondo me, si va sempre sul sicuro.
    Tra l'altro, cosa curiosa, io l'ho programmato per postarlo domani. :)

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    1. acc.. ti ho anticipato sul tempo...bottigliate per me allora. Credo che uno come Kaurismaki non mi deluderà mai, tanto l'affetto che provo per il suo cinema.E poi avendo avuto l'occasione di leggere il suo libro intervista è veramente un personaggione.Detto questo secondo me stavolta ha deciso di andare sul sicuro semplificando la sua poetica!.Domani sarò in prima fila a leggerti!

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    2. Il cinema splendidamente surreale, tabagista e ad alto tasso alcolico di Kaurismaki,in questa occasione vira sulla favola, ma senza rinunciare a raccontare storie dense di dramma e solitudine con l'aggiunta (questa è la grande novità) della speranza.
      Probabilmente con Miracolo a Le Havre, la maniera di fare cinema di Kaurismaki raggiunge l'esempio più alto; i dialoghi sono ridotti al minimo, i personaggi non hanno nessuna vigoria fisica e sono, se possibile, ancora più statici del solito. Un saluto.

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  4. Ciao Fabrizio e grazie per l'intervento.Io adoro Kaurismaki e dopo aver avuto la fortuna di leggere il suo libro intervista l'ho adorato ancora di più. Secondo me questo film non è tra i suoi migliori e mi ha dato l'impressione che abbia voluto rendere la sua poetica più accessibile al pubblico che normalmente non lo segue.Ma non è assolutamente brutto, anzi è sempre un piacere nutrire gli occhi e il cuore col suo cinema. E comunque secondo me anche volendo lui non riuscirà mai a fare un brutto film!

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